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Il trattamento fiscale degli omaggi 2023

Per la corretta gestione degli omaggi occorre analizzare la disciplina ai fini sia delle imposte dirette sia dell’imposta sul valore aggiunto.

Imposte sui redditi
 
Imprese

1. Spese di rappresentanza

Gli omaggi costituiscono, in linea di massima, spese di rappresentanza.

La loro qualificazione (cfr. art. 108, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986 e successive modifiche (TUIR) – D.M. 19 novembre 2008 – circolare n. 34/E/2009) risiede nel requisito essenziale della gratuità per il destinatario, il quale non corrisponderà corrispettivo o specifica controprestazione.

ATTENZIONE: È sempre d’obbligo il rispetto dei principi di inerenza e congruità: spese ragionevoli coerenti alle pratiche ed agli usi commerciali del settore in cui l’impresa opera e con l’obiettivo di generare benefici economici con la promozione sul mercato di beni (o servizi).
 
2. Omaggi a clienti
  1. di beni non oggetto dell’attività dell’impresa
  1. sono interamente deducibili se l’unitarietà del valore dell’omaggio non è superiore a 50,00 euro – «piccoli omaggi» – e non vanno inclusi tra le spese di rappresentanza. Bisogna considerare il costo complessivo di acquisto, inclusa l’eventuale IVA indetraibile. I limiti di imponibile variano, dunque, a seconda delle aliquote applicate. L’importo delle spese relative alla gratuita distribuzione «non interferisce con l’importo deducibile» dei «piccoli omaggi»;
  2. quando il bene omaggiato supera il costo di 50 euro e quando sono offerti titoli rappresentativi di servizi (anche d’importo inferiore ai 50 euro), come ingressi omaggio al cinema, a teatro o alle terme, detti costi sono deducibili entro il «plafond di deducibilità» pari:
  • all’1,5% dei ricavi e altri proventi fino a 10 milioni di euro;
  • allo 0,6% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente i 10 milioni e fino a 50 milioni di euro;
  • allo 0,4% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente i 50 milioni di euro.
 
  1. di beni di propria produzione o rientranti nella propria attività commerciale
La deducibilità ai fini del reddito dell’esercizio va anche qui riferita a quanto già esposto ai precedenti punti a) e b). Si rinvia allo specifico paragrafo IVA ai fini del trattamento documentale.

 
3. Omaggi a lavoratori dipendenti e soggetti assimilati

La cessione gratuita di beni non oggetto dell’attività ai dipendenti, da parte dell’impresa o del lavoratore autonomo, non può considerarsi spesa di rappresentanza per mancanza dell’inerenza con l’attività svolta.

Il costo di acquisto dei beni in omaggio, compresa l’erogazione di liberalità in denaro, è sempre deducibile dall’impresa quale spesa per prestazione di lavoro (ex art. 95 del TUIR) in quanto riveste natura retributiva per il dipendente o il collaboratore.

Per lo stesso motivo, in capo al dipendente risultano non imponibili gli omaggi ricevuti che nel periodo d’imposta non superino, insieme all’ammontare degli altri fringe benefits, i 258,23 euro (1); in caso di superamento del limite, concorrerà a formare reddito in capo al dipendente l’intero valore e non solo la parte eccedente.

Diversamente, le spese di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale, sanitaria o culto (art. 100, comma 1, del TUIR) sono deducibili nel limite del 5 per mille dell’ammontare totale delle spese per prestazioni di lavoro dipendente. Il brindisi augurale può farsi rientrare tra le spese di ricreazione.

È evidente che se le spese sono funzionali all’attività dell’impresa, come divise, scarpe da lavoro, ecc., sono totalmente deducibili dal reddito d’impresa e non rivestono natura retributiva per i dipendenti o i collaboratori.
 
Professionisti

1. Omaggi a clienti

Sono deducibili nel limite dell’1% dei compensi effettivamente percepiti nel periodo d’imposta, a prescindere dal valore unitario dell’oggetto.
 
2. Omaggi a lavoratori dipendenti e soggetti assimilati

Non esiste specifica disciplina. Il costo degli omaggi dovrebbe essere deducibile per intero in conseguenza del fatto che, secondo la nozione fornita dal D.M. 19 novembre 2008, le liberalità ai dipendenti non rientrano tra le spese di rappresentanza.
 
Contribuenti minimi

Le spese per omaggi acquistati nell’ambito del regime dei “contribuenti minimi” sono interamente deducibili nel periodo di sostenimento, ove relative a beni di valore pari o inferiore a 50,00 euro. Nel caso in cui i beni superino tale valore limite, le relative spese sono deducibili quali spese di rappresentanza.
La circolare n. 34/E/2009 segnala che le spese di rappresentanza sono da ritenersi inerenti entro i limiti di congruità (e dunque deducibili nei limiti previsti in materia di reddito d’impresa e lavoro autonomo).
 
Contribuenti forfetari

Le spese per omaggi sostenute da contribuenti che usufruiscono del regime cosiddetto forfetario, di cui alla Legge n. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015), non assumono rilevanza nella determinazione del reddito in quanto i contribuenti in tale regime quantificano il reddito tramite l’applicazione del coefficiente di redditività previsto dalla specifica attività svolta all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti.
Le considerazioni relative ai contribuenti minimi non sono quindi estendibili ai “forfetari”.

IRAP
 
Imprese
  • Per i soggetti IRES (e per i soggetti IRPEF che avessero optato per la determinazione della base imponibile con le stesse regole dei soggetti IRES) gli omaggi e le spese di rappresentanza (che vanno classificati nella voce B.14 del conto economico: oneri diversi di gestione) sono sempre integralmente deducibili dalla base imponibile IRAP (senza i limiti previsti ai fini IRES).
  • Per gli altri soggetti IRPEF (2), gli omaggi e le spese di rappresentanza sono deducibili ai fini IRAP con le stesse limitazioni previste per le imposte dirette.
 
Professionisti

La deducibilità degli oneri in esame è in relazione all’attività di lavoro autonomo, per cui:

  • va esclusa se gli omaggi rientrano tra le spese per prestazioni di lavoro;
  • è ammessa qualora gli omaggi siano funzionali allo svolgimento dell’attività professionale e non assumano natura retributiva per il destinatario.
 
IVA
 
Sono previste diverse fattispecie:
  1. non è mai detraibile l’IVA relativa agli omaggi destinati ai lavoratori dipendenti (R.M. n. 666305/1990);
  2. la cessione gratuita a clienti di beni non prodotti né commercializzati dall’impresa (e quindi espressamente acquistati da terzi al fine di essere regalati) non è considerata cessione di beni, per mancanza del requisito dell’onerosità, e non è quindi da fatturare (art. 2, D.P.R. n. 633/1972):
  • se all’atto dell’acquisto non è stata detratta l’IVA (è comunque opportuno compilare un documento di trasporto riportante la causale cessione gratuita – beni non di propria produzione);
  • ovvero se il costo unitario dei beni ceduti gratuitamente non è superiore a 50,00 euro; è quindi ammessa la detraibilità dell’IVA relativa all’acquisto di beni purché di valore non superiore a 50,00 euro. Il Ministero delle Finanze ha chiarito che, in questo specifico caso, la non imponibilità della cessione gratuita non comporta l’indetraibilità dell’IVA sull’acquisto ai sensi dell’art. 19, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972;
  1. la cessione gratuita a clienti di beni di produzione propria o rientranti nella propria attività commerciale (non è mai il caso dei professionisti) è considerata cessione di beni e deve essere fatturata ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 4, del D.P.R. n. 633/1972 (in caso di fatturazione differita il documento di trasporto dovrà riportare la causale cessione gratuita).
La cessione gratuita di beni oggetto dell’attività propria d’impresa ai clienti è quindi sempre rilevante ai fini IVA e la società cedente potrà procedere nei confronti del cliente con la rivalsa IVA, oppure senza rivalsa, ad esempio emettendo autofattura.
ATTENZIONE: L’autofattura andrà emessa in formato elettronico e trasmessa al Sistema di Interscambio, cd. SdI. In tale ipotesi, il documento, con la dicitura “autofattura per omaggi”, deve contenere indicazione:
  • del valore normale dei beni ceduti;
  • delle aliquote IVA applicabili;
  • delle relative imposte.
Il documento segue la numerazione delle fatture di vendita e viene annotato nel registro delle fatture emesse. L’imponibile fa parte del volume d’affari IVA. Si evidenzia che la circolare n. 14/E/2019, in merito alle autofatture elettroniche per omaggi, ha chiarito che i dati del cedente/prestatore vanno inseriti sia nella sezione “Dati del cedente/prestatore”, sia nella sezione “Dati del cessionario/committente”.
In questi casi, la fattura e quindi la relativa imposta vanno annotate solo nel registro IVA vendite.
È però possibile che in origine l’imposta sull’acquisto non sia stata detratta, ad esempio quando al momento dell’acquisto si conosce già che si tratta di spesa di rappresentanza; il cedente non deve quindi procedere alla rivalsa o all’emissione dell’autofattura. In questo caso l’IVA non detratta, ai sensi dell’art. 99 del TUIR, non può essere dedotta dal reddito.
 
Gli omaggi destinati a soggetti residenti in altri Paesi comunitari devono essere trattati come quelli destinati ai residenti in Italia, poiché la speciale disciplina IVA UE non si applica alle prestazioni senza corrispettivo.
 
Gli omaggi destinati a soggetti residenti in Paesi extracomunitari costituiscono invece:
  • operazioni fuori dall’ambito di applicazione dell’IVA se riferite a beni che non sono oggetto dell’attività caratteristica (precedente punto 2);
  • cessioni non imponibili IVA ex art. 8, D.P.R. n. 633/1972 se riferite a beni oggetto dell’attività caratteristica (precedente punto 3): in questo caso va espletata la consueta procedura doganale.
 
Ricordiamo infine che l’emissione del documento di trasporto è uno strumento valido al fine di vincere la presunzione di cessione onerosa di cui all’art. 53, D.P.R. n. 633/1972. L’emissione di un documento di trasporto nominativo fornisce anche certa dimostrazione del reale destinatario dell’omaggio, e conseguentemente del trattamento fiscale del costo sostenuto.
Per evitare complicati adempimenti a carico dell’impresa, consigliamo anche la soluzione di incaricare il fornitore dei beni destinati ad omaggio (o altro soggetto che effettui professionalmente il servizio di recapito), della consegna degli omaggi ai destinatari finali. In questo caso, la fattura del fornitore dei beni (o del solo servizio di consegna) e l’ordinativo emesso dal committente forniranno prova certa della reale destinazione dei beni.

 

Prospetto riepilogativo del trattamento fiscale degli omaggi ai clienti
 
DESCRIZIONE IN FASE DI ACQUISTO NELLA SUCCESSIVA CESSIONE GRATUITA
DETR.NE IVA DEDUZ.NE COSTO EMISS.NE FATTURA TIPO
OPERAZ.
RICAVO
Beni rientranti nell’oggetto dell’attività
 
SÌ (*) soggetta ad IVA
Beni non rientranti nell’oggetto dell’attività di valore superiore a 50,00 euro
 
NO (**) NO esclusa IVA NO
Beni non rientranti nell’oggetto dell’attività di valore non superiore a 50,00 euro
 
NO esclusa IVA NO
(*) Chi acquista beni oggetto della propria attività sapendo già che sono destinati ad essere ceduti gratuitamente, può scegliere di considerare indetraibile l’IVA in acquisto: la successiva cessione gratuita sarà da considerare esclusa dall’IVA.
(**) Nel limite percentuale dei ricavi e altri proventi indicati nel paragrafo “imposte dirette”.
 

 
 

 


(1) Il decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023, convertito in Legge n. 85/2023) ha innalzato, per il solo anno 2023 e per i soli lavoratori con figli a carico, il limite di esenzione per i fringe benefit da 258,23 a 3.000 euro.
(2) Ricordiamo che la Legge di Bilancio 2022 ha cancellato definitivamente l’IRAP per i professionisti, le ditte individuali ed i lavoratori autonomi.

(MF/ms)




Dichiarazioni di intento: segnalazione di falsi esportatori abituali

In questi giorni si assiste alla trasmissione tramite PEC di comunicazioni ai fornitori di esportatori abituali che hanno manifestato indici di anomalia, secondo i criteri fissati dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 293390/2021.

Si tratta di lettere, emesse dall’Ufficio analisi e strategie antifrode dell’Agenzia delle Entrate, che hanno a oggetto la “segnalazione falsi esportatori abituali 2023” e contengono in calce la tabella con i dati identificativi dei (presunti) falsi esportatori abituali intercettati dall’Amministrazione finanziaria.

Nelle comunicazioni si attesta che le lettere d’intento, trasmesse ai fornitori destinatari della informativa, sono da considerare “ideologicamente false” in quanto rilasciate da operatori che non risultano avere i requisiti per essere qualificati “esportatori abituali”.

La lettera contiene un invito al fornitore destinatario a interrompere o a evitare per l’anno in corso di emettere fatture senza applicazione dell’imposta.

Nel contempo, l’Agenzia delle Entrate si premura di ricordare al destinatario che la provata consapevolezza della falsità della lettera d’intento comporta il recupero dell’IVA e delle relative sanzioni sul fornitore “in quanto direttamente e consapevolmente partecipe alla realizzazione di un’operazione fraudolenta (cfr. Cass. nn. 23610/2011, 9940/2015, 4593/2015, 19896/2016, 1988/2019, 14979/2020, 3306/2022)”.

Inoltre, l’Agenzia delle Entrate segnala che è possibile avvalersi delle disposizioni dell’art. 26 del DPR 633/72 qualora il fornitore “ritenesse” di dover “ripristinare la corretta imponibilità di fatture già emesse”: è, dunque, rimessa alla valutazione discrezionale del soggetto passivo la decisione di rettificare le operazioni già fatturate.

La regolarizzazione dovrebbe essere fatta con una nota di debito di sola imposta o, alternativamente, tramite nota di credito (anche riepilogativa) per stornare delle fatture già emesse ed emettere fatture sostitutive per operazioni imponibili.

Ci si può chiedere quale sia quindi il corretto comportamento da tenere per le operazioni concluse prima del ricevimento della comunicazione.

In assenza di colpa, non dovrebbe essere sanzionabile il comportamento tenuto dal fornitore, non verificandosi l’ipotesi di fatturazione in regime di non imponibilità in assenza della dichiarazione d’intento o in mancanza del riscontro della trasmissione telematica della stessa, per cui sono previste sanzioni dal 100% al 200% dell’imposta (art. 7 comma 3 e 4-bis del DLgs. 471/97).

Anche sotto il profilo dell’imposta sembra difficile ipotizzare una responsabilità del fornitore sul presupposto che dell’omesso pagamento del tributo risponde esclusivamente il cessionario o committente, qualora la dichiarazione d’intento sia stata rilasciata in mancanza dei presupposti richiesti dalla legge (art. 7 comma 3, secondo periodo, del DLgs. 471/97).

Anche nella prospettiva delle pronunce della Cassazione sopra citate, sussiste la corresponsabilità del fornitore, per l’imposta non applicata e le relative sanzioni, solo in presenza di un comportamento colpevole, ovvero quando emerge che il fornitore avrebbe potuto e dovuto riscontrare la falsità della dichiarazione, adottando gli ordinari canoni di diligenza.

Ma salvo prova contraria, il fornitore si dovrebbe ritenere non colpevole, non avendo gli strumenti per verificare la sussistenza dei requisiti per la qualifica dell’esportatore abituale della controparte. Inoltre, pare davvero difficile ipotizzare una omessa o carente diligenza, se il fornitore ha tempestivamente riscontrato la trasmissione telematica delle lettere d’intento e correttamente indicato il relativo protocollo nelle fatture emesse.

Resta il fatto che la sistemazione a cui è invitato il fornitore può esporre lo stesso al concreto rischio di non riuscire ad esercitare la rivalsa nei confronti del cliente, il quale, se realmente in frode, difficilmente provvederà a corrispondere l’IVA tardivamente addebitata.

Qualche perplessità, infine, sorge intorno alla perentorietà della comunicazione che qualifica con certezza i soggetti intercettati come falsi esportatori, non prevedendo l’ipotesi che l’anomalia riscontrata derivi da errori e non da comportamenti fraudolenti.

Infatti, la segnalazione potrebbe essere generata anche da un banale errore commesso nella compilazione della dichiarazione IVA, posto che le anomalie sono riscontrate, in prima battuta, sulla base dei controlli automatici di informazioni attinte nelle banche dati.

Tutto ciò può arrecare un evidente e immediato pregiudizio all’esportatore abituale, che viene qualificato come soggetto “frodatore”, anche nei casi in cui abbia semplicemente commesso un errore.
 

(MF/ms)




Regime forfettario: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate, in data 5 dicembre 2023, ha pubblicato la circolare n. 32/E, documento di prassi con il quale ha fornito chiarimenti in merito alle modifiche apportate al regime forfetario dalla Legge n. 197/2022 – Legge di bilancio 2023 – che ha innalzato la soglia di ricavi/compensi da rispettare ai fini dell’accesso e della permanenza nel regime in parola, prevedendo anche una specifica ipotesi di fuoriuscita dal regime in corso d’anno.

Nella circolare è riportata anche una serie di quesiti sulle novità.

 

I chiarimenti contenuti nella circolare 5 dicembre 2023, n. 32/E circolare 5 dicembre 2023, n. 32/E
 
Obbligo di fatturazione elettronica Solo per i contribuenti che, nell’anno 2021, hanno conseguito ricavi o compensi, ragguagliati ad anno, superiori a 25.000, è entrato in vigore dal 1° luglio 2022 l’obbligo di fatturazione elettronica. Per tutti gli altri soggetti forfetari l’obbligo decorrerà dal 1° gennaio 2024, indipendentemente dai ricavi/compensi conseguiti nel 2022.
 
Per i soggetti in obbligo solo dal 2024, l’eventuale superamento della soglia di 100.000 euro nel 2023 comporta, come conseguenza dall’uscita dal regime, l’immediato sorgere dell’obbligo di fatturazione elettronica con l’indicazione dell’IVA. Con effetti a partire dall’operazione che fa superare la citata soglia.
 
Obbligo di fatturazione elettronica e superamento della soglia di 100.000 euro Immediata cessazione del regime forfetario a partire dal momento stesso del superamento e, conseguentemente, possibilità di rettificare – nella dichiarazione IVA relativa all’anno del superamento – l’imposta non detratta in costanza di regime forfetario.
Rettifica dell’IVA (periodo di monitoraggio) -superamento del limite di 85.000 euro
 
L’eventuale rettifica dell’imposta non detratta, per le quote residue, è esposta nella dichiarazione IVA relativa all’anno successivo a quello di superamento del limite x+1 – da presentare nell’anno x+2.
Rettifica dell’IVA -superamento del limite di 100.000 euro
 
La rettifica dell’imposta non detratta è esposta nella dichiarazione relativa allo stesso anno di superamento (anno X), da presentare nell’anno x+1.
Rettifica dell’IVA – In entrambi i casi L’IVA relativa a beni e servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati è “rettificata in un’unica soluzione, senza attendere il materiale impiego degli stessi, fatta eccezione per i beni ammortizzabili, compresi i beni immateriali, la cui rettifica va eseguita soltanto se non siano ancora trascorsi quattro anni da quello della loro entrata in funzione, ovvero dieci anni dalla data di acquisto o di ultimazione se trattasi di fabbricati o loro porzioni. Come già evidenziato con le circolari n. 73/E del 2007 e 17/E del 2012 (per coloro che applicavano il regime dei minimi o di vantaggio), ai fini della rettifica occorre predisporre un’apposita documentazione nella quale indicare, per categorie omogenee, la quantità e i valori dei beni facenti parte del patrimonio aziendale (secondo le modalità illustrate nella circolare n. 328/E del 24 dicembre 1997)”.
Per semplificare il calcolo delle rettifiche da indicare nel quadro VF della dichiarazione IVA, le istruzioni alla compilazione del modello riportano in appendice l’apposito prospetto.


 

Superamento del limite di 100.000 euro – verifica momento di uscita dal regime
 
Per la fuoriuscita dal regime forfetario si fa riferimento al momento dell’incasso come criterio unico che rileva, quindi, ai fini sia dell’IVA sia dell’IRPEF, incluse le relative ritenute d’acconto.
Superamento del limite di 100.000 euro – rettifica IVA e rivalsa
 
La fattura che comporta il superamento del limite di 100.000 euro in corso d’anno, se emessa contestualmente all’incasso, deve esporre l’IVA a debito. Laddove, invece, l’incasso avvenga in un momento successivo all’emissione della fattura, in linea generale, gli obblighi ai fini IVA sono assolti a partire dal momento in cui è stato incassato il corrispettivo dell’anzidetta operazione e dovrà essere, altresì, integrata la fattura alla quale l’incasso si riferisce, ancorché emessa antecedentemente all’incasso medesimo. Nota di variazione in aumento (tramite SDI) a integrazione della fattura originaria, addebitando a titolo di rivalsa l’IVA dovuta.
Adempimenti IVA –  operazioni dal superamento della soglia A partire dall’incasso (successivo all’emissione della fattura) che comporta lo sforamento del limite di 100.000 euro, in particolare, rientrano nel regime ordinario e devono essere fatturate con IVA:

  • l’operazione che ha generato l’incasso; il contribuente deve assoggettare a imposta il corrispettivo, integrando con l’IVA il documento originariamente emesso in costanza di regime forfetario, ai sensi dell’art. 21, comma 1, decreto IVA;
  • tutte le altre cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate,ma non ancora fatturate al momento del suddetto incasso;
  • tutte le altre cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate successivamente al medesimo incasso e non ancora fatturate.

La dichiarazione IVA relativa all’anno nel quale è stata superata l’anzidetta soglia, pertanto, evidenzierà, oltre all’operazione il cui incasso ha comportato la fuoriuscita dal regime forfetario, tutte le operazioni (attive e passive) fatturate (pur essendo state effettuate in costanza di regime forfetario) successivamente all’incasso citato e tutte le operazioni (attive e passive) effettuate (e fatturate) successivamente all’incasso che ha comportato la fuoriuscita dal regime agevolato.
 

Adempimenti IVA –  operazioni prima del superamento della soglia
 
Le operazioni fatturate anteriormente all’incasso che ha comportato il superamento dei 100.000 euro non devono, quindi, essere evidenziate nella dichiarazione annuale (relativa alla frazione di anno in cui il contribuente transita nel regime ordinario), neppure nell’ipotesi in cui il corrispettivo di tali operazioni sia incassato successivamente a quello che ha comportato il superamento del limite di 100.000 euro.
Superamento limite di 100.000 euro ed effetti sulle imposte dirette La verifica va sempre fatta sull’incassato. Al superamento della soglia di 100.000 euro il reddito sarà determinato con le modalità ordinarie per l’intera annualità in cui si è superata la soglia citata e sarà assoggettato a Irpef e relative addizionali. Il costo dei beni che concorre alla determinazione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo deve essere assunto al netto dell’IVA inizialmente non detratta (in costanza di regime forfetario) e ora rettificabile, per effetto del superamento del limite di 100.000 euro in corso d’anno, nella dichiarazione IVA relativa all’anno del superamento, in applicazione dell’art. 19-bis2, comma 3, del decreto IVA.  L’eventuale mancata rettifica dell’IVA non può avere riflessi ai fini della determinazione del reddito, atteso che in tale ipotesi l’indetraibilità dell’IVA non deriverebbe da cause oggettive che precludono l’esercizio del relativo diritto, bensì da una valutazione discrezionale del contribuente.
 
Ritenuta alla fonte-operazioni attive I compensi percepiti dal professionista ex forfetario, una volta divenuto ordinario, sono assoggettati alla ritenuta d’acconto di cui all’art. 25 del D.P.R. n. 600/1973 da parte del sostituto d’imposta e, sui compensi erogati per prestazioni professionali ricevute, il medesimo professionista è tenuto a sua volta a operare le ritenute di cui al predetto articolo 25. Qualora l’operazione sia stata fatturata anticipatamente (rispetto all’incasso) – in costanza di regime forfetario – l’incasso che comporta il superamento della soglia di 100.000 euro deve essere assoggettato a ritenuta. Su tutti i compensi percepiti successivamente all’incasso che comporta il superamento della soglia di 100.000 euro devono essere operate le ritenute, indipendentemente dalla data di fatturazione delle stesse.
 
Operazioni passive
 
Il professionista assume il ruolo di sostituto d’imposta solo a decorrere dal primo pagamento da effettuarsi successivamente al superamento del predetto limite (anche laddove l’eventuale fattura già ricevuta non indichi l’importo della ritenuta).
Fatturazione operazioni oltre soglia
 
Non è possibile “scindere” il corrispettivo oggetto di fatturazione, non assoggettando ad IVA l’operazione fino all’importo che concorre al raggiungimento della soglia di 100.000 euro. La fattura che determina il superamento è emessa con IVA.
Rientro nel regime forfetario
 
Il contribuente che, nel 2024, consegue ricavi o percepisce compensi entro la soglia di cui al comma 54 della L. n. 190/2014 può, sussistendone gli ulteriori presupposti, rientrare nel regime forfetario a partire dal 2025, ancorché nel 2023 abbia superato il limite di 100.000 euro.
Verifica soglia di 100.000 euro ed eventuale ragguaglio
 
Il superamento dei 100.000 euro di ricavi o compensi percepiti rappresenta una fattispecie “speciale” di cessazione del regime forfetario, da intendersi in termini assoluti, considerando, a tal fine, i ricavi o i compensi concretamente percepiti. Il limite non deve essere ragguagliato ad anno, la norma nulla prevede espressamente a riguardo.
Acquisti in reverse-charge in costanza di regime forfetario
 
Nella “Comunicazione liquidazioni periodiche” IVA, da presentare in relazione al periodo (mese/trimestre) nel corso del quale si fuoriesce dal regime forfetario, non deve essere compresa l’IVA a debito derivante dalle operazioni in reverse-charge effettuate in costanza di regime forfetario.

(MF/ms)
 
 




Omaggi natalizi e fringe benefit

Molto spesso, durante il periodo di festività, le imprese riconoscono ai propri dipendenti una serie di omaggi che possono svariare da prodotti culinari fino ad arrivare ai buoni acquisto.

Tali costi sono deducibili per l’impresa, nel rispetto delle condizioni di cui all’art. 95 del D.P.R. n. 917/86, TUIR.

Lato lavoratore, anche se si tratta di beni di modico valore, trova sempre applicazione il principio di omnicomprensività (art. 51, comma 1, del D.P.R. n. 917/86, TUIR), in applicazione del quale costituiscono reddito tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce, anche da terzi, nel periodo d’imposta, a qualunque titolo ed anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

Dunque, anche gli omaggi erogati sotto il periodo natalizio, quale panettone, spumante, ecc. concorrono al reddito del lavoratore dipendente. 

Tuttavia, il legislatore ha previsto un limite entro il quale, il totale dei benefits erogati in favore del lavoratore dipendente non è soggetto a imposizione fiscale (e contributiva).

Nello specifico, l’art. 51, comma 3, terzo periodo, del TUIR prevede che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati al lavoratore se il valore complessivo degli stessi non supera nel periodo d’imposta l’importo di euro 258,23

Per il solo 2023, l’art. 40 del D.L. n. 48/2023 ha innalzato tale soglia a 3.000 euro, per i lavoratori dipendenti con figli a carico.

Per tali soggetti, rientrano nel concetto di fringe benefit anche le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas.

Inoltre per le generalità dei dipendenti anche per il 2023 opera il c.d. bonus carburante, esente solo da imposizione fiscale fino a 200 euro (limite indipendente da quello generale – vedi art. 1 D.L. n. 5/2023).

L’impresa può gestire un eventuale superamento del limite di 200 euro agendo sulla soglia di esenzione generale se ancora capiente.  

Il limite di 258,23 (o 3.000) euro non deve essere verificato in riferimento al singolo benefit ma considerando tutti i benefits (ad eccezione di quelli esclusi per legge) erogati in favore del dipendente.

Cosicché, anche nel riconoscimento dei piccoli omaggi, l’azienda deve verificare quale sia il limite raggiunto dal lavoratore nel 2023.

Per evitare che anche un omaggio di piccolo valore possa fargli varcare la soglia citata con conseguente imposizione di tutti i benefits percepiti.

A tal proposito, il momento di percezione è quello in cui il provento (o anche l’erogazione in natura sotto forma di beni e servizi) esce dalla sfera di disponibilità dell’erogante per entrare nel compendio patrimoniale del percettore (vedi circolare AE n. 35/2022).

Per i voucher il benefit si considera percepito dal dipendente, ed assume quindi rilevanza reddituale, nel momento in cui tale utilità entra nella disponibilità del lavoratore, a prescindere dal fatto che il servizio venga fruito in un momento successivo.

Tenendo conto anche del c.d. principio di cassa allargata.  

 

VERIFICA LIMITI ESENZIONE FRINGE BENEFIT 2023
 
 Senza figli a carico
 
 Con figli a carico 
258,23
 
3.000 euro 
Imposizione per il totale, se oltre soglia
 
Ipotesi 
 
Con figli a carico  Senza figli a carico 
Fringe benefit riconosciuti in corso d’anno per un importo pari o inferiore a 258,23 euro Esenzione fiscale e contributiva totale
 
Fringe benefit riconosciuti in corso d’anno per un importo superiore a 258,23 euro e fino a 3.000 euro
 
Esenzione fiscale e contributiva totale Imponibilità fiscale e contributiva per il totale dei fringe benefit
Fringe benefit riconosciuti in corso d’anno per un importo superiore a 3.000 euro
 
Imponibilità fiscale e contributiva per il totale dei fringe benefit
       
 

(MF/ms)




Lettere di intento per il 2024

I soggetti in possesso della qualifica di esportatori abituali, al fine di effettuare acquisti o importazioni senza l’applicazione dell’IVA, sono tenuti a redigere la dichiarazione d’intento, conformemente al modello approvato dall’Agenzia delle Entrate (provv. n. 96911/2020).

La lettera d’intento è, quindi, trasmessa per via telematica all’Agenzia delle Entrate, la quale rilascia apposita ricevuta telematica con l’indicazione del protocollo di ricezione.

In vista della fine dell’anno, i soggetti passivi che hanno acquisito (o presumono di acquisire) il predetto status di “esportatore abituale” devono predisporre le lettere d’intento, se intendono effettuare acquisti e importazioni “detassati” nel 2024.

Stando all’attuale disciplina, la compilazione della dichiarazione d’intento può infatti:

  • essere relativa a una singola operazione;
  • oppure riguardare una o più operazioni sino a un dato importo del plafond disponibile.
La seconda modalità è quella più adottata dagli operatori perché consente, come detto, di indicare l’importo fino a concorrenza del quale si intende acquistare senza applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 8 comma 1 lett. c) del DPR 633/72 ed è possibile esporre un valore presunto pari alla quota parte del plafond che si stima venga utilizzato nel corso dell’anno verso uno specifico fornitore (cfr. risposta a interrogazione parlamentare n. 5-10391/2017).

Peraltro, la prassi ha confermato che si può utilizzare una sola dichiarazione d’intento anche per più operazioni d’importazione, fino a concorrenza di un determinato ammontare da utilizzarsi nell’anno di riferimento (cfr. nota Agenzia delle Dogane n. 69283/2019).

La preparazione della dichiarazione d’intento, relativa a più forniture effettuate dallo stesso soggetto o a più operazioni in Dogana, richiede dunque, evidentemente, un attento monitoraggio del plafond maturato nel corso dell’anno (es. 2023) da parte dell’esportatore abituale.

Si rammenta che il plafond si considera utilizzato al momento di effettuazione dell’operazione secondo l’art. 6 del DPR 633/72 (circ. Agenzia delle Dogane n. 8/2003).

Fermo quanto descritto, è da segnalare che l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto la possibilità di emettere dichiarazioni d’intento nei confronti di più fornitori per un importo complessivo superiore al plafond disponibile.

Infatti, l’Amministrazione finanziaria accetta le lettere d’intento anche se l’ammontare complessivo supera il plafond disponibile poiché lo stesso si esaurisce in relazione agli acquisti effettivi e non sulla base di quanto dichiarato (cfr. risposta Agenzia delle Entrate n. 27195/2017).

Qualora si intendesse indicare nella dichiarazione d’intento un plafond maggiore di quello effettivamente maturato, l’esportatore abituale dovrà prestare particolare attenzione – nel corso dell’anno – alle forniture ricevute con applicazione del regime di non imponibilità ex art. 8 comma 1 lett. c) del DPR 633/72, al fine di non incorrere nel c.d. “splafonamento”.

Dovrebbe, comunque, essere possibile rettificare in diminuzione, senza particolari formalità, l’importo del plafond indicato nella lettera d’intento, trattandosi di una facoltà dell’esportatore abituale quella di acquistare in regime di non imponibilità IVA.

Le medesime argomentazioni dovrebbero quindi valere anche per l’eventuale revoca di una dichiarazione d’intento già presentata (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 41/2005, § 5.3; circ. Assonime nn. 5/2017 e 20/2018).

È necessario, tuttavia, dare pronta notizia al fornitore dell’intenzione di ridurre l’ammontare della dichiarazione d’intento o di revocarla, possibilmente avvalendosi di mezzi che consentano all’esportatore abituale di provare l’esistenza e la data in cui è avvenuta la comunicazione (es. PEC o email), al fine di prevenire contestazioni.

Un’ulteriore facoltà, riconosciuta dalla prassi amministrativa, è quella di non avvalersi del plafond per determinate operazioni, senza però revocare del tutto la lettera d’intento presentata.

Fermo restando che è preferibile manifestare la propria volontà di non “spendere” il plafond mediante mezzi di prova certi, come quelli di cui sopra (es. PEC o email), è stata riconosciuta validità anche al comportamento concludente del cessionario o committente (cfr. interpello Agenzia delle Entrate n. 954-6/2018).

Possibile incrementare l’utilizzo del plafond

Opposto è il caso, invece, in cui l’esportatore abituale intenda acquistare beni e servizi senza applicazione dell’IVA per un importo superiore a quello indicato nella dichiarazione d’intento.

È concessa tale possibilità, producendo una nuova dichiarazione ove indicare l’ulteriore ammontare sino al quale si intende acquistare, da uno specifico fornitore, senza corresponsione dell’imposta (cfr. interpello Agenzia delle Entrate n. 954-6/2018 e ris. n. 120/2016).

(MF/ms)




Bonus investimenti beni immateriali 4.0: riduzione beneficio dal 2024

Per gli investimenti in beni immateriali “4.0”, nel 2024 la misura del credito d’imposta ex L. 178/2020 scende dall’attuale 20% al 15%.

Entro fine anno occorre quindi effettuare le necessarie valutazioni di convenienza.

In relazione ai beni immateriali “4.0”, ai sensi dell’art. 1 comma 1058 della L. 178/2020, come modificato dall’art. 1 comma 44 lett. c) della L. 234/2021, “Alle imprese che effettuano investimenti aventi ad oggetto beni compresi nell’allegato B annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2023, ovvero entro il 30 giugno 2024, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2023 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 20 per cento del costo, nel limite massimo annuale di costi ammissibili pari a 1 milione di euro”.

L’art. 21 comma 1 del DL 50/2022 convertito ha inoltre stabilito che “per gli investimenti aventi ad oggetto beni compresi nell’allegato B annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2022, ovvero entro il 30 giugno 2023, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, la misura del credito d’imposta […] è elevata al 50 per cento”.

Per effetto del combinato disposto delle citate disposizioni, il credito d’imposta in esame era quindi pari al 50% soltanto con riferimento agli investimenti effettuati nel 2022 (o nel termine “lungo” del 30 giugno 2023), restando ferma l’aliquota del 20% per gli investimenti effettuati nel restante periodo sopra citato.

L’agevolazione al 20%, oltre che per gli investimenti 2023, è riconosciuta anche nel caso in cui gli investimenti in beni immateriali “4.0” siano effettuati nel termine “lungo” del 30 giugno 2024, qualora entro il 31 dicembre 2023 sia effettuata la c.d. “prenotazione”, con accettazione dell’ordine da parte del venditore e versamento dell’acconto minimo del 20%.

Tale indicazione appare particolarmente rilevante, considerando che per gli investimenti in beni immateriali “4.0” effettuati (senza “prenotazione”) dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, il credito d’imposta è invece riconosciuto nella misura del 15% del costo, sempre nel limite massimo di costi ammissibili pari a un milione di euro (comma 1058-bis dell’art. 1 della L. 178/2020).

La medesima misura del 15% è inoltre prevista qualora i suddetti investimenti siano effettuati entro il termine “lungo” del 30 giugno 2025 a condizione che entro il 31 dicembre 2024 sia stata effettuata la c.d. “prenotazione”.

Nel 2025 la misura di tale agevolazione scenderà poi ulteriormente, essendo fissata in misura pari al 10%.

La tabella in calce all’articolo riepiloga la variazione della misura dell’agevolazione per i beni immateriali “4.0”.

Resta ferma la misura per i beni materiali 4.0

Nessuna modifica, invece, per gli investimenti in beni materiali “4.0”. In tal caso la misura dell’agevolazione resta infatti la medesima rispetto a quella già operativa per il 2023.

L’art. 1 comma 1057-bis della L. 178/2020 dispone infatti che, alle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi indicati nell’allegato A alla L. 232/2016, a decorrere dal 1° gennaio 2023 e fino al 31 dicembre 2025 (ovvero entro il 30 giugno 2026, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2025 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione), il credito d’imposta sia riconosciuto nella misura del:

  • 20%, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro;
  • 10%, per la quota di investimenti superiori a 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro;
  • 5%, per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro;
  • 5% per “investimenti inclusi nel PNRR diretti alla realizzazione di obiettivi di transizione ecologica”, che dovrebbero essere individuati con DM, tra 10 e 50 milioni di euro (art. 10 del DL 4/2022).
In merito alle agevolazioni per le imprese che effettuano investimenti “5.0”, il Viceministro Leo, nella conferenza stampa dello scorso 16 ottobre, ha affermato che il Ministro Urso starebbe lavorando a un provvedimento, del quale tuttavia al momento non si hanno notizie.

Da ultimo, si ricorda che, allo stato attuale, non è comunque prevista alcuna agevolazione per i beni strumentali “ordinari”.

(MF/ms)
 

Variazione della misura dell’agevolazione per i beni immateriali “4.0”
 
Investimenti 1° gennaio 2023-31 dicembre 2023
(o termine “lungo” 30 giugno 2024)
 
1° gennaio 2024-31 dicembre 2024 (o termine “lungo” 30 giugno 2025) 1° gennaio 2025-31 dicembre 2025 (o termine “lungo” 30 giugno 2026)
Beni immateriali “4.0” (Allegato B alla L. 232/2016)
 
Credito d’imposta 20%.
Costi ammissibili max un milione di euro annuale.
 
Credito d’imposta 15%.
Costi ammissibili max un milione di euro.
Credito d’imposta 10%.
Costi ammissibili max un milione di euro.



In scadenza il pagamento della seconda rata dell’IMU 2023

Il 18 dicembre 2023 (il 16 dicembre 2023 è sabato) scade il termine per il versamento della seconda rata IMU per l’anno d’imposta 2023.
 
Il presupposto dell’IMU è il possesso di immobili.

Il possesso dell’abitazione principale o assimilata non costituisce però presupposto dell’imposta, salvo che si tratti di un’unità abitativa classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9.

Il 16 giugno 2023 è scaduto il termine per il versamento della prima rata di acconto per l’anno d’imposta 2023.

Gli enti non commerciali effettuano il versamento dell’imposta dovuta in tre rate di cui le prime due, di importo pari ciascuna al 50% dell’imposta complessivamente corrisposta per l’anno precedente, devono essere versate nei termini del 16 giugno 2023 e del 18 dicembre 2023, e l’ultima, a conguaglio dell’imposta complessivamente dovuta, dovrà essere versata entro il 16 giugno 2024.

I comuni, per situazioni particolari e con proprio regolamento, possono stabilire differimenti di termini per i versamenti.
 
Il versamento dell’IMU può avvenire alternativamente, mediante:

  • il modello F24;
  • apposito bollettino di c/c postale;
  • la piattaforma PagoPA, di cui all’art. 5 del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82), e con le altre modalità previste dallo stesso Codice.
 
Le modalità di calcolo del II acconto IMU sono le medesime previste per il calcolo del I acconto.
 
La dichiarazione IMU

Entro il 30 giugno 2024, dovrà essere presentata, qualora ne ricorrano le condizioni per le circostanze relative all’anno 2023, la dichiarazione IMU 2024.

La dichiarazione:

  • va presentata solo con riferimento all’anno in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta;
  • ha effetto anche per gli anni successivi, sempre che non si verifichino modifiche dei dati e degli elementi dichiarati da cui consegua un diverso ammontare dell’imposta dovuta.
Non occorre trasmettere la dichiarazione quando è relativa a eventi rilevabili dalle banche dati dell’Agenzia delle Entrate o dell’Anagrafe comunale; generalmente quindi, non deve essere presentata alcuna dichiarazione in caso di acquisto o vendita di bene immobile effettuata tramite rogito notarile o per successione regolarmente dichiarata.
 
Alcune novità 2023

La Legge di Bilancio 2023 ha previsto l’esenzione dal pagamento dell’IMU per i proprietari di immobili occupati abusivamente che abbiano presentato a tal fine regolare denuncia.

Tra gli immobili esenti da IMU rientrano quindi, dal 2023, anche gli immobili non utilizzabili né disponibili per i quali:

  • sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di:
    • violazione di domicilio e
    • invasione di terreni o edifici oppure
  • per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale.
Per beneficiare di questa esenzione il contribuente deve comunicare al Comune, secondo modalità telematiche, il possesso dei requisiti che danno diritto all’esenzione.
 
La riduzione dell’imposta per i pensionati residenti all’estero con pensione maturata in convenzione internazionale con l’Italia torna ad essere pari al 50% dopo che, solo per il 2022, era stata portata al 62,5% (imposta ridotta al 37,5% – art. 1, comma 743, Legge n. 234/2021).
 
Ogni anno vanno comunque verificate condizioni specifiche e/o territoriali.
 
Il ravvedimento operoso

Chi non riuscisse a versare l’IMU entro le scadenze previste, potrà effettuarlo in ritardo, avvalendosi del ravvedimento operoso, con l’applicazione di una sanzione ridotta e degli interessi moratori.
 
 
In sintesi:

  1. regolarizzazione entro 14 giorni dal termine fissato per il versamento: sanzioni ridotte allo 0,1% (pari ad 1/10 del 1%) per ogni giorno di ritardo e interessi legali calcolati a giorni di ritardo;
  2. regolarizzazione dal 15° giorno dal termine fissato per il versamento ed entro 30 giorni dal medesimo termine: sanzioni ridotte al 1,5% (pari ad 1/10 del 15%) e interessi legali calcolati a giorni di ritardo;
  3. regolarizzazione oltre il 30° giorno dal termine fissato per il versamento ed entro 90 giorni dal medesimo termine: sanzioni ridotte al 1,67% (pari ad 1/9 del 15%) e interessi legali calcolati a giorni di ritardo;
  4. regolarizzazione oltre il 90° giorno dal termine fissato per il versamento ed entro 1 anno dal medesimo termine: sanzioni ridotte al 3,75% (pari ad 1/8 del 30%) e interessi legali calcolati a giorni di ritardo;
  5. regolarizzazione oltre 1 anno dal termine fissato per il versamento ed entro 2 anni dal medesimo termine: sanzioni ridotte al 4,29% (pari ad 1/7 del 30%) e interessi legali calcolati a giorni di ritardo;
  6. regolarizzazione oltre 2 anni dal termine fissato per il versamento: sanzioni ridotte al 5% (pari ad 1/6 del 30%) e interessi legali calcolati a giorni di ritardo.
 

(MF/ms)




Disciplina degli omaggi natalizi

In occasione dell’avvicinarsi delle festività natalizie, è frequente la concessione di omaggi da parte delle imprese.

Fermo restando che la disciplina degli omaggi non è stata oggetto di particolari modifiche rispetto allo scorso anno, si riepilogano i tratti salienti della stessa ai fini delle imposte sui redditi.

Con riferimento alle imprese, gli oneri sostenuti per omaggi distribuiti ai clienti sono deducibili interamente, ai sensi dell’art. 108 comma 2 del TUIR, se il valore unitario dei beni in omaggio destinati ad uno stesso soggetto non supera 50 euro.

Diversamente, gli oneri sostenuti per omaggi sono considerati spese di rappresentanza e, in quanto tali, sono deducibili nell’esercizio di sostenimento nel rispetto dei limiti di inerenza e congruità previsti (1,5% dei ricavi e proventi della gestione caratteristica, fino a 10 milioni di euro; 0,6% dei suddetti ricavi, per la parte compresa tra 10 e 50 milioni di euro; 0,4% dei suddetti ricavi, per la parte eccedente 50 milioni).

Al fine di determinare il “valore unitario” dell’omaggio consegnato, occorre fare riferimento al regalo nel suo complesso e non ai singoli beni che lo compongono.

Ad esempio, un cesto natalizio composto di tre diversi beni che hanno un valore di 20 euro ciascuno, dovrà essere considerato come un unico omaggio dal valore complessivo di 60 euro e, come tale, sarà soggetto, ai fini della deducibilità, ai suddetti limiti previsti per le spese di rappresentanza “generali” (circ. Agenzia delle Entrate n. 34/2009, § 5.4).

Nel caso in cui l’omaggio sia rappresentato da beni “autoprodotti”, rileva il valore di mercato dell’omaggio, determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR.

Tale valore, tuttavia, rileva unicamente al fine di individuare le spese di rappresentanza da sottoporre al regime di deducibilità limitata; una volta qualificata la spesa come di rappresentanza (se, quindi, il valore di mercato risulta superiore a 50 euro), ai fini del calcolo del limite di deducibilità concorre invece, per intero, il costo di produzione effettivamente sostenuto dall’impresa, indipendentemente dal fatto che lo stesso sia inferiore o meno a 50 euro (ris. Agenzia delle Entrate n. 27/2014).

Qualora il valore normale dell’omaggio autoprodotto sia inferiore o uguale a 50 euro, il costo effettivamente sostenuto per la produzione beneficia invece della deduzione integrale.

Ad esempio, nel caso in cui l’omaggio autoprodotto abbia un valore di mercato pari a 80 euro e un costo di produzione di 40 euro, l’omaggio costituisce una spesa di rappresentanza da sottoporre alla verifica del limite di deducibilità (valore di mercato pari a 80 euro, superiore quindi al limite di 50 euro), ma ai fini del calcolo del plafond di deducibilità rileva l’importo di 40 euro (costo di produzione effettivo).

Nel caso in cui, invece, l’omaggio autoprodotto abbia un valore di mercato pari a 40 euro e un costo di produzione pari a 30 euro, l’omaggio è interamente deducibile per 30 euro.

Si evidenzia, inoltre, che, poiché la norma fa espresso riferimento ai “beni distribuiti gratuitamente” di modico valore, la stessa non è riferibile alle spese relative a servizi (circ. n. 34/2009, § 5.4). Di conseguenza, le prestazioni gratuite di servizi sono deducibili dal reddito d’impresa soltanto ove rispettino i requisiti previsti per le spese di rappresentanza “generali”.

In relazione agli omaggi ai dipendenti e ai soggetti assimilati, se per l’impresa i relativi costi sostenuti sono deducibili dal reddito imponibile secondo le norme relative ai costi per le prestazioni di lavoro di cui all’art. 95 comma 1 del TUIR, in capo ai dipendenti i beni ricevuti sono generalmente oggetto di tassazione ai sensi dell’art. 51 comma 1 del TUIR.

Tuttavia, risultano non imponibili gli omaggi ricevuti che nel periodo d’imposta non superino, assieme all’ammontare degli altri fringe benefit, l’importo di 258,23 euro ai sensi dell’art. 51 comma 3 del TUIR, elevato per il 2023 a 3.000 euro per i soli dipendenti con figli fiscalmente a carico (art. 40 del DL 48/2023).

Sono considerati fringe benefit anche i buoni acquisto concessi dall’impresa ai dipendenti (art. 51 comma 3-bis del TUIR).

Deducibili anche le spese per le cene natalizie

Quanto alle spese sostenute per le cene natalizie con i dipendenti, malgrado non siano di rappresentanza, l’art. 100 comma 1 del TUIR stabilisce che le spese relative a servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di ricreazione o culto sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi.

Tale principio opera anche nell’ipotesi in cui detti servizi siano messi a disposizione dei dipendenti con il ricorso a strutture esterne all’azienda (ris. n. 34/2004), come, ad esempio, nel caso di un ristorante. Occorre, però, considerare anche l’art. 109 comma 5 del TUIR, in base al quale le spese per la somministrazione di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75%.

(MF/ms)




Srl: obbligo nomina Organo di controllo

Molti uffici del Registro delle imprese, prima di comunicare la carenza al tribunale, stanno inviando una lettera di sollecito alle srl che, pur avendo l’obbligo giuridico di nominare l’organo di controllo o il revisore, non vi hanno provveduto nell’assemblea di approvazione del bilancio 2022.

Solo a seguito della mancata nomina da parte delle assemblee societarie anche successivamente al sollecito, i Conservatori dei Registri delle imprese provvederanno alle segnalazione della carenza ai competenti tribunali ai sensi dell’art. 2477 comma 5 c.c.

In pratica molti Conservatori (soprattutto nel Triveneto) stanno provvedendo a dare una sorta di “ultimatum” alle srl che non hanno provveduto agli obblighi le quali, se non provvederanno a inviare al Registro delle imprese il verbale di assemblea che dimostri l’avvenuta nomina del sindaco unico o del revisore entro un determinato termine (in genere 30 giorni dopo l’avviso) segnaleranno l’omissione al competente tribunale.

A riguardo appare opportuno ricordare i termini della vicenda.

Ai sensi dell’art. 379 (più volte emendato) del Codice della crisi (DLgs. 14/2019), le società a responsabilità limitata e le società cooperative dovevano “provvedere a nominare gli organi di controllo o il revisore e, se necessario, ad uniformare l’atto costitutivo e lo statuto alle disposizioni di cui al predetto comma (comma 1 dell’art. 2477 c.c., ndr) entro la data di approvazione dei bilanci relativi all’esercizio 2022”.

In pratica le società che, nell’ambito dei bilanci relativi all’esercizio 2021 e 2022, hanno superato per entrambi gli esercizi oggetto di analisi uno dei tre parametri previsti dall’art. 2477 c.c., nel corso dell’assemblea delegata ad approvare il bilancio 2022 dovevano nominare un organo di controllo, attribuendo allo stesso anche la revisione legale dei conti, o un revisore.

I parametri sono noti: totale attivo dello Stato patrimoniale, 4 milioni di euro; ricavi delle vendite e delle prestazioni, 4 milioni di euro; dipendenti occupati in media durante l’esercizio, 20 unità.

Va evidenziato a riguardo che le segnalazioni al Registro delle imprese riguarderanno solo le società che avendo superato per due esercizi uno dei parametri (anche diversi nei due anni) non abbiano provveduto alla nomina, mentre nessuna segnalazione sarà effettuata nei casi in cui l’obbligo di nomina scaturisca dal fatto che la società sia tenuta alla redazione del consolidato o quando essa controlli una società obbligata alla revisione legale dei conti.

Nel caso in cui la segnalazione del Registro delle imprese pervenga al tribunale competente, sulla base della sede legale della società, esso provvederà alla nomina decidendo, in primo luogo, il tipo di controlli a cui sottoporre la società (se lo statuto non preveda espressamente la nomina di un sindaco o di un revisore), stabilendo di fatto se la società debba essere sottoposta sia ai controlli di cui all’art. 2403 c.c., sia alla revisione legale (nominando in questo caso un sindaco unico o un collegio sindacale) oppure esclusivamente a quest’ultima (nominando esclusivamente un revisore).

Inoltre, il tribunale deciderà il professionista da nominare e il relativo compenso, presumibilmente sulla base dei parametri giudiziali di cui al DM 140/2012 (parametri, peraltro, in via di modificazione).

Ci si chiede però come il tribunale sceglierà i soggetti da nominare. A riguardo quasi tutti i tribunali hanno chiesto agli Ordini territoriali dei dottori commercialisti ed esperti contabili l’elenco dei soggetti disponibili ad assumere incarichi di sindaco unico o revisore nelle srl, da cui saranno attinti i nominativi proposti.

Ovviamente, per poter svolgere l’attività di revisione, il dottore commercialista o l’esperto contabile dovrà essere iscritto anche al registro dei revisori. Nel caso di nomina di un sindaco unico (o di un collegio sindacale) con funzioni di revisione i professionisti, oltre che iscritti al registro dei revisori, dovranno invece risultare iscritti nella sezione A dell’albo dei dottori commercialisti.

Un’ultima considerazione pare opportuna. Il soggetto nominato, prima di accettare l’incarico, dovrà verificare, oltre alla congruità del compenso, anche la propria posizione di compatibilità rispetto alla nomina, analizzando la propria indipendenza nei confronti della società nel quale si appresta a svolgere la funzione di sindaco o di revisore. Nel caso di sindaco-revisore la compatibilità dovrà essere valutata in relazione all’art. 2399 c.c. e alle norme di comportamento del collegio sindacale, nonché se revisore rispetto agli artt. 10, 10-bis e 10-ter del DLgs. 39/2010 e al recente Codice etico del revisore emanato nel 2023. Solo al DLgs. 39/2010 e al Codice etico dovranno invece far riferimento i meri revisori.
 

(MF/ms)




Webinar fiscale 14 novembre 2023: materiale

Alleghiamo da scaricare il materiale utilizzato dal dott. Massimo Fumagalli durante il webinar fiscale tenutosi il 14 novembre 2023 e che ha trattato questi argomenti.

  • La comunicazione del titolare effettivo
  • Normativa whistleblowing

(MF/am)