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Adesione al servizio di consultazione delle e-fatture: proroga al 31 dicembre 2021

Il 30 settembre scorso è scaduto il termine per aderire al servizio di consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche e dei loro duplicati informatici proposto dall’Agenzia delle Entrate, che consentiva di potere accedere ai file Xml transitati mediante SdI a decorrere dal 1° gennaio 2019.

A chi non avesse manifestato la scelta entro tale termine, sarebbe comunque stata consentita una successiva adesione, che avrebbe, tuttavia, permesso di consultare esclusivamente le fatture emesse e ricevute a partire dal giorno successivo alla stessa.

L’uso del condizionale si deve al fatto che il 3 novembre l’Agenzia delle Entrate, col provvedimento n. 298662, ha riaperto i termini per l’adesione, fissando la nuova scadenza al 31 dicembre 2021 e permettendo, in questo modo, di poter ancora “recuperare” le fatture “pregresse”.

La motivazione questa volta va ascritta non già a questioni inerenti alla tutela della privacy dei dati contenuti nei documenti, quanto piuttosto alle richieste degli operatori che “non hanno colto la differenza” tra l’adesione al servizio di conservazione delle fatture elettroniche “e quella prevista invece per il servizio di consultazione, nell’errato convincimento che l’adesione già prestata per il primo servizio” comportasse implicitamente anche la possibilità di fruire del secondo.

La scadenza era già stata oggetto in passato di numerose proroghe, in considerazione delle diverse interlocuzioni fra l’Agenzia e l’Autorità Garante della protezione dei dati personali, per la definizione delle misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati. 

Negli ultimi provvedimenti che disponevano lo slittamento dei termini, si richiamava, infatti, l’introduzione dell’art. 14 del Dl n. 124/2019, che ha previsto nuovi termini per la memorizzazione delle e-fatture ed è stato disposto che i dati in esse contenuti “possano essere utilizzati dalla Guardia di Finanza, nell’assolvimento delle funzioni di polizia economica e finanziaria, e dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di Finanza per le attività di analisi del rischio e di controllo a fini fiscali” (cfr. tra gli altri il provv. n. 17289/2021).

La norma stabiliva che Agenzia e Guardia di Finanza dovessero adottare “idonee misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati mediante la previsione di apposite misure di sicurezza”, sentito il Garante.

La mancata proroga dell’ultima scadenza aveva lasciato intendere che le suddette questioni fossero state risolte e che, quindi, si dovesse ritenere concluso il periodo transitorio che consentiva a chiunque di potere accedere ai file Xml transitati via SdI, rendendo necessaria, a tal fine, la manifestazione dell’adesione.

Come sottolineato dall’Agenzia, invece, la riapertura dei termini si deve da un lato alla mancata comprensione circa la distinzione fra servizio di consultazione e servizio di conservazione e, dall’altro, alla “concomitanza della scadenza del 30 settembre 2021 con numerosi altri adempimenti fiscali, anche legati alla possibilità di fruire delle agevolazioni previste dalle norme a favore degli operatori colpiti dagli effetti negativi della pandemia”.

Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro hanno, inoltre, segnalato all’Amministrazione finanziaria che “l’indisponibilità delle fatture pregresse rende più gravosi gli adempimenti da parte dei contribuenti e dei professionisti che li assistono, che devono eventualmente reperire i duplicati delle fatture presso i soggetti emittenti”. 

Il CNDCEC ha espresso al proposito, in un comunicato stampa, il proprio apprezzamento per la riapertura dei termini, affermando che di fronte “alle evidenti difficoltà createsi”, il provvedimento emanato “grazie anche alla proficua interlocuzione con il Consiglio nazionale (…) è una utile boccata d’ossigeno per contribuenti e professionisti”.

Quanto alla distinzione fra i servizi citati, si ribadisce che il servizio di conservazione offerto dall’Agenzia delle Entrate (provv. n. 89757/2018, §7), consente di assolvere agli obblighi di cui all’art. 39 del Dpr  633/72 (secondo cui le “fatture elettroniche sono conservate in modalità elettronica”), ai sensi delle disposizioni di cui al Dm 17 giugno 2014. In base all’accordo di servizio, l’Agenzia, entro 48 ore dalla data di ricezione della domanda di esibizione dei documenti conservati (salvo ritardi dovuti alla manutenzione del sistema), rende disponibile nell’area riservata il c.d. “pacchetto di distribuzione” o la comunicazione di anomalia della richiesta.

Le fatture elettroniche sono conservate a norma dall’Agenzia per la durata di quindici anni.

Il servizio di consultazione proposto gratuitamente dalla stessa Agenzia (provv. n. 89757/2018, § 8.1, 8-bis e 8-ter), permette, invece, di consultare e acquisire i file delle fatture elettroniche emesse e ricevute mediante SdI, all’interno di un’apposita area del portale “Fatture e Corrispettivi”. I file Xml restano disponibili fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di ricezione da parte del Sistema di Interscambio.

(MF/ms)
 




Split payment: pubblicati gli elenchi validi per il 2022

Sono disponibili sul sito del Dipartimento delle Finanze, nella sezione dedicata, gli elenchi validi per l’anno 2022 dei soggetti – società, fondazioni ed enti – tenuti all’applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti di cui all’art. 17-ter, comma 1-bis, del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633 (split payment), pubblicati ai sensi del Dm 9 gennaio 2018.

Gli elenchi sono aggiornati al mese di ottobre 2021 e riguardano:

  • le società controllate di fatto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri (art. 2359, comma 1, n. 2 c.c.);
  • gli enti o le società controllate dalle Amministrazioni Centrali;
  • gli enti o le società controllate dalle Amministrazioni Locali;
  • gli enti o le società controllate dagli Enti Nazionali di Previdenza e Assistenza;
  • gli enti, le fondazioni o le società partecipate per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70%, dalle Amministrazioni Pubbliche;
  • le società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana.
Non sono invece incluse le Amministrazioni pubbliche, di cui all’art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, comunque tenute all’applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti ex art. 17-ter, comma 1, Dpr 26 ottobre 1972, n. 633, per le quali è possibile fare riferimento all’elenco (c.d. elenco Ipa) pubblicato sul sito dell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (www.indicepa.gov.it).

Si ricorda che l’elenco è pubblicato, a cura del Dipartimento delle finanze, entro il 20 ottobre di ciascun anno con effetti a valere per l’anno successivo, ai sensi dell’art. 5-ter, comma 2, del Dm 23 gennaio 2015.

L’aggiornamento avviene in via continuativa nel corso dell’anno ed è possibile effettuare la ricerca delle fondazioni, degli enti o delle società presenti negli elenchi tramite codice fiscale.

I soggetti interessati, con eccezione per le società quotate nell’indice FTSE MIB, possono segnalare al Dipartimento delle Finanze eventuali mancate o errate inclusioni negli elenchi ai fini del loro aggiornamento, esclusivamente mediante l’apposito modulo di richiesta e fornendo idonea documentazione a supporto dell’istanza presentata. È obbligatorio allegare la visura camerale.

Gli elenchi sono disponibili al seguente link: https://www1.finanze.gov.it/finanze3/split_payment/public/#/#testata

(MF/ms)




Modalità per la comunicazione delle operazioni con controparti non stabilite in Italia dal 2022

A decorrere dal 1° gennaio 2022, la comunicazione delle operazioni con controparti non stabilite in Italia (c.d. “esterometro”) è effettuata mediante il Sistema di Interscambio, trasmettendo i dati in formato XML, come previsto per le fatture elettroniche (art. 1 comma 3-bis del D.Lgs. 127/2015, come modificato dall’art. 1 comma 1103 della L. 178/2020).

Una delle novità consiste nei nuovi termini per effettuare la trasmissione dei dati.

Difatti, dal 1° gennaio 2022, la richiamata disposizione e il provv. n. 293384 dell’Agenzia delle Entrate del 29 ottobre (§ 9.3) prevedono:

  • quanto alle operazioni attive (nei confronti di soggetti non stabiliti in Italia), l’invio dei dati entro il termine di emissione delle fatture o dei documenti che certificano i corrispettivi;
  • quanto alle operazioni passive (da soggetti non stabiliti in Italia), l’invio dei dati entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.
In merito alle operazioni passive, anche alla luce del provv. n. 293384 del 29 ottobre, è da ritenersi ancora ammessa, dal 2022, l’integrazione analogica della fattura di acquisto ricevuta da operatore estero, e la successiva comunicazione della stessa in formato XML mediante SdI.

nuovi termini per l’invio dei dati, mediante SdI, delle operazioni passive che intercorrono con soggetti non stabiliti in Italia richiedono di prestare attenzione ai termini di registrazione prescritti, rispettivamente, per gli acquisti da soggetti stabiliti in altri Stati membri dell’Ue e per gli acquisti da soggetti stabiliti al di fuori dell’Ue.

Nel primo caso (acquisti da soggetti Ue), l’art. 17 comma 2 del DPR 633/72 rinvia agli artt. 46 e 47 del Dl. 331/93 quanto agli obblighi di fatturazione e registrazione.

In particolare, secondo il citato art. 47, il cessionario o committente nazionale è tenuto ad annotare le fatture ricevute da soggetti Ue (e integrate con l’imposta secondo l’aliquota applicabile), nel registro delle vendite, “entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, e con riferimento al mese precedente”.

Le fatture saranno annotate anche nel registro degli acquisti, entro il termine per l’esercizio del diritto alla detrazione Iva.

Ponendo il caso di un acquisto per cui la fattura è ricevuta il 18 gennaio dal fornitore Ue, il documento è integrato con l’indicazione dell’imposta e deve essere annotato sul registro delle fatture emesse (o dei corrispettivi), entro il successivo 15 febbraio.

Per gli acquisti da soggetti extra Ue, invece, ai sensi dell’art. 17 comma 2 del Dpr 633/72, deve farsi riferimento ai termini ordinariamente previsti per le operazioni “interne”.

A differenza di quanto previsto per la procedura di integrazione e registrazione della fattura ricevuta da un fornitore Ue, gli adempimenti da porre in essere non sono normativamente condizionati dal momento di ricezione del documento del fornitore extra Ue.

È necessario, pertanto, avere contezza del momento di effettuazione dell’operazione, posto che generalmente l’autofattura deve essere emessa entro i successivi 12 giorni (art. 21 comma 4 del Dpr 633/72).

Per le cessioni di beni, il momento di effettuazione, ai sensi dell’art. 6 comma 1 del Dr 633/72, può essere determinato in modo sufficientemente agevole, facendo ricorso al momento di consegna o spedizione (beni mobili) o alla data di stipula dell’atto (beni immobili).

Per i servizi generici si guarda all’ultimazione

Per le prestazioni di servizi, “generiche”, si deve fare riferimento al momento di ultimazione del servizio ovvero, nel caso di prestazioni periodiche, alla data di maturazione dei corrispettivi (art. 6 comma 6 del Dpr 633/72).

Tale momento è determinante sia per la data di emissione dell’autofattura (art. 21 comma 4 lett. d) del Dpr 633/72) sia per l’invio della comunicazione transfrontaliera via SdI.

Secondo quanto previsto dall’Agenzia delle Entrate, ai fini del momento di effettuazione determinato a norma dell’art. 6 comma 6 del Dpr 633/72, per ragioni di certezza e di semplificazione, è anche possibile assumere come indice dell’effettuazione dell’acquisto proprio il momento di ricezione della fattura (circolare n. 35/2012 e circolare n. 16/2013, § 2.3). Il criterio potrebbe ancora tornare utile per l’emissione dell’autofattura e la sua trasmissione mediante SdI ai fini del c.d. “esterometro”.

(MF/ms)
 
 

Operazione Momento di effettuazione Termine di emissione dell’autofattura Termine di annotazione nel registro delle vendite Termine di invio dei dati allo SdI
Acquisto da soggetto Ue Vari Giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, e con riferimento al mese precedente Giorno 15 del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.
Acquisto di beni mobili da soggetto extra Ue
(facoltà di emettere autofattura elettronica in presenza di bolla doganale)
Consegna o spedizione del bene Dodicesimo giorno successivo a quello di effettuazione Giorno 15 del mese successivo al momento di effettuazione
Acquisto di beni immobili da soggetto extra Ue Stipula dell’atto Dodicesimo giorno successivo a quello di effettuazione
Prestazione di servizi “generica” ricevuta da soggetto extra Ue Ultimazione della prestazione (ovvero, per le prestazioni periodiche, data di maturazione dei corrispettivi) Giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione
Prestazione di servizi non “generica”, rilevante in Italia, ricevuta da soggetto extra Ue Pagamento del corrispettivo Dodicesimo giorno successivo a quello di effettuazione

(MF/ms)




Esportatori abituali: al via i controlli delle dichiarazioni di intento

I soggetti esportatori abituali che intendono avvalersi del regime di non imponibilità Iva, previa presentazione della dichiarazione d’intento, saranno sottoposti a specifiche procedure di analisi di rischio e di controllo, da parte dell’Agenzia delle Entrate.

All’esito dei suddetti controlli, potrebbero essere invalidate le lettere d’intento già presentate ed essere inibito il rilascio di nuove.

Lo ha previsto il provv. dell’Agenzia delle Entrate n. 293390, pubblicato il 29 ottobre, definendo i criteri su cui fondare la specifica attività di analisi di rischio e di controllo relativa ai soggetti esportatori abituali, come aveva previsto la legge di bilancio 2021 (art. 1 commi 1079-1083 della L. 178/2020).

Le disposizioni del provvedimento “hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2022”; non appare chiaro, tuttavia, se i controlli periodici riguarderanno soltanto le lettere d’intento presentate a partire da tale data o anche quelle trasmesse per l’anno 2022 sino al 31 dicembre 2021.

Le valutazioni dell’Agenzia delle Entrate saranno essenzialmente rivolte a verificare l’effettivo possesso dei requisiti per la qualifica di esportatore abituale ai sensi dell’art. 1 comma 1 lett. a) del Dl.746/83.

A questo fine, tra l’altro, sarà possibile per l’Amministrazione finanziaria l’incrocio dei dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento con le informazioni disponibili nelle banche dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate e in altre banche dati pubbliche o private.

Secondo quanto indicato nel provvedimento, la valutazione del rischio da parte dell’Agenzia delle Entrate sarà fondata, in via prioritaria, su:

  • un’analisi delle criticità e delle anomalie desumibili dai dati esposti nelle lettere d’intento trasmesse;
  • specifici elementi di rischio individuati sulla posizione del titolare della ditta individuale o del legale rappresentante della società;
  • l’individuazione di elementi di rischio connessi alla posizione fiscale del soggetto passivo, con particolare riferimento alle omissioni e/o incongruenze nell’adempimento degli obblighi di versamento o dichiarativi;
  • l’individuazione di elementi di rischio derivanti dalle operazioni che concorrono alla formazione del plafond.
In caso di esito irregolare delle attività di analisi e di controllo condotte, le dichiarazioni d’intento saranno invalidate e rese irregolari al riscontro telematico dell’avvenuta presentazione all’Agenzia delle Entrate.

L’Agenzia ne darà notizia al soggetto interessato, con un’apposita comunicazione trasmessa a mezzo PEC, riportando il protocollo di ricezione della lettera d’intento invalidata e le relative motivazioni.

Sarà informato anche il cedente o prestatore destinatario della lettera d’intento invalidata.

Il soggetto passivo potrà presentare all’ufficio competente la documentazione utile a dimostrare il possesso dello status di esportatore abituale.

Ove riscontri la mancanza dei presupposti che hanno portato all’invalidazione della lettera d’intento, il predetto ufficio procederà, in autotutela, alla rimozione del blocco sulla dichiarazione d’intento.

A seguito dell’esito irregolare delle attività di analisi e controllo, inoltre, sarà inibita al soggetto passivo la facoltà di trasmettere ulteriori dichiarazioni d’intento tramite i canali telematici dell’Agenzia delle Entrate.

Laddove il soggetto effettui un tentativo di trasmissione del modello, riceverà dal sistema una ricevuta di scarto.

Scarto della e-fattura se la lettera d’intento è invalidata

Ai fini dell’emissione della fattura elettronica per operazioni non imponibili Iva in forza di una dichiarazione d’intento (art. 8 comma 1 lett. c) del Dpr 633/72), occorre utilizzare esclusivamente il tracciato XML della fattura ordinaria allegato al provv. n. 89757/2018, riportando:

  • nel campo 2.2.1.14 “Natura”, il codice specifico N3.5 “Non imponibili – a seguito di dichiarazioni d’intento”;
  • nel blocco 2.2.1.16 “AltriDatiGestionali” per ogni lettera d’intento, la dicitura “INTENTO”, il protocollo di ricezione della lettera d’intento e il suo progressivo nonché la data della ricevuta telematica rilasciata dall’Agenzia delle Entrate.
La formulazione del provvedimento, oltre che ovvie ragioni connesse ai campi da compilare del tracciato XML, porta a escludere l’emissione della fattura in forma semplificata di cui all’art. 21-bis del Dpr 633/72.

Viene stabilito, infine, che l’invalidazione della lettera di intento comporterà lo scarto della fattura elettronica trasmessa al SdI recante il titolo di non imponibilità Iva, come previsto dall’art. 1 comma 1181 della L. 178/2020. Il motivo dello scarto è reso noto al cedente o prestatore mediante apposita ricevuta.

(MF/ms)




Comunicazioni ex esterometro: osservazioni utili

Nel presentare le novità che, dal prossimo anno, interesseranno la comunicazione dei dati delle operazioni transfrontaliere, si è spesso fatto riferimento alla abrogazione dell’esterometro.

Si tratta di una definizione adottata non solo in dottrina, se si pensa che lo stesso legislatore, nelle Schede di lettura al Ddl. di bilancio 2021, ha rubricato le modifiche alla disciplina sotto la dicitura “Abolizione esterometro”.

Stando alla lettura del provvedimento n. 293384, pubblicato il 29 ottobre dall’Agenzia delle Entrate, con il quale sono state aggiornate “le regole tecniche per la trasmissione dei dati delle operazioni transfrontaliere” per adeguarle alle disposizioni di cui all’art. 1 comma 3-bis del DLgs. 127/2015, sarebbe più corretto riferirsi a nuove modalità di comunicazione di tali dati, piuttosto che a una eliminazione dell’adempimento.

Modificando le specifiche tecniche allegate sub A al provv. n. 89757/2018, viene previsto che:

– i dati relativi alle operazioni effettuate, a decorrere dal 1° gennaio 2022, verso soggetti non stabiliti in Italia siano comunicati, entro i termini di emissione delle fatture o dei documenti che ne certificano i corrispettivi, trasmettendo al Sistema di Interscambio un file XML con codice destinatario “XXXXXXX”;
– i dati relativi alle operazioni ricevute, a decorrere dal 1° gennaio 2022, da soggetti non stabiliti in Italia siano comunicati trasmettendo al Sistema di Interscambio file XML contraddistinti, a seconda dei casi, dai codici <TipoDocumento> TD17, TD18 o TD19, entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento della fattura che documenta l’operazione o a quello di effettuazione della stessa.

La comunicazione è facoltativa per le operazioni per le quali sia stata emessa o ricevuta una fattura elettronica o una bolletta doganale.

Nonostante il permanere di una distinzione fra i due adempimenti, ne risulta altrettanto evidente la sostanziale identità, almeno per quanto concerne il formato utilizzato per la creazione dei file e le modalità di trasmissione degli stessi.

Nondimeno, considerato il tenore della norma (art. 1 comma 3-bis del DLgs. 127/2015), non si può aderire alla tesi secondo cui le operazioni in commento dovrebbero essere obbligatoriamente documentate tramite fattura elettronica, posto che, in questo caso, la disciplina sarebbe stata introdotta in palese deroga alla decisione di esecuzione Ue 16 aprile 2018 n. 593, con la quale il Consiglio dell’Unione europea aveva autorizzato lo Stato italiano ad introdurre tale obbligo con esclusivo riferimento ai “soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano”. A meno che si consideri che detta autorizzazione è stata concessa sino al 31 dicembre 2021, e che, pertanto, dal 1° gennaio 2022, si ritenga possa essere estesa anche ad altri soggetti (aspetto che, al momento, non è dato conoscere).

È ragionevole pensare che l’esterometro costituisca, in ogni caso, un adempimento differente rispetto alla fatturazione elettronica. La distinzione non sarebbe di poco conto, soprattutto con riferimento ai profili sanzionatori.

Si dovrebbe, così, scongiurare il rischio, paventato da AIDC e Confimi nel comunicato diffuso il 4 ottobre scorso, che, in caso di tardiva comunicazione delle cessioni di beni o delle prestazioni di servizi ricevute da soggetti non stabiliti, si possa incorrere non soltanto nelle sanzioni previste dall’art. 11 comma 2-quater del DLgs. 471/1997 per la tardiva comunicazione delle operazioni transfrontaliere, ma anche in quelle di cui all’art. 6 comma 9-bis del medesimo decreto, per l’omesso reverse charge. 

Nell’assunto che l’esterometro non sia obbligatoriamente sostituito dalla fatturazione elettronica, sarebbe ancora ammissibile, nel 2022, l’integrazione cartacea (“tradizionale”) della fattura di acquisto ricevuta da operatore estero, e la successiva comunicazione della stessa in formato XML mediante SdI. 

È chiaro che, alla luce di quanto emerge dal provvedimento, si sarebbe in presenza di un appesantimento delle procedure amministrative, rispetto alla sola integrazione elettronica.

Tuttavia, aderendo alla tesi della distinzione degli adempimenti, in caso di tardivo invio della comunicazione, non si incorrerebbe nella sanzione per omessa inversione contabile, che va da 500 euro a 20.000 euro, venendo, invece, colpiti soltanto dalla più “mite” ammenda per le violazioni riferite all’esterometro (2 euro per ciascuna fattura, entro il limite massimo di 400 euro mensili, riducibili nel caso in cui la trasmissione avvenga entro quindici giorni dalla scadenza).

Allo stesso modo, nel caso in cui, a fronte di operazioni attive verso soggetti non stabiliti, l’esterometro fosse trasmesso tardivamente, l’avvenuta emissione di una fattura “cartacea” potrebbe scongiurare l’applicazione della sanzione per omessa fatturazione.

Da tutto ciò emerge, tuttavia, come le disposizioni contenute nell’art. 1 comma 3-bis del DLgs. 127/2015 e il provvedimento in commento tradiscano l’evidente intento di promuovere l’adozione della fatturazione elettronica anche con riferimento alle operazioni intercorse con soggetti non stabiliti
 

(MF/ms)




Ace innovativa: alcuni esempi per la determinazione del credito d’imposta

Dopo l’emanazione del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 17 settembre 2021, n. 238235/2021, è possibile procedere al riconoscimento del credito d’imposta in alternativa al normale funzionamento dell’Ace.

 

Si ricorda che il decreto “Sostegni bis” (Dl. 25 maggio 2021, n. 73) introduce un regime transitorio straordinario della disciplina dell’Ace (aiuto alla crescita economica) per gli aumenti di capitale fino a 5 milioni di euro, che prevede anche la possibilità di trasformare il relativo beneficio fiscale in credito d’imposta compensabile per il 2021.
 
Sommario:

  • Premessa
  • Il decreto “Sotegni bis”
  • Credito d’imposta
  • Il provvedimento
  • Controlli
  • Esempio per una società di capitali
  • Esempio per un soggetto Irpef
 
Premessa
Si premette che l’art. 1 del Dl. 6 dicembre 2011, n. 201, ha introdotto l’ACE, con lo scopo di incentivare la capitalizzazione delle imprese, al fine di riequilibrare il trattamento fiscale tra le imprese che si finanziano con debito e quelle che si finanziano con capitale proprio.

 

Tra i soggetti che possono usufruire dell’ACE, oltre alle società di capitali, rientrano anche le persone fisiche e le società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria, per natura o per opzione.

Al fine di costituire un incentivo per la patrimonializzazione delle imprese, l’ACE consente di dedurre dal reddito delle società di capitale, di persone e delle ditte individuali in contabilità ordinaria un importo che corrisponde al rendimento figurativo degli incrementi di capitale.

Il calcolo dell’importo deducibile si effettua a partire dalla somma dei componenti che hanno inciso positivamente e negativamente sul capitale.

Il risultato viene confrontato con il patrimonio netto contabile risultante dal bilancio di esercizio, determinando l’incremento patrimoniale che costituisce la base di calcolo dell’ACE.

L’importo deducibile viene, quindi, individuato moltiplicando tale base per l’aliquota percentuale pari all’1,3 per cento.

In generale, gli elementi positivi che incidono sul capitale riguardano i conferimenti in denaro versati dai soci o partecipanti, nonché quelli versati per acquisire la qualificazione di soci o partecipanti e gli utili accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili.

Hanno “efficacia”, come elementi negativi della variazione del capitale proprio, invece, le riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti.

Rilevano, quindi, sia la devoluzione di riserve di utili, come, per esempio, la distribuzione di dividendi, sia quella di capitale o riserve di capitale, quali la riduzione del capitale sociale o di voci del patrimonio assimilate al capitale, che riguardano, a titolo di esempio, la riserva di sovrapprezzo azioni e la riserva per versamenti di denaro a fondo perduto o in conto capitale.

 

INCREMENTI RILEVANZA DECREMENTI RILEVANZA
Conferimenti in denaro Rilevano dalla data di versamento Attribuzioni ai soci a qualsiasi titolo effettuate Rilevano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono verificate
Rinuncia ai crediti verso la società da parte dei soci Rileva dalla data dell’atto di rinuncia    
Compensazione dei crediti per aumento di capitale Rileva dalla data in cui ha effetto la compensazione    
Accantonamento di utili a riserva Rileva a partire dall’esercizio nel corso del quale l’assemblea delibera di destinare l’utile a riserva    
 
Il decreto “Sostegni bis”
 
L’art. 19, commi da 2 a 7, del Dl. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla Legge 23 luglio 2021, n. 106, introduce delle modifiche alla disciplina ACE esaminata, da applicare per il periodo d’imposta 2021.

 

Nello specifico, il comma 2 del citato articolo stabilisce che, nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020 (per i soggetti solari il 2021), per la variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura del periodo d’imposta precedente (2020 per i soggetti solari), l’aliquota percentuale per il calcolo del rendimento nozionale del nuovo capitale è maggiorata al 15 per cento.

Nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020, gli incrementi del capitale proprio rilevano a partire dal primo giorno del periodo d’imposta.

Si fa notare che, rispetto all’ordinaria disciplina, laddove è previsto che gli incrementi rilevano, in genere, dalla data di effettuazione dell’operazione, con la novella, gli incrementi del capitale proprio rilevano a partire dal primo giorno del periodo d’imposta, con ciò allineandosi ai decrementi, che si computano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono verificati.
La variazione in aumento del capitale proprio rileva per un ammontare massimo di 5 milioni di euro, indipendentemente dall’importo del patrimonio netto risultante dal bilancio.
Credito d’imposta
Il comma 3 del menzionato art. 19 prevede un’opzione alternativa al normale funzionamento dell’ACE.

 

Più in dettaglio, può essere richiesto di riconoscere in via anticipata, sotto forma di credito d’imposta, la minore imposta corrispondente alla deduzione del rendimento nozionale relativo agli incrementi di capitale proprio effettuati nel 2021 e valutato con aliquota pari al 15 per cento.

Il credito d’imposta si determina applicando al rendimento nozionale le aliquote delle imposte sul reddito delle persone fisiche e delle società (artt. 11 e 77 del TUIR) in vigore nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020.

Il bonus può essere utilizzato, previa comunicazione all’Agenzia delle entrate, da effettuarsi:

  • dal giorno successivo a quello dell’avvenuto versamento del conferimento in denaro o
  • dal giorno successivo alla rinuncia o alla compensazione di crediti ovvero
  • dal giorno successivo alla delibera dell’assemblea di destinare l’utile di esercizio, in tutto o in parte, a riserva.
Il provvedimento
Per effetto delle previsioni contenute nel comma 7 del richiamato art. 19, è stato emanato il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 17 settembre 2021, n. 238235/2021, recante la definizione delle modalità, dei termini di presentazione e del contenuto della comunicazione per la fruizione del credito d’imposta in esame, nonché delle modalità attuative per la cessione del credito.

 

Nello specifico, i soggetti aventi i requisiti previsti dal decreto “Sostegni bis” per accedere al credito d’imposta devono comunicare all’Agenzia delle entrate:

  • la variazione in aumento del capitale proprio nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020 (2021 per i solari) rispetto a quello esistente alla chiusura del periodo d’imposta precedente (2020 per i solari);
  • il rendimento nozionale calcolato sulla base dell’aliquota del 15 per cento;
  • il credito d’imposta, calcolato applicando al rendimento nozionale le aliquote di cui agli artt. 11 e 77 del TUIR.
Termini e invio della comunicazione

 

La comunicazione Ace deve essere inviata esclusivamente con modalità telematiche, direttamente dal beneficiario oppure avvalendosi di un soggetto incaricato della trasmissione delle dichiarazioni, mediante i canali telematici dell’Agenzia delle entrate, nel rispetto dei requisiti definiti dalle specifiche tecniche allegate al provvedimento.

A seguito della presentazione della comunicazione ACE, è rilasciata, entro 5 giorni, una ricevuta che ne attesta la presa in carico, ovvero lo scarto, con l’indicazione delle relative motivazioni.

La ricevuta viene messa a disposizione del soggetto che ha trasmesso la comunicazione ACE, nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.

La comunicazione ACE può essere inviata dal 20 novembre 2021 fino alla scadenza del termine ordinario per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020 e, quindi, fino al 30 novembre 2022, salvo modifiche.

 

Per i soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, tale termine cade l’ultimo giorno dell’undicesimo mese successivo alla data indicata nel campo “Data fine periodo d’imposta” del modello relativo alla compilazione della comunicazione.

Da evidenziare che la comunicazione Ace può essere inviata con riferimento a uno o più incrementi di capitale proprio; in caso di incrementi successivi, vanno presentate ulteriori comunicazioni ACE distinte, senza riportare gli incrementi indicati nelle comunicazioni ACE già presentate.

 

Rettifica della comunicazione

Nel periodo che va dal 20 novembre 2020 alla scadenza del termine ordinario per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020, è possibile:

  1. rettificare una comunicazione Ace già inviata, inviando una nuova comunicazione Ace, con le stesse modalità suddette, che sostituisce integralmente quella precedentemente trasmessa. Restano validi gli utilizzi del credito d’imposta riconosciuto sulla base della comunicazione ACE oggetto di rettifica, fino a concorrenza del minore importo tra il credito risultante dalla predetta comunicazione ACE e quello risultante dalla comunicazione ACE rettificativa;
  2. presentare la rinuncia integrale al credito d’imposta precedentemente comunicato, con la stessa modalità attinente alla trasmissione della comunicazione ACE.
La competenza per gli adempimenti conseguenti alla gestione della comunicazione Ace è demandata al Centro operativo servizi fiscali di Cagliari.
Modalità di fruizione del credito di imposta

 

Entro trenta giorni dalla data di presentazione delle singole comunicazioni Ace, l’Agenzia delle entrate comunica ai richiedenti il riconoscimento ovvero il diniego del credito d’imposta.

Relativamente alle comunicazioni Ace per le quali l’ammontare del credito d’imposta fruibile sia superiore a 150.000 euro, il credito è utilizzabile in esito alle verifiche previste dal D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Trattasi dei soggetti sottoposti alla verifica antimafia.

È l’Agenzia delle entrate che comunica l’autorizzazione all’utilizzo del credito d’imposta, qualora non sussistano motivi ostativi. Il credito d’imposta può essere utilizzato, previa comunicazione del riconoscimento del credito:
  • dal giorno successivo a quello di avvenuto versamento del conferimento in denaro o
  • dal giorno successivo alla rinuncia o alla compensazione di crediti ovvero
  • dal giorno successivo alla delibera dell’assemblea di destinare, in tutto o in parte, a riserva l’utile di esercizio.
Il bonus fiscale può essere utilizzato in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, oppure può essere chiesto a rimborso nella dichiarazione dei redditi nella quale il credito d’imposta va indicato.

 

In alternativa, il credito può essere ceduto, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, ed è usufruito dal cessionario con le stesse modalità previste per il soggetto cedente.

Ai fini dell’utilizzo in compensazione del credito d’imposta:

  • il modello F24 è presentato esclusivamente tramite i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento;
  • nel caso in cui l’importo del credito utilizzato in compensazione risulti superiore all’ammontare massimo fruibile, anche tenendo conto di precedenti utilizzi, il relativo modello F24 è scartato. Lo scarto è comunicato al soggetto che ha trasmesso il modello F24 tramite apposita ricevuta, consultabile nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate;
  • con successiva risoluzione, saranno impartite le istruzioni per la compilazione del modello F24.
Cessione del credito

 

La comunicazione della cessione del credito d’imposta avviene esclusivamente a cura del soggetto cedente, con le funzionalità rese disponibili nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.

La comunicazione della cessione del credito può avvenire a decorrere dal momento in cui lo stesso risulta utilizzabile da parte del cedente e, quindi, dopo la comunicazione con la quale l’Agenzia autorizza l’utilizzo del credito d’imposta.

Il cessionario è tenuto a comunicare l’accettazione del credito ceduto, utilizzando direttamente le funzionalità suddette (area riservata sul sito di Agenzia delle entrate).

Dopo l’accettazione, alle stesse condizioni applicabili al cedente e nei limiti dell’importo ceduto, il cessionario utilizza il credito d’imposta con le stesse modalità previste per il soggetto cedente.

In alternativa all’utilizzo diretto, i cessionari, primi acquirenti del credito, possono ulteriormente cedere i crediti d’imposta ad altri soggetti, tenendo presente che la comunicazione dell’ulteriore cessione del credito avviene esclusivamente da parte del soggetto cedente, con le funzionalità rese disponibili nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.

L’ultimo cessionario utilizza il credito d’imposta secondo le stesse modalità e condizioni applicabili al cedente, dopo l’accettazione della cessione, da comunicare esclusivamente a cura dello stesso cessionario, con le medesime funzionalità indicate nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.

Controlli
I soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo dei crediti d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto ai crediti ricevuti.

 

Pertanto, nello svolgimento dell’ordinaria attività di controllo, l’Amministrazione finanziaria verificherà:

  1. in capo al beneficiario originario, l’esistenza dei presupposti e delle condizioni, previste dal decreto “Sostegni bis”, per usufruire dell’agevolazione, la corretta determinazione dell’ammontare del credito e il suo esatto utilizzo. Nel caso in cui venga riscontrata la mancata sussistenza dei requisiti, si procederà al recupero del credito nei confronti del beneficiario originario;
  2. in capo ai cessionari, l’utilizzo del credito in modo irregolare o in misura maggiore rispetto all’ammontare ricevuto in sede di cessione.
Esempio per una società di capitali 
Si ipotizzi che una s.r.l., nel 2021, abbia avuto un incremento di capitale dovuto all’utile 2020 destinato a riserva nel 2021 per euro 45.000 e una rinuncia a un credito da finanziamento vantato da un socio per euro 20.000.

 

Come sopra specificato, per le società di capitali, il credito d’imposta si determina applicando al rendimento nozionale l’aliquota IRES attualmente del 24 per cento.

Considerando che l’importo complessivo degli incrementi effettuati nel 2021 è pari a euro 65.000, a cui si applica l’aliquota percentuale del 15 per cento, si ottiene un rendimento nozionale di euro 9.750 (65.000 * 15%).

Per determinare il credito d’imposta, occorre applicare al rendimento nozionale l’aliquota IRES del 24 per cento:

9.750 * 24% = credito d’imposta 2.340.

ALLEGATO 1
 

Esempio per un soggetto Irpef
La posizione del soggetto Irpef è diversa rispetto a coloro che applicano l’Ires.

 

Infatti, con riguardo all’incremento del patrimonio netto, mentre per le società di capitali rileva l’utile d’esercizio 2020 accantonato a riserva a seguito di delibera assembleare, per le società di persone e per gli imprenditori individuali, ai fini della super Ace, rileva l’utile “maturato” nel 2021, per effetto della regola stabilita dal comma 3 dell’art. 8 del Dm. 3 agosto 2017.

Ne deriva che solo a fine esercizio 2021 i soggetti Irpef saranno in grado di determinare l’utile d’esercizio da portare a incremento del patrimonio netto rilevante ai fini dell’Ace innovativa e, quindi, è molto difficile che al 20 novembre 2021 l’utile 2021 potrà concorrere come incremento del capitale proprio.

Orbene, come sopra evidenziato, è possibile che la comunicazione Ace possa essere inviata anche con riferimento a uno o più incrementi di capitale proprio.

Esemplificando: alla data del 20 novembre 2021 è stato eseguito un apporto di denaro da parte dell’imprenditore individuale in contabilità ordinaria (ma anche da parte di un socio di una società di persone) per euro 60.000.

Per determinare il credito d’imposta, è necessario applicare al rendimento nozionale le aliquote Irpef  per scaglione previste dall’art. 11 del TUIR, ossia:

  • fino a 15.000 euro, 23 per cento;
  • oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 27 per cento;
  • oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 38 per cento;
  • oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 41 per cento;
  • oltre 75.000 euro, 43 per cento.
Poiché l’incremento del capitale proprio al 20 novembre 2021 è di euro 60.000, a tale importo si applica l’aliquota del 15 per cento, ottenendo un rendimento nozionale pari a euro 9.000.

 

Per determinare il credito d’imposta, occorre applicare al rendimento nozionale le suddette aliquote IRPEF, per cui:

9.000 * 15% = 1.350.

ALLEGATO 2

(MF/ms)

 
 
 




Transizione 4.0: pubblicati i modelli di comunicazione al Mise

Con tre distinti decreti direttoriali firmati lo scorso 6 ottobre il Mise ha stabilito modelli, contenuti, modalità e termini di invio delle comunicazioni previste dalle rispettive discipline dei crediti d’imposta appartenenti al Piano Transizione 4.0.

La comunicazione al Mise è adempimento disposto ex lege in relazione alle seguenti misure agevolative:

  • credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi 4.0, di cui ai commi 189 e 190 dell’articolo 1, L. 160/2019 e di cui ai commi 1056, 1057 e 1058 dell’articolo 1, L. 178/2020;
  • credito d’imposta R&S&I&D, di cui ai commi 200, 201, 202 e 203 dell’articolo 1, L. 160/2019 e ss.mm.ii.;
  • credito d’imposta formazione 4.0, di cui ai commi 46-56 dell’articolo 1, L. 205/2017 e ss.mm.ii.
Restano pertanto esclusi dalla comunicazione gli investimenti in beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, ordinari, ovvero non inclusi negli allegati A e B annessi alla L. 232/2016.

Ciascuno dei tre decreti direttoriali si preoccupa, al comma 5 dell’articolo 1, di formalizzare l’assenza di conseguenze in caso di mancato invio del modello al Mise:

  • l’inadempimento non comporta la disapplicazione o la revoca dell’agevolazione;
  • il mancato invio non determina effetti in sede di controllo dell’amministrazione finanziaria;
  • i dati e le informazioni indicati sono acquisiti solo a fini di monitoraggio dell’andamento, diffusione ed efficacia delle misure del Piano Transizione 4.0.
Si esaminano di seguito le caratteristiche dei differenti modelli di comunicazione allegati ai decreti direttoriali, per ciascuna tipologia di credito d’imposta.
 
Credito d’imposta per investimenti beni strumentali 4.0

Il modello di comunicazione richiede l’indicazione di dati anagrafici ed economici dell’impresa, con separata esposizione dei seguenti investimenti:

  • sezione A – investimenti in beni strumentali materiali di cui all’allegato A, L. 232/2016;
  • sezione B – investimenti in beni strumentali immateriali di cui all’allegato B, L. 232/2016.
Nel frontespizio sono richieste, oltre ai dati anagrafici e alle informazioni sull’appartenenza ad un gruppo, indicazioni circa la fruizione in periodi d’imposta precedenti dell’iper ammortamento, circa l’impiego di innovation manager con fruizione del relativo voucher, nonché dati sul progetto d’investimento (se afferente a un nuovo stabilimento, al rinnovamento di uno stabilimento esistente o entrambi) e individuazione delle tecnologie abilitanti 4.0 a cui si ricollegano gli investimenti effettuati.

Nella sezione A, relativa agli investimenti in beni materiali 4.0, è richiesta la puntuale classificazione all’interno dei tre gruppi dell’allegato A alla L. 232/2016, con indicazione dei relativi costi agevolabili e l’eventuale fruizione di altre sovvenzioni pubbliche sulle medesime spese.

Nella sezione B, relativa agli investimenti in beni immateriali 4.0, è richiesta la puntuale classificazione all’interno dell’allegato B della L. 232/2016 con indicazione dei relativi costi agevolabili e l’eventuale fruizione di altre sovvenzioni pubbliche sulle medesime spese.

In relazione alla sezione B si segnala tuttavia che l’elenco non risulta aggiornato con l’integrazione delle seguenti voci 21, 22 e 23 introdotte dalla Legge di Bilancio 2018: “sistemi di gestione della supply chain finalizzata al drop shipping nell’e-commerce; software e servizi digitali per la fruizione immersiva, interattiva e partecipativa, ricostruzioni 3D, realtà aumentata; software, piattaforme e applicazioni per la gestione e il coordinamento della logistica con elevate caratteristiche di integrazione delle attività di servizio (comunicazione intra-fabbrica, fabbrica-campo con integrazione telematica dei dispositivi on-field e dei dispositivi mobili, rilevazione telematica di prestazioni e guasti dei dispositivi on-field).”

Il modello, redatto secondo lo schema disponibile sul sito ministeriale decreto direttoriale 6 ottobre 2021 – modello comunicazione credito d’imposta beni strumentali (mise.gov.it), deve essere firmato digitalmente dal legale rappresentante dell’impresa ed inviato tramite pec all’indirizzo benistrumentali4.0@pec.mise.gov.it.

Il termine per l’invio è differenziato in base alla disciplina applicabile:

  • investimenti ricadenti sotto la L. 160/2019 entro il 31.12.2021;
  • investimenti ricadenti sotto la L. 178/2020 entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa ad ogni periodo d’imposta di effettuazione degli investimenti, dunque per gli investimenti effettuati dal 16.11.2020 al 31.12.2020 entro il prossimo 30.11.2021.
 
Credito d’imposta R&S&I&D

Il modello di comunicazione richiede l’indicazione di dati anagrafici ed economici dell’impresa, con separata indicazione in cinque sezioni distinte dei seguenti investimenti:

  • sezione A – investimenti in attività di R&S, di cui al comma 200, articolo 1, L. 160/2019;
  • sezione B1 – investimenti in attività di IT, di cui al comma 201, articolo 1, L. 160/2019;
  • sezione B2 – investimenti in attività di IT 4.0, di cui al comma 203, articolo 1, L. 160/2019;
  • sezione B3 – investimenti in attività di IT green, di cui al comma 203, articolo 1, L. 160/2019;
  • sezione C – investimenti in attività di design e ideazione estetica di cui al comma 202, articolo 1, L. 160/2019.
In ciascuna sezione sono richiesti dati relativi ai progetti quali titolo, ambito scientifico e/o tecnologico di afferenza, periodo di realizzazione degli investimenti ed eventuali obiettivi di innovazione digitale 4.0 e transizione ecologica, nonché le spese eleggibili distinte per tipologia e per attività sostenute direttamente dall’impresa o commissionate a imprese del gruppo.

Per ogni tipologia d’investimento è richiesta l’indicazione dell’eventuale fruizione di altre sovvenzioni pubbliche sulle medesime spese.

Il modello, redatto secondo lo schema disponibile sul sito ministeriale decreto direttoriale 6 ottobre 2021 – modello comunicazione credito d’imposta per ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e ideazione estetica (mise.gov.it), deve essere firmato digitalmente dal legale rappresentante dell’impresa ed inviato tramite pec all’indirizzo cirsid@pec.mise.gov.it.

Il termine per l’invio è differenziato in base al periodo d’imposta di sostenimento delle spese ammissibili:

  • investimenti effettuati nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2019 (per la generalità dell’impresa 2020), entro il 31.12.2021;
  • investimenti effettuati nei periodi d’imposta successivi, entro la data di presentazione della relativa dichiarazione dei redditi.
(MF/ms)



Acconti di imposta 2021: versamento secondo acconto entro il 30 novembre

Martedì 30 novembre 2021 scade il termine per il versamento del secondo acconto delle imposte sui redditi.

Come ogni anno il pagamento degli acconti d’imposta Ires, Irpef e Irap si preannuncia particolarmente complicato. Potrebbe infatti essere conveniente effettuare un “ricalcolo” degli acconti determinati con il metodo storico e determinare gli stessi sulla base del metodo previsionale.
 
Si ricorda che entro il prossimo 30 novembre andrà versato anche il secondo acconto Inps per i soggetti iscritti, la cedolare secca sulle locazioni e Ivie/Ivafe.
 
La scadenza di novembre non interessa le addizionali Irpef poiché:

  • per l’addizionale comunale Irpef l’acconto va versato entro il termine di versamento del saldo Irpef;
  • per l’addizionale regionale non sono dovuti acconti.
 
L’acconto Irpef è dovuto se l’imposta dichiarata in quell’anno (riferita, quindi, all’anno precedente), al netto delle detrazioni, dei crediti d’imposta, e delle ritenute, è superiore a 51,00 euro.

Se l’acconto Ires dovuto non supera 257,52 euro deve essere versato in un’unica soluzione entro il 30 novembre.
 
Per la seconda rata d’acconto il versamento deve essere fatto in un’unica soluzione, senza possibilità di rateazione.

Compensazione

Il versamento della seconda rata d’acconto può essere compensato sia verticalmente (utilizzando crediti per imposte e/o contributi della stessa natura e nei confronti dello stesso Ente impositore e senza la necessità di utilizzare il modello F24) che orizzontalmente (utilizzando crediti per imposte e/o contributi di natura diversa e/o nei confronti di Enti impositori diversi, fatte salve le restrizioni vigenti).

Ricordiamo che il limite massimo dei crediti di imposta rimborsabili in conto fiscale e/o compensabili è di 700.000 euro, per ciascun anno solare.

Per l’anno 2021, il limite massimo di crediti d’imposta e di contributi compensabili nel modello F24, è però stato elevato a 2 milioni di euro dall’art. 22, D.L. n. 73/2021 (Decreto “Sostegni-bis”) che, in considerazione della situazione di crisi derivante dall’emergenza sanitaria da Covid-19, ha aumentato la soglia al fine di incrementare la liquidità delle imprese, favorendo lo smobilizzo dei crediti tributari e contributivi attraverso l’istituto della compensazione “orizzontale” di cui all’art. 17, D.Lgs. n. 241/1997.
 
Codici tributo

I versamenti degli acconti Irpef, Ires ed Irap vanno effettuati tramite modello F24 con i seguenti codici tributo:

4034 – anno di riferimento 2021 – IRPEF acconto – seconda rata o pagamento in unica soluzione
2002 – anno di riferimento 2021 – IRES acconto – seconda rata o pagamento in unica soluzione
3813 – anno di riferimento 2021 – IRAP acconto – seconda rata o pagamento in unica soluzione
 
Gli acconti possono essere calcolati con due metodi alternativi: il metodo “storico” e quello “previsionale”.
 
Il metodo storico

Il metodo storico prevede che i versamenti da effettuare a titolo di acconto (primo e secondo acconto) siano determinati sulla base delle imposte dovute per il periodo d’imposta precedente.

Le percentuali applicabili in caso di utilizzo del metodo storico sarebbero pari al 100% sia per l’Irpef che per l’Ires che per l’Irap.

Il metodo previsionale

In alternativa all’applicazione del metodo storico è sempre facoltà del contribuente commisurare i versamenti in acconto sulla base dell’imposta che si prevede di determinare per l’anno di competenza (c.d. “metodo previsionale”).

La previsione deve considerare l’imposta dovuta per l’anno in corso, al netto delle detrazioni, crediti d’imposta e ritenute d’acconto: per ricalcolare l’acconto con il metodo previsionale si deve quindi considerare la situazione reddituale completa.

Per le persone fisiche, in particolare, la previsione dell’Irpef dovuta non potrà limitarsi alla quantificazione dei redditi (di lavoro, professionali o d’impresa) ma dovrà considerare anche gli oneri deducibili o detraibili, le detrazioni, i crediti d’imposta e le eventuali ritenute subite.
 
Regime minimi/forfetario

Per i soggetti in regime dei contribuenti minimi e in regime forfetario l’imposta sostitutiva deve essere versata in acconto e a saldo negli stessi termini e con le stesse modalità previste per il versamento IRPEF:

  • acconto non dovuto, qualora l’imposta dovuta e desunta dal rigo “Differenza” del quadro LM sia pari o inferiore a 51,00 euro;
  • acconto in unica soluzione, qualora l’imposta dovuta sia superiore a 51,00 euro ma non a 257,52 euro, da versare nella misura del 100% entro il 30 novembre;
  • acconto in due rate, qualora l’imposta dovuta sia superiore a 257,52 euro.
 
Chi accede a tali regimi nel primo anno d’imposta 2021 non è tenuto al versamento degli acconti dell’imposta sostitutiva: il soggetto verserà l’eventuale saldo dell’IRPEF per l’anno precedente e di eventuali altre imposte sostitutive (es. cedolare secca), mentre nulla è dovuto a titolo di acconto dell’imposta sostitutiva per il regime forfetario.
 
Rideterminazione acconti obbligatoria

Anche quest’anno, in alcuni casi, sarà necessario procedere al ricalcolo obbligatorio degli acconti determinati con il metodo storico.

  • Irpef/Ires noleggio occasionale imbarcazioni – L’acconto è calcolato includendo gli imponibili nel reddito complessivo e senza tener conto dell’applicazione per l’anno precedente dell’imposta sostitutiva agevolata.
  • Irpef/benzinai – La deduzione forfetaria non può essere considerata in sede di acconto con il metodo storico.
  • Sopravvenienze attive derivanti da contributi ricevuti dalle imprese sottoposte a procedure di crisi – L’art. 14, comma 2, D.L. n. 18/2016 ha previsto per i contributi ricevuti nel periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto una deduzione dal reddito ripartita in cinque quote costanti da effettuarsi nelle dichiarazioni dei redditi relative ai cinque periodi d’imposta successivi. Occorre quindi determinare l’acconto dovuto per i periodi d’imposta per i quali è stata operata tale deduzione considerando, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata in assenza delle disposizioni del citato articolo.
(MF/ms)
 



Superbonus 110%: gestione dei “Sal”

Il comma 1-bis dell’art. 121 del Dl 34/2020 prevede che l’opzione di sconto in fattura, o cessione del credito di imposta corrispondente alla detrazione “edilizia” altrimenti spettante, possa essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori.

Ai sensi dell’art. 14 comma 1 lett. d) del Dm 7 marzo 2018 n. 49, lo “stato di avanzamento dei lavori” (in acronimo, “SAL”), è uno dei documenti contabili “predisposti e tenuti dal direttore dei lavori o dai direttori operativi o dagli ispettori di cantiere, se dal medesimo delegati, che devono essere firmati contestualmente alla compilazione rispettando la cronologia di inserimento dei dati”, il quale “riassume tutte le lavorazioni e tutte le somministrazioni eseguite dal principio dell’appalto sino ad allora.

Tale documento, ricavato dal registro di contabilità, è rilasciato nei termini e modalità indicati nella documentazione di gara e nel contratto di appalto, ai fini del pagamento di una rata di acconto; a tal fine il documento deve precisare il corrispettivo maturato, gli acconti già corrisposti e, di conseguenza, l’ammontare dell’acconto da corrispondere, sulla base della differenza tra le prime due voci”.

Testualmente, il comma 1-bis in argomento stabilisce che “L’opzione di cui al comma 1 può essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori”, mentre il comma 1 stabilisce che “I soggetti che sostengono, negli anni 2020 e 2021, spese per gli interventi elencati al comma 2 possono optare (…)”.

Solo con riguardo alle spese relative a interventi che possono beneficiare del superbonus 110%, di cui all’art. 119 del Dl 34/2020, il comma 1-bis aggiunge che, ai fini dell’opzione per la cessione della detrazione o lo sconto sul corrispettivo:

  • i Sal non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo;
  • ciascun Sal deve riferirsi ad almeno il 30% del medesimo intervento.
A una prima lettura della norma, sembrerebbe quindi che l’esercizio delle opzioni sia sempre subordinato, oltre che al sostenimento delle spese, anche all’avvenuta esecuzione dei lavori cui le spese si riferiscono, con possibilità di riferire la loro avvenuta esecuzione non soltanto all’avvenuta ultimazione dei medesimi, ma anche all’avvenuta liquidazione di un Sal da parte del direttore dei lavori.

Tuttavia, valorizzando il fatto che il primo periodo del comma 1-bis dell’art. 121 del Dl 34/2020 recita testualmente che l’opzione “può” essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori, non che “deve”, il Mef, in risposta all’interrogazione in Commissione Finanze alla Camera n. 5-06307 del 7 luglio 2021, ha affermato che, per gli interventi che beneficiano, sulle relative spese, di detrazioni “edilizie” diverse da quelle spettanti in misura superbonus, ai sensi dell’art. 119 del Dl 34/2020, è possibile esercitare le opzioni di cui all’art. 121 del Dl 34/2020 “anche qualora non siano previsti stati di avanzamento dei lavori […] ferma restando la necessità che gli interventi oggetto dell’agevolazione siano effettivamente realizzati”.

Ai fini del calcolo del raggiungimento della percentuale minima di completamento del Sal pari al 30%, richiesta per poter esercitare le opzioni relativamente a spese sostenute per interventi non ancora ultimati, la risposta a interpello dell’Agenzia n. 538/2020 ha innanzitutto chiarito che rilevano le spese il cui sostenimento è stimato per l’ultimazione dell’intervento, non i tetti massimi di spesa agevolata.

Pare peraltro pacifico che, sin dal primo Sal, le spese detraibili possano essere oggetto di opzione ex art. 121 del Dl 34/2020 per l’intero ammontare ammesso, ossia fino a concorrenza dei tetti massimi di detraibilità previsti in relazione alle diverse detrazioni “edilizie”. In altre parole, pare pacifico che non sussista alcun obbligo di “spalmare” il tetto massimo di detraibilità in misura proporzionale alla percentuale di completamento dei lavori che corrisponde al Sal liquidato.

In presenza di capitolati di appalto che si articolano in più interventi distinti, tra quelli che possono fruire del superbonus, la percentuale di completamento del SAL va valutata rispetto alla spesa preventivata con riguardo a ciascun singolo intervento, se e nella misura in cui questo dato di dettaglio è rinvenibile dal relativo capitolato di appalto di cui si va a liquidare un Sal.

L’impostazione che precede ha trovato l’avallo della Dre Veneto, in occasione dell’interpello n. 907-1595/2021, sul caso di un intervento complessivo che ricomprendeva sia interventi di efficienza energetica, sia interventi di miglioramento sismico, ma pare corretto ritenere questa impostazione estensibile a tutti i singoli interventi aventi una loro specifica “individuazione fiscale” tra quelli di efficienza energetica (i due tipi di interventi “trainanti” e i diversi tipi di interventi “trainati”), nonché tra gli altri tipi di interventi “trainati” previsti dalla disciplina dell’art. 119 del Dl 34/2020.

(MF/ms)
 




Bonus investimenti: chiarimenti sui contratti complessi

Nel caso di “contratti complessi”, al fine di individuare il momento di effettuazione dell’investimento non è sufficiente la consegna del bene mobile a norma dell’art. 109 comma 2 del Tuir, ma è necessario lo svolgimento di ulteriori attività affinché si concretizzi il requisito della “certezza” previsto dal comma 1 del medesimo art. 109.

Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 723 del 18 ottobre, fornendo ulteriori indicazioni sul momento rilevante per l’applicabilità di super e iper-ammortamenti, applicabili, si ritiene, anche al nuovo bonus investimenti.

In generale, per individuare il momento di effettuazione dell’investimento, l’Agenzia ha affermato che rilevano i criteri di competenza fiscale di cui all’art. 109 del Tuir (circ. Agenzia delle Entrate n. 4/2017).

Nel caso di specie, l’Agenzia afferma che dalla lettura dei contratti allegati si evince che gli impegni contrattuali dei fornitori dei macchinari non si esauriscono con la semplice consegna del bene, ma si sostanziano in ulteriori adempimenti riguardanti, ad esempio, le modifiche tecniche da apportare ai macchinari secondo determinate specifiche indicate, l’addestramento e la formazione del personale all’utilizzo dei macchinari, un primo collaudo presso lo stabilimento del fornitore, un secondo collaudo presso la sede produttiva (con il quale, oltre a ripetere il check generale delle funzionalità della macchina, si eseguono ulteriori test e verifiche di funzionamento).

L’esito positivo del primo collaudo viene formalizzato con la sottoscrizione di un Preliminary Acceptance Certificate (PAC), a seguito del quale viene effettuata la consegna del bene presso lo stabilimento dell’acquirente, mentre l’esito positivo del secondo collaudo viene attestato da un Final Acceptance Certificate (FAC).

I contratti prevedono, inoltre, un pagamento del corrispettivo frazionato in base a diversi step: emissione dell’ordine; accettazione preliminare (PAC); consegna del bene presso lo stabilimento; accettazione finale (FAC); decorso di 60 giorni dalla data del FAC.

Pertanto, secondo l’Agenzia, nel caso di specie si è in presenza di un contratto complesso, con il quale il fornitore si impegna a vendere un bene mobile all’acquirente e ad eseguire ulteriori e rilevanti attività a favore di quest’ultimo; lo svolgimento di tali attività, in virtù della complessità dell’investimento, assume un rilievo decisivo ai fini del puntuale e completo adempimento degli obblighi contrattuali.

Per tale ragione, ai fini dell’individuazione del momento di “effettuazione” dell’investimento – determinante per “incardinare” il bene nella disciplina del super-ammortamento o in quella dell’iper-ammortamento – non è sufficiente la “consegna” del bene mobile, ma è necessario lo svolgimento di ulteriori attività affinché si concretizzi il requisito della “certezza” previsto dal comma 1 dell’art. 109.

L’adempimento decisivo, a tali fini, viene individuato dall’Agenzia nel rilascio del Final Acceptance Certificate (FAC), che è il momento nel quale l’esistenza del costo del bene può dirsi “certa”, tanto che proprio al FAC è legato l’obbligo contrattuale del pagamento del saldo dovuto al fornitore.

Nel caso specifico, in merito a un macchinario con contratto d’acquisto sottoscritto nel 2016 e consegnato nel 2016, il FAC è stato sottoscritto il 13 gennaio 2017 e il saldo dovuto è stato corrisposto al fornitore il 9 febbraio 2017 e il 5 aprile 2017. In tal caso, secondo l’Agenzia, il requisito della certezza si è concretizzato nel 2017, per cui tale bene può accedere alla disciplina dell’iper-ammortamento.

Per altri beni, invece, il FAC è stato sottoscritto nel giugno/luglio 2017, mentre il saldo è stato corrisposto diversi mesi prima, nel dicembre 2016.

In tali casi, dall’esame congiunto delle clausole contrattuali (che legano il pagamento del saldo all’esito positivo del collaudo presso l’impresa) e delle dinamiche finanziarie dei corrispettivi (che dimostrano che il pagamento al fornitore è stato completato diversi mesi prima del rilascio del FAC), secondo l’Agenzia l’investimento è stato “effettuato”, ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 109 del TUIR, già il 22 dicembre 2016, giorno in cui, con il pagamento (anticipato) del saldo al fornitore, è maturata la ragionevole certezza di un esito positivo del collaudo definitivo dei macchinari.

Tuttavia, l’Agenzia rileva che, dalla documentazione allegata, emerge che il fornitore ha motivato il ritardo nell’installazione dei beni a causa della rilevante mole di ordini ricevuti per l’introduzione del super-ammortamento e per la mancanza di alcuni componenti strategici, proponendo all’impresa il pagamento anticipato del saldo con contestuale rilascio di una garanzia bancaria.

Laddove il fornitore, in sede di pagamento anticipato del saldo, avesse effettivamente rilasciato, a favore dell’impresa, una garanzia bancaria a “copertura” del rischio di un successivo inadempimento contrattuale, non si potrebbe più configurare, al 22 dicembre 2016, la “certezza” dell’esito positivo del collaudo definitivo dei macchinari. In tal caso, posto che la certezza si avrebbe solo nel 2017 con il FAC, tali beni potrebbero accedere all’iper-ammortamento.

(MF/ms)