1

Esterometro: alcuni chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate

Con la circolare n. 26, pubblicata il 13 luglio, l’Agenzia delle Entrate ha fornito gli attesi chiarimenti relativi alla comunicazione delle operazioni transfrontaliere (c.d. “esterometro”), la cui disciplina ha subito significative modifiche a decorrere dallo scorso 1° luglio.

Innanzitutto viene precisato che gli obblighi di integrazione ed autofatturazione per l’applicazione dell’Iva in regime di reverse charge e l’invio dei dati con le nuove modalità restano due adempimenti distinti ed autonomi, ferma restando la possibilità, in alcuni casi, di eseguire un unico adempimento

L’Agenzia delle Entrate traccia poi la rotta interpretativa esplicitando che la finalità dell’esterometro non è più ravvisabile nel mero controllo delle operazioni rilevanti ai fini IVA, ma è di più ampio respiro e ricomprende il monitoraggio di tutte le operazioni in cui la controparte del soggetto passivo IVA residente in Italia è “estera”.

Ne segue che, seppure in assenza di espressa previsione normativa, la trasmissione dei dati deve riferirsi non solo alle operazioni in cui la controparte è un operatore economico, ma anche a quelle poste in essere con privati consumatori.

Un’ulteriore declinazione del principio del monitoraggio omnicomprensivo è relativa all’ambito “qualitativo” del perimetro di osservazione nel quale ricadono tutte le operazioni, prescindendo dalla natura delle stesse ed in particolare dal fatto che rilevino territorialmente in Italia ai fini del tributo.

La sola limitazione concerne gli acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini IVA in Italia (ai sensi degli articoli da 7 a 7-octies del DPR 633/72), i quali costituiscono oggetto di comunicazione solamente se il loro importo è di superiore a 5.000 euro.

L’invio dei dati delle operazioni transfrontaliere prevede che, per ogni operazione, venga trasmesso allo Sdi un  file xml conforme alle Specifiche Tecniche versione 1.7 sul quale verranno effettuati gli usuali controlli formali, tra cui la verifica della compilazione di tutti i campi obbligatori della fattura (ai sensi dell’articolo 21 Dpr 633/1972).

Tra i dubbi emersi in sede di prima applicazione del “nuovo” esterometro, si segnalano le incertezze in merito alla compilazione del campo deputato ad accogliere i dati descrittivi dell’operazione e su quale grado di dettaglio fornire.

Si pensi, ad esempio, alle cessioni di beni verso clienti esteri documentate da una fattura composta da svariate pagine, in presenza di più consegne effettuate nel mese nei confronti della medesima controparte, ovvero con diversi articoli/codici prodotto elencati nel corpo della fattura.

La problematica può riguardare, allo stesso modo, gli acquisti di beni da fornitore UE (Tipo documento TD18) oppure i servizi ricevuti dall’estero (TD17) e così via.

L’Agenzia delle Entrate interpellata circa la necessità di far coincidere i dati esposti nelle fatture cartacee estere (vendite e acquisti) con quelli trasmessi via SdI, introduce, sul punto, un’importante semplificazione 

In un primo momento, sembrava che il soggetto passivo nazionale dovesse inserire una descrizione dettagliata (in esecuzione dell’articolo 21, comma 2, lett. g), Dpr 633/1972), mentre l’Agenzia, richiamando l’esempio della compilazione della fattura differita (in cui è sufficiente il richiamo al documento di trasporto), ritiene sufficiente l’indicazione della parola “beni” o “Servizi” (o entrambe) in funzione dell’oggetto dell’operazione, rinviando altresì alla descrizione contenuta nella fattura emessa/ricevuta

Resta possibile allegare all’xml il pdf della fattura emessa ed inviata al cliente estero oppure allegare al Tipo documento TD17, TD18, TD19 il pdf della fattura del fornitore estero, incrementando la base informativa di dati a disposizione dell’Amministrazione finanziaria; in tal caso, chi usufruisce del servizio di conservazione messo a disposizione dall’Agenzia può considerare assolto l’obbligo di conservazione sostitutiva di tutti i documenti transitati tramite SdI (xml e fatture pdf, si rimanda ai paragrafi da 3.1 a 3.3, della citata circolare 26/E/2022).

Tra i vari chiarimenti forniti  spiccano quelli relativi ai termini di effettuazione dell’adempimento.

A differenza di quanto previsto dalla precedente comunicazione (valida per le operazioni sino al 30 giugno 2022), riprendendo le parole dell’Agenzia, “non vi è dunque un termine unico, fisso, ma mobile, legato a quello di emissione dei documenti che certificano i corrispettivi delle operazioni o, comunque, per gli acquisti, laddove tali documenti manchino oppure non siano tempestivi, a quello in cui le operazioni stesse si considerano effettuate”.

Per le operazioni attive, dunque, la trasmissione dei dati allo SdI deve avvenire entro l’ordinario termine di emissione della fattura ex art. 21 comma 4 del Dpr 633/72.

A tal fine, risulta irrilevante la circostanza che la fattura sia stata eventualmente emessa in via anticipata. Non è stata riconosciuta la possibilità di riferirsi al termine di annotazione dei documenti nel registro Iva delle vendite.

Nel caso delle cessioni intracomunitarie, ad esempio, l’invio dei dati al SdI nell’ambito dell’esterometro è da effettuarsi comunque “entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione” (art. 46 del Dl 331/93), anche qualora la fattura sia emessa in un momento diverso, purché nei limiti di legge (è consentito l’invio il 15 novembre 2022 dei dati riferiti a una cessione intracomunitaria effettuata il 1° ottobre 2022, la cui fattura è emessa il 31 dello stesso mese).

Il termine di emissione della fattura deve essere rispettato anche per la trasmissione dei dati delle cessioni di beni e prestazioni di servizi non soggette a Iva in quanto effettuate al di fuori dell’Ue. Nella fattispecie, vige il termine ordinario di 12 giorni dall’emissione della fattura (prevista ai sensi dell’art. 21 comma 6-bis del Dpr 633/72).

Qualora, invece, si sia in presenza di acquisti di servizi ricevuti da un soggetto extra Ue, l’invio dei dati al SdI dovrà avvenire entro il giorno quindici del mese successivo all’effettuazione dell’operazione, determinata secondo i criteri ordinari. Nel caso di specie, se si tratta di un servizio “generico”, si guarda al momento in cui le prestazioni sono ultimate (ovvero, se di carattere periodico o continuativo, alla data di maturazione dei corrispettivi), secondo quanto previsto dall’art. 6 comma 6 del Dpr 633/72.

(MF/ms)




Crisi di impresa: le prime segnalazioni dall’Agenzia delle Entrate

Negli ultimi giorni alcuni contribuenti hanno ricevuto specifiche segnalazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate a fronte di debiti Iva relativi al primo trimestre 2022 superiori ad euro 5.000.

Al fine di inquadrare correttamente le conseguenze di tali comunicazioni si ritiene necessario richiamare alcune importanti previsioni introdotte nel nuovo codice della crisi (Dlgs. 14/2019) dal recente Dlgs. 83/2022.

In realtà la citata disposizione si è limitata ad introdurre un apposito capo (capo III del Titolo II) dedicato alle “Segnalazioni per la anticipata emersione della  cris e programma informatico di verifica della sostenibilità del  debito  e di  elaborazione  di  piani  di  rateizzazione”, nel quale sono state “raccolte” le previsioni di cui ai previgenti articoli 15 Dl. 118/2021 e 30 sexies Dl. 152/2021, oltre ad alcune nuove disposizioni in materia di obblighi di segnalazione per banche e intermediari finanziari.

Al centro dell’attenzione dei contribuenti, negli ultimi giorni, come detto, è, nello specifico, l’articolo 25-novies Dlgs. 14/2019 (in vigore dal prossimo 15 luglio, fino a quando opererà l’articolo 30 sexies Dl. 152/2021), il quale prevede obblighi di segnalazione in capo ai creditori pubblici qualificati, ovvero:

  • l’Inps,
  • l’Inail,
  • l’Agenzia delle Entrate,
  • l’Agenzia delle Entrate-riscossione.
I citati enti sono chiamati ad inviare apposite segnalazioni a mezzo pec (o, in mancanza, con raccomandata con avviso di ricevimento) all’imprenditore, e, ove esistente, all’organo di controllo, ovvero al Presidente del collegio sindacale in caso di organo collegiale.

Sono oggetto di segnalazione:

  • per l’Inps, il ritardo di oltre novanta giorni nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore:
  1. per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati, al 30 per cento di quelli dovuti nell’anno precedente e all’importo di euro 15.000;
  2. per le imprese senza lavoratori subordinati e parasubordinati, all’importo di euro 5.000;
  • per l’Inail l’esistenza di un debito per premi assicurativi scaduto da oltre novanta giorni e non versato superiore all’importo di euro 5.000;
  • per l’Agenzia delle entrate, l’esistenza di un debito scaduto e non versato relativo all’Iva, risultante dalle liquidazioni periodiche trasmesse, superiore a 000 euro;
  • per l’Agenzia delle entrate-riscossione, l’esistenza di crediti affidati per la riscossione, autodichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre novanta giorni, superiori, per le imprese individuali, all’importo di euro 100.000, per le società di persone, all’importo di euro 200.000 e, per le altre società, all’importo di euro 500.000.
Le segnalazioni sono inviate:
  • dall’Agenzia delle entrate entro 60 giorni dal termine di presentazione delle Liquidazioni periodiche, a partire dalle comunicazioni periodiche Iva relative al primo trimestre 2022;
  • dall’Inps, dall’Inail e dall’Agenzia entrate-riscossione entro 60 giorni dal verificarsi della condizione che legittima la segnalazione. L’Inps invierà la comunicazione in relazione ai debiti accertati a decorrere dal 1° gennaio 2022, mentre l’Inail invierà la segnalazione con riferimento ai debiti accertati a decorrere dall’entrata in vigore del decreto. L’agenzia delle entrate-Riscossione, da ultimo, trasmetterà la segnalazione in relazione ai carichi affidati allo stesso agente della riscossione a decorrere dal 1° luglio 2022.
La norma non prevede specifiche conseguenze in caso di mancata attivazione dell’imprenditore a fronte della segnalazione ricevuta; in quest’ambito un ruolo sicuramente più “delicato” è quello rivestito dal collegio sindacale, che potrebbe essere ritenuto responsabile nel caso in cui non si sia attivato per presentare denuncia per gravi irregolarità degli amministratori nella gestione della situazione di crisi (se commesse).

L’organo di controllo risulta poi destinatario di un’altra specifica previsione, ovvero del primo articolo del richiamato capo (articolo 25-octies Dlgs. 14/2019), il quale prevede invece l’obbligo, per lo stesso, di segnalare per iscritto, all’organo amministrativo, la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza per il ricorso alla composizione negoziata, con l’obiettivo di prevenire lo stato di crisi.

La segnalazione deve:

  • essere motivata
  • essere trasmessa con mezzi che ne assicurino la prova dell’avvenuta ricezione
  • deve contenere la fissazione di un congruo termine, non superiore a 30 giorni, entro il quale l’organo amministrativo deve riferire in ordine alle iniziative intraprese.
La tempestiva segnalazione all’organo amministrativo e la vigilanza sull’andamento delle trattative sono valutate ai fini della responsabilità prevista dall’articolo 2407 cod. civ.

Una così rilevante conseguenza, unita ad una formulazione tanto ampia (quale è appunto quella che richiama la “sussistenza dei presupposti” per il ricorso allo strumento della composizione negoziata della crisi) rischia di indurre i sindaci a segnalazioni “eccessive”, giustificate dall’esigenze di tutela e prudenza.

Da ultimo, specifici obblighi di comunicazione sono previsti anche in capo alle banche e agli altri intermediari finanziari, che, nel momento in cui comunicheranno al cliente variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti, dovranno darne notizia anche agli organi di controllo societari (ovviamente se esistenti).

(MF/ms)




Esportazioni indirette: i termini per la consegna dei beni

Le cessioni all’esportazione (c.d. “indirette”) di beni consegnati in Italia al cessionario non residente sono non imponibili Iva, ai sensi dell’art. 8 comma 1 lett. b) del Dpr 633/72, qualora il trasporto o la spedizione al di fuori del territorio dell’Ue sia effettuato, entro il termine di 90 giorni dalla consegna, direttamente dal cessionario ovvero da un “terzo” per suo conto (es. il vettore o lo spedizioniere).

Nella pratica commerciale, è frequente che tali operazioni siano realizzate attraverso l’uso della clausola EXW (“Ex Works”), che consente al fornitore di mettere a disposizione i beni ceduti all’interno dei propri locali (es. stabilimento, deposito, ecc.), mentre spettano al cessionario il caricamento dei beni sul mezzo di trasporto e lo sdoganamento per l’esportazione.

Per la non imponibilità Iva devono, in ogni caso, ricorrere le condizioni previste dal citato art. 8 comma 1 lett. b) del Dpr 633/72.

Con riferimento specifico al termine (pari a 90 giorni) entro cui il cessionario non residente è tenuto a trasferire i beni fuori dal territorio dell’Ue, si rileva come, a livello unionale, l’art. 146 par. 1 lett. b) della direttiva 2006/112/Ce si limiti a stabilire che gli Stati membri “esentano” dall’Iva le “cessioni di beni spediti o trasportati da un acquirente non stabilito nel loro rispettivo territorio, o per conto del medesimo, fuori della Comunità”, senza subordinare la detassazione a ulteriori condizioni.

In merito all’interpretazione della citata norma, la Corte di Giustizia Ue ha chiarito che gli Stati membri possono legittimamente stabilire un termine ragionevole per le esportazioni, onde accertare se un bene sia “fisicamente” uscito dal territorio dell’Ue; peraltro, il mero superamento di detto termine non può “privare definitivamente il soggetto passivo della esenzione” ove dimostri “che la condizione di uscita è stata soddisfatta dopo lo scadere di tale termine” (causa C-563/12).

Coerentemente, in ambito nazionale, la ris. Agenzia delle Entrate n. 98/2014 ha affermato che il trattamento di non imponibilità Iva, proprio delle esportazioni, si applica anche “quando il bene esca dal territorio comunitario dopo il decorso del termine di 90 giorni” di cui all’art. 8 comma 1 lett. b) del Dpr 633/72, sempreché “sia acquisita la prova dell’avvenuta esportazione”.

Per quanto concerne la decorrenza dei 90 giorni, in base al tenore letterale della disposizione, si ritiene rilevante il momento della “consegna” dei beni. A tal fine, occorre avere riguardo alla data risultante dal documento di consegna o di trasporto, che può essere il documento di trasporto (Ddt) previsto dal Dpr 472/96 o la lettera di vettura internazionale (Cmr). Se, però, la data di consegna non risultasse da un apposito documento, il termine decorrerebbe dalla data della fattura (C.M. n. 26/79).

Dunque, in presenza del documento idoneo a comprovare la consegna, la data di emissione della fattura rimane irrilevante “anche nell’ipotesi in cui sia anteriore rispetto a quella della consegna, per esempio perché è stato pagato, in tutto o in parte, il corrispettivo o perché è stata anticipata la fattura per esigenze contabili”.

La sanzione scatta decorsi 90 giorni

L’esportazione dei beni effettuata oltre il termine summenzionato comporta, ai sensi dell’art. 7 comma 1 del Dlgs. 471/97, l’irrogazione al cedente della sanzione amministrativa dal 50 al 100% dell’imposta, ferma restando la possibilità di avvalersi del ravvedimento operoso (Cm. n. 23/99). Tuttavia, la sanzione non si applica se, nei 30 giorni successivi al decorso dei 90 giorni, tale soggetto passivo provvede al versamento dell’imposta, previa regolarizzazione della fattura.

Qualora sia acquisita la prova dell’esportazione, l’operazione resta non imponibile e, per recuperare l’imposta versata in sede di regolarizzazione, il cedente può emettere una nota di variazione ex art. 26 comma 2 del Dpr 633/72 oppure azionare la richiesta di rimborso ex art. 21 del Dlgs. 546/92 (si veda ora l’art. 30-ter comma 1 del Dpr 633/72) entro il termine di due anni dal versamento o dal verificarsi del presupposto del rimborso (ris. Agenzia delle Entrate n. 98/2014).

(MF/ms)
 




Nuovo esterometro: sintesi della nuova comunicazione XML

A decorrere dal 1° luglio 2022, i dati delle operazioni con controparti non stabilite in Italia devono essere trasmessi in formato XML, mediante il Sistema di Interscambio, come previsto per le fatture elettroniche.

È, infatti, mutata la disciplina del c.d. “esterometro” di cui all’art. 1 comma 3-bis del Dlgs. 127/2015.

La precedente comunicazione, effettuata su base trimestrale (e ancora dovuta per le operazioni del secondo trimestre 2022), si è tramutata in un invio “puntuale” dei dati, in relazione a ciascun acquisto e a ogni singola cessione o prestazione.

La nuova modalità di trasmissione interessa le operazioni attive e passive, riguardando sia operatori stabiliti nell’Unione europea che in Paesi terzi. Non rileva, ai fini della comunicazione, lo status del cliente, che può, quindi, essere un soggetto passivo o un “privato consumatore”.

Il maggiore impatto, per gli operatori, è dato dalle nuove modalità di trasmissione, dai nuovi termini entro cui effettuare la comunicazione e dal contenuto.

Termini e modalità di comunicazione

Sul fronte “attivo”, cessioni e prestazioni nei confronti di soggetti non stabiliti in Italia possono essere agevolmente gestite inviando i dati al SdI nei termini già previsti per l’emissione delle fatture (vale a dire entro il dodicesimo giorno successivo al momento di effettuazione).

Meno immediata è l’individuazione del termine di invio dei dati per le operazioni passive.

Secondo la versione vigente dell’art. 1 comma 3-bis del Dlgs. 127/2015, la trasmissione deve avvenire entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

Per gli acquisti (di beni o di servizi) da fornitori stabiliti in altri Stati Ue, l’art. 17 comma 2 del Dpr 633/72 rinvia agli artt. 46 e 47 del Dl 331/93 quanto agli obblighi di fatturazione e registrazione.

In particolare, secondo il citato art. 47, il cessionario o committente nazionale è tenuto ad annotare le fatture ricevute da soggetti Ue (e integrate con l’imposta secondo l’aliquota applicabile), nel registro delle vendite, “entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, e con riferimento al mese precedente”.

Le fatture saranno annotate anche nel registro degli acquisti, entro il termine per l’esercizio del diritto alla detrazione Iva.

Ciò è coerente con il termine ultimo per l’invio dei dati, previsto dal nuovo “esterometro”.

Si evidenzia che il file XML, per gli acquisti intracomunitari di beni (e per le prestazioni di servizi ricevute da soggetti Ue), dovrà essere compilato anche con l’indicazione dell’Iva dovuta, qualora si tratti di un’operazione imponibile – così come previsto dalle specifiche tecniche allegate al provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 89757/2018 nella versione 1.7 – oltre alla necessità di riportare l’imposta nel registro degli acquisti e nel registro delle vendite.

Per i servizi generici, ricevuti da soggetti passivi extra Ue, l’autofattura è emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione. Il termine, dunque, coincide con quello richiesto per l’invio dei dati nell’ambito dell’esterometro.

Più delicata è la gestione degli acquisti di beni presenti in Italia da soggetti passivi extra Ue o delle prestazioni di servizi diversi da quelli generici, rese da questi ultimi a operatori economici stabiliti in Italia (questione analoga è stata sottolineata di recente da ANC e Confimi, nella Nota congiunta del 1° luglio 2022).

L’art. 17 comma 2 del Dpr 633/72 richiede che gli obblighi conseguenti a tali operazioni debbano essere assolti dal cessionario o committente. Ne consegue che questi sia tenuto all’emissione di un’autofattura (in formato analogico o elettronico) entro dodici giorni dal momento di effettuazione dell’operazione.

È necessario, pertanto, avere contezza del momento di effettuazione dell’operazione, posto che generalmente l’autofattura deve essere emessa entro i successivi dodici giorni, ai sensi dell’art. 21 comma 4 del Dpr 633/72. A differenza di quanto previsto per la procedura di integrazione e registrazione della fattura ricevuta da un fornitore Ue, per documentare con autofattura i predetti acquisti da fornitori extra Ue non assume rilevanza il momento di ricezione del documento.

Ai fini dell’esterometro i tempi sono maggiormente dilatati. Come detto, il file elettronico deve essere infatti trasmesso “entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o di effettuazione dell’operazione”.

Si comprende come, nel caso in cui si desiderasse optare per l’invio elettronico dell’autofattura (codice “TD17” per l’acquisto di servizi o “TD19” per l’acquisto di beni), utilizzando il medesimo documento anche per la comunicazione dei dati delle operazioni transfrontaliere, la trasmissione dovrebbe essere necessariamente anticipata.

Qualora, invece, si decidesse di attendere il maggior termine previsto per l’esterometro, sarebbe indispensabile emettere anticipatamente il documento cartaceo, per non incorrere nella sanzione per omesso reverse charge (art. 6 comma 9-bis del Dlgs. 471/97).
 

Operazione Momento di effettuazione Termine di emissione dell’autofattura Termine di annotazione nel registro delle vendite Termine di invio dei dati al SdI ai fini dell’esterometro
Acquisto di beni mobili da soggetto extra Ue Consegna o spedizione del bene Dodicesimo giorno successivo a quello di effettuazione Giorno 15 del mese successivo al momento di effettuazione Giorno 15 del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione
Acquisto di beni immobili da soggetto extra Ue Stipula dell’atto Dodicesimo giorno successivo a quello di effettuazione
Prestazione di servizi “generica” ricevuta da soggetto extra Ue Ultimazione della prestazione (ovvero, per le prestazioni periodiche, data di maturazione dei corrispettivi) Giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione
Prestazione di servizi non “generica”, rilevante in Italia, ricevuta da soggetto extra Ue Pagamento del corrispettivo Dodicesimo giorno successivo a quello di effettuazione
 
Contenuto dei dati di trasmissione

In precedenza, per le operazioni con soggetti non stabiliti in Italia (sia attive sia passive) era richiesto il solo invio di specifiche informazioni, individuate dal punto 9.1 del provvedimento n. 89757/2018, vale a dire: i dati identificativi del cedente o prestatore; i dati identificativi del cessionario o committente; la data del documento comprovante l’operazione; la data di registrazione (per i soli documenti ricevuti); il numero del documento; la base imponibile, l’aliquota Iva applicata e l’imposta (oppure, ove l’operazione non comporti l’annotazione dell’imposta nel documento, la tipologia dell’operazione).

L’attuale versione del provv. n. 89757/2018, riferita alle operazioni decorrenti dal 1° luglio 2022, invece, si limita ad affermare che l’invio dei dati al SdI avviene “secondo le regole di compilazione previste dalle specifiche tecniche allegate al presente provvedimento”.

La versione 1.7 delle specifiche tecniche della fatturazione elettronica, attualmente in vigore a seguito del provv. n. 374343/2021, quanto al contenuto del file XML, prevede diverse linee di dettaglio (campi della sezione 2.2.1).

Analizzandole, emerge la presenza di alcune informazioni che prima non erano contemplate nell’ambito dell’esterometro, tra cui la c.d. “descrizione” ossia: la “natura e qualità del bene/servizio oggetto della cessione/prestazione”.

È un’implementazione che va nella direzione di arricchire la comunicazione con controparti non stabilite di tutte le indicazioni obbligatorie della fattura, come individuate dall’art. 21 comma 2 del Dpr 633/72.

Si evidenzia come, sino al 1° luglio, le informazioni “qualitative” legate alla descrizione del bene o servizio non dovevano essere rilevate (né nell’esterometro né nel documento cartaceo) per gli acquisti da soggetti stabiliti nell’Ue, non essendo tali dati richiesti per l’integrazione delle fatture ex art. 46 del Dl 331/93.

(MF/ms)




Proroga per la Lipe del secondo trimestre

La comunicazione dei dati delle liquidazioni Iva, che non è venuta meno con l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica a decorrere dal 1° gennaio 2019, ha cadenza trimestrale, deve essere effettuata entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo a ciascun trimestre, fatta eccezione per la comunicazione relativa al secondo trimestre, la cui scadenza è fissata al 16 settembre 2022.

Tale tempistica opera a prescindere dalla periodicità di liquidazione dell’imposta, sia essa mensile o trimestrale, in quest’ultimo caso per natura o per opzione.

Proroga per la Lipe del secondo trimestre

A seguito della novità introdotta dal decreto Semplificazioni (Dl n. 73/2022), il termine del 16 settembre è sostituito con quello del 30 settembre, consentendo in tal modo ai contribuenti di beneficiare di un maggior termine per comunicare i dati delle liquidazioni periodiche Iva del secondo trimestre dell’anno.

Per effetto dell’art. 12-quater, comma 1, Dl. n. 34/2019 (decreto Crescita), inserito in sede di conversione dalla legge n. 58/2019, la comunicazione dei dati relativi al quarto trimestre può, in alternativa, essere effettuata con la dichiarazione IVA annuale che, in tal caso, deve essere presentata entro il mese di febbraio dell’anno successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta.

La modifica intende semplificare l’obbligo comunicativo in esame, prevedendo la facoltà, per i contribuenti che presentano la dichiarazione IVA annuale entro il mese di febbraio, di comunicare i dati delle liquidazioni relative al quarto trimestre all’interno della dichiarazione, evitando un duplice adempimento dichiarativo e comunicativo, senza incidere sui termini di liquidazione e versamento dell’imposta.

Va da sé che i soggetti che decidono di non avvalersi della semplificazione devono trasmettere la comunicazione delle liquidazioni relative al quarto trimestre entro il mese febbraio dell’anno successivo a quello del periodo di riferimento, nonché presentare la dichiarazione IVA annuale secondo i termini ordinari, vale a dire entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento, ex art. 8, comma 1, Dpr n. 322/1998.

Al fine di consentire ai contribuenti interessati di avvalersi della facoltà di comunicare con la dichiarazione annuale i dati riepilogativi delle liquidazioni periodiche relative al quarto trimestre, nel modello di dichiarazione IVA è stato istituito il quadro VP, la cui composizione riproduce l’analogo ed unico quadro del modello di comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA.

Comunicazione dell’avvenuta presentazione telematica

Le istruzioni relative al modello di comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche precisano che la ricevuta di avvenuta trasmissione telematica dei dati della comunicazione è resa disponibile nell’apposita sezione dell’area autenticata del sito dell’Agenzia delle Entrate, nonché nella sezione Consultazione dell’area autenticata dell’interfaccia web “Fatture e Corrispettivi”.

In relazione alla verifica della tempestività delle comunicazioni presentate per via telematica, le istruzioni chiariscono, richiamando le indicazioni della C.M. n. 195/E/1999, che si considerano tempestive le comunicazioni trasmesse entro i termini prescritti, ma scartate dal servizio telematico, purché ritrasmesse entro i cinque giorni successivi alla data contenuta nella comunicazione dell’Agenzia delle Entrate che attesta il motivo dello scarto. In tal caso, come specificato dalla risoluzione n. 5/E/2003 (§ 2.6), l’invio si considera comunque tempestivo, non comportando pertanto l’applicazione di sanzioni, se il file viene correttamente accettato dal sistema informativo dell’Agenzia delle Entrate.

La stessa possibilità di re-invio era stata riconosciuta dall’Agenzia per la comunicazione dei dati delle fatture (risposta alle FAQ del 6 aprile 2018), anche in questo caso, però, senza specificare se i cinque giorni successivi da prendere in considerazione siano quelli “lavorativi”.

Seppure in altre occasioni – come, per esempio, a proposito della trasmissione telematica dei corrispettivi da parte dei commercianti al minuto (provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 28 ottobre 2016, n. 182017) – sia stato espressamente indicato che la trasmissione del file corretto deve avvenire entro i cinque giorni lavorativi successivi alla comunicazione di scarto, si ritiene che, anche per la comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche, sia possibile rimediare, senza applicazione di sanzioni, facendo riferimento ai cinque giorni lavorativi che seguono lo scarto.

Se, quindi, il file sarà inviato e scartato il 30 settembre 2022, sarà possibile ritrasmettere la comunicazione entro il 7 ottobre 2022, avendo cura di conservare – al fine di evitare eventuali contestazioni – non solo la comunicazione originaria di scarto, ma anche la successiva ricevuta di avvenuta trasmissione telematica dei dati.

Rettifica della comunicazione già trasmessa

Le istruzioni relative alla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche precisano che se sono presentate più comunicazioni riferite al medesimo periodo, l’ultima sostituisce le precedenti.

L’Agenzia delle Entrate, in merito al comportamento da tenere nel caso si intenda rettificare una comunicazione già trasmessa e per la quale sia scaduto il termine di presentazione, ha chiarito che il sistema telematico accoglie eventuali comunicazioni inviate successivamente alla prima, per correggere errori od omissioni, anche oltre il termine di scadenza ordinario, ribadendo che, ovviamente, la comunicazione successiva sostituisce quelle precedentemente trasmesse (risposta alle FAQ del 26 maggio 2017).

La comunicazione non deve essere inviata in assenza di dati da indicare, per il trimestre, nel quadro VP, come nel caso dei contribuenti che nel periodo di riferimento non hanno effettuato alcuna operazione, né attiva né passiva.

L’obbligo, invece, sussiste nell’ipotesi in cui occorra dare evidenza del riporto di un credito proveniente dal trimestre precedente. Pertanto, se dal trimestre precedente non emergono crediti da riportare, in assenza di altri dati da indicare nel Quadro VP, il contribuente è esonerato dalla presentazione della comunicazione.

Correzione di eventuali errori od omissioni

L’omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche è punita con la sanzione amministrativa da 500 a 2.000 euro. La sanzione è ridotta alla metà se la trasmissione è effettuata entro i 15 giorni successivi alla scadenza stabilita, ovvero se, nel medesimo termine, è effettuata la trasmissione corretta dei dati (art. 11, comma 2-ter, Dlgs. n. 471/1997).

Sul punto, le istruzioni ribadiscono quando già specificato dalla risoluzione n. 104/E/2017, ossia che per correggere eventuali errori od omissioni è possibile presentare una nuova comunicazione, sostitutiva della precedente, prima della presentazione della dichiarazione annuale. Successivamente, la correzione deve avvenire direttamente nella dichiarazione, compilando il quadro VH; sicché, se quest’ultima è stata presentata senza provvedere alla relativa regolarizzazione occorrerà sanare le irregolarità od omissioni presentando una dichiarazione integrativa.

(MF/ms)
 




La nuova certificazione degli investimenti in R&S & I&D

In uno scenario caratterizzato da sempre più frequenti contestazioni dell’Amministrazione finanziaria sull’inquadramento delle attività svolte nei periodi 2015-2019 nell’ambito della ricerca e sviluppo ammissibile al credito d’imposta ex articolo 3 Dl 145/2013 e dalla possibilità, da attivare entro il 30.09.2022, di sanare le indebite compensazioni effettuate entro il 22.10.2021 con la procedura di riversamento spontaneo prevista dall’articolo 5, commi 7-12, Dl 146/2021, era improrogabile un intervento decisivo atto a consentire alle imprese l’applicazione della nuova disciplina del credito d’imposta R&S&I&D “in condizioni di certezza operativa”.

Un primo tentativo in tale direzione, seppur parzialmente infruttuoso, è ravvisabile nelle modifiche apportate dalla lettera g) del comma 1064, articolo 1, L. 178/2020 (c.d. Legge di Bilancio 2021) all’onere di relazione tecnica del comma 206 dell’articolo 1, L. 160/2019 (c.d. Legge di Bilancio 2020), che ha imposto l’obbligo di asseverazione del documento col fine di “assicurare maggiore certezza alle imprese sull’ammissibilità delle attività svolte e delle spese sostenute”.

La mancanza di ulteriori chiarimenti sulla modifica normativa introdotta dalla Legge di Bilancio 2021 ha indotto le imprese ad adottare soluzioni difformi, che spaziano dall’asseverazione ad opera del medesimo legale rappresentante e/o del responsabile delle attività, fino al rilascio di una perizia tecnica asseverata da parte di un soggetto terzo.

L’articolo 23, commi 2-8, Dl. 73/2022 (c.d. Decreto Semplificazioni fiscali) è intervenuto sul tema delineando un vero e proprio sistema di certificazione degli investimenti in ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e design e ideazione estetica incardinati nella disciplina dell’articolo 1, commi 198-207, L. 160/2019.

La certificazione degli investimenti rappresenta uno strumento liberamente azionabile dal contribuente a propria tutela, in virtù del suo effetto vincolante nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.

In attesa della pubblicazione del DPCM su proposta del Mise e di concerto con il Mef, previsto entro il 22.07.2022, che dovrà definire i requisiti dei certificatori, le modalità di vigilanza sulle attività esercitate dai certificatori, le modalità e le condizioni di richiesta della certificazione, gli oneri a carico dei richiedenti parametrati ai costi della procedura, analizziamo nel dettaglio le caratteristiche del nuovo sistema di certificazione.

L’ambito applicativo della certificazione comprende tutte le attività ammissibili al nuovo credito d’imposta R&S&I&D (in vigore a decorrere dal periodo d’imposta 2020 per la generalità delle imprese), ivi incluse le attività di innovazione tecnologica con obiettivi di innovazione digitale 4.0 e di transizione ecologica, già effettuate o da effettuarsi, purché non siano già state contestate violazioni relative all’utilizzo del credito o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento in relazione alle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza.

Il contenuto della certificazione attiene alla qualificazione degli investimenti effettuati o da effettuare ai fini della loro classificazione nell’ambito delle attività ammissibili al credito d’imposta.

L’aspetto di maggiore appeal del sistema risiede nell’effetto vincolante della certificazione nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, che comporta la nullità degli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, difformi da quanto attestato nelle certificazioni.

Unica deroga a questo effetto vincolante è rappresentata dal caso in cui la certificazione venga rilasciata per un’attività diversa da quella concretamente realizzata, sulla base di una non corretta rappresentazione dei fatti.

Legittimati al rilascio della certificazione saranno i soggetti abilitati secondo i requisiti da definirsi dall’apposito DPCM.

Sulla natura e le caratteristiche dei soggetti il testo del comma 3 dell’articolo 23, Dl 73/2022 resta generico, precisando soltanto che si tratterà di:

  • soggetti pubblici o privati;
  • in possesso di requisiti, idonei anche a garantire professionalità, onorabilità e imparzialità;
  • iscritti all’apposito albo dei certificatori, tenuto dal Mise.
Ulteriore aspetto che dovrebbe garantire l’efficacia del sistema di certificazione è l’ingerenza del Mise sui procedimenti valutativi adottati dai certificatori: i soggetti abilitati dovranno infatti attenersi, nell’espletamento dell’incarico, a quanto previsto da apposite linee guida del Mise, periodicamente elaborate ed aggiornate e saranno soggetti ad attività di vigilanza.

Il sistema di certificazione così delineato prevede dunque un ruolo pervasivo del Mise, che potrà contare su una spesa autorizzata al comma 8 di euro 307.000 per il 2022 ed euro 614.000 annui a decorrere dal 2023 per costituire una task force dedicata mediante ampliamento del proprio organico con le seguenti figure:

  • un dirigente di livello non generale;
  • dieci unità di personale non dirigenziale.
(MF/ms)



Prolungati di dieci giorni i termini per registrare gli atti

Con l’entrata in vigore, il 22 giugno 2022, del Dl 73/2022 (c.d. decreto “Semplificazioni fiscali”), sono divenute efficaci alcune novità in relazione all’imposta di registro, la prima delle quali riguarda il prolungamento a 30 giorni (prima erano 20) del termine per la registrazione in termine fisso degli atti.

Infatti, modificando gli artt. 13 e 19 del Dpr 131/86, l’art. 14 del Dl 73/2022 ha portato a 30 giorni il termine ordinario per:

  • la registrazione “in termine fisso” di tutti gli atti formati in Italia;
  • la denuncia di eventi successivi alla registrazione.
Si ricorda che l’imposta di registro si applica al momento della registrazione degli atti e la registrazione è obbligatoria “in termine fisso” per gli atti individuati dalla Tariffa Parte I allegata al Dpr 131/86.

Il “termine fisso” di registrazione è stabilito dall’art. 13 del Dpr 131/86 che, fino al 21 giugno 2022, lo fissava in 20 giorni dalla data dell’atto, per gli atti formati in Italia, anche se operavano alcune eccezioni per gli atti di locazione immobiliare e per gli atti notarili (da registrare tramite modello unico informatico, MUI) per i quali già valeva il termine di 30 giorni.

Dal 22 giugno 2022, il decreto “Semplificazioni fiscali” porta a 30 giorni il termine di registrazione “ordinario” indicato dall’art. 13 del Dpr 131/86, con l’effetto di eliminare del tutto il termine (residuale) di 20 giorni e di applicare a tutti gli atti soggetti a registrazione in termine fisso formati in Italia (sia agli atti notarili che non notarili) il nuovo termine di 30 giorni (decorrente, in linea di principio, dalla data dell’atto).

Pertanto, se, per i contratti di locazione e per gli atti notarili nulla muta, in quanto erano già soggetti al termine di registrazione di 30 giorni, per le scritture private non autenticate diverse dalle locazioni (ad esempio, il comodato immobiliare, ovvero il contratto preliminare), dal 22 giugno 2022, ci sono 10 giorni in più per procedere alla registrazione, in quanto il termine è passato da 20 a 30 giorni dalla data dell’atto.

Inoltre, è stato modificato anche l’art. 19 del Dpr 131/86, stabilendo che il medesimo termine di 30 giorni si applichi anche alla denuncia di eventi successivi alla registrazione, che deve essere presentata, ad esempio, in caso di avveramento della condizione sospensiva apposta al contratto, ovvero di fissazione definitiva del prezzo (in caso di contratti a prezzo indeterminato ex art. 35 del Dpr 131/86).

La novità dovrebbe riguardare non solo gli atti stipulati dal 22 giugno 2022 ma, in virtù della natura procedimentale della disposizione, anche gli atti il cui termine fosse pendente al 22 giugno 2022.

L’altra modifica apportata al Dpr 131/86 riguarda, invece, i soli pubblici ufficiali: l’art. 1 del Dl 73/2022, modificando l’art. 68 del Dpr 131/86, sopprime l’obbligo di vidimazione quadrimestrale dei repertori, a carico dei pubblici ufficiali.

L’art. 67 del Dpr 131/86 dispone, infatti, l’obbligo di iscrivere in un apposito repertorio tutti gli atti “del loro ufficio” soggetti a registrazione in termine fisso, in capo a:

  • notai, ufficiali giudiziari, segretari o delegati della Pubblica Amministrazione e altri pubblici ufficiali, per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati;
  • cancellieri e segretari, per le sentenze, i decreti e gli altri atti degli organi giurisdizionali alla cui formazione hanno partecipato nell’esercizio delle loro funzioni;
  • capi delle amministrazioni pubbliche ed ogni altro funzionario autorizzato alla stipulazione dei contratti.
L’art. 68 del Dpr 131/86, come vigente fino al 21 giugno 2022, prevedeva l’obbligo, con cadenza quadrimestrale, in capo a tali soggetti, di presentare i suddetti repertori all’Agenzia delle Entrate per le verifiche.

Il Dl 73/2022 sopprime l’obbligo di presentazione quadrimestrale dei repertori, sostituendolo con una verifica “a richiesta” degli Uffici.

Il nuovo art. 68 del Dpr 131/86, come riscritto dall’art. 1 del Dl 73/2022 con decorrenza dal 22 giugno 2022, demanda, infatti, il controllo sui repertori all’iniziativa degli Uffici dell’Agenzia delle Entrate competenti per territorio, specificando che i soggetti obbligati alla tenuta dei repertori trasmettono il repertorio entro trenta giorni dalla data di notifica della richiesta da parte degli Uffici.

Inoltre, gli uffici dell’Agenzia delle Entrate effettuano verifiche “anche presso gli uffici dei soggetti roganti”.

Mentre la norma previgente prevedeva l’apposizione di un visto sul repertorio, il novellato art. 68 del Dpr 131/86 precisa che, a seguito del controllo, l’Ufficio competente “dopo aver rilevato le eventuali violazioni e tutte le notizie utili, comunica l’esito del controllo ai pubblici ufficiali”.

Anche l’applicazione delle sanzioni viene adattata alle nuove modalità di controllo dei repertori: viene infatti, previsto (modificando l’art. 73 del Dpr 131/86) che la sanzione amministrativa “da euro 1.032,91 a euro 5.164,57” (che resta immutata) si applica ai pubblici ufficiali che omettano la “presentazione del repertorio a seguito di richiesta dell’ufficio dell’Agenzia delle entrate, ai sensi del primo comma dell’articolo 68”.

La sanzione, quindi, scatta se il pubblico ufficiale non presenta il repertorio entro 30 giorni dalla richiesta.

(MF/ms)
 




Nel vecchio esterometro le operazioni effettuate fino al 30 giugno

Gli acconti corrisposti per acquisti intracomunitari entro il 30 giugno scorso, e riferiti a beni la cui consegna o spedizione è avvenuta dal 1° luglio 2022, dovranno essere comunicati entro il 15 agosto 2022 utilizzando il Sistema di Interscambio se la fattura è ricevuta nel corso del corrente mese di luglio.

È questo uno degli aspetti che gli operatori economici dovranno tener conto per il passaggio dal “vecchio” al “nuovo” esterometro, tenendo conto che le nuove modalità di comunicazione riguardano le operazioni (attive e passive) effettuate a partire dal 1° luglio 2022.

Nella normativa Iva nazionale, il momento di effettuazione è disciplinato nell’articolo 6 Dpr 633/72, al cui interno si distinguono le seguenti regole generali:

  • le cessioni di beni mobili si considerano effettuate all’atto della consegna o spedizione, mentre quelle relative a beni immobili alla data del rogito notarile. In ogni caso, se antecedentemente a tali momenti è incassato il corrispettivo o è emessa fattura, il momento di effettuazione è anticipato in corrispondenza dell’incasso o dell’emissione della fattura,
  • le prestazioni di servizi si considerano effettuate alla data del pagamento del corrispettivo, fatta salva l’anticipata fatturazione, nel qual caso il momento di effettuazione coincide con la data di emissione della fattura antecedente al pagamento.
Per la nuova comunicazione delle operazioni transfrontaliere le questioni più delicate riguardano gli acquisti di prestazioni di servizi generiche di cui all’articolo 7-ter e gli acquisti intracomunitari di beni.

Per la prima delle due categorie di operazioni, l’articolo 6, comma 6, Dpr 633/72 stabilisce che le prestazioni di servizi generiche scambiate con soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato si considerano effettuate alla data di ultimazione delle prestazioni stesse, fermo restando che in caso di pagamento anticipato il momento di effettuazione coincide con il pagamento stesso.

Ad esempio, l’incarico di consulenza legale sottoscritto da una società italiana nel mese di giugno con un avvocato tedesco per il recupero di crediti vantati verso debitori stabiliti in Germania, la cui esecuzione termina nel corso del mese di agosto, con emissione di fattura nel corso dello stesso mese, deve essere comunicato allo Sdi entro il 15 del mese di settembre (ferma restando la necessità della ricezione della fattura entro la fine del mese di agosto) inviando il TD17.

Per quanto riguarda gli acquisti intracomunitari, si deve tener conto che l’articolo 39 Dl 331/1993 considera rilevante, quale momento di effettuazione, l’inizio del trasporto con partenza dal Paese membro di provenienza.

Laddove prima di tale momento vi sia il pagamento, totale o parziale, non assume alcun rilievo ai fini della verifica del momento di effettuazione (salva la facoltà del fornitore di emettere fattura a fronte dell’acconto ricevuto).

Ad esempio, se una società italiana ha ordinato dei beni da un fornitore francese per euro 10.000, partiti da Parigi il giorno 4 luglio, corrispondendo un acconto in data 29 giugno 2022, l’operazione si considera effettuata nel mese di luglio per l’intero importo, con conseguente obbligo di inviare, ad opera del cessionario italiano, il TD18 a mezzo Sdi entro il 15 agosto 2022 (ferma restando la ricezione del documento da parte del fornitore francese nel corso del mese di luglio).

È appena il caso di precisare che per le prestazioni di servizi, di cui gli articoli 7-quater e 7-quinquies Dpr 633/72, anche se scambiate con soggetti passivi stabiliti in altri Stati, il momento di effettuazione resta ancorato al pagamento del corrispettivo, con la conseguenza che per tutti i pagamenti avvenuti a partire dal 1° luglio 2022 gli acquisti di tali servizi dovranno essere comunicati con le nuove modalità, inviando tramite Sdi il documento TD17 entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura del prestatore comunitario o di effettuazione dell’operazione da parte del prestatore extraUe.

(MF/ms)




Esterometro: i primi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

In un webinar  il dott. Piancaldini e la dott.ssa Lami dell’Agenzia dell’Entrate, preannunciando che a breve la stessa Agenzia pubblicherà dei documenti ufficiali con dei chiarimenti in merito all’esterometro, hanno anticipato alcuni importanti concetti.

Circa le operazioni soggette all’obbligo di comunicazione, i relatori ricordano che non devono essere comunicate le operazioni documentate da bolla doganale.

In particolare, per quanto riguarda le importazioni, viene ricordato che se le operazioni dovessero comunque essere comunicate, nessuna sanzione potrebbe essere irrogata al contribuente; tuttavia, le bozze dei registri, delle Li.Pe. e della dichiarazione Iva predisposte dall’Agenzia, riporteranno delle duplicazioni, con possibili perdite di tempo per il contribuente e l’Amministrazione.

Altro caso in cui non si deve effettuare la comunicazione è quello di ricezione di fatture elettroniche via SDI; si ricevono fatture elettroniche via SDI da San Marino, posto che le autorità fiscali della Repubblica del Titano hanno emanato norme di obbligo quasi generalizzato di emissione di fatture elettroniche via SDI per i loro contribuenti.

Viene inoltre ricordato che gli acquisti di beni e di servizi non territoriali, di importo unitario fino ad euro 5.000, non devono essere oggetto di comunicazione. Si tratta in genere di operazioni assoggettate ad Iva estera, ed una diapositiva precisa che tale importo va assunto al lordo dell’imposta.

Circa le decorrenze del nuovo obbligo, i relatori sono tornati due volte sull’argomento, concludendo che deve essere fatto riferimento – per le operazioni passive – alla data di ricezione della fattura e non a quella di effettuazione dell’operazione.

Sull’argomento, è opportuno che si attendano dei chiarimenti scritti, posto che in funzione delle diverse operazioni che si pongono in essere il documento ricevuto dal fornitore può rilevare o meno per l’individuazione del mese in cui l’operazione deve essere registrata.

Per le operazioni attive, è lasciato intendere che il file XML inviato a SDI è “un rigo di esterometro”, posto che la fattura sarà il file PDF inviato via mail al cliente (o quello cartaceo inviato per posta). La cosa è rassicurante dal punto di vista sanzionatorio, visto che le violazioni sul “rigo di esterometro” sono punite con euro 2 per operazione, mentre l’omissione della fattura è più pesantemente sanzionata.

Solo nel caso in cui il soggetto estero (verosimilmente identificato in Italia) autorizzi il cedente/prestatore italiano ad inviare la fattura elettronica in formato XML via SDI, e fornisca quindi un codice destinatario o venga utilizzato il codice 0000000, allora il file viene considerata la vera “fattura”, e quindi diverse sono le sanzioni in caso di violazione.

Una slides evidenzia che i files delle fatture attive devono essere con tipo documento da TD01 a TD06.

In un successivo quesito viene precisato che anche il codice TD24 è ammesso.

Anche in tale caso è opportuno che venga chiarito se anche il codice TD26, ad esempio, è utilizzabile, nel caso in cui al soggetto estero si ceda un bene ammortizzabile.

Viene rimarcato che anche le operazioni verso privati devono essere comunicate, purché siano documentate con emissione di fattura o di certificazione fiscale (scontrino, ricevuta, o documento commerciale). Ricordiamo che non sono oggetto di obbligo di fatturazione e di certificazione, tra le altre, le operazioni di commercio elettronico diretto ed indiretto.

Un altro interessante chiarimento riguardante le operazioni attive è che in caso di emissione di fatture anticipate rispetto al termine ultimo di emissione normativamente previsto, l’invio del file dell’esterometro scadrà nel momento ultimo di emissione previsto dalla norma.

Per le operazioni passive, come noto, è necessario inviare dei files, con “tipo documento” valorizzati con TD17, TD18 e TD19, utilizzando il tracciato della fattura elettronica. Anche in tale caso, questi files sono “righi di esterometro”.

Un po’ di confusione ha generato una slides nella quale – dopo aver rimarcato che l’obbligo di invio dell’esterometro non modifica le norme sul reverse charge, ed aver precisato che la tardiva od omessa trasmissione del file XML è una violazione autonoma rispetto a quelle sul reverse charge – viene riportata una frase secondo la quale “se la trasmissione dei dati avviene utilizzando tipologie di documenti che assolvono anche agli obblighi di autofatturazione in sostituzione della stessa, la tardiva autofatturazione e conseguente annotazione nei registri Iva esplica i suoi effetti sulla detrazione dell’imposta, impedendola sino al corretto adempimento”.

In sostanza, sembra che la posizione dell’Agenzia sia quella per cui l’invio di un file TD17/TD18/TD19 a SDI, potrebbe sostituire l’obbligo di emissione dell’autofattura ma, in tale caso, un eventuale ritardo dell’invio del file a SDI comporterà l’irrogazione di sanzioni sull’esterometro (2 euro) e sul reverse charge (500 euro). Il contribuente, tuttavia è libero di emettere comunque autofatture cartacee e conservarle analogicamente, oltre ad inviare il file dell’esterometro. È logico ritenere che nel caso di registrazione dell’autofattura nei termini corretti, il ritardo dell’invio del file dell’esterometro  produrrà solo l’irrogazione della sanzione di due euro, salvo che l’Agenzia non sia in grado di dimostrare che anche l’autofattura cartacea, a suo tempo, è stata emessa in ritardo.

L’Agenzia si è soffermata più volte sull’importanza della data di ricezione della fattura per determinare le tempistiche di invio del file dell’esterometro, ripetendo che nel caso di mancata ricezione di fattura deve essere fatto riferimento alla data di effettuazione dell’operazione.

Sicuramente si è in presenza di mancata ricezione di “fattura” da fornitori extracomunitari, posto che i documenti da loro emessi non possono definirsi come “fatture” e le tempistiche di emissione dell’autofattura fanno (quasi) sempre riferimento alla data di effettuazione dell’operazione. Destano perplessità gli esempi di acquisto comunitario con mancato ricevimento di fattura o di ricezione della fattura in un mese antecedente rispetto alla merce, o ancora, di pagamento anticipato.

Anche in tale caso si auspica che successivi chiarimenti confermino che l’esterometro va inviato entro il 15 del mese successivo rispetto al mese in cui l’operazione è soggetta a registrazione ai fini Iva.

Cosa lasciata per ultima, ma non certo per la sua importanza, riguarda i dati di dettaglio per la compilazione del file dell’esterometro delle operazioni passive, per i quali è stato precisato che, rispetto agli elementi che devono comparire nel registro delle fatture ricevute, devono essere aggiunti “solo” quelli relativi alla descrizione dell’operazione (natura, qualità e quantità dei beni acquistati o dei servizi ricevuti), peraltro con delle “semplificazioni”.

Viene riportato l’esempio di chi acquista scooter o biciclette, che può aggregare i beni della stessa natura con diversi colori, rimarcando che l’obbligo di compilare i campi relativi alla natura dell’operazione non può essere genericamente assolto con una descrizione del tipo “acquisti comunitari”.

In sostanza, parrebbe che un supermercato che riceve da fornitore estero 200 tipi di beni (zucchine, carne bovina, yogurt, …), debba compilare 200 righi, nel file di esterometro, in quanto esisterebbe un obbligo di descrizione delle operazioni; in un certo momento è stato proposto pure di allegare una copia della fattura estera, riportante il dettaglio dei beni e servizi acquistati.

Ora, l’unico obbligo cogente di descrivere le operazioni, previsto da una norma, esiste solo per le operazioni attive e non per le operazioni passive.

Un eventuale obbligo di descrizione così dettagliato, oltre a non avere supporto normativo (il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate non ha tale forza), porterebbe chiaramente molti contribuenti a considerare che la sanzione per l’omesso invio del file dell’esterometro costi meno rispetto al costo della persona che deve ricopiare il dettaglio dei beni e dei servizi acquistati.

In questo senso si auspica che i chiarimenti ufficiali precisino che la descrizione dell’operazione di acquisto di beni e servizi possa essere assolutamente generica, essendo necessario scomporre gli acquisti su più righi solo nel caso in cui vi siano, all’interno della stessa fattura estera, operazioni con regimi Iva differenti (ad esempio beni assoggettati a diverse aliquote Iva, o servizi in parte soggetti ad Iva ed in parte non imponibili). Una diversa interpretazione, peraltro, visto il dispendio economico che genererebbe ai soggetti acquirenti merci da fornitori comunitari, potrebbe addirittura porsi in contrasto coi principi comunitari di non discriminazione e di libera circolazione delle merci.

(MF/ms)
 
 




Abrogazione della disciplina delle società in perdita sistematica

L’art. 9 del Dl 21 giugno 2022 n. 73 (c.d. Dl “Semplificazioni fiscali”), nella versione pubblicata in Gazzetta Ufficiale, conferma l’abrogazione della disciplina delle società in perdita sistematica di cui all’art. 2 commi 36-decies, 36-undecies e 36-duodecies del Dl 138/2011 convertito.

Lo stesso art. 9 dispone, al comma 1, che l’abrogazione opera “a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022”; il comma 3 valuta gli effetti dell’abrogazione della disciplina in termini di gettito prendendo in considerazione gli anni 2023 e seguenti.

L’impostazione adottata ai fini dell’individuazione della decorrenza dell’abrogazione ricalca quella già impiegata, in sede di introduzione della disciplina, dall’art. 2 comma 36-duodecies del Dl 138/2011, il quale disponeva che le norme relative alle società in perdita sistematica dovessero trovare applicazione “a decorrere dal periodo d’imposta successivo” a quello in corso al 17 settembre 2011, data di entrata in vigore della legge di conversione del Dl 138/2011.

A commento, l’Agenzia delle Entrate, nella circ. n. 35/2012, § 1.3, aveva precisato che “per i soggetti che hanno l’esercizio coincidente con l’anno solare, le disposizioni in materia di società in perdita sistematica trovano applicazione a decorrere dal 2012”; di conseguenza, il periodo di osservazione rilevante (all’epoca, pari a tre anni) era il triennio 2009-2010-2011.

In altre parole, il periodo di entrata in vigore della modifica rappresentava il periodo in cui verificare lo status di comodo, mediante osservazione del triennio precedente, computato a ritroso.

In linea con quanto previsto in sede di introduzione, il Dl “Semplificazioni fiscali” individua quale periodo di abrogazione della disciplina il periodo di imposta 2022 per i soggetti “solari”, rendendo quindi irrilevanti i risultati fiscali realizzati nel quinquennio precedente.

Tale lettura è confermata dalla circostanza per cui l’art. 9 del Dl 73/2022, nello stimare la mancanza di gettito derivante dall’abrogazione, prende in considerazione, quale prima annualità interessata, il 2023, ovvero l’anno in cui saranno versate le (minori) imposte relative al periodo di imposta 2022.

Per effetto delle modifiche le penalizzazioni previste dall’art. 30 della L. 724/94 non troveranno, quindi, applicazione per il periodo di imposta 2022 “solare” laddove:

  • i periodi di imposta 2017, 2018, 2019, 2020 e 2021 risultino in perdita fiscale;
  • ovvero quattro dei sopraindicati periodi siano in perdita e il rimanente presenti un reddito imponibile inferiore al reddito minimo.
Resta, invece, ferma l’applicazione della disciplina delle società in perdita sistematica per il periodo di imposta 2021 “solare” (modelli REDDITI 2022); non viene inoltre modificata la disciplina delle società non operative per insufficienza di ricavi di cui all’art. 724/94 che quindi troverà applicazione anche per i periodi di imposta 2022 e successivi.

Va altresì evidenziato che la struttura della disciplina delle società in perdita sistematica presuppone la presenza di uno storico di annualità da monitorare, rappresentato dal quinquennio oggetto di osservazione, oltre al periodo di imposta in cui la disciplina trova applicazione.

Ne deriva che, come in precedenza chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 25/2012, § 6.2, nei confronti di quelle società che non hanno un periodo minimo di anzianità, la disciplina sulle società in perdita sistematica non trova applicazione. 

A riguardo, la successiva circ. Agenzia delle Entrate n. 6/2015, § 14.1, ha puntualizzato che per i soggetti costituiti da meno di sei anni, la disciplina sulle società in perdita sistematica non trova applicazione per mancanza del relativo presupposto. Nel documento, la stessa Agenzia precisa che il primo periodo d’imposta astrattamente utile di applicazione della disciplina in esame è il settimo anno dalla costituzione.

Tale assunto sembra poggiare sul meccanismo di funzionamento delle cause di disapplicazione della disciplina delle società in perdita sistematica e, ai fini che qui interessano, della causa relativa alle società che si trovano nel primo periodo di imposta (art. 1 lett. m) del provv. Agenzia delle Entrate 11 giugno 2012).

Nel contesto della disciplina in esame, infatti, tali cause “interrompono” il quinquennio di osservazione, con la conseguenza che il riscontro di una di esse azzera il conteggio (circ. Agenzia delle Entrate n. 23/2012, § 1.2.1). In altre parole, per una società costituita nel 2016 il primo periodo astrattamente interessato sarebbe il 2022 (il quinquennio è, infatti, conteggiato a partire dal 2017). Tuttavia, in considerazione dell’abrogazione della disciplina, la stessa società non subirebbe penalizzazioni.

Ne deriva che, in virtù del particolare meccanismo illustrato, le società costituite dal 2016 in avanti, fino al 2021 prive dei presupposti di applicazione della disciplina, sono automaticamente “salve”.

(MF/ms)