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Webinar fiscale martedì 20 febbraio 2024, ore 14.30

Informiamo che martedì 20 febbraio 2024, alle ore 14.30, si terrà il webinar fiscale tenuto dal dott. Massimo Fumagalli dello Studio Qualitas di Lecco.

Il tema trattato questo mese sarà: Novità nel sistema tributario con l’entrata in vigore del decreto “Adempimenti”
 

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(MS/ms)




“Lipe infedele” come ravvedersi

Entro il 30 aprile 2024 deve essere trasmessa telematicamente la dichiarazione IVA 2024, anno 2023.

Tra i vari aspetti da tenere in considerazione, vi è quello della necessaria verifica della corretta e tempestiva trasmissione telematica delle comunicazioni periodiche IVA (c.d. LIPE).

Con riferimento alla Lipe del IV trimestre 2023, in particolare, la stessa può essere:

  • trasmessa separatamente con le regole ordinarie previste per i primi tre trimestri dell’anno;
  • inclusa nel modello IVA 2024, con la compilazione:
    • del quadro VP, se la dichiarazione è presentata entro il 29 febbraio 2024 (in tal caso, non va compilato il quadro VH o il quadro VV in assenza di dati da inviare, integrare o correggere relativamente ai trimestri precedenti al quarto);
    • il quadro VH (o VV), se la dichiarazione è presentata oltre febbraio.
In caso di omessa, incompleta o infedele comunicazione LIPE, la sanzione applicabile è quella prevista dall’art. 11, comma 2-ter , del D.Lgs. n. 471/1997), ovvero un minimo di 500 euro, ed un massimo di 2.000 euro.

Tale sanzione, tuttavia, può essere fortemente compressa poiché la norma stabilisce che se i dati corretti vengono trasmessi entro 15 giorni dalla scadenza le sanzioni si riducono alla metà (sanzione amministrativa da 250 a 1.000 euro).

I termini di versamento, e gli ammontari dovuti, ai fini di regolarizzare la sanzione per omessa, tardiva o errata comunicazione periodica IVA avvalendosi del ravvedimento operoso, sono contenuti nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 104/E/2017.

In particolare, nel caso in cui la regolarizzazione venga effettuata:

  • prima della presentazione della dichiarazione IVA, è necessario inviare la comunicazione omessa/incompleta/errata;
  • direttamente con la dichiarazione IVA o successivamente alla sua presentazione, non è necessario procedere all’invio della comunicazione omessa/incompleta o errata.
Come detto, l’art. 13, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 472/1997 ammette il ravvedimento operoso, con riduzione della sanzione a 1/8 del minimo (62,50 euro), entro il “termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore”.

Va sottolineato che il termine finale per il ravvedimento va computato con riferimento al termine di presentazione della dichiarazione IVA (R.M. n. 104/E/2017 ).

(MF/ms)



Con il bilancio 2023 ritorna l’obbligo di copertura delle perdite

A seguito del COVID-19, era stata introdotta una norma, l’art. 6 del DL 23/2020 convertito, successivamente modificata, grazie alla quale è stata sospesa una parte della disciplina della riduzione del capitale sociale per perdite.

La norma in deroga prevedeva, con riferimento alle perdite d’esercizio tali da far ricadere la società nella fattispecie di cui agli artt. 2446 e 2482-bis c.c., la sospensione dei successivi commi che stabiliscono, secondo la disciplina ordinaria, l’obbligo di intervento da parte dell’assemblea qualora nell’esercizio successivo la perdita non risulti diminuita a meno di un terzo.

In base a tale norma, “il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo stabilito dagli articoli 2446, secondo comma, e 2482-bis, quarto comma, del codice civile, è posticipato al quinto esercizio successivo”.

Soltanto in tale esercizio (cioè l’esercizio 2025 con riferimento alle perdite 2020), qualora la perdita non sarà diminuita a meno di un terzo, l’assemblea che approva il bilancio dovrà ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate.

Con riferimento alla fattispecie più grave di cui agli artt. 2447 e 2482-ter c.c., la deroga consentiva all’assemblea “convocata senza indugio dagli amministratori, in alternativa all’immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo legale”, di deliberare di rinviare tali decisioni alla chiusura del quinto esercizio successivo (l’esercizio 2025 per le perdite 2020).

Soltanto in tale esercizio l’assemblea che approva il bilancio dovrà procedere alle deliberazioni di cui agli artt. 2447 o 2482-ter c.c.

Era inoltre previsto che fino a tale esercizio non operasse la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484 comma 1 n. 4 e 2545-duodecies c.c.

Successivamente, tale deroga è stata riproposta sia per i bilanci 2021, sia per quelli del 2022.

Pertanto, le perdite 2021 dovranno essere coperte entro il 2026, così come quelle dell’esercizio 2022 entro il 2027.

Con il bilancio 2023 si torna alla piena applicazione della disciplina della riduzione del capitale sociale per perdite.

Ci si chiede quali sono le conseguenze della piena applicazione di tale disciplina.

È opportuno distinguere tra imprese che in passato non hanno beneficiato di tali norme in deroga e, invece, imprese che hanno rinviato la copertura delle perdite grazie a tale deroga.

Nel primo caso, qualora il bilancio 2023 dovesse presentare una perdita d’esercizio, bisognerà verificare se tale perdita riduce di oltre un terzo il capitale sociale, come sempre avvenuto in passato.

Nel secondo caso, ovvero società che negli esercizi 2020 o 2021 o 2022 hanno beneficiato di tali norme, ricadendo, in ipotesi, nella fattispecie più grave di cui agli artt. 2447 e 2482-ter c.c., il ritorno all’applicazione della disciplina della riduzione del capitale sociale per perdite comporta una maggiore complessità.

Proposte due differenti interpretazioni della norma

Sul piano interpretativo, infatti, sono state proposte due differenti interpretazioni della norma. Secondo la Massima T.A.1 del Comitato triveneto dei notai, l’art. 6 prevede la sterilizzazione delle perdite d’esercizio di Conto economico, cioè la sterilizzazione prescinderebbe dal fatto che le perdite siano tali da incidere sul capitale sociale.

A questa tesi interpretativa si contrappone quella proposta dallo Studio n. 88-2021/I, § 8, del Consiglio nazionale del Notariato, in base alla quale le perdite oggetto di sterilizzazione sarebbero solo quelle che incidono sul capitale, poiché in caso di perdite d’esercizio coperte dalle riserve non vi sarebbe alcun valore da sterilizzare, in quanto non emergerebbe una perdita “rilevante”.

Si pensi, ad esempio, a una spa che nel 2022 ha applicato la deroga e che presenta la seguente situazione al 31 dicembre 2022 relativamente al patrimonio netto: capitale sociale 50.000, riserve di utili 20.000, perdita d’esercizio 40.000. Il risultato d’esercizio 2023 è una perdita di 16.000. La società, dunque, al 31 dicembre 2022 è ricaduta nella fattispecie di cui all’art. 2447 c.c., ovvero perdite d’esercizio che hanno ridotto il capitale sociale di oltre un terzo e al di sotto del minimo legale. Secondo la tesi sostenuta nello Studio n. 88-2021, la perdita 2023 dovrebbe essere interamente coperta (salvo trasformazione o scioglimento della società).

Secondo i notai del Triveneto, invece, poiché a essere sterilizzata non è la perdita del capitale, ma l’intera perdita d’esercizio 2022, nel 2023 non si viene a determinare alcun obbligo di intervento da parte dell’assemblea dei soci, in quanto il capitale sociale per effetto della perdita di 16.000 non è intaccato dalla perdita, grazie alla presenza della riserva di 20.000.

(MF/ms)




Fissato il calendario definitivo per il concordato preventivo biennale

Il debutto del concordato preventivo biennale “individuale” arriva a valle di un intenso dibattito parlamentare, che ha portato a diversi ritocchi alla disciplina originariamente prevista dall’Esecutivo, ancora prima della sua entrata in vigore, che dovrebbe avvenire a breve; la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del DLgs. che disciplina il nuovo istituto, firmato il 12 febbraio scorso dal Presidente della Repubblica, è infatti imminente.

Il concordato preventivo biennale ruota attorno alla proposta che l’Agenzia delle Entrate formulerà ai contribuenti interessati (in linea generale, soggetti ISA e contribuenti in regime forfetario) e che, salvo circostanze eccezionali, fisserà il reddito rilevante ai fini IRPEF e IRAP per i periodi di imposta 2024 e 2025 (per i contribuenti in regime forfetario la proposta avrà ad oggetto il solo periodo di imposta 2024, in via sperimentale).

All’entrata in vigore definitiva del DLgs. non corrisponde tuttavia la piena applicabilità del nuovo istituto; a tal fine, dovranno infatti essere emanati:

  • un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, che dovrà individuare i dati da comunicare telematicamente all’Amministrazione finanziaria da parte del contribuente, ai fini della formulazione della proposta di concordato;
  • un decreto del MEF, con cui verrà approvata la metodologia alla base del calcolo dei redditi concordati;
  • un decreto del MEF, che dovrà individuare le circostanze eccezionali al ricorrere delle quali è possibile disapplicare il concordato preventivo biennale (a fronte di redditi effettivi minori eccedenti la misura del 50% rispetto al reddito concordato).
I dati richiesti al contribuente (che costituiscono solo una parte di quelli già in possesso dell’Agenzia delle Entrate per la formulazione della proposta di concordato) dovranno essere comunicati all’Agenzia attraverso una piattaforma informatica ad hoc, che per il primo anno di applicazione verrà messa a disposizione entro il 15 giugno 2024 (entro il 15 aprile per il 2025, ed entro il 1° aprile a regime); la procedura che porterà alla formulazione (e all’eventuale accettazione) della proposta da parte dell’Agenzia delle Entrate avrà quindi inizio dal momento in cui i citati programmi informatici saranno disponibili.

A tal fine, vi sono due termini rilevanti; si tratta, in particolare:

  • del 15 giugno 2024, giorno entro cui verrà messa a disposizione la sopra citata piattaforma informatica;
  • del 15 ottobre 2024, termine ultimo entro cui il contribuente potrà accettare la proposta formulata da parte dell’Agenzia delle Entrate; per il 2024 tale termine coincide con quello relativo alla presentazione dei modelli REDDITI 2024 (periodo d’imposta 2023).
A differenza di quanto previsto dalla versione originaria, non sono attualmente previsti termini intermedi, né per quanto riguarda l’invio dei dati da parte del contribuente, né relativamente al momento in cui l’Agenzia delle Entrate formulerà la proposta, una volta ricevuti i dati inviati dal contribuente (nella versione del DLgs. presentata alle Commissioni parlamentari l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto elaborare e comunicare la proposta di concordato entro cinque giorni dall’invio dei dati da parte del contribuente).

Una delle maggiori perplessità riguardo al nuovo concordato preventivo biennale era costituita dalla serrata calendarizzazione della procedura che avrebbe portato alla definizione del reddito concordato; i termini previsti, ritenuti eccessivamente stringenti, mal si conciliavano con la necessità di valutare attentamente la proposta dell’Agenzia delle Entrate, considerato che l’eventuale accettazione ha effetto per un biennio, senza possibilità di ripensamenti (salvo limitate eccezioni).

Il legislatore delegato sembra aver tentato di risolvere la problematica, da un lato, concedendo più tempo ai fini dell’accettazione definitiva (il termine passa dal 31 luglio al 15 ottobre) e, dall’altro, richiedendo una maggiore responsabilità da parte del contribuente che, comunicando tempestivamente i dati all’Agenzia delle Entrate, potrebbe massimizzare il tempo a disposizione per analizzare la relativa proposta di concordato preventivo.

Non si esclude l’introduzione di ulteriori termini

Si rileva, infatti, che, sebbene allo stato attuale non vi siano termini espliciti entro cui il contribuente dovrà comunicare i dati all’Agenzia mediante il software che sarà messo a disposizione entro il 15 giugno 2024, né termini entro cui l’Agenzia dovrà formulare la proposta di concordato, è lecito ritenere che le disposizioni attuative individueranno termini specifici relativi alle fasi intermedie del procedimento.

Altrimenti, in base all’attuale disciplina potrebbe verificarsi la situazione paradossale in cui il contribuente invia i dati anche il 15 ottobre 2024 e la formulazione della relativa proposta di concordato dovrebbe avvenire lo stesso giorno, in modo da mettere tale soggetto nelle condizioni di accettarla.
 

(MF/ms)




Valute estere gennaio 2024

Si comunica l’accertamento delle valute estere per il mese di gennaio 2024 (Provv. Agenzia delle Entrate del 09 febbraio 2024)

Art. I

Agli effetti delle norme dei titoli I e II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, che vi fanno riferimento, le medie dei cambi delle valute estere calcolati a titolo indicativo dalla Banca d’Italia sulla base delle quotazioni di mercato sono accertate per il mese di gennaio 2024 come segue:

 

  Per 1 Euro
Dinaro Algerino 146,6111
Peso Argentino 891,6644
Dollaro Australiano 1,6422
Real Brasiliano 5,3569
Dollaro Canadese 1,4631
Corona Ceca 24,7158
Renminbi (Yuan)Cina Repubblica Popolare 7,8201
Corona Danese 7,4572
Yen Giapponese 159,4582
Rupia Indiana 90,6347
Corona Norvegese 11,3501
Dollaro Neozelandese 1,7673
Zloty Polacco 4,3648
Sterlina Gran Bretagna 0,85873
Nuovo Leu Rumeno 4,9749
Rublo Russo 0
Dollaro USA 1,0905
Rand (Sud Africa) 20,5161
Corona Svedese 11,2834
Franco Svizzero 0,9368
Dinaro Tunisino 3,3847
Hryvnia Ucraina 41,2761
Forint Ungherese 382,0418
 

 
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate, al seguente link, cambi di gennaio, sono a disposizione i dati sui cambi relativi alle restanti valute riportate nel decreto in oggetto.

(MP/ms)
 




L’imposta di bollo sulle fatture elettroniche

L’Agenzia delle Entrate elabora per ogni trimestre solare le fatture elettroniche trasmesse al Sistema di Interscambio (SdI) ed elaborate senza scarto per determinare se su tali fatture è stato indicato correttamente l’assoggettamento all’imposta di bollo.
 
Se sono state emesse fatture elettroniche che configurano i presupposti per l’assoggettamento a bollo, ma non contengono la relativa indicazione, l’Agenzia le evidenzia al soggetto che le ha emesse: il cedente/prestatore o, nel caso di autofatture per regolarizzazione di operazioni, il cessionario/committente.
 
L’esito di tale elaborazione si concretizza nella messa a disposizione all’interno del portale “Fatture e corrispettivi” di due elenchi contenenti gli estremi delle fatture elettroniche emesse nel trimestre solare di riferimento:
· l’elenco A (non modificabile), che contiene gli estremi delle fatture correttamente assoggettate all’imposta di bollo (campo <Bollo virtuale> valorizzato a “SI” nel file con estensione .xml contenente la fattura elettronica)
· l’elenco B (modificabile), che contiene gli estremi delle fatture che presentano i requisiti per l’assoggettamento a bollo ma che non riportano l’indicazione prevista (campo <Bollo virtuale> non presente nel file con estensione .xml contenente la fattura elettronica).
 
Ai fini dell’individuazione del trimestre di riferimento, per le fatture elettroniche emesse nei confronti di privati (operatori Iva e consumatori finali) vengono considerate quelle in cui:
· la data di consegna, contenuta nella “ricevuta di consegna” rilasciata al termine dell’elaborazione, è precedente alla fine del trimestre
· la data di messa a disposizione (contenuta nella “ricevuta di impossibilità di recapito) è precedente alla fine del trimestre.

Per esempio, una fattura elettronica datata e trasmessa al Sistema di Interscambio il 30 marzo, la cui data di consegna attestata nella ricevuta è il 31 marzo, viene considerata tra le fatture relative al primo trimestre.

Una fattura elettronica datata e trasmessa al Sistema di Interscambio il 30 marzo, la cui data di consegna attestata nella ricevuta è il 1° aprile, viene considerata, ai fini del bollo, tra le fatture relative al secondo trimestre.

Per quanto riguarda l’individuazione del trimestre di riferimento delle fatture elettroniche emesse nei confronti delle Pubbliche amministrazioni, vengono considerate le fatture:
· consegnate e accettate dalla Pubblica amministrazione destinataria, per le quali la data di consegna, contenuta nella “ricevuta di consegna”, è precedente alla fine del trimestre (la data in cui è avvenuta l’accettazione non rileva) consegnate e in decorrenza termini (la Pubblica amministrazione non ha notificato né l’accettazione né il rifiuto), per le quali la data di consegna, contenuta nella “ricevuta di consegna”, è precedente alla fine del trimestre (la data della notifica di decorrenza termini non rileva)
· non consegnate, per le quali la data di messa a disposizione, contenuta nella “ricevuta di impossibilità di recapito”, è precedente alla fine del trimestre.
 
L’elenco A contiene gli elementi identificativi delle fatture elettroniche ordinarie e semplificate, emesse verso i privati e verso le Pubbliche amministrazioni, nelle quali il cedente/prestatore ha indicato l’assolvimento dell’imposta di bollo.

Tale indicazione viene rilevata dalla valorizzazione a “SI” del campo “Bollo virtuale” (2.1.1.6.1 nel tracciato record della fattura ordinaria e 2.1.1.5 del tracciato record della fattura semplificata) all’interno del file con estensione .xml contenente la fattura elettronica emessa.

Il contenuto del campo “Importo bollo” (2.1.1.6.2) del tracciato record della fattura ordinaria non è rilevante. Indipendentemente dalla valorizzazione di tale campo, infatti, per ogni fattura emessa con indicazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo, viene determinato un importo dovuto di 2 euro.

Per quanto riguarda le autofatture (tipo documento “TD20”) contenenti assolvimento del bollo ed emesse dal cessionario/committente per la regolarizzazione di operazioni per le quali non ha ricevuto dal cedente/prestatore la relativa fattura (articolo 6, commi 8 e 9-bis, D.Lgs. 471/1997 e articolo 46, comma 5, D.Lgs. 331/1993), i dati vengono riportati nel solo elenco A del cessionario/committente.

L’elenco A viene messo a disposizione del contribuente e del suo intermediario delegato all’interno del portale “Fatture e corrispettivi” e non può essere modificato.

L’intermediario deve essere in possesso della delega al servizio di “Consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici” o della delega al servizio di “Consultazione dei dati rilevanti ai fini Iva”.
 
L’elenco B contiene gli elementi identificativi delle fatture elettroniche ordinarie e semplificate, emesse verso i privati (soggetti Iva e consumatori finali) e verso le Pubbliche amministrazioni, nelle quali il cedente/prestatore non ha indicato l’assolvimento dell’imposta di bollo, ma per le quali viene rilevato l’obbligo di tale assolvimento.

Si tratta delle fatture che soddisfano tutte le seguenti condizioni:
· la somma degli importi delle operazioni presenti risulta maggiore di 77,47 euro. A questo fine, vengono considerati tutti gli importi presenti nei campi “Prezzo totale” (2.2.1.11) del file .xml della fattura ordinaria e “Importo” (2.2.2) del file .xml della fattura semplificata
· è stato valorizzato il campo “Natura” con uno dei codici:
Ø N2.1 e N2.2 (operazioni non soggette a Iva)
Ø N3.5 e N3.6 (operazioni non imponibili Iva)
Ø N4 (operazioni esenti Iva)
· non è presente l’indicazione della codifica prevista per i casi di non assoggettamento all’imposta di bollo. Tale indicazione deve essere infatti riportata per operazioni che, seppur formalmente rientranti nel campo applicativo dell’imposta di bollo, non devono esservi assoggettate per specifica disposizione normativa. Per segnalare la circostanza all’Agenzia delle entrate, l’operazione deve riportare (riga della fattura) – nel campo “Tipo dato” (2.2.1.16.1) presente nel blocco “Altri dati gestionali” – uno dei seguenti valori:
Ø “NB1”, se si tratta di un documento assicurativo per il quale l’imposta di bollo è assorbita nell’imposta sulle assicurazioni
Ø “NB2”, se si tratta di un documento emesso da un soggetto appartenente al terzo settore
Ø “NB3”, se si tratta di un documento tra la banca e il cliente correntista per il quale l’imposta di bollo è assorbita nell’imposta di bollo addebitata sull’estratto conto.

Sono escluse le fatture elettroniche aventi tipo documento:
· TD16 – integrazione fattura reverse charge interno
· TD17 – integrazione/autofattura per acquisto di servizi dall’estero
· TD18 – integrazione per acquisto di beni intracomunitari
· TD19 – integrazione/autofattura per acquisto di beni ex articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972
· TD20 – autofattura per regolarizzazione (articolo 6, commi 8 e 9-bis, D.Lgs. 471/1997 e articolo 46, comma 5, D.Lgs. 331/1993).
Vengono escluse, inoltre, le fatture elettroniche nelle quali il campo “Regime fiscale” contiene uno dei seguenti valori:
· RF05 – vendita sali e tabacchi (articolo 74, comma 1, del D.P.R. 633/1972)
· RF06 – commercio di fiammiferi (articolo 74, comma 1, D.P.R. 633/1972)
· RF07 – editoria (articolo 74, comma 1, D.P.R. 633/1972)
· RF08 – gestione servizi di telefonia pubblica (articolo 74, comma 1, D.P.R. 633/1972)
· RF09 – rivendita di documenti di trasporto pubblico e di sosta (articolo 74, comma 1, del D.P.R. 633/1972)
· RF10 – intrattenimenti, giochi e altre attività di cui alla tariffa allegata al Dpr n. 640/1972 (articolo 74, comma 6, D.P.R. 633/1972)
· RF11 – agenzie viaggi e turismo (articolo 74-ter D.P.R. 633/1972).

Per quanto riguarda le autofatture (tipo documento “TD20”) contenenti l’assolvimento del bollo ed emesse dal cessionario/committente per la regolarizzazione di operazioni per le quali non ha ricevuto dal cedente/prestatore la relativa fattura (articolo 6, commi 8 e 9-bis, D.Lgs. 471/1997 e articolo 46, comma 5, D.Lgs. 331/1993), i dati vengono riportati nel solo elenco B del cessionario/committente.

Anche l’elenco B viene messo a disposizione del contribuente e del suo intermediario delegato all’interno del portale.

(MF/ms)




Emissione fattura elettronica per i soggetti in franchigia: termini

L’Agenzia delle Entrate, nel corso della videoconferenza svoltasi il 1° febbraio, ha fornito chiarimenti in ordine all’obbligo di emissione delle fatture in formato elettronico da parte dei soggetti in regime di franchigia, tenuti all’adempimento dal 1° gennaio 2024.

In particolare, è stato chiesto quale dovesse essere il formato da adottare in relazione alle operazioni effettuate entro il 31 dicembre 2023, qualora il documento sia stato emesso nei primi giorni dell’anno successivo.

Dall’inizio di quest’anno, sono tenuti all’emissione delle fatture elettroniche mediante Sistema di Interscambio gli operatori che:

  • hanno aderito al “regime di vantaggio” (art. 27 commi 1 e 2 del DL 98/2011),
  • adottano il regime forfetario (art. 1 commi 54-89 della L. 190/2014),
  • hanno esercitato l’opzione di cui agli artt. 1 e 2 della L. 398/91,
    i quali, nell’anno 2021, avevano conseguito ricavi o percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 25.000 euro.
Alla data del 1° gennaio 2024 erano già tenuti all’adempimento (dal 1° luglio 2022) gli altri soggetti in regime di franchigia, nonché gli operatori fuoriusciti dal regime forfetario nel 2023, per aver percepito ricavi o compensi di importo superiore a 100.000 euro (cfr. la circ. Agenzia delle Entrate 5 dicembre 2023 n. 32).

Resta, comunque, fermo il divieto di emissione della fattura elettronica per le prestazioni sanitarie B2C (art. 10-bis del DL 119/2018 e art. 9-bis del DL 135/2018).

Per quanto concerne la scelta del formato della fattura nell’ipotesi in cui l’operazione sia effettuata negli ultimi giorni del 2023 dai soggetti allora esclusi dall’obbligo di fatturazione, occorre rammentare, da un lato, le disposizioni dell’art. 21 del DPR 633/72 e, dall’altro, le precisazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria con la circolare 17 giugno 2019 n. 14.

La norma dispone, in particolare, al comma 4, che la fattura immediata debba essere emessa entro dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione. In virtù di tale disposizione, il soggetto passivo che decidesse di non emettere il documento entro le ore 24 del giorno in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi dovrebbe indicare tale data all’interno del documento (art. 21 comma 2 lett. g-bis) del DPR 633/72).

Nella circolare n. 14/2019 è stato chiarito che “In considerazione del fatto che per una fattura elettronica veicolata attraverso lo SdI, quest’ultimo ne attesta inequivocabilmente e trasversalmente (all’emittente, al ricevente e all’Amministrazione finanziaria) la data (e l’orario) di avvenuta «trasmissione», è possibile assumere che la data riportata nel campo «Data» della sezione «Dati Generali» del file della fattura elettronica sia sempre e comunque la data di effettuazione dell’operazione”.

Risulta, conseguentemente, che la data di effettuazione e quella di emissione/trasmissione al Sistema di Interscambio posseggono valenza autonoma.

Ciò premesso, ricordato che la fattura non può considerarsi emessa qualora non sia inviata al SdI, l’Agenzia delle Entrate precisa che, per quanto concerne le operazioni effettuate nel 2023 dai soggetti in regime di franchigia in allora esclusi dalla fatturazione elettronica:

  • era ammissibile la spedizione o la messa a disposizione della fattura in formato cartaceo o elettronico extra SdI entro il 31 dicembre 2023;
  • a partire dal 1° gennaio 2024 è, invece, consentita esclusivamente la trasmissione in formato XML via SdI.
Pertanto, a titolo esemplificativo, si intenderà come non emessa una fattura, relativa a un’operazione effettuata il 29 dicembre 2023, spedita o messa a disposizione in formato analogico o elettronico extra SdI il 4 gennaio 2024.

Un ulteriore chiarimento dell’Agenzia delle Entrate ha riguardato la nuova funzionalità attribuita al codice TD28. Tale codice, che già veniva impiegato per comunicare, ai fini dell’esterometro, gli acquisti da soggetti stabiliti nella Repubblica di San Marino documentati con fattura cartacea con addebito dell’imposta, può essere impiegato dal 1° febbraio (cfr. specifiche tecniche versione 1.8), per la comunicazione degli acquisti di beni e servizi da soggetti non residenti identificati in Italia ma non stabiliti nel territorio dello Stato, laddove questi ultimi abbiano erroneamente emesso fattura con addebito dell’imposta tramite la posizione IVA italiana.

L’Amministrazione finanziaria chiarisce che l’invio del file con codice TD28 permette di adempiere esclusivamente all’obbligo di comunicazione dei dati delle operazioni transfrontaliere. Continua pertanto ad applicarsi, in relazione alla violazione commessa, l’art. 6 comma 9-bis.1 del DLgs. 471/97, secondo cui “fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione”, quest’ultimo è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro (sempre che l’errore non sia stato commesso con intento fraudolento).
 

(MF/ms)




Divieto di compensazione per i ruoli sopra i 100 mila euro senza pagamenti parziali

Per effetto dell’art. 37 comma 49-quinquies del DL 4 luglio 2006 n. 223 (introdotto dalla L. 213/2023), “per i contribuenti che abbiano iscrizioni a ruolo per imposte erariali e relativi accessori o accertamenti esecutivi affidati agli agenti della riscossione per importi complessivamente superiori ad euro centomila, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione, è esclusa la facoltà di avvalersi della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

La previsione di cui al periodo precedente cessa di applicarsi a seguito della completa rimozione delle violazioni contestate. Si applicano le disposizioni dei commi 49-ter e 49-quater ai meri fini della verifica delle condizioni di cui al presente comma”.

Il divieto opera dal 1° luglio 2024.

Ove siano presenti carichi di ruolo per un importo superiore a 100.000 euro e a differenza di quanto può dirsi per il divieto di compensazione di cui all’art. 31 del DL 78/2010:

  • la compensazione è vietata anche per l’eccedenza;
  • è vietata anche la compensazione dei crediti di natura agevolativa, tipicamente da indicare nel quadro RU del modello REDDITI.
Considerato che, in base al dato normativo, il divieto “cessa di applicarsi a seguito della completa rimozione delle violazioni contestate”, si evidenzia come potrebbe ritenersi non ammesso un pagamento parziale dei ruoli in modo da scendere sotto la soglia dei 100.000 euro.

Su questo punto, a nostro avviso la norma potrebbe essere oggetto di una differente lettura, quantomeno ove i ruoli siano più di uno. Ipotizziamo che un contribuente abbia due carichi di ruolo per IVA dichiarata e non pagata ex art. 54-bis del DPR 633/72 e sia stato notificatario di due cartelle di pagamento del valore complessivo di 110.000 euro, una decaduta per decorrenza dei termini dell’art. 25 del DPR 602/73 (ruolo di valore pari a 90.000 euro), l’altra no (ruolo di valore pari a 20.000 euro).

Egli ben può pagare la cartella di 20.000 euro per intero, notando che non è possibile contestarla in sede giudiziale, e il divieto di compensazione non può operare essendo il debito sceso sotto il limite dei 100.000 euro, allo stesso modo di come non potrebbe operare qualora il giudice, accogliendo parzialmente il ricorso del contribuente, faccia scendere la soglia sotto i 100.000 euro.

La locuzione “La previsione di cui al periodo precedente cessa di applicarsi a seguito della completa rimozione delle violazioni contestate” può essere letta nel senso che occorre estinguere completamente il debito iscritto a ruolo, ma sempre a condizione che questo sia superiore a 100.000 euro.

A ogni modo “questa opzione interpretativa andrebbe attentamente valutata in quanto comporta in non pochi casi una reazione – quella della preclusione alla compensazione orizzontale – non molto proporzionata rispetto all’interesse tutelato”.

Un altro punto dolente riguarda il fatto che, se interpretata rigorosamente, la norma fa sì che il divieto di compensazione rimanga quand’anche il contribuente abbia ottenuto la dilazione dei ruoli ai sensi dell’art. 19 del DPR 602/73.

Una siffatta tesi potrebbe essere in linea con una interpretazione letterale della norma, ma si auspica un chiarimento ufficiale in senso opposto. Non è un caso che in dottrina si sia prospettato che, siccome pagata la prima rata in sostanza il debitore è considerato adempiente, alcun divieto di compensazione dovrebbe sussistere.

Dilazione dei ruoli irrilevante

Infine, bisogna valutare quale sanzione sia irrogabile al contribuente che violi il divieto in esame.

Se la delega di pagamento viene scartata dal sistema (che ha evidentemente “intercettato” i ruoli scaduti), ci potrà essere un omesso versamento delle imposte che il contribuente ha tentato di pagare mediante compensazione.

Se però l’indebita compensazione viene effettivamente commessa, a nostro avviso si tratta di indebita compensazione di credito non spettante sanzionata nella misura del 30% dall’art. 13 comma 4 del DLgs. 471/97.

Sebbene la circolare non parli espressamente di ciò, si potrebbe sostenere che l’Agenzia delle Entrate, nella misura in cui il credito sia esistente, possa solo irrogare la sanzione del 30% senza il contestuale recupero del credito.

Recupero che, ove come detto il credito sia esistente, sarebbe inutile e contrario all’economia procedimentale, visto che verrebbe nuovamente compensato in costanza dei requisiti di legge.

(MF/ms)




Emissione nota accredito: chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate

La possibilità di emettere una nota di variazione in diminuzione è concessa al solo cedente del bene o prestatore del servizio e non può essere esercitata dal cessionario o dal committente.

L’Agenzia delle Entrate, nella risposta a interpello n. 29, pubblicata il 2 febbraio, ha confermato un principio discendente dalla stessa normativa (art. 26 comma 2 del DPR 633/72).

Nel caso sottoposto al vaglio dell’Amministrazione finanziaria, una società, Beta, distributrice di gas, emetteva nei confronti di un’altra società, Alfa (c.d. “venditore”), fatture comprensive del c.d. “bonus sociale gas”, avente segno opposto rispetto a quello dei servizi di trasporto resi. 

Nella circostanza, in virtù dell’importo di tale agevolazione, Alfa, pur essendo committente, risultava creditrice di Beta.

Posto che quest’ultima, in situazione di dissesto, non era in grado di far fronte ai propri impegni, Alfa si chiedeva se la procedura di emissione di una nota di variazione potesse essere utilizzata mutatis mutandis anche nel caso di specie.

L’Agenzia delle Entrate ricorda che in base all’art. 26 comma 2 del DPR 633/72, se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura “viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione”.

La possibilità di rettificare autonomamente la fattura, anche nel caso in cui la stessa “risulti oggetto di un insoluto (di una qualunque delle parti)“, risulta “legislativamente preclusa” al cessionario o al committente. Quest’ultimo, se soggetto passivo, ove dimostri di aver versato un’imposta non dovuta, potrà richiederne la restituzione ai sensi dell’art. 30-ter del DPR 633/72.
 

(MF/ms)




Dichiarazione Imu: i termini per la presentazione

Nel corso di Telefisco 2024, il Dipartimento delle Finanze ha dato il via libera al ravvedimento della dichiarazione IMU anche oltre i 90 giorni dalla scadenza ordinaria. 

Se la regolarizzazione avviene entro 90 giorni, la sanzione sarà ridotta a un decimo del minimo (art. 13, lettera c), D.Lgs. n. 472/1997), mentre se avviene oltre tale scadenza, comunque prima che si riceva un atto di accertamento, allora troveranno applicazione le riduzioni sanzionatorie stabilite nella disciplina di riferimento. 

Dunque, per i tributi locali, viene legittimato un trattamento differenziato rispetto a quanto previsto in materia di imposte sui redditi, IRAP e IVA. 

Infatti, ai sensi dell’art. 2, comma 7, D.P.R. n. 322/1998 (espressamente richiamato dal art. 8, comma 6, con riguardo alla dichiarazione IVA), le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza si considerano valide a tutti gli effetti, fatta salva l’applicazione della sanzione minima di 250 euro

In applicazione del ravvedimento operoso, ex art.13 D.Lgs. n. 472/1997, la sanzione è ridotta a 1/10. Cosicchè con un versamento di 25 euro è possibile sanare la mancata presentazione della dichiarazione. Dunque siamo nella casistica della dichiarazione tardiva.  

Decorsi 90 giorni dal termine di presentazione ordinario, la dichiarazione (redditi, IVA e IRAP) è considerata omessa. La dichiarazione omessa non è però ravvedibile. 

Nel corso di Telefisco 2024, il Dipartimento delle Finanze ha fatto chiarezza sulle tempistiche per sanare la mancata presentazione della dichiarazione dei tributi locali, compresa la dichiarazione IMU. A tal proposito, l’obbligo di presentare la dichiarazione IMU sorge solo nei casi in cui si siano verificate modificazioni soggettive e oggettive che danno luogo ad una diversa determinazione dell’imposta dovuta e non sono immediatamente conoscibili dal comune. 

La dichiarazione deve essere presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta (art. 1, comma 769, della Legge n. 160 del 2019).

Si ricorda che nel 2023 c’è stata una doppia scadenza per la dichiarazione IMU: entro il 30 giugno scorso doveva essere presentata sia la dichiarazione per l’anno 2022 che quella relativa al 2021 i cui termini erano stati spostati in avanti dal decreto Milleproroghe (art. 3, comma 1, D.L. n. 198/2022).

Secondo il DEF, nell’ambito dei tributi locali non esiste alcuna disposizione che equipara le dichiarazioni tardive a quelle omesse. Ne deriva che la regolarizzazione dell’omissione dichiarativa potrà avvenire secondo le regole previste per la generalità delle violazioni dall’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997.  

Da qui, se la regolarizzazione avviene entro 90 giorni, la sanzione sarà ridotta a un decimo del minimo (art. 13, lettera c), D.Lgs. n. 472/1997), mentre se avviene oltre tale scadenza, comunque prima che si riceva un atto di accertamento, allora troveranno applicazione le riduzioni sanzionatorie stabilite nella disciplina di riferimento. Si ricorda che anche rispetto ai tributi locali si applica il ravvedimento oltre l’anno (vedi art. 10-bis, D.L. n. 124/2019).
 

(MF/ms)