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Mantenimento del diritto al credito d’imposta: adempimenti e obblighi

I contribuenti, imprese o esercenti arti e professioni, che intendono beneficiare del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali ai sensi della disciplina previgente ex articolo 1, commi 184197, L. 160/2019 (c.d. Legge di Bilancio 2020) o ai sensi della nuova disciplina ex articolo1, commi 10511063 e 1065, L. 178/2020 (c.d. Legge di Bilancio 2021), devono adempiere correttamente agli obblighi previsti ex lege per dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili.
L’articolo 1, comma 1062, L. 178/2020, in totale continuità con la disciplina previgente dell’articolo 1, comma 195, L. 160/2019, prevede infatti una serie di oneri documentali da porre in essere, pena la revoca del beneficio:

  • per investimenti in beni ordinari e in beni 4.0, materiali e immateriali, conservare le fatture e gli altri documenti relativi all’acquisizione del bene, recanti la dicitura di “bene agevolabile ai sensi dell’articolo 1, commi 1054-1058, L. 178/2020”;
  • per investimenti in beni 4.0, materiali e immateriali, produrre una perizia tecnica asseverata o un attestato di conformità da cui risulti il possesso delle caratteristiche tecniche per l’inclusione negli elenchi degli allegati A e B annessi alla 232/2016 (c.d. Legge di Bilancio 2017) e l’avvenuta interconnessione al momento della verifica da parte del tecnico abilitato;
  • per investimenti in beni 4.0, materiali e immateriali, aventi costo di acquisizione non superiore a 300.000 euro, in alternativa alla perizia o all’attestato di conformità, produrre una dichiarazione sostituiva di atto notorio rilasciata dal legale rappresentante dell’impresa ai sensi del P.R. 445/2000, da cui risulti il possesso delle caratteristiche tecniche per l’inclusione negli elenchi degli allegati A e B annessi alla L. 232/2016 (c.d. Legge di Bilancio 2017) e l’avvenuta interconnessione.

Vi è poi un ulteriore adempimento, la comunicazione al Mise prevista per i soli investimenti in beni 4.0 dal comma 1059 dell’articolo 1 L. 178/2020 e dal comma 191 dell’articolo 1 L. 160/2019, che non incide né sul diritto all’applicazione della disciplina né sul diritto alla fruizione del credito, essendo esclusivamente funzionale al monitoraggio della misura agevolativa ed essendo prevista su base volontaria, in ottica collaborativa.
La predisposizione e l’invio della comunicazione al Mise sarà possibile a consuntivo con la pubblicazione dell’atteso decreto direttoriale del Mise che ne stabilirà contenuto, modalità e termini di presentazione.
Una volta adempiuti gli oneri sopra elencati il soggetto beneficiario dell’agevolazione dovrà avere cura di monitorare i beni oggetto di investimento agevolato entro un determinato periodo di osservazione per quanto concerne:

  • l’eventuale cessione a titolo oneroso;
  • l’eventuale delocalizzazione al di fuori del territorio dello Stato;
  • il mantenimento dei requisiti tecnici e di interconnessione dei beni 4.0.

Qualora un bene strumentale agevolato col credito d’imposta in esame venga distolto dall’originaria funzione di contribuire alla trasformazione tecnologica e digitale del complesso aziendale in cui è inserito, scatta infatti il meccanismo di recupero dell’agevolazione poiché risulta vanificata la finalità incentivante della misura.
La nuova disciplina, all’articolo 1, comma 1060, L. 178/2020, ha ereditato infatti il c.d. meccanismo di recapture, secondo modalità analoghe all’articolo 1, comma 193, L. 160/2019, disponendo che al verificarsi, nel periodo di osservazione, della cessione a titolo oneroso o della delocalizzazione all’estero, scatti il recupero dell’intera agevolazione spettante in relazione al bene.  
In caso di recapture il credito d’imposta è infatti corrispondentemente ridotto escludendo dall’originaria base di calcolo il relativo costo e il maggior credito d’imposta eventualmente già utilizzato in compensazione deve essere direttamente riversato, entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sui redditi dovuta per il periodo d’imposta in cui si verificano le ipotesi di recupero, senza applicazione di sanzioni e interessi.
Il periodo di osservazione in cui il contribuente deve astenersi dall’alienazione o delocalizzazione del bene ha una durata circoscritta:

  • fino al 31.12 del secondo anno successivo a quello di entrata in funzione per beni ordinari;
  • fino al 31.12 del secondo anno successivo a quello di avvenuta interconnessione per beni 4.0.

Ne deriva che in caso di interconnessione a fine 2020 il bene 4.0 non potrà essere distolto dall’originaria funzione fino al 31.12.2022, mentre in caso in caso di interconnessione a inizio 2021 fino al 31.12.2023.
Esistono due casi di deroga alla regola generale di recupero dell’agevolazione:

  • effettuazione di un investimento sostitutivo del bene materiale 4.0 oggetto di cessione, nel medesimo periodo d’imposta, con un bene nuovo avente caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori a quelle previste dall’allegato A annesso alla L. 232/2016, previa analoga attestazione dell’effettuazione dell’investimento sostitutivo, delle caratteristiche del nuovo bene e del requisito dell’interconnessione, ai sensi dell’articolo 1, commi 35 e 36, L. 205/2017;
  • destinazione del bene all’utilizzo in più sedi produttive e, pertanto, temporaneo utilizzo anche fuori dal territorio dello Stato senza che si possa configurare una delocalizzazione all’estero, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, D.L. 87/2018 (c.d. Decreto Dignità) (sul tema vedasi la risposta dell’Agenzia delle entrate all’interpello n. 14 del 24.01.2020).

Non scatta al contrario il recupero dell’agevolazione in caso di affitto d’azienda o ramo d’azienda, secondo quanto precisato dall’Agenzia delle entrate nella circolare 8/E/2019: l’agevolazione continua in capo al cessionario trattandosi di un mero mutamento della titolarità dell’azienda, che non altera di per sé il livello tecnologico e digitale del complesso aziendale.
Il mantenimento del diritto all’agevolazione dipende inoltre dal soddisfacimento dei requisiti tecnici e di interconnessione dei beni 4.0 per l’intera durata dell’incentivo, in quanto la trasformazione tecnologica e digitale in chiave 4.0 comporta che l’impresa operi effettivamente e costantemente secondo tali modalità.
Per quanto attiene il requisito di interconnessione il Mise, nella circolare n. 177355 del 23.05.2018, ha precisato che “dovrà essere presente, evidentemente, anche nei periodi d’imposta successivi a quello in cui il bene viene interconnesso”.
Ne deriva la necessità che l’impresa beneficiaria dell’agevolazione si preoccupi in particolare di garantire che il bene 4.0 risulti integrato e interconnesso per tutta la durata dell’agevolazione ovvero:

  • nel quinquennio decorrente dall’anno successivo a quello di interconnessione del bene materiale, in relazione a investimenti di cui al comma 189 dell’articolo 1 L. 160/2019;
  • nel triennio decorrente dall’anno successivo a quello di interconnessione del bene immateriale, in relazione a investimenti di cui al comma 190 dell’articolo 1 L. 160/2019;
  • nel triennio decorrente dall’anno di interconnessione del bene, in relazione a investimenti di cui ai commi 10561057 e 1058 dell’articolo 1 L. 178/2020. (MF/ms)



Valute estere dicembre 2020

Si comunica l’accertamento delle valute estere per il mese di dicembre 2020 (Provv.Agenzia delle Entrate del 7 gennaio 2021)

 

Art. I
 

Agli effetti delle norme del titolo I del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che vi fanno riferimento, le medie dei cambi delle valute estere calcolati a titolo indicativo dall’ Uic sulla base di quotazione di mercato sono accertate per il mese di dicembre 2020 come segue:

 

  Per 1 Euro
Dinaro Algerino 159,7678
Peso Argentino 100,4126
Dollaro Australiano 1,6166
Real Brasiliano 6,2658
Dollaro Canadese 1,5595
Corona Ceca 26,3114
Renminbi Yuan Cina Repubblica Popolare 7,9602
Corona Danese 7,4412
Yen Giapponese 126,2782
Rupia Indiana 89,6081
Corona Norvegese 10,6008
Dollaro Neozelandese 1,7161
Zloty Polacco 4,4786
Lira Sterlina 0,90624
Leu Rumeno 4,8703
Rublo Russo 90,2398
Dollaro USA 1,217
Rand Sud Africa 18,1286
Corona Svedese 10,1736
Franco Svizzero 1,0814
Dinaro Tunisino 3,2872
Hryvnia Ucraina 34,2653
Forint Ungherese 359,0159
 

 
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate, al seguente link, cambi di dicembre sono a disposizione i dati sui cambi relativi alle restanti valute riportate nel decreto in oggetto.

(MP/bd)
 




Dichiarazione sostitutiva per il bonus pubblicità 2020

Ai fini del bonus investimenti pubblicitari, entro l’8 febbraio 2021 occorre presentare la dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti pubblicitari realizzati nel 2020.

I soggetti che hanno presentato per il 2020 la comunicazione per l’accesso al bonus previsto a norma del comma 1-ter dell’art. 57-bis del DL 50/2017 e che sono presenti nell’elenco pubblicato dal Dipartimento per l’Informazione e l’editoria, possono presentare la dichiarazione sostitutiva tramite l’apposita procedura web dell’Agenzia delle Entrate, disponibile nella sezione dell’area riservata “Servizi per” alla voce “Comunicare”, accessibile con le credenziali SPID, Entratel e Fisconline, o Carta Nazionale dei Servizi .
Nel citato elenco sono individuati i soggetti che hanno presentato la comunicazione telematica per l’accesso al credito di imposta per l’anno 2020 e l’importo teoricamente fruibile da ciascuno di essi, con l’indicazione della percentuale provvisoria di riparto.
Come evidenziato nel sito del Dipartimento per l’Informazione e l’editoria, gli importi indicati nell’elenco sono stati determinati tenendo conto dello stanziamento previsto come tetto di spesa per l’anno 2020, pari a 85 milioni di euro, di cui 50 milioni per gli investimenti pubblicitari effettuati sui giornali quotidiani e periodici, anche on line, e 35 milioni per gli investimenti pubblicitari effettuati sulle emittenti televisive e radiofoniche locali e nazionali, analogiche o digitali, non partecipate dallo Stato.
Poiché le risorse destinate alla copertura dell’agevolazione sono risultate inferiori all’ammontare totale del credito di imposta richiesto, si è reso necessario effettuare la ripartizione delle stesse tra i richiedenti, in misura proporzionale agli importi richiesti, con percentuale pari al 14,8% per gli investimenti sulla stampa, pari al 6,5% per investimenti sulle radio e televisioni e con una percentuale compresa tra il 6,5% e il 14,8% nel caso di investimenti su entrambi i canali.
Come evidenziato nel comunicato del Dipartimento del 23 gennaio 2020, i soggetti che hanno presentato la “comunicazione per l’accesso”, per confermare la “prenotazione” devono quindi presentare la “dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti” pubblicitari realizzati nell’anno 2020 dall’8 gennaio all’8 febbraio 2021 (anziché dal 1° al 31 gennaio 2021).
Solo in esito alla presentazione delle dichiarazioni sostitutive sarà pubblicato sul sito del Dipartimento l’elenco dei soggetti ammessi alla fruizione del credito di imposta.
Compensazione in F24 dal quinto giorno dalla pubblicazione dell’elenco
Il credito di imposta è utilizzabile unicamente in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997 n. 241, presentando il modello di pagamento F24 esclusivamente attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, a partire dal quinto giorno lavorativo successivo alla pubblicazione dell’elenco dei soggetti ammessi.

(MF/ms)
 




Fatturazioni tardive allo Sdi: conviene il ravvedimento?

L’Agenzia delle Entrate, in occasione di Telefisco 2021, ha fornito un chiarimento che, sebbene sotto certi aspetti possa apparire scontato, è tuttavia della massima importanza.

Sovente, il contribuente, per le più varie ragioni, può commettere errori che si sostanziano nella tardiva emissione di più fatture (dunque nella tardiva trasmissione delle stesse allo SDI), nonostante le medesime siano state tempestivamente registrate e fatte confluire nella competente liquidazione periodica.
In questo caso, se il contribuente intende sanare la violazione, ha davanti a sé due possibilità: o ravvedersi o attendere l’atto di contestazione della sanzione.
Ciò che rende a volte complicata la decisione è la circostanza seguente: se ci si ravvede non è possibile applicare il cumulo giuridico, istituto di prerogativa esclusiva degli uffici, mentre se si attende l’atto di contestazione delle sanzioni il cumulo viene applicato d’ufficio.
Nel caso esposto, la risposta resa a Telefisco è un po’ laconica, in quanto relativamente alla sanzione applicabile si limita a riportare le sanzioni previste dall’art. 6 del DLgs. 471/97:

  • dal 90% al 180% della maggiore imposta con minimo di 500 euro, in breve quando la violazione ha determinato un mancato versamento dell’IVA (si pensi al classico caso in cui si fattura un importo inferiore a quello reale);
  • da 250 euro a 2.000 euro, se la violazione non ha inciso sulla liquidazione.
Ogni tardiva fatturazione è una violazione a sé stante, a prescindere dal fatto che sia soggetta a sanzione proporzionale (nel qual caso, sempre per ogni violazione, c’è il minimo di 500 euro) oppure fissa.
Quest’ultima sembra la fattispecie che ci occupa, nonostante la risposta non lo confermi espressamente: da un lato, ci sono state molteplici tardive fatturazioni, dall’altro, non c’è stato riflesso sull’imposta, visto che la liquidazione è stata correttamente eseguita e l’IVA versata.
L’art. 12 del DLgs. 472/97, in una fattispecie come quella in esame, prevede la necessità di applicare la sanzione prevista per la violazione più grave aumentata da un quarto al doppio.
Sanzione fissa se l’IVA è stata versata
Così, ipotizzando che l’Ufficio applichi la sanzione fissa minima (250 euro) e l’aumento da cumulo giuridico minimo (un quarto), se le violazioni sono tante può essere sicuramente conveniente attendere l’atto di contestazione della sanzione. Atto che, bisogna sempre ricordarlo, può essere definito al terzo ai sensi dell’art. 16 del DLgs. 472/97, sugli importi che risultano dopo l’applicazione del cumulo giuridico (si veda la circ. Agenzia delle Entrate 13 marzo 2015 n. 10, § 6.1).
Invece, se si opta per il ravvedimento, il contribuente non può in autonomia applicare il cumulo giuridico, istituto che, postulando valutazioni discrezionali, è di prerogativa esclusiva degli uffici. Detto diversamente, se si tratta di 1.000 tardive fatturazioni, ci sarà una sanzione di 250 euro per violazione, sia pure ridotta in conseguenza del ravvedimento.

(MF/ms)
 




Tax Credit beni strumentali cumulabile con altre agevolazioni

Il credito d’imposta previsto per gli investimenti in beni strumentali, introdotto dall’art. 1, commi 184-197, della legge di bilancio 2020 (Legge 27 dicembre 2019, n. 160) è cumulabile con altre agevolazioni, nel limite massimo del costo sostenuto, a condizione che la disciplina delle altre agevolazioni non escluda espressamente tale possibilità: lo ha precisato l’Agenzia delle Entrate con la Risposta all’istanza di interpello 2 febbraio 2021, n. 75.
Già con la Risposta all’istanza di interpello 16 settembre 2020, n. 360, l’Agenzia aveva affermato la cumulabilità del tax credit beni strumentali con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, sempre che tale cumulo non comporti il superamento del costo sostenuto. La misura è inoltre cumulabile con il credito d’imposta riconosciuto per gli investimenti nel Mezzogiorno, introdotto dall’art. 1, commi da 98 a 108, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di Stabilità 2016).
Si ricorda che sono esclusi dall’agevolazione in esame gli investimenti relativi a:
  1. veicoli e altri mezzi di trasporto, sia che vengano utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa (la cui deducibilità è integrale), sia che vengano usati con finalità non esclusivamente imprenditoriali. Si tratta dei beni di cui all’art. 164, comma 1, del Tuir;
  2. beni per i quali il D.M. 31 dicembre 1988 prevede coefficienti di ammortamento inferiori al 6,5 per cento;
  3. fabbricati e costruzioni;
  4. beni di cui all’Allegato 3, annesso alla legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208). Si tratta delle condutture utilizzate dalle industrie di imbottigliamento di acque minerali naturali o dagli stabilimenti balneari e termali, delle condotte utilizzate dalle industrie di produzione e distribuzione di gas naturale, nonché del materiale rotabile, ferroviario e tramviario;
  5. beni gratuitamente devolvibili delle imprese operanti – in concessione e a tariffa – nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti.

    (MF/ms)




Versamenti da cartelle di pagamento rinviati a fine marzo

Il decreto legge 30 gennaio 2021 n. 7 ha nuovamente apportato modifiche alla legislazione emergenziale che riguardano sia i termini di versamento delle somme derivanti da cartelle di pagamento sia i termini, iniziali e finali, di notifica degli atti impositivi.
Viene in primo luogo modificato l’art. 68 del DL 18/2020 posticipando di un ulteriore mese (dal 31 gennaio 2021 al 28 febbraio 2021) la sospensione dei termini di versamento derivanti da cartelle di pagamento, accertamenti esecutivi e avvisi di addebito INPS.
Ai sensi del menzionato art. 68, “i versamenti oggetto di sospensione devono essere effettuati in unica soluzione entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione”, di conseguenza il pagamento slitta al 31 marzo 2021.
Sono da ritenersi sospese altresì le rate da dilazioni dei ruoli ex art. 19 del DPR 602/73 che scadono dall’8 marzo 2020 al 28 febbraio 2021; il pagamento deve quindi avvenire entro il 31 marzo 2021.
La sospensione vale, oltre che per gli avvisi di addebito INPS, altresì per gli accertamenti esecutivi dei Comuni e altri enti locali, soggetti alla proroga come sancisce l’art. 68 del DL 18/2020, per le ingiunzioni fiscali e accertamenti doganali.
Secondo il censurabile orientamento da sempre fatto proprio dall’Agenzia delle Entrate, la sospensione non trova applicazione per gli accertamenti esecutivi emessi dalla stessa (per tutte, vedasi la circolare 20 marzo 2020 n. 5).
Poi, si incide sul termine dell’art. 152 del DL 34/2020, sospendendo sino al 28 febbraio 2021 (e non più sino al 31 gennaio 2021) i pignoramenti di salari e stipendi, nonché le procedure di blocco dei pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni.
Lo stesso dovrebbe potersi dire per le attività cautelari, si pensi al fermo e all’ipoteca esattoriale.
Relativamente ai termini di notifica, non viene intaccato l’art. 68 comma 4-bis lettera b) ultimo periodo del DL 18/2020, secondo cui tutti i termini, di prescrizione e di decadenza, che scadono nel 2020 in merito alla notifica delle cartelle di pagamento slittano automaticamente al 31 dicembre 2022. L’anno 2016 (dichiarazione presentata nel 2017), continua pertanto a scadere, se si tratta di liquidazione automatica, non il 31 dicembre 2020 bensì il 31 dicembre 2022.
Viene però modificato l’art. 157 del DL 34/2020, posticipando l’emissione degli avvisi bonari da liquidazione automatica, comunicazioni di liquidazione IVA e controllo formale (nonché di altri atti “minori” come il recupero delle tasse di concessione governativa e delle tasse automobilistiche).
Questi avrebbero dovuto essere emessi tra il 1° febbraio 2021 e il 31 gennaio 2022, ora si posticipa prevedendo che l’emissione avverrà tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022.
Viene di conseguenza introdotta una breve proroga dei termini di notifica delle relative cartelle di pagamento, proroga che non è più di un anno bensì di quattordici mesi. Dunque, per effetto dell’art. 157 comma 3 del DL 34/2020 così come modificato dal DL 7/2021:
  • in relazione alla dichiarazione presentata nel 2018 (anno d’imposta 2017), il termine per la notifica della cartella da 36-bis scade non il 31 dicembre 2021 ma il 28 febbraio 2023;
  • per la dichiarazione presentata nel 2018 (anno d’imposta 2017) e nel 2017 (anno d’imposta 2016), il termine per la notifica della cartella da 36-ter scade, rispettivamente, il 29 febbraio 2024 (e non il 31 dicembre 2022) e il 28 febbraio 2023 (e non il 31 dicembre 2021).
Sui termini di notifica degli altri atti impositivi, viene modificato l’art. 157 comma 1 del DL 34/2020. La notifica sarebbe dovuta avvenire, prima del decreto legge 7, dal febbraio 2021 al 31 gennaio 2022, ora, può avvenire dal marzo 2021 al 28 febbraio 2022.
Rimane fermo che l’emissione dell’atto deve essere avvenuta entro il 31 dicembre 2020.
Rimane lo slittamento al 2022 dei termini per le cartelle scaduti a fine 2020
Ciò non riguarda solo gli accertamenti esecutivi (relativi a imposte sui redditi, IVA e IRAP) ma ogni atto impositivo (avvisi di recupero dei crediti d’imposta, avvisi di liquidazione …), con l’eccezione della fiscalità locale.
Tenendo conto di quanto esposto, entro il 31 dicembre 2020 avrebbero dovuto essere emessi gli accertamenti imposte sui redditi, IVA e IRAP relativi all’annualità 2015 modello UNICO 2016 (2014 modello UNICO 2015 qualora ci sia stata l’omessa dichiarazione). La notifica avverrà però dal marzo 2021 al 28 febbraio 2022.
Va ricordato che, ai sensi degli artt. 43 del DPR 600/73 e 57 del DPR 633/72 (nella versione antecedente alla L. 208/2015, che opera dalle dichiarazioni presentate nel 2017, relative al 2016), l’accertamento va notificato, a pena di decadenza, entro il 31.12 del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (quinto anno se si tratta di dichiarazione omessa).
(MF/ms)



Webinar sulle novità fiscali 2021 in due parti

Api Lecco Sondrio, in collaborazione con lo Studio Qualitas Commercialisti Associati di Lecco, organizza due seminari, di carattere tecnico, sui principali aspetti legati alla nuova Legge di Bilancio e decreto fiscale.

La prima giornata dal titolo “Agevolazioni fiscali e crediti di imposta” si terrà giovedì 18 febbraio: verranno approfondite le novità fiscali entrate in vigore dal 1° gennaio 2021, verrà fatto un riepilogo dei vari decreti “ristori” e delle indicazioni del decreto “Milleproroghe”.

Nel secondo incontro, in programma per giovedì 4 marzo, si parlerà invece di “Novità fiscali e adempimenti”. Qui sotto gli argomenti nel dettaglio che verranno discussi nei due incontri.

Giovedì 18 febbraio 2021 – Dalle ore 14.30 alle 16
“Agevolazioni fiscali e crediti di imposta”

  • Proroga delle detrazioni per il recupero edilizio e riqualificazione energetica
  • Contributi a fondo perduto
  • Nuovo credito d’imposta per investimenti in beni strumentali
  • Proroga del credito d’imposta per la R&S e l’innovazione
  • Credito d’imposta per canoni di locazione e affitto
  • Agevolazioni per la capitalizzazione delle imprese
  • Altre novità in tema di agevolazioni
Domande e confronto

Per iscriversi cliccare QUI

Giovedì 4 marzo 2021 – Dalle ore 14.30 alle 16
“Novità fiscali e adempimenti”

  • Proroga dei termini di versamento e altri adempimenti fiscali
  • Rideterminazione del costo fiscale dei terreni e delle partecipazioni non quotate
  • Novità in materia di imposte dirette
  • Fatturazione elettronica e corrispettivi telematici
  • Dilazione dei ruoli e altre novità in materia di riscossione
  • Assemblee societarie
  • Altre novità fiscali
Domande e confronto

Per iscriversi cliccare QUI 

RELATORE
Massimo Fumagalli
Studio Qualitas Commercialisti Associati di Lecco
 

A seguito dell’iscrizione, prima dell’evento online, verrà inviato il link per il collegamento
 




Le principali novità della dichiarazione Iva 2021

Con provvedimento n. 13095/2021 del 15.01.2021 è stato approvato il modello Iva 2021 e le relative istruzioni per la compilazione.
Tra le principali novità presenti nel modello di quest’anno, da trasmettere entro il 30 aprile, si evidenzia l’esenzione Iva per le cessioni di beni necessari per il contenimento e la gestione dell’emergenza Covid-19, l’estensione del regime forfetario all’attività di oleoturismo, alcune modifiche alla disciplina delle prestazioni di servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici rese a committenti non soggetti passivi, nonché un nuovo rigo riservato ai soggetti che hanno usufruito dei provvedimenti agevolativi di sospensione dei versamenti emanati a seguito dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Sono state introdotte, inoltre, alcune semplificazioni in materia di dichiarazioni d’intento, a seguito della soppressione dell’obbligo di comunicazione delle dichiarazioni ricevute dagli esportatori abituali.
Con riferimento alle cessioni di determinati beni utili a contrastare la diffusione del Covid-19, si ricorda che l’articolo 124 D.L. 34/2020 ha introdotto l’esenzione Iva fino al 31 dicembre 2020; gli stessi, a decorrere dal 1° gennaio 2021 scontano l’Iva al 5%.
Inoltre, il comma 453 della Legge di bilancio 2021 ha previsto, dal 20 dicembre 2020 al 31 dicembre 2022, l’esenzione Iva per le cessioni di vaccini anti Covid-19, autorizzati dalla Commissione europea o dagli Stati membri, e per le prestazioni di servizi strettamente connesse a tali vaccini. Entrambe le disposizioni garantiscono il diritto alla detrazione dell’imposta, ai sensi dell’articolo 19, comma 1, D.P.R. 633/1972.
La dichiarazione Iva 2021 accoglie, pertanto, le operazioni attive e passive riferite alle cessioni esenti dei richiamati prodotti.
Dal lato vendite, il cedente dovrà indicare nel rigo VE33 l’ammontare delle operazioni esenti di cui all’articolo 10 D.P.R. 633/1972, ricomprendendo anche le operazioni esenti di cui all’articolo 124 D.L. 34/2020 e all’articolo 1, comma 453, L. 178/2020.
Nel quadro VF, sezione 3-A, rigo VF34, è stato introdotto un nuovo campo 9 per tenere conto, in sede di determinazione della percentuale di detrazione, delle cessioni di beni di cui all’articolo 124 D.L. 34/2020 e all’articolo 1, comma 453, L. 178/2020.
Sul versante degli acquisti, invece, il cessionario espone nel Rigo VF16, campo 2, gli acquisti esenti Iva in argomento.
Nel quadro VA, sezione 2, è stato inserito il nuovo rigo VA16 riservato ai soggetti che hanno usufruito dei provvedimenti agevolativi di sospensione dei versamenti, emanati a seguito dell’emergenza sanitaria da Covid-19.
In particolare, il rigo è riservato ai soggetti che, essendone legittimati, non hanno effettuato nel 2020, alle scadenze previste, i versamenti Iva – compreso il saldo relativo al 2019 – avvalendosi delle disposizioni di sospensione.

In casella 1 occorre inserire il codice reperibile dalla “Tabella versamenti sospesi Covid-19” posta in Appendice. Il campo 2 accoglie l’importo dei versamenti sospesi in virtù della disposizione normativa individuata dal codice indicato nella casella 1.
I soggetti che, nel corso del periodo d’imposta, hanno sospeso i versamenti in base a diverse disposizioni dovranno compilare più campi per indicare gli importi sospesi, in relazione a ciascuna disposizione normativa di cui gli stessi hanno usufruito.
Il rigo va compilato anche dalle società, in possesso delle caratteristiche che consentono individualmente di beneficiare delle disposizioni di sospensione emanate a seguito dell’emergenza sanitaria da Covid-19, che abbiano partecipato nel 2020 ad una procedura di liquidazione Iva di gruppo, consentendo a detta procedura di escludere dalla liquidazione periodica di gruppo la componente a debito riferibile a dette società, oppure di sospendere l’intero versamento della procedura stessa (circolare 11/E/2020, risposta 2.16).
Nel quadro VQ è stata prevista la nuova colonna 7 riguardante l’ammontare dell’Iva periodica versata a seguito della ripresa dei versamenti dopo la sospensione per eventi eccezionali, nel periodo compreso tra il giorno successivo alla data di presentazione della dichiarazione relativa al 2019 e la data di presentazione della dichiarazione relativa al presente anno d’imposta.
I soggetti che hanno fruito di particolari agevolazioni (sospensione dei termini di adempimenti e versamenti d’imposta) per effetto del verificarsi di eventi eccezionali devono comunque indicare nel quadro VH (qualora debba essere compilato, ovvero nel quadro VP), in corrispondenza dei singoli periodi (mesi o trimestri), gli importi a debito risultanti dalle liquidazioni periodiche e dell’acconto.
Nella sezione 3, è stato previsto il nuovo rigo VL41, per indicare nel campo 1, la differenza, se positiva, tra l’Iva periodica dovuta e l’Iva periodica versata; nel campo 2, la differenza, se positiva, tra il credito che si sarebbe generato qualora l’Iva periodica dovuta fosse stata interamente versata entro la data di presentazione della dichiarazione annuale (“credito potenziale”) e il credito effettivamente liquidato nel rigo VL33.
Per quanto riguarda, invece, gli oneri gravanti sui fornitori degli esportatori abituali, si ricorda che l’articolo 12-septies D.L. 34/2019 ha ridefinito la disciplina delle dichiarazioni d’intento prevedendo la soppressione dell’obbligo di comunicazione delle dichiarazioni d’intento ricevute in apposito quadro della dichiarazione annuale Iva, oltre che dell’obbligo di tenere un registro delle dichiarazioni d’intento. Conseguentemente, il quadro VI è stato soppresso.
Resta fermo, invece, l’onere di verificare che la dichiarazione d’intento sia stata emessa prima dell’effettuazione dell’operazione, definita dall’articolo 6 D.P.R. 633/1972.
Tale adempimento può essere assolto, indistintamente, in uno dei seguenti modi:

  • avvalendosi della funzionalità offerta dall’Agenzia delle entrate – Consultazioni delle dichiarazioni d’intento destinatario – all’interno del “Cassetto fiscale” del contribuente;
  • utilizzando la procedura di controllo “senza registrazione”, inserendo il numero di protocollo della dichiarazione d’intento, composto di due parti: la prima, formata da 17 cifre (es. 20060120341234567), la seconda (progressivo), di 6 cifre, separata dalla prima dal segno “-” oppure “/” (es. 000001).
Nel Quadro VO, sezione 1, è stato previsto infine il rigo VO16, riservato ai soggetti che effettuano le prestazioni di servizi indicate nell’articolo 7-octies nei confronti di committenti non soggetti passivi stabiliti in Stati membri dell’Unione europea diversi dall’Italia. Nella sezione 2, rigo VO26, è stata inserita la casella 2 per comunicare la revoca dell’opzione in precedenza esercitata. Nella sezione 3, è stato introdotto il rigo VO36, riservato ai soggetti che esercitano l’attività oleoturistica e comunicano di aver optato per l’applicazione dell’Iva e del reddito nei modi ordinari. (MF/ms)
 



Imposta di bollo su fattura elettronica

Come noto, sulle operazioni in generale non assoggettate ad Iva (se di ammontare superiore a 77,47 euro) è dovuta l’imposta di bollo: è dovuta ad esempio sulle operazioni fuori campo Iva ex articolo 15 D.P.R. 633/1972 oppure ex articolo 7-ter D.P.R. 633/1972, sulle operazioni non imponibili con dichiarazione di intento di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c) D.P.R. 633/1972, mentre non è applicata sulle operazioni relative a cessioni di beni all’estero non imponibili articolo 8, comma 1, lettere a) o b), D.P.R. 633/1972.

A seguito dell’introduzione della fatturazione elettronica, i termini e le modalità di assolvimento dell’imposta di bollo su tali documenti, originariamente disciplinati dall’articolo 6, comma 2, D.M. 17.6.2017, sono stati ulteriormente oggetto di modifica ad opera del D.M. 4.12.2020 a decorrere dalle fatture emesse dal 1° gennaio 2021.

Questo significa che per il versamento dell’imposta di bollo relativa alle fatture emesse nel 4° trimestre 2020 ha continuato ad essere applicato il termine come modificato dal Decreto Liquidità (D.L. 23/2020): entro il giorno 20 del mese successivo al trimestre di riferimento. Il versamento doveva essere stato fatto entro lo scorso 20 gennaio.

Dal 01.01.2021 l’articolo 1 D.M. 4.12.2020 stabilisce che:

  • il pagamento dell’imposta relativa alle fatture elettroniche emesse nel primo, nel terzo e nel quarto trimestre solare dell’anno di riferimento è effettuato entro l‘ultimo giorno del secondo mese successivo alla chiusura del trimestre (quindi 31 maggio, 30 novembre, 28 febbraio);
  • il pagamento dell’imposta relativa alle fatture elettroniche emesse nel secondo trimestre solare è effettuato entro l’ultimo giorno del terzo mese successivo alla chiusura del trimestre (quindi 30 settembre).

Inoltre viene precisato che:

  • nel caso in cui l’ammontare dell’imposta di bollo complessivamente dovuta sulle fatture elettroniche emesse nel primo trimestre solare dell’anno non superi l’importo di 250 euro, il contribuente, in luogo della scadenza ordinaria, può procedere al pagamento entro il termine previsto per il versamento dell’imposta relativa al secondo trimestre solare dell’anno di riferimento (quindi 30 settembre);
  • nel caso in cui l’importo dell’imposta di bollo dovuta in relazione alle fatture elettroniche emesse nei primi due trimestri solari dell’anno, complessivamente considerato, non superi l’importo di 250 euro, il pagamento dell’imposta di bollo complessivamente dovuta sulle fatture elettroniche emesse nei predetti trimestri può essere effettuato entro il termine previsto per il versamento dell’imposta relativa al terzo trimestre solare dell’anno di riferimento (quindi 30 novembre).

Per le fatture elettroniche inviate attraverso il Sistema di interscambio, l’Agenzia delle entrate, sulla base dei dati in suo possesso, provvede, per ciascun trimestre, all’integrazione delle fatture che non riportano l’evidenza dell’assolvimento dell’imposta di bollo ma per le quali l’imposta risulta dovuta, mettendo l’informazione a disposizione del cedente o prestatore, o dell’intermediario delegato, con modalità telematiche entro il giorno 15 del primo mese successivo alla chiusura del trimestre.

Tuttavia, se il cedente o il prestatore, o l’intermediario delegato, ritiene che, in relazione ad una o più fatture integrate dall’Agenzia delle entrate, non risultino realizzati i presupposti per l’applicazione dell’imposta di bollo, procede, entro l’ultimo giorno del primo mese successivo alla chiusura del trimestre, alla variazione dei dati comunicati, eccetto che per il secondo trimestre solare dell’anno, dove il termine è fissato nel 10 settembre dell’anno di riferimento.

In assenza di variazioni da parte del contribuente, si intendono confermate le integrazioni effettuate.

Si evidenzia che le modalità tecniche per l’effettuazione delle suddette integrazioni, della loro messa a disposizione, della consultazione e della variazione dei dati relativi all’imposta di bollo da parte del cedente o prestatore, o dell’intermediario delegato, verranno stabilite con apposito Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.

Poi l’Agenzia delle entrate deve rendere noto al cedente o prestatore, o all’intermediario delegato, sempre in modalità telematica, entro il giorno 15 del secondo mese successivo alla chiusura del trimestre (20 settembre per il secondo trimestre), l’ammontare dell’imposta di bollo complessivamente dovuta sulle fatture elettroniche inviate tramite lo SdI in ciascun trimestre solare, calcolata sulla base delle fatture per le quali il cedente o prestatore ha indicato l’assolvimento dell’imposta e delle integrazioni eventualmente variate dal contribuente.

Il successivo versamento dell’imposta di bollo può essere effettuato mediante il servizio presente sul sito dell’Agenzia, nell’area riservata del soggetto passivo Iva, con addebito su conto corrente bancario o postale o tramite modello F24, utilizzando i seguenti codici tributo: 2521 per il 1° trimestre; 2522 per il 2° trimestre; 2523 per il 3° trimestre; 2524 per il 4° trimestre.

(MF/ms)




Brexit: principali effetti in ambito fiscale e lavorativo

1 premessa

Il Regno Unito ha esercitato il proprio diritto di recesso dall’Unione europea (c.d. “Brexit”) con effetto dalle ore 23:00 inglesi del 31.1.2020, corrispondenti alle ore 0:00 dell’1.2.2020 nell’ora dell’Eu­ro­pa Centrale. Da tale momento, il Regno Unito ha assunto ai fini fiscali lo status di Stato extracomu­nitario, anche se è stato previsto un periodo transitorio che ha avuto termine il 31.12.2020.

In data 29.1.2020, il Parlamento europeo ha infatti ratificato il testo dell’Accordo di recesso del Re­gno Unito dall’Unione europea, caratterizzato:

  • dalla previsione di un periodo transitorio dall’1.2.2020 al 31.12.2020, durante il quale sono rimaste vigenti nei confronti del Regno Unito le disposizioni dell’Unione europea, come se il predetto Stato fosse ancora uno Stato membro;
  • dall’uscita effettiva del Regno Unito dal territorio doganale e fiscale dell’Unione europea, a decorrere dall’1.1.2021.

Dall’1.2.2020, il Regno Unito ha inoltre cessato di prendere parte ai lavori delle istituzioni europee (es. Parlamento europeo).
 

Il 24.12.2020 l’Unione europea e il Regno Unito hanno poi stipulato un Accordo commerciale e di cooperazione (EU-UK Trade and Cooperation Agreement), che regola molte materie aventi ad og­getto gli scambi di beni, gli investimenti, la prestazione di servizi e la mobilità delle persone, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 31.12.2020.

Di seguito si analizzano i principali effetti in ambito fiscale (IVA e imposte dirette) e lavorativo dell’u­scita del Regno Unito dall’Unione europea, alla luce del suddetto Accordo del 24.12.2020.

2 iva

Nei rapporti con il Regno Unito, il diritto dell’Unione europea si è reso applicabile, a norma dell’art. 127 dell’Accordo di recesso, solo fino al termine del periodo transitorio (31.12.2020), anche ai fini dell’IVA.

A decorrere dall’1.1.2021, il diritto dell’Unione europea ha cessato di avere applicazione nei rapporti con il Regno Unito, ivi inclusa la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto.

Le disposizioni nazionali in materia di IVA, nonché la predetta direttiva, stabiliscono regimi IVA dif­ferenti per le operazioni transfrontaliere aventi ad oggetto beni, a seconda che queste avvengano all’interno dell’Unione europea ovvero oltrepassando i confini dell’Unione europea.

Il fatto che il Regno Unito sia divenuto, a tutti gli effetti, un “Paese terzo” comporta, tra l’altro, che abbiano assunto nuovamente rilevanza le barriere doganali nei rapporti con tale Paese.

Analoghe considerazioni possono farsi per le prestazioni di servizi, in particolare per quelle che, in base alle regole che determinano il luogo di effettuazione dell’operazione, sono territorialmente rilevanti ai fini IVA nel Regno Unito, poiché non potranno più applicarsi le regole comunitarie.

2.1 cessioni di beni

In considerazione del fatto che, dall’1.1.2021, sono tornate ad assumere rilevanza le barriere doga­nali tra Italia e Regno Unito, non essendo più quest’ultimo parte del territorio dell’Unione europea, è mutato il trattamento IVA delle cessioni di beni tra i menzionati Paesi.

È necessario distinguere a seconda che le operazioni coinvolgano esclusivamente soggetti passivi d’imposta o anche “privati”, come riassunte nella tabella che segue.
 

Cedente Cessionario Conseguenze
Soggetto passivo in Italia Soggetto passivo nel Regno Unito L’operazione non è più qualificabile come cessione intracomunitaria di beni, non imponibile ai fini IVA in Italia ai sensi dell’art. 41 co. 1 lett. a) del DL 331/93, bensì come cessione all’esportazione, non imponibile ai fini IVA:

  • ai sensi dell’art. 8 co. 1 lett. a) del DPR 633/72, qualora il trasporto e l’esportazione dei beni sia effettuato dal cedente italiano (o da terzi per suo conto);
  • ai sensi dell’art. 8 co. 1 lett. b) del DPR 633/72, qualora il trasporto e l’esportazione dei beni sia effettuato dal cessionario in­­glese (o da terzi per suo conto) entro 90 giorni dalla consegna degli stessi nel territorio nazionale.
Soggetto passivo in Italia “Privato” nel Regno Unito L’operazione non è più qualificabile come vendita “a distanza” nel ter­ritorio dell’Unione europea (con assoggettamento ad IVA in Italia al di sotto di una determinata soglia e salva la possibilità di optare), qualificandosi invece come cessione all’esportazione, non imponibile ai fini IVA ai sensi dell’art. 8 co. 1 lett. a) del DPR 633/72, in quanto il trasporto e l’esportazione dei beni è effettuato dal cedente italiano (o da terzi per suo conto).
Soggetto passivo nel Regno Unito Soggetto passivo in Italia L’operazione non è più qualificabile come acquisto intracomunitario di beni di cui all’art. 38 co. 1 del DL 331/93, soggetto ad IVA in Italia mediante inversione contabile, bensì assume rilievo come importazione di beni ai sensi dell’art. 67 co. 1 del DPR 633/72, avente ad oggetto l’introduzione nel territorio dello Stato di beni provenienti da uno Stato non compreso nel territorio doganale dell’Unione europea.
Soggetto passivo nel Regno Unito “Privato” in Italia L’operazione non è più qualificabile come vendita “a distanza” nel ter­ritorio dell’Unione europea (con assoggettamento ad IVA nel Re­gno Unito al di sotto di una determinata soglia e salva la possibilità di opzione del cedente), qualificandosi invece come importazione, sog­getta ad IVA in Italia, ai sensi dell’art. 67 del DPR 633/72, essendo introdotti nel territorio dello Stato beni provenienti da uno Sta­to non compreso nel territorio doganale dell’Unione europea.

2.2 movimentazioni di beni

La presenza delle barriere doganali tra Italia e Regno Unito incide anche sul regime IVA e doganale applicabile alle movimentazioni di beni tra i due Stati che non comportano il trasferimento della proprietà, vale a dire:

  • il trasferimento di beni propri per finalità rientranti nell’esercizio d’impresa;
  • il trasferimento di beni propri per operazioni di perfezionamento;
  • il trasferimento di beni da installare e cedere.

Non è più possibile applicare le norme previste per i trasferimenti intracomunitari di beni e dovrà farsi riferimento alle norme IVA previste per le cessioni all’esportazione, ove applicabili, oltre che alle disposizioni doganali in materia di esportazione di beni.
2.3 prestazioni di servizi “GENERICHE”

Pur essendo il Regno Unito divenuto un Paese terzo, ai fini IVA, dall’1.1.2021, restano fermi i criteri di territorialità dell’imposta per le prestazioni di servizi “generiche”, sia nel caso in cui siano rese a soggetti passivi d’imposta sia nel caso in cui siano rese a “privati”:

·     le prestazioni di servizi “generiche” rese a committenti soggetti passivi d’imposta sono territorialmente rilevanti in Italia se è ivi stabilito il committente stesso (art. 7-ter co. 1 lett. a) del DPR 633/72);

·     le prestazioni di servizi “generiche” rese a committenti non soggetti passivi d’imposta sono territorialmente rilevanti in Italia se è ivi stabilito il prestatore (art. 7-ter co. 1 lett. b) del DPR 633/72).

2.4 prestazioni di servizi “non GENERICHE” B2B

Nella seguente tabella sono evidenziate le prestazioni di servizi “non generiche” B2B e le eventuali modifiche a seguito della conclusione del periodo transitorio dell’Accordo di recesso.

 

Natura della prestazione Criterio di territorialità Conseguenze
Servizi relativi a beni immobili Luogo di ubicazione dell’immobile Immutato  
Trasporti passeggeri Luogo di effettuazione del trasporto (in proporzione alla distanza percorsa nello Stato) Immutato
Ristorazione e catering Luogo di materiale esecuzione Immutato  
Ristorazione e catering a bordo di aereo, nave o treno Luogo di partenza del
trasporto
Immutato, fatta eccezione per i servizi di trasporto passeggeri effettuati in parte nel Regno Unito (prima dell’1.1.2021 considerato territorio dell’Unione europea ai fini IVA e successivamente non più)  
Locazione a breve termine di mezzi di trasporto Luogo di messa a disposizione del bene e di utilizzo dello stesso Immutato, salvo che il bene sia consegnato e/o utilizzato nel territorio del Regno Unito (prima dell’1.1.2021 considerato territorio dell’Unione europea ai fini IVA e successivamente non più)  
Accesso a manifestazioni culturali, artistiche, ecc. Luogo di svolgimento della manifestazione Immutato  

2.5 prestazioni di servizi “non GENERICHE” B2C

Nella seguente tabella sono evidenziate le prestazioni di servizi “non generiche” B2C e le eventuali modifiche a seguito della conclusione del periodo transitorio dell’Accordo di recesso.

 

Natura della prestazione Criterio di territorialità Conseguenze
Servizi relativi a beni immobili Luogo di ubicazione dell’immobile Immutato  
Trasporti passeggeri Luogo di effettuazione del trasporto (in proporzione alla distanza percorsa nello Stato) Immutato
Trasporti intra-UE di beni Luogo di partenza del
trasporto
Non più applicabile per i trasporti con il Regno Unito  
Trasporti interni ed extra-UE di beni Luogo di effettuazione del trasporto (in proporzione alla distanza percorsa nello Stato) Immutato  
Ristorazione e catering Luogo di materiale esecuzione Immutato  
Ristorazione e catering a bordo di aereo, nave o treno Luogo di partenza del
trasporto
Immutato, fatta eccezione per i servizi di tra­sporto passeggeri effettuati in parte nel Regno Unito (prima dell’1.1.2021 considerato territorio dell’Unione europea ai fini IVA e successivamente non più)  

 

Natura della prestazione Criterio di territorialità Conseguenze
Locazione a breve termine di mezzi di trasporto Luogo di messa a disposizione del bene e di utilizzo dello stesso Immutato, salvo che il bene sia consegnato e/o utilizzato nel territorio del Regno Unito (prima dell’1.1.2021 considerato territorio dell’Unione europea ai fini IVA e successivamente non più)
Locazione a lungo termine di mezzi di trasporto diversi dalle imbarcazioni da diporto Domicilio del committente e luogo di utilizzo del bene Immutato, salvo che il bene sia utilizzato nel territorio del Regno Unito (prima dell’1.1.2021 considerato territorio dell’Unione europea ai fini IVA e successivamente non più)
Locazione a lungo termine di imbarcazioni da diporto Luogo di stabilimento del prestatore e luogo di messa a disposizione del bene e di utilizzo dello stesso Immutato, salvo che il bene sia consegnato e/o utilizzato nel territorio del Regno Unito (prima dell’1.1.2021 considerato territorio dell’Unione europea ai fini IVA e successivamente non più)
Prestazioni di servizi relative ad attività culturali, artistiche, ecc. Luogo di svolgimento dell’attività Immutato
Accesso a manifestazioni culturali, artistiche, ecc. Luogo di svolgimento della manifestazione Immutato
Prestazioni di intermediazione (in nome e per conto del cliente) Luogo di rilevanza territoriale dell’operazione intermediata Immutato
Lavorazioni e perizie su beni mobili materiali Luogo di materiale esecuzione dell’operazione Immutato
Telecomunicazioni, teleradiodiffusioni e commercio elettronico Luogo di stabilimento del committente Immutato, salvo il venir meno della possibilità di avvalersi del meccanismo del MOSS per assolvere l’IVA nello Stato di destinazione del servizio
Cessioni di diritti d’autore, diritti su invenzioni industriali, marchi e simili

 

Prestazioni pubblicitarie

 

Consulenza e assistenza tecnica o legale

 

Operazioni finanziarie, bancarie e assicurative

Luogo di stabilimento del prestatore Per le prestazioni rese da un soggetto passivo italiano a un “privato” nel Regno Unito, l’operazione era territorialmente rilevante in Italia sino al 31.12.2020 (dall’1.1.2021 è fuori campo IVA in Italia)

2.6 aspetti documentali e comunicativi

Gli effetti si producono anche in relazione agli obblighi identificativi, documentali e comunicativi:

  • non è più necessaria l’iscrizione al VIES per le operazioni con controparte inglese, mentre per espletare le formalità doganali è necessario acquisire il codice EORI;
  • per le prestazioni di servizi “generiche”, la prova dello status di soggetto passivo IVA del com­mittente inglese dovrà essere fornita con mezzi diversi dalla verifica nel database VIES;
  • la prova dell’invio dei beni nel Regno Unito, per l’applicazione del regime di non imponibilità, è data dalla documentazione doganale;
  • le cessioni di beni e le prestazioni di servizi B2B non dovranno più essere riportate negli elenchi riepilogativi INTRASTAT;
  • mutano alcune codifiche utilizzate nella presentazione del c.d. “esterometro”.

2.7 procedura di registrazione in italia

I soggetti passivi stabiliti nel Regno Unito possono operare in Italia e ottenere il rimborso dell’IVA assolta nell’esercizio dell’attività economica mediante la nomina di un rappresentante fiscale ai sensi dell’art. 17 co. 3 del DPR 633/72.

Essendo stato sottoscritto il 24.12.2020 un “Accordo di principio” tra Regno Unito e Unione europea, e in assenza di un c.d. “periodo di grazia”, prudenza vuole che ci si attenga, per quanto concerne obblighi e diritti ai fini IVA, alle norme previste per gli scambi con Paesi terzi. Ciò vale anche se l’Accordo raggiunto, essendo volto a stabilire il quadro per la cooperazione amministrativa tra le parti, potrebbe già contenere gli elementi necessari a garantire il perdurare dell’applicabilità, ad esempio, dell’istituto dell’identificazione diretta per i soggetti passivi non residenti, di cui all’art.
35-ter del DPR 633/72.

Il medesimo approccio prudenziale, sul punto, è stato tenuto dall’Agenzia delle Entrate nella FAQ pubblicata il 31.12.2020, riservandosi di fornire chiarimenti in merito alla possibilità di avvalersi dell’istituto dell’identificazione diretta ai fini IVA quando sarà completata “la collazione e l’analisi degli elementi di dettaglio degli accordi da ultimo raggiunti” tra l’Unione europea e il Regno Unito.

2.8 operazioni transfrontaliere incompiute al 31.12.2020

L’Accordo di recesso prevede alcune norme volte a regolare le operazioni transfrontaliere che, per motivi fattuali restano incompiute al termine del periodo transitorio, quali, ad esempio, le operazioni che hanno ad oggetto beni spediti nel 2020 i quali giungono a destinazione nel 2021.

Per le cessioni di beni, l’art. 51, § 1 dell’Accordo di recesso fissa un principio generale in base al quale mantengono la natura di operazioni intra-UE le operazioni aventi ad oggetto beni la cui spedizione o trasporto:

  • ha inizio in vigenza del periodo transitorio;
  • ha fine quando il periodo transitorio è terminato.

 Pertanto, le stesse si qualificheranno comunque come:

  • cessioni intra-UE e non come cessioni all’esportazione, nel Paese da cui partono;
  • acquisti intra-UE e non come importazioni, nel Paese nel quale arrivano.

Conseguentemente le operazioni rilevano ai fini della compilazione, nel 2021, degli elenchi riepilogativi INTRASTAT.

Tuttavia, sarà comunque richiesto l’appuramento presso la Dogana dello Stato di destinazione dei beni, al fine di dimostrare la natura dell’operazione mediante documentazione che attesti l’inizio del trasporto o della spedizione nel 2020.

Inoltre, l’art. 51, § 3 dell’Accordo di recesso fa salva la possibilità di presentare l’istanza di rimborso di cui alla direttiva 2008/9/CE, sussistendone le condizioni, mediante portale elettronico entro il 31.3.2021, in favore:

  • dei soggetti passivi IVA stabiliti in uno Stato membro della UE che hanno effettuato acquisti nel Regno Unito nel corso del 2020;
  • dei soggetti passivi IVA stabiliti nel Regno Unito che hanno effettuato acquisti in uno Stato membro della UE nel corso del 2020.

Le previsioni della citata direttiva continueranno ad applicarsi per 5 anni dopo il termine del periodo transitorio sia alle istanze presentate nel 2021 in relazione al 2020, sia alle istanze di rimborso già presentate al termine del 2020.
2.9 rapporti con l’irlanda del nord

L’Accordo di recesso garantisce una sorta di continuità territoriale unionale all’Irlanda del Nord, in considerazione della quale tale territorio:

  • resta soggetto alla normativa UE per le cessioni di beni;
  • è considerato Paese terzo per le prestazioni di servizi.

Per quanto riguarda l’identificazione dei soggetti passivi nell’Irlanda del Nord, è stata emanata la direttiva UE 20.11.2020 n. 1756.

La direttiva prevede che i soggetti passivi che effettuano nell’Irlanda del Nord cessioni di beni (com­prese le cosiddette cessioni intracomunitarie) o acquisti intracomunitari di beni (anche da parte di enti non soggetti passivi) siano identificati, in conformità alla normativa IVA, con il codice “XI”, diverso da quello del Regno Unito (che inizia con “GB”).

La direttiva IVA stabilisce, infatti, che di norma i prefissi dei numeri di identificazione IVA nell’Unio­ne europea siano basati sul codice ISO 3166 – alfa 2 – con il quale può essere identificato lo Stato membro da cui è stato attribuito, ma per i territori che non hanno un codice specifico nell’ambito di tale sistema è prevista la possibilità di usare codici “X”.

3 IMPOSTE SUI REDDITI

Nei rapporti con il Regno Unito, il diritto dell’Unione europea continua ad applicarsi, a norma dell’art. 127 dell’Accordo di recesso, solo fino al termine del periodo transitorio anche ai fini delle im­poste sui redditi (le quali, a differenza dell’IVA, non sono armonizzate). Una eccezione è pre­vi­sta nell’art. 100, § 1 dell’Accordo, che fa salva l’applicazione della direttiva 2010/24/UE sulla ri­scos­sione dei crediti tributari per ulteriori 5 anni dopo la fine del periodo di transizione.

Occorre distinguere tre casistiche diverse:

  • norme interne che attuano direttive comunitarie e che menzionano i rapporti con Stati membri dell’Unione europea → cessano di trovare applicazione;
  • norme interne resesi necessarie per tutelare le libertà fondamentali (in particolar modo stabilimento e circolazione dei capitali) e che menzionano i rapporti con Stati membri dell’Unione europea → cessano di trovare applicazione;
  • norme interne che regolano i rapporti con Stati “white list” (o che consentono un adeguato scambio di informazioni) → continuano ad esplicare efficacia, facendo il Regno Unito parte della suddetta lista.

 

Brexit – Imposizione sui redditi
Disposizioni interne di matrice comunitaria che menzionano i rapporti con Stati dell’Unione europea Norme di recepimento delle direttive Cessano di trovare applicazione
Norme a tutela del rispetto delle libertà fondamentali
Disposizioni interne che fanno riferimento agli Stati compresi nella white list (o che garantiscono un adeguato scambio di informazioni) Continuano ad esplicare efficacia

3.1 NORME DI RECEPIMENTO DELLE DIRETTIVE

Le principali direttive in materia di imposizione sui redditi che vengono meno per effetto del recesso del Regno Unito dall’Unione europea sono riassunte nella tabella che segue.

 

Direttiva Norma interna di
recepimento
Conseguenze
2009/133/CE Artt. 178 ss. del TUIR Viene meno il regime delle operazioni straordinarie intracomunitarie, che a certe condizioni accorda un regime di neutralità.
2011/96/UE Art. 27-bis del
DPR 600/73
Viene meno l’esenzione da ritenuta sui dividendi pagati alle società del gruppo del Regno Unito.
2003/49/UE Art. 26-quater del
DPR 600/73
Viene meno l’esenzione da ritenuta sulle royalties e sugli interessi pagati alle società del gruppo del Regno Unito.

 

Direttiva Norma interna di
recepimento
Conseguenze
2011/16/UE DLgs. 4.3.2014 n. 29
DLgs. 15.3.2017 n. 32
DM 23.2.2017
DLgs. 18.5.2018 n. 60
DLgs. 30.7.2020 n. 100
Vengono meno molte delle procedure di scambio automatico finalizzate al contrasto all’evasione e alle frodi, previste solo in ambito intracomunitario (si veda, però, quanto sotto riportato).

Scambio automatico di informazioni

Restano in vigore, nei rapporti con il Regno Unito, le procedure di scambio automatico:

  • dei dati dei conti finanziari (conti correnti e di deposito, conti titoli, azioni, obbligazioni, ecc.) dei non residenti;
  • dei country by country report.

Questi dati continueranno ad essere forniti dal Regno Unito all’Italia (e dall’Italia al Regno Unito) in virtù dell’adesione del Regno Unito alla Convenzione OCSE per la mutua assistenza ai fini fiscali (accordo sovranazionale a livello mondiale).

Potrebbero, inoltre, rimanere in vita anche le procedure di scambio automatico dei ruling internazionali e degli accordi sui prezzi di trasferimento (regolate in Italia dal DLgs. 32/2017) e dei dati del­le operazioni internazionali “aggressive” (regolate in Italia dal DLgs. 100/2020), se le parti daranno attuazione a quanto previsto nella Parte II, Titolo XI, Cap. V, art. 5.2 dell’Accordo commerciale e di cooperazione del 24.12.2020, secondo cui il Regno Unito e l’Unione europea si impegnano, anche dopo il 31.12.2020, a mantenere inalterati gli standard fissati dall’OCSE su queste materie.

3.2 NORME A TUTELA DEL RISPETTO DELLE LIBERTà FONDAMENTALI

A seguito del recesso del Regno Unito dall’Unione europea vengono meno numerose disposizioni che regolano i rapporti con Stati dell’Unione europea.

Occorrerà, tuttavia, chiarire se specifiche disposizioni, tra quelle che seguono, possano rimanere in vita per effetto di interpretazioni estensive delle clausole dell’Accordo commerciale e di cooperazio­ne del 24.12.2020 che stabiliscono la non discriminazione per gli investimenti effettuati da ciascuna delle parti.

3.2.1 Oneri deducibili e detraibili

Per effetto del recesso del Regno Unito dall’Unione europea vengono meno, in capo alle persone fisiche residenti in Italia:

·     la deducibilità dal reddito complessivo dei contributi a fondi pensione istituiti nel Regno Unito (art. 10 co. 1 lett. e-bis) del TUIR);

·     la detrazione d’imposta per i canoni di locazionedegli studenti di Università con sede nel Regno Unito (art. 15 co. 1 lett. i-sexies) del TUIR).

3.2.2 Dividendi e plusvalenze

Nei rapporti con il Regno Unito viene meno la disposizione dell’art. 47-bis del TUIR, che per presunzione assoluta non considera mai privilegiati, ai fini della tassazione dei dividendi e delle plusvalenze, i regimi accordati da Stati dell’Unione europea.

3.2.3 Consolidato fiscale

Per effetto del recesso del Regno Unito dall’Unione europea vengono meno:

·     la possibilità di optare per il consolidato fiscale tra società “sorelle”, se la controllante è residente nel Regno Unito (art. 117 co. 2-bis del TUIR);

·     la possibilità di consolidare le stabili organizzazioniitaliane di società con sede nel Regno Unito (art. 120 co. 1-bis del TUIR).

3.2.4 Trasferimento della sede all’estero

Per effetto del recesso del Regno Unito non è più possibile optare per la rateizzazione dell’im­posta “in uscita” (exit tax), di cui all’art. 166 co. 9 del TUIR, se il trasferimento della sede dell’im­presa avviene verso il Regno Unito.

Analoga preclusione è prevista per le operazioni assimilate al trasferimento “diretto” (es. incorporazione, da parte di società con sede nel Regno Unito, di società italiane).

3.2.5 Redditi di natura finanziaria

Le principali disposizioni in materia finanziaria che vengono meno per effetto del recesso del Regno Unito dall’Unione europea sono riassunte nella tabella che segue.

 

Norma Conseguenze
Art. 1 del
DLgs. 239/96
Viene meno l’esenzione da ritenuta per gli interessi dei titoli emessi dai “grandi emittenti” con azioni quotate nei mercati del Regno Unito (l’esenzione è, però, salva se le azioni sono quotate in Italia o in un altro Stato membro dell’Unione europea).
Art. 26 co. 5-bis del DPR 600/73 Viene meno l’esenzione da ritenuta per gli interessi dei finanziamenti a lungo termine alle imprese erogati da banche stabilite nel Regno Unito (la norma dovrebbe, però, continuare ad applicarsi agli investitori istituzionali soggetti a vigilanza nel Regno Unito).
Art. 27 co. 3 del DPR 600/73 Viene meno la ritenuta ridotta dell’11% sui dividendi corrisposti a fondi pensione istituiti nel Regno Unito.
Art. 27 co. 3-ter del DPR 600/73 Viene meno la ritenuta ridotta dell’1,20% sui dividendi corrisposti a società di capitali ed enti commerciali residenti nel Regno Unito, se non rientranti nel regime “madre-figlia”.

3.2.6 Altre novità

Per effetto del recesso del Regno Unito dall’Unione europea vengono meno, ad esempio:

  • la possibilità di accedere al regime forfetario per i soggetti residenti nel Regno Unito che producono in Italia almeno il 75% del proprio reddito complessivo (art. 1 co. 57 lett. b) della L. 190/2014);
  • la possibilità, per i residenti italiani titolari di immobili nel Regno Unito, di assolvere l’IVIE sul valore catastale (art. 19 co. 15 del DL 201/2011);
  • l’esenzione dall’imposta italiana sulle successioni dei titoli di Stato emessi dal Regno Unito (art. 12 co. 1 lett. h) e i) del DLgs. 346/90).

3.3 NORME CHE FANNO RIFERIMENTO AI RAPPORTI CON STATI “WHITE LIST

Come già rilevato, continuano ad esplicare efficacia nei rapporti con il Regno Unito le norme fiscali che fanno riferimento ai rapporti con Stati appartenenti alla white list, o che garantiscono un adeguato scambio di informazioni.

Tra queste si menzionano, a titolo esemplificativo:

  • le diverse disposizioni che accordano ai residenti di Stati appartenenti alla white list (Regno Unito, quindi, compreso) l’esenzione dalle imposte italiane sulle plusvalenze su partecipazioni qualificate, sugli interessi delle obbligazioni dei “grandi emittenti”, sui proventi degli OICR ita­liani, ecc.;
  • le disposizioni che consentono ai residenti italiani di evitare l’adozione nel quadro RW dell’ap­proccio “look through”,se le partecipazioni rilevanti detenute sono localizzate nel Regno Unito;
  • la possibilità di optare per l’imposizione sostitutiva del 7% per i residenti nel Regno Unito ti­to­lari di pensioni estere che trasferiscono la residenza in Italia;
  • la possibilità, per le imprese, di dedurre le perdite su creditiverso clienti residenti nel Regno Unito assoggettati a procedure concorsuali equivalenti a quelle previste dal diritto italiano.

4 principali effetti in materia di sicurezza sociale e distacco dei lavoratori

Per quanto concerne la legislazione applicabile in materia di sicurezza sociale nello scenario post Brexit, occorre prendere in considerazione il Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale contenuto nell’Accordo commerciale e di cooperazione stipulato il 24.12.2020.

Si tratta, in estrema sintesi, di un Accordo multilaterale tra il Regno Unito e l’Unione europea, che trova applicazione nei confronti:

  • di tutti gli Stati membri, ma non di Gibilterra e dei territori d’oltremare;
  • delle persone, compresi gli apolidi e i rifugiati, che sono o sono state soggette alla legislazione di uno o più Stati cui trova applicazione lo stesso Protocollo, nonché ai loro familiari e superstiti.

4.1 Principi di coordinamento e legislazione applicabile

Nell’ambito del Protocollo in questione, trovano conferma i principi di:

  • non discriminazione tra gli Stati membri dell’Unione europea;
  • parità di trattamento;
  • assimilazione di prestazioni, redditi, fatti o avvenimenti;
  • totalizzazione dei periodi;
  • abolizione delle clausole di residenza (tale principio non trova applicazione con riferimento alle prestazioni in denaro relative alle prestazioni di invalidità e di disoccupazione);
  • divieto di cumulo delle prestazioni.

In merito alle regole di definizione della legislazione applicabile, si segnala che molti criteri sono stati mutuati dal regolamento (CE) 29.4.2004 n. 883, quali:

  • l’unicità della legislazione applicabile;
  • il principio di territorialità;
  • il regime applicabile ai pubblici dipendenti, a coloro che svolgono un’attività subordinata o autonoma normalmente a bordo di una nave, ovvero a coloro che non rientrano nelle ipotesi richiamate, per i quali assume rilevanza centrale lo Stato di residenza.

Diversamente dal citato regolamento, nell’ambito di applicazione materiale non rientrano le presta­zioni familiari, nonché le seguenti prestazioni previdenziali:

  • pensioni sociali ai cittadini senza risorse;
  • pensioni e indennità in favore di mutilati e invalidi civili;
  • pensioni e indennità ai sordomuti;
  • pensioni e indennità ai ciechi civili;
  • integrazione della pensione minima;
  • integrazione dell’assegno d’invalidità;
  • assegno sociale;
  • maggiorazione sociale.

4.2 Principali novità in materia di distacco ed esercizio di attività in più Stati

L’art. SSC.11 del Protocollo contiene le novità più interessanti in materia di distacco e individua soluzioni transitorie in attesa della comunicazione da parte del singolo Stato membro all’Unione euro­pea sul regime applicabile.

In particolare, si conferma quanto previsto dal regolamento (CE) 29.4.2004 n. 883, stabilendo la deroga al principio di territorialità per un periodo massimo di 24 mesi per il lavoratore autonomo e subordinato.

Inoltre, si prevede che gli Stati membri debbano comunicare all’Unione europea l’intenzione di derogare o meno alla disposizione sopra riportata. In assenza della comunicazione si mantiene il regime previsto dal regolamento 883/2004.

Restano inoltre confermati, all’art. SSC.12 del Protocollo, i criteri previsti dal regolamento (CE) 29.4.2004 n. 883 e applicabili a coloro che esercitino la propria attività contemporaneamente in due o più Stati membri, consentendo il versamento dei contributi in un solo Stato, nel rispetto del principio dell’unicità della legislazione applicabile.

Rispetto a quanto disposto in materia dal suddetto regolamento, è poi previsto che:

  • la persona che esercita abitualmente un’attività subordinata in due o più Stati membri (e non nel Regno Unito) è soggetta alla legislazione del Regno Unito se non esercita una parte consistente di tale attività nello Stato di residenza e se:
  • è alle dipendenze di una o più imprese o datori di lavoro, tutti aventi la propria sede legale o il proprio domicilio nel Regno Unito;
  • risiede in uno Stato membro ed è alle dipendenze di due o più imprese o datori di lavoro, tutti aventi la propria sede legale o il proprio domicilio nel Regno Unito e nello Stato membro di residenza;
  • risiede nel Regno Unito ed è alle dipendenze di due o più imprese o datori di lavoro, alme­no due dei quali hanno la propria sede legale o il proprio domicilio in Stati membri diversi;
  • risiede nel Regno Unito ed è alle dipendenze di una o più imprese o datori di lavoro, nessuno dei quali hanno la propria sede legale o il proprio domicilio in un altro Stato;
  • la persona che esercita abitualmente un’attività autonoma in due o più Stati membri (e non nel Regno Unito) senza esercitarne una parte consistente nello Stato di residenza è soggetta alla legislazione del Regno Unito se il centro di interessi della sua attività si trova nel Regno Unito. Tale disposizione non si applica alle persone che esercitano abitualmente un’attività subordinata e un’attività autonoma in due o più Stati membri.

(MF/ms)