Brexit: cosa cambia per le aziende
Brexit è il nome che ha preso il processo di uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea (Britain exit) dopo la decisione del referendum consultivo del 23 giugno 2016, che ha poi causato l’uscita ufficiale dall’Unione Europea del 31 gennaio 2020.
Pertanto, dal 1 Gennaio 2021 la Gran Bretagna, dopo 47 anni, è fuori dall’Unione Europea, diventando, di fatto, il primo paese a lasciare la UE da quando l’organizzazione internazionale è stata fondata.
Di conseguenza, lo status extracomunitario dell’UK ha prodotto immediatamente per le imprese una serie di adeguamenti e di adempimenti in materia doganale, di IVA, di accise e di regole extratributarie, anche per le operazioni che si andranno a realizzare a cavallo dell’anno.
Si pensi all’impatto finanziario del pagamento dell’IVA in Dogana per chi importa da UK, salvo la possibilità di poter emettere dichiarazione di intento se esportatore abituale.
Le regole sono state disciplinate in modo puntuale nell’accordo di recesso e nelle successive determinazioni che sono state prese dal UK e dall’UE.
La premessa per affrontare Brexit consiste nel fatto che, dal 1 gennaio 2021, l’entrata e l’uscita di merci tra l’UE e il Regno Unito saranno assoggettate alle regole unionali relative ai Paesi terzi e quindi tutti i movimenti di merci tra le parti dovranno essere vincolati ad importazione, esportazione o allo specifico regime riferibile all’operazione che si intende realizzare, configurandosi la necessità, nei casi previsti, di ottenere una specifica autorizzazione dall’Ufficio doganale di competenza; per queste ultime, è il caso, ad esempio, delle imprese di manutenzione, riparazione, lavorazione, trasformazione che oggi operano senza alcuna formalità doganale e che dovranno attivare specifici regimi doganali come,ad esempio, il perfezionamento attivo o passivo.
Negli scambi con il Regno Unito, il primo e sicuro adempimento che le imprese dovranno effettuare è la presentazione di una dichiarazione doganale. Le merci unionali in uscita dal territorio Ue devono infatti essere vincolate al regime doganale dell’esportazione, da formalizzare su formulario Dau secondo gli standard in uso e come regolamentati dalla disciplina unionale. Tale adempimento di solito avviene, se l’impresa non è attrezzata autonomamente, con il ricorso ad un rappresentante ad hoc, cosiddetto spedizioniere doganale o doganalista, che si occuperà delle pratiche doganali.
Al tema dichiarativo si aggiunge, poi, anche quello extratributario, che comporta responsabilità e sanzioni per le imprese, aventi per lo più carattere penale. È il caso, ad esempio, delle dichiarazioni di libera esportazione sottoscritte dalle imprese nazionali, ovvero delle necessità di autorizzazione o licenza export connesse a determinate tipologie di merci, dei vincoli su beni sanitari, fitosanitari, dei materiali inquinanti, dei beni culturali, dei beni sottoposti alle direttive sicurezza e alla marcatura CE, dei beni Cites e, soprattutto, dei beni dual use, elementi questi delicatissimi per le imprese impegnate con l’estero.
Cambia poi il regime Iva che pur restando nell’ambito della non imponibilità, si modifica da cessioni Intra Ue (ex articolo 41 del Dl 331/93) a cessioni all’esportazione (ex articolo 8 del Dpr 633/72), e che richiede l’intervento dell’ufficio doganale (il famoso “Visto Uscire”), per avere la prova dell’uscita della merce dal territorio dell’Ue.
Inoltre la Brexit impone agli operatori di assumere decisioni per gestire gli invii di merci a cavallo d’anno e per regolarizzare i beni che, di fatto, sono già nel Regno Unito ma ancora di proprietà dell’operatore Ue. Queste situazioni sono influenzate dallo status di Paese terzo che il Regno Unito ha assunto dal 1° gennaio 2021.
In particolare, per le merci giacenti nel Regno Unito ma ancora di proprietà di operatori UE sono da considerare le seguenti ipotesi: beni in conto deposito, in conto lavoro, in consignment stock.
Conto deposito:
Ipotesi – L’azienda italiana ha trasferito beni prima del 1° gennaio 2021 in conto deposito in Regno Unito per venderli in quel mercato. L’operatore, con le regole precedenti , dovrebbe aver assoggettato i beni agli adempimenti delle cessioni intracomunitarie in quanto l’articolo 41, comma 2 lettera c) del Dl 331/93 stabilisce che il suddetto trasferimento è assimilato a una cessione intracomunitaria. In questo caso, l’operatore per trasferire a se stesso i beni ha dovuto identificarsi o nominare un Rappresentante fiscale ai fini Iva nel Regno Unito. Pertanto, al momento della cessione interna in UK, dopo il 1° gennaio 2021, dovrà emettere tramite la propria identificazione fiscale una fattura con Iva inglese. La posizione Iva assunta prima del 1° gennaio 2021 potrà essere utilizzata anche successivamente a tale data.
Conto lavoro:
Ipotesi In questo caso potremmo avere due situazioni.
1) L’operatore italiano ha inviato i beni al terzista/ trasformatore ma i beni sono destinati, al termine della lavorazione, a rientrare in Italia o destinati in un altro Paese UE. In questo caso l’operatore non ha posto in essere alcun adempimento Iva se non l’invio in conto lavoro dei beni e l’indicazione degli stessi ai fini statistici sull’Intrastat. Nella fattispecie, al rientro, le merci dovranno essere assoggettate agli adempimenti doganali, con potenziali aggravi alla reimportazione.
2) L’operatore italiano ha inviato i beni al terzista/ trasformatore ma i beni sono destinati, al termine della lavorazione, ad essere venduti nel Regno Unito. Nella fattispecie, la cessione dovrà essere effettuata con Iva inglese utilizzando la propria posizione fiscale acquisita nel regno Unito.
3) Consignment stock: Ipotesi – Sulla base di un contratto di consignment stock, l’operatore Italiano ha trasferito i beni presso il proprio cliente con il vincolo che i beni vengono ceduti solo al momento del prelievo da parte del cliente stesso. Nella fattispecie, l’operatore dovrà provvedere a regolarizzare l’operazione richiedendo una identificazione fiscale o nominarsi un rappresentante fiscale nel Regno Unito e ad assoggettare l’operazione con a Iva inglese al momento della successiva vendita.
Operazioni a cavallo d’anno
Molti operatori potrebbero trovarsi nella situazione di dover gestire delle operazioni in cui le merci sono state spedite nel Regno Unito negli ultimi giorni dell’anno e che sono arrivate a destinazione dopo il 1 gennaio 2021. Nella fattispecie, per sciogliere i dubbi degli operatori e adottare un corretto adempimento è intervenuto l’accordo di recesso e le linee di orientamento Ue che disciplinano le operazioni a cavallo.
In particolare, le norme sancite nell’accordo di recesso prevedono espressamente che le cessioni di beni spediti o trasportati dal territorio del Regno Unito al territorio di uno Stato membro e viceversa prima del 31 dicembre 2020, con arrivo dopo il 1° gennaio 2021, rimangono sottoposti alle regole doganali, Iva e accise esistenti prima della fine dell’anno. In altre parole, gli scambi relativi a beni inviati nel Regno Unito entro il 31 dicembre 2020 e giunte a destinazione dopo il 1 gennaio 2021, e viceversa, saranno ancora regolate dalla Direttiva Iva e quindi saranno ancora considerate operazioni intracomunitarie
L’impegno degli operatori resta quello di provare che i beni siano partiti prima del 31 dicembre 2020. Proprio sul piano delle prove è necessario acquisirle per tempo per evitare successivi problemi a seguito di eventuali controlli delle autorità preposte.
ACCORDO del 24 dicembre 2020
Dopo nove mesi di negoziato, Regno Unito e Unione Europea hanno raggiunto, in extremis, un accordo per regolare i rapporti commerciai bilaterali post Brexit.
E’ stata istituita un’Area di libero scambio che prevede un meccanismo di cooperazione in campo normativo e doganale e, salvo ove diversamente previsto, lo sdoganamento delle merci originarie dei rispettivi territori senza l’applicazione di dazi in importazione e senza limite di quote.
Questo accordo commerciale di cooperazione tra UE e Regno Unito, concordato il 24 dicembre, si applica, in via provvisoria, dal 1.1.2021 fino al 28 febbraio 2021; seguirà l’iter legislativo previsto dagli ordinamenti dei singoli Stati Membri per l’entrata in vigore degli accordi internazionali.
Ma cosa prevede esattamente l’accordo?
L’accordo, di circa 2000 pagine, copre diversi ambiti e principalmente gli scambi commerciali.
Finora, il Regno Unito era un Paese membro dell’Ue e il commercio non incontrava ostacoli, perché esso faceva parte dell’unione doganale e di un ambito omogeneo di standard, regole, sistemi di sorveglianza e di controllo; dal primo gennaio 2021, invece, il Regno Unito non beneficerà più, in linea di principio, della libertà di circolazione delle merci.
L’aspetto più rilevante dell’accordo e’ la previsione di esenzioni tariffarie all’atto dell’importazione a consolidamento di accordi bilaterali già esistenti.
L’importazione e l’esportazione di merce da e verso l’Unione Europea avviene senza l’applicazione di dazi solamente nel caso in cui le merci abbiano origine nel Regno Unito o nella UE secondo le regole di origine. E’ dunque fondamentale fornire una conferma circa l’origine delle merci per non incorrere nel pagamento dei dazi
In linea di principio, negli scambi reciproci, la preferenza è accordata nei casi di:
– prodotti realizzati esclusivamente con prodotti originari della parte (Regno Unito o UE);
– prodotti interamente ottenuti (minerali, vegetali, animali, ecc.);
– prodotti realizzati con prodotti non originari nel rispetto delle regole espressamente previste dall’Accordo al Capitolo 2 (specifiche regole di origine).
Considerata la complessità dell’argomento in materia di “origine preferenziale e non”, in sostanza, al solo scopo di poter dare l’idea, le regole di origine servono a determinare la ‘nazionalità economica’ del prodotto quando viene realizzato con componenti o ingredienti di diversa origine e mirano ad assicurare che il prodotto che beneficia dei vantaggi del trattamento preferenziale ai fini del dazio previsto dall’accordo sia
· interamente realizzato nell’area di libero scambio (Ue più Regno Unito)
· lavorato in misura sufficiente fissando, per esempio, un limite per il valore dei materiali non ‘originari’ che possono essere utilizzati o la modifica della classificazione doganale.
Nota:I requisiti per ottenere l’origine UE secondo le regole possono essere consultate nel seguente link: https://trade.ec.europa.eu/access-tomarkets/it/content/guida-rapida-al-lavoro-con-le-norme-di-origine;
Inoltre, è da sottolineare che per tutto il 2021, a differenza di quanto previsto dagli altri Accordi di libero scambio, per gli esportatori italiani ed europei verso il Regno Unito, è sufficiente un’autocertificazione dell’origine preferenziale per fruire del trattamento preferenziale daziario in sede di sdoganamento nel Regno Unito. il testo del documento è stato pubblicato in allegato alla circolare n. 49 del 30.12.2020 dell’Agenzia delle Dogane. Questa deroga temporanea tiene conto dell’oggettiva impossibilità, per le imprese, di organizzare per tempo quanto normalmente necessario per l’implementazione delle nuove regole, sottoscritte il 31dicembre e in vigore già dal giorno successivo.
Di conseguenza, si è reso necessario prevedere che, in deroga alle norme previste, gli esportatori possono compilare,per tutto il 2021, attestazioni di origine per le esportazioni verso il Regno Unito anche in assenza di una precedente dichiarazione del fornitore.
Tale dichiarazione potrà essere emessa successivamente, non oltre il 1°gennaio 2022 e dunque con valore anche per le operazioni già eseguite.
Se entro tale data l’esportatore non sarà in possesso della dichiarazione del fornitore deve darne informazione all’importatore inglese entro il 31 gennaio 2022.
E’ evidente che l’esportatore è responsabile della correttezza della dichiarazione di origine e delle informazioni in essa contenute.
Infine è da sottolineare che per tutti gli Accordi di libero scambio l’agevolazione dell’esonero dai dazi è riconosciuta agli esportatori che abbiano richiesto e ottenuto dall’Autorità doganale di competenza , secondo una prassi prevista, lo “Status di esportatore autorizzato” o di “esportatore registrato” nel Sistema REX. Pertanto, a conclusione di questa fase di transizione, le aziende interessate dovranno provvedere ad ottemperare a quanto richiesto dalle norme procedurali.
(MF/ms)