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Beni assegnabili ai soci con benefici: scadenza al 30 settembre 2025

Il 30 settembre 2025 scade il termine per assegnare i beni ai soci usufruendo delle disposizioni agevolative di cui alla L. 207/2024; entro lo stesso termine le società interessate sono tenute a versare il 60% dell’imposta sostitutiva dovuta mentre il rimanente 40% deve essere versato entro il 30 novembre 2025.

In vista della prossima scadenza può essere utile riassumere quali beni possano essere oggetto di assegnazione e in quali circostanze.

Si ricorda che, in linea di principio, possono formare oggetto di assegnazione agevolata ai soci solo i beni “diversi da quelli indicati nell’art. 43 comma 2 primo periodo del TUIR”, diversi cioè da quelli utilizzati direttamente per l’esercizio dell’attività. In altre parole, i beni agevolati sono rappresentati:
– dai beni immobili (terreni e fabbricati), fatta eccezione per quelli strumentali per destinazione;
– dai beni mobili iscritti nei pubblici registri non usati quali beni strumentali nell’attività propria dell’impresa.

Oltre che in relazione alla natura dei beni, la spettanza dell’agevolazione può essere subordinata alla titolarità del bene da assegnare; in relazione a tali aspetti, alcune casistiche sono state affrontate dal Fisco e dallo Studio del Notariato n. 46-2023/T, § C.2.

Tale documento prende in esame il caso degli immobili strumentali per natura e degli immobili patrimonio concessi in locazione o comodato o comunque non utilizzati direttamente, i quali sono agevolabili in quanto riconducibili ad una attività di gestione immobiliare passiva che si manifesta con la mera percezione di canoni di locazione/affitto relativi ad uno o più immobili.

Viceversa, proseguono i notai, non sono agevolabili gli immobili riconducibili alla gestione immobiliare attiva, ovvero ad una attività consistente nell’esecuzione di una serie di servizi complementari e funzionali all’utilizzazione unitaria dei beni con finalità diverse dal mero godimento (villaggi turistici, centri commerciali, gallerie commerciali ecc.); in tal caso, infatti, i beni andrebbero considerati come direttamente utilizzati nell’esercizio dell’impresa.

Lo Studio affronta poi il caso degli immobili strumentali per natura e degli immobili patrimonio liberi da utilizzi, che siano stati però locati o concessi in comodato in passato e risultino in via prospettica ancora passibili di tali destinazioni. Anche tali beni, ad avviso dei notai, possono risultare agevolati in quanto essendo idonei, anche solo potenzialmente, a produrre un reddito autonomo non dovrebbero essere considerati strumentali per destinazione. In tal caso però i notai adottano un’impostazione rigorosa, ritenendo che, ai fini probatori, sarebbe preferibile acquisire documenti specifici e far risultare (ad esempio, mediante la prova delle utenze luce, acqua, gas ecc.) anche dall’atto tali circostanze e, nei casi più dubbi, far precedere l’assegnazione agevolata da un contratto di locazione e/o comodato a favore dei soci purché si tratti di un’operazione effettiva e non solo formale.

Nell’ipotesi in cui la società si trovi in liquidazione, poiché la stessa non esercita attività d’impresa (ris. Agenzia delle Entrate n. 93/2016), sarebbe esclusa la possibilità di ritenere che gli immobili sociali possano essere qualificati come “utilizzati direttamente”, essendo quindi possibile, invece, accedere al beneficio.

Per beneficiare dell’agevolazione, la società deve essere titolare del diritto di proprietà sul bene, il quale va assegnato nella sua interezza, anche a più soci, non essendo invece ammessa l’assegnazione agevolata di una quota parte del bene ad un solo socio.

Diversamente, in base a quanto chiarito dall’Amministrazione finanziaria (C.M. 21 maggio 1999 n. 112), non possono accedere all’agevolazione le società che detengano diritti reali parziali; è ad esempio il caso dell’usufrutto; tale posizione è stata “mitigata” dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 26/2016 (cap. I, Parte I, § 3), secondo cui, se la società è titolare di un diritto reale parziale (ad esempio, è titolare della nuda proprietà e ha concesso l’usufrutto al socio), è possibile attribuire la nuda proprietà al socio stesso, in capo al quale si ricongiunge la piena proprietà del bene.

Con lo Studio n. 46-2023, il Notariato conferma tale soluzione anche in relazione alla proprietà superficiaria; si tratta delle situazioni in cui l’area gravata dal diritto di superficie è di proprietà del socio assegnatario, per cui l’assegnazione determina la ricostituzione della piena proprietà.

Ad avviso del Notariato, le assegnazioni della proprietà superficiaria nel contesto dei piani di edilizia economica popolare dovrebbero invece essere sempre agevolabili. Con la successiva circ. n. 37/2016 (§ 2.1), l’Agenzia ha poi ammesso la spettanza delle agevolazioni anche nei casi in cui la società attribuisca ad un socio la nuda proprietà del bene e ad un altro socio l’usufrutto (è, invece, da escludere l’agevolazione per l’attribuzione della nuda proprietà o dell’usufrutto ad un soggetto estraneo alla compagine sociale).

Da ultimo, si segnala che l’Amministrazione finanziaria ha escluso anche la possibilità di assegnare ad un socio in via agevolata i diritti edificatori.
 

(MF/ms)




Ires premiale: definite le disposizioni attuative

Con il DM 8 agosto 2025, pubblicato sul sito del Dipartimento delle Finanze, sono state definite le disposizioni attuative della c.d. IRES premiale di cui all’art. 1 commi 436-444 della L. n. 207/2024, che si sostanzia in una riduzione dell’IRES al 20% per il solo 2025 per le imprese che effettuano investimenti rilevanti.

Le indicazioni più significative riguardano le condizioni per accedere all’agevolazione, che risolvono alcune delle criticità che erano emerse.

Si ricorda che la riduzione dell’aliquota IRES spetta al ricorrere di entrambe le seguenti condizioni:

  • una quota non inferiore all’80% dell’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 sia accantonata ad apposita riserva;
  • un ammontare non inferiore al 30% dei suddetti utili accantonati e, comunque, non inferiore al 24% dell’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023, sia destinato a investimenti relativi all’acquisto, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, indicati negli Allegati A e B alla L. n. 232/2016.
Con riferimento alla prima condizione, l’art. 4 del DM stabilisce che si considera accantonato ad apposita riserva tutto l’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 destinato a finalità diverse dalla distribuzione ai soci in sede di approvazione del bilancio, ivi compresa la copertura delle perdite di esercizio.

A tal fine, si considerano distribuiti ai soci anche gli eventuali acconti di cui all’art. 2433-bis c.c. relativi al medesimo esercizio.

Come rilevato nella Relazione illustrativa al DM, i soggetti che non hanno realizzato un utile nell’esercizio 2024 (soggetti “solari”) non potranno accedere all’agevolazione.

Il comma 2 del citato art. 4 introduce una presunzione in base alla quale l’utile relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 si considera accantonato “ad apposita riserva” se destinato a finalità diverse dalla distribuzione ai soci in sede di approvazione del bilancio. A tal fine, anche eventuali acconti sui dividendi si considerano non accantonati.

Pertanto, secondo la Relazione illustrativa, ai fini in esame costituisce utile accantonato l’utile dell’esercizio 2024 (soggetti “solari”) accantonato a qualsiasi riserva, destinato alla copertura delle perdite di esercizi precedenti e/o portato a nuovo.

Ne consegue che il vincolo fiscale è apposto alle riserve costituite o incrementate mediante destinazione dell’utile relativo al 2024 (al netto della quota parte di tale utile destinata a copertura di perdite di esercizi precedenti), a prescindere dalla “disponibilità” delle stesse e senza distinguere la quota parte di utile accantonata “spontaneamente” dalla quota parte di utile la cui destinazione a riserva deriva da una disposizione di legge o statutaria. Parimenti, è sottoposto al vincolo anche l’utile destinato ad aumento di capitale, nonché quello semplicemente portato a nuovo. Rileva quindi integralmente, ad esempio, la quota dell’utile dell’esercizio 2024 destinata a riserva legale.

In altri termini, ai fini dell’IRES premiale, la presenza di vincoli civilistici (indisponibilità o non distribuibilità) sulle riserve non osta all’apposizione del diverso vincolo avente natura esclusivamente fiscale.

In merito poi alla seconda condizione relativa alla destinazione degli utili a investimenti “qualificati”, l’art. 5 comma 5 del DM dispone che l’ammontare minimo degli investimenti rilevanti sia determinato in misura pari al maggiore fra i seguenti importi:

  • 30% dell’utile accantonato a riserva ai sensi dell’art. 4 del DM;
  • 24% dell’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023;
  • 20.000 euro.
La Relazione illustrativa al DM precisa che non è necessario che nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023 sia realizzato un utile. Il beneficio, quindi, potrà essere fruito da soggetti in perdita nel 2023, se rispettano le altre condizioni e destinano all’acquisizione di investimenti rilevanti il 30% dell’utile accantonato nell’esercizio successivo (che deve a sua volta essere pari ad almeno l’80% di quello realizzato in tale esercizio).

Gli investimenti devono riguardare l’acquisto, anche mediante leasing, di beni indicati negli Allegati A e B alla L. 232/2016 (beni materiali e immateriali 4.0) e nell’art. 38 commi 4 e 5 del DL 19/2024, quindi, in pratica, i beni che sono oggetto del bonus investimenti 4.0 e transizione 5.0.

Gli investimenti rilevanti devono essere realizzati, a norma dell’art. 109 del TUIR, dal 1° gennaio 2025 ed entro la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 (31 ottobre 2026, per i soggetti “solari”).

Viene altresì espressamente stabilito, all’art. 12 del DM, che la riduzione dell’aliquota IRES è cumulabile con la fruizione di altre agevolazioni che abbiano a oggetto i medesimi investimenti, quali ad esempio, secondo la Relazione al DM, i crediti d’imposta 4.0 e 5.0.

L’art. 6 del DM definisce inoltre le modalità con cui operano le condizioni di accesso relative all’esistenza di incrementi occupazionali.
 

In allegato analisi delle condizioni richieste.

(MF/ms)




Credito imposta 4.0/5.0: chiarimenti sui riferimenti da indicare nei documenti fiscali

Modifiche in vista per le fatture di acquisto dei beni oggetto dei crediti d’imposta per investimenti 4.0 e 5.0.

Nell’ambito del Ddl. approvato dal Consiglio dei Ministri il 4 agosto, recante misure di semplificazione per le imprese, sarebbe infatti prevista l’eliminazione dell’indicazione del riferimento normativo dell’agevolazione nella dicitura in fattura, che verrebbe sostituito con l’indicazione di un codice identificativo degli investimenti.

Con riferimento al credito d’imposta per investimenti 4.0, l’attuale comma 1062 dell’art. 1 della L. 178/2020 dispone che i soggetti che si avvalgono del credito siano tenuti a conservare, pena la revoca dello stesso, la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili, stabilendo, altresì, che “a tal fine, le fatture e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati devono contenere l’espresso riferimento alle disposizioni dei commi da 1054 a 1058-ter”.

L’Agenzia delle Entrate, con le risposte a interpello nn. 438 e 439 del 2020, in relazione all’analoga disposizione prevista dall’art. 1 comma 195 della L. 160/2019, ha precisato che la fattura sprovvista del riferimento normativo non è considerata documentazione idonea e determina, quindi, in sede di controllo la revoca della quota corrispondente di agevolazione.

Con la circolare n. 9/2021, l’Agenzia ha chiarito che se nelle fatture e negli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni eleggibili, già emessi, non è stato indicato il corretto riferimento normativo, i soggetti interessati “possono integrare (rectius, regolarizzare)” i documenti anzidetti, sprovvisti della corretta indicazione delle disposizioni agevolative di riferimento, prima dell’inizio delle attività di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria”.

L’Agenzia ha poi precisato che la dicitura con il riferimento normativo del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali va apposta anche nel documento di trasporto, mentre non va indicata nel verbale di collaudo o di interconnessione (risposta a interpello n. 270/2022). Tuttavia, con la risposta a interrogazione parlamentare 10 gennaio 2024 n. 5-01787, è stato chiarito che la citata disposizione si considera formalmente rispettata nei casi in cui la fattura, che contenga regolarmente l’espresso riferimento alle disposizioni agevolative, richiami chiaramente e univocamente il documento di trasporto in cui è stata omessa l’indicazione della norma agevolativa.

Tanto premesso, l’art. 1 della bozza del Ddl. semplificazioni circolata prevede che, all’art. 1 comma 1062 della L. n. 178/2020, le parole “l’espresso riferimento alle disposizioni dei commi da 1054 a 1058-bis” siano sostituite con “l’indicazione di un codice identificativo degli investimenti di cui ai commi da 1054 a 1058-bis, stabilito con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate”. Pertanto, nelle fatture e negli altri documenti non andrà più indicato il riferimento normativo dell’agevolazione, ma il codice identificativo degli investimenti agevolabili, che sarà stabilito con provvedimento dell’Agenzia.

La medesima modifica sarebbe introdotta anche per il credito d’imposta transizione 5.0. L’attuale art. 38 comma 15 del DL 19/2024 stabilisce infatti che “ai fini dei successivi controlli, i soggetti che si avvalgono del credito d’imposta sono tenuti a conservare, pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili. A tal fine, le fatture, i documenti di trasporto e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati devono contenere l’espresso riferimento alle disposizioni di cui al presente articolo”. Modificando questa disposizione, sarebbe prevista anche in tal caso l’indicazione di un codice identificativo degli investimenti agevolati, stabilito con provvedimento dell’Agenzia.

Applicabilità per i beni acquistati dal provvedimento dell’Agenzia

Quanto alla decorrenza delle modifiche, stando alla bozza di Ddl., le nuove disposizioni si applicherebbero, sia per il credito d’imposta 4.0 sia per il credito transizione 5.0, con riferimento alle spese per l’acquisto di beni agevolati sostenute, ai sensi dell’art. 109 del TUIR, dalla data di pubblicazione del provvedimento dell’Agenzia che definirà i codici identificativi.

Nessuna modifica, invece, per le comunicazioni richieste per accedere all’agevolazione, che resterebbero invariate.

Con particolare riferimento al bonus investimenti 4.0, il MIMIT ha comunicato che, per l’accesso al credito per investimenti in beni strumentali materiali 4.0 effettuati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2025, alla data del 29 luglio risultavano ancora disponibili risorse per un importo pari a 686.372.544,73 milioni. Le comunicazioni per l’accesso al beneficio possono essere presentate esclusivamente tramite il sistema telematico per la gestione della misura disponibile nell’apposita sezione “Transizione 4.0” del sito del GSE, accessibile tramite SPID, usando il modello editabile ivi disponibile.
 

(MF/ms)




Start-up innovative: definizione e chiarimenti dal Mimit

Con la circolare del 29 luglio 2025, pubblicata il 31 luglio sul proprio sito, il MIMIT ha fornito indicazioni e chiarimenti in relazione all’iscrizione e al mantenimento dello status di start up innovativa, a seguito delle modifiche apportate al quadro normativo di riferimento dalla L. 193/2024.

In relazione ai “nuovi” requisiti richiesti per l’iscrizione nella sezione speciale del Registro delle imprese, il Ministero ha innanzitutto fornito chiarimenti in merito a quello previsto dall’art. 25 comma 2 lett. a-bis) del DL 179/2012, introdotto dall’art. 28 della L. 193/2024, in base al quale la start up innovativa deve rientrare nella definizione di PMI, secondo la nozione data dalla raccomandazione (Ce) 6 maggio 2003 n. 361.

Il MIMIT ha infatti rilevato che desta alcune incertezze l’applicazione di tale requisito e di quello previsto dall’art. 25 comma 2 lett. d) del DL 179/2012, secondo il quale, a partire dal secondo anno di attività della start up innovativa, il totale del valore della produzione annua, così come risultante dall’ultimo bilancio approvato entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio, non deve essere superiore a 5 milioni di euro.

Sul punto, il Ministero ha chiarito che detti requisiti non sono in contraddizione, ma vanno verificati congiuntamente.

Il Ministero è poi intervenuto sul requisito ex art. 25 comma 2 lett. f) del DL 179/2012, nella parte in cui stabilisce che la start up innovativa “non svolge attività prevalente di agenzia e di consulenza”, anch’essa introdotta dall’art. 28 della L. 193/2024.

Il MIMIT ha precisato che per “consulenza” si intende una prestazione lavorativa professionale da parte di un’impresa che, avendo accertata esperienza e pratica in una materia, consiglia il proprio cliente nello svolgimento di atti e fornisce informazioni e pareri. Vanno quindi escluse, ad esempio, le imprese con codice ATECO prevalente 70.2 (Consulenza imprenditoriale e altre attività di consulenza gestionale) oppure 74.99 (Tutte le altre attività professionali, scientifiche e tecniche n.c.a.). Per “agenzia”, invece, si intende un’impresa che ha per scopo l’esercizio di funzioni intermediarie per l’assunzione e trattazione di affari di qualunque genere come, ad esempio, un’impresa che esercita l’attività di agente o rappresentante di commercio ex L. 204/85.

Ulteriori precisazioni sono state fornite con riferimento al comma 2-bis dell’art. 25 del DL 179/2012, introdotto dalla L. 193/2024, il quale consente la permanenza nella sezione speciale del Registro delle imprese dopo la conclusione del terzo anno fino a un massimo di cinque anni dalla data di iscrizione, al ricorrere di almeno uno dei seguenti requisiti:

  • incremento al 25% della percentuale delle spese di ricerca e sviluppo (lett. a);
  • stipulazione di almeno un contratto di sperimentazione con una P.A. (lett. b);
  • incremento dei ricavi derivanti dalla gestione caratteristica dell’impresa o dell’occupazione superiore al 50% dal secondo al terzo anno (lett. c);
  • costituzione di una riserva patrimoniale superiore a 50.000 euro, mediante il conseguimento di un finanziamento convertendo o un aumento di capitale a sovrapprezzo che conduca a una partecipazione non superiore a quella di minoranza da parte di un investitore terzo professionale, di un incubatore o di un acceleratore certificato, di un investitore vigilato, di un business angel ovvero attraverso un equity crowdfunding svolto tramite piattaforma autorizzata, e incremento al 20% della percentuale delle spese di ricerca e sviluppo (lett. d);
  • ottenimento di almeno un brevetto (lett. e).
In relazione a quest’ultimo requisito, il Ministero ha chiarito che l’impresa deve essere titolare del brevetto, mentre risulta insufficiente il semplice contratto di licenza (adeguato, invece, nei casi di prima iscrizione e per la permanenza nella sezione speciale fino al terzo anno). Inoltre, sono esclusi dai brevetti rilevanti quelli per “modello di utilità”, così come non rileva la titolarità dei diritti relativi a un programma per elaboratore originario registrato presso il Registro pubblico speciale.

Ulteriori precisazioni sono state fornite in relazione all’applicazione dell’art. 25 comma 2-ter del DL 179/2012, anch’esso introdotto dalla L. 193/2024, il quale consente di estendere la permanenza nella sezione speciale del Registro Imprese oltre il termine di cinque anni, per ulteriori due anni, fino a un massimo di quattro anni complessivi, per il passaggio alla fase di “scale up”.

Il MIMIT, infine, ha precisato che la proroga del termine di permanenza nella sezione speciale del Registro delle imprese per 12 mesi, che aveva consentito, nel periodo della pandemia da COVID-19, la permanenza oltre i 60 mesi dalla costituzione della società e fino a un totale di 72 mesi, è scaduta (art. 38 comma 5 del DL 34/2020). Pertanto, tutte le start up che alla data del 18 dicembre 2024 avevano superato i 60 mesi dalla costituzione (584 imprese, secondo i dati del Registro Imprese) devono essere cancellate d’ufficio per decorso del termine, previo invito al passaggio nella sezione speciale PMI innovative.
 

(MF/ms)




Valute estere luglio 2025

Si comunica l’accertamento delle valute estere per il mese di Luglio 2025 (Provv. Agenzia delle Entrate del 12 agosto 2025)

Art. I

Agli effetti delle norme dei titoli I e II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, che vi fanno riferimento, le medie dei cambi delle valute estere calcolati a titolo indicativo dalla Banca d’Italia sulla base delle quotazioni di mercato sono accertate per il mese di luglio 2025 come segue:

 

  Per 1 Euro
Dinaro Algerino 151,4673
Peso Argentino 1473,0565
Dollaro Australiano 1,7862
Real Brasiliano 6,4611
Dollaro Canadese 1,5982
Corona Ceca 24,6246
Renminbi (Yuan)Cina Repubblica Popolare 8,3754
Corona Danese 7,4625
Yen Giapponese 171,5313
Rupia Indiana 100,6043
Corona Norvegese 11,8537
Dollaro Neozelandese 1,9471
Zloty Polacco 4,2541
Sterlina Gran Bretagna 0,86469
Nuovo Leu Rumeno 5,0716
Rublo Russo 0
Dollaro USA 1,1677
Rand (Sud Africa) 20,7477
Corona Svedese 11,1985
Franco Svizzero 0,9325
Dinaro Tunisino 3,3695
Hryvnia Ucraina 48,8001
Forint Ungherese 399,1922
 

 
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate, al seguente link, cambi di luglio, sono a disposizione i dati sui cambi relativi alle restanti valute riportate nel decreto in oggetto.
 
(MS/ms)




Istat: indice luglio 2025

Si comunicano gli indici necessari per l’aggiornamento dei canoni di locazione

Comunichiamo che l’indice Istat di Luglio 2025, necessario per l’aggiornamento dei canoni di locazione è pari a + 1,5 % (variazione annuale) e a + 2,6 % (variazione biennale).
 
Entrambi gli indici considerati nella misura del 75% diventano rispettivamente + 1,125 % e + 1,950 %.

(MS/ms)




Credito d’imposta beni strumentali: ancora disponibili delle risorse

Con un avviso pubblicato sul proprio portale, il Ministero delle imprese e del made in Italy, Mimit, ha dato informazioni sulla disponibilità di risorse residue da destinare al credito d’imposta 4.0, ex lege 178/2020 e ss.mm.ii., per gli investimenti in beni strumentali materiali effettuati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2025.

Alla data del 29 luglio 2025, risultano ancora disponibili risorse per un importo pari a 686.372.544,73 milioni di euro.

Nello stesso avviso viene ribadito che le comunicazioni per l’accesso al beneficio possono essere presentate esclusivamente tramite il sistema telematico per la gestione della misura disponibile nell’apposita sezione “Transizione 4.0” del sito internet del GSE (Piattaforma GSE), accessibile tramite SPID, utilizzando il modello editabile ivi disponibile.

Il comunicato relativo all’utilizzo di nuove risorse ossia di risorse rimesse a disposizioni in esito delle verifiche sulle domande presentate entro il 17 luglio, è stretta conseguenza della procedura operativa prevista per richiedere l’agevolazione in parola.

In particolare, per le imprese che hanno già comunicato investimenti, sia in via preventiva e sia di completamento, tramite il vecchio modello di comunicazione previsto dal Decreto 24 aprile 2024, con data di ultimazione successiva al 31 dicembre 2024, il D.Dirett. 15 maggio e ss.mm.ii, prevede un percorso specifico:

  • mantenimento dell’ordine cronologico: ai fini della prenotazione delle risorse, rileva l’ordine cronologico di invio della comunicazione preventiva già trasmessa, a condizione che entro 30 giorni a partire dal 17 giugno 2025 (data individuata dal D.Dirett. 16 giugno 2025 ai sensi dell’art. 1, comma 3, del D.Dirett. 15 maggio 2025) le imprese trasmettano il nuovo modello di comunicazione degli investimenti in via preventiva;
  • comunicazioni successive: le imprese devono adempiere agli obblighi di conferma dell’acconto (entro 30 giorni dalla comunicazione preventiva) e di completamento degli investimenti entro i tempi previsti;
  • conseguenze del mancato adeguamento: le imprese che non si adeguano entro il termine di 30 giorni devono ripresentare il modello di comunicazione secondo le nuove disposizioni, perdendo dunque la priorità relativa alla comunicazione preventiva trasmessa secondo le disposizioni previste dal D.Dirett. 24 aprile 2024.
Dunque, per le imprese che hanno presentato oltre al precedente modello, anche il nuovo modello di comunicazione degli investimenti entro il 17 luglio viene confermata la “prenotazione” delle risorse. Eventuali inadempimenti invece rimettono a disposizioni parte delle risorse destinate all’agevolazione e le imprese che hanno inviato solo il vecchio modello perdono la priorità nell’assegnazione delle risorse.

Da qui dunque la pubblicazione dell’avviso Mimit che mette a disposizione nuovi fondi destinati alla misura.

Il GSE ne dà comunicazione all’impresa inizialmente escluse per mancanza di risorse, secondo l’ordine cronologico di trasmissione delle comunicazioni.
 

(MF/ms)




Agenzia delle Entrate: operatività nel mese di agosto

Le deduzioni allo schema di atto rientrano nella sospensione, ma non la domanda di adesione ante accertamento.

Il sistema tributario non prevede una sospensione feriale per le attività di verifica fiscale, ma esistono norme specifiche che sospendono l’utilizzo di alcuni poteri degli uffici.

Si allude all’art. 37 comma 11-bis del DL 223/2006, secondo cui “i termini per la trasmissione dei documenti e delle informazioni richiesti ai contribuenti dall’Agenzia delle entrate o da altri enti impositori sono sospesi dal 1° agosto al 4 settembre, esclusi quelli relativi alle richieste effettuate nel corso delle attività di accesso, ispezione e verifica, nonché delle procedure di rimborso ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”.

Tra i termini soggetti alla sospensione rientrano, di conseguenza, quelli relativi ai questionari, agli inviti a comparire (strumentali, per definizione, alla richiesta di informazioni) e alle richieste di documenti ex art. 32 del DPR 600/73 che caratterizzano le c.d. “indagini a tavolino”.

Ove gli stessi poteri (ad esempio una richiesta di esibizione di un documento) vengano esercitati in occasione di un accesso, non si verifica invece alcuna sospensione.

Laddove, ad esempio, nel mese di agosto venisse chiesto un documento a seguito di indagine a tavolino, la sua mancata esibizione non potrebbe legittimare l’irrogazione della sanzione ex art. 11 del DLgs. 471/97, né si potrebbe verificare la c.d. preclusione probatoria dell’art. 32 del DPR 600/73.

Al di fuori di queste casistiche, non ci sono sospensioni dei termini. Così, la giurisprudenza ha diverse volte sancito che non soggiace ad alcuna sospensione il termine di 60 giorni che deve intercorrere tra consegna del verbale di constatazione ed emissione dell’accertamento ex art. 12 comma 7 della L. 212/2000 (Cass. 28 marzo 2019 n. 8643 e 9 febbraio 2023 n. 3903), termine dilatorio strumentale alla presentazione delle memorie difensive (rammentiamo che l’art. 12 comma 7 della L. 212/2000 è stato abrogato dal DLgs. 219/2023, con effetto dal 18 gennaio 2024).

Niente sospensione per le richieste durante gli accessi

Va però detto che, forse con una certa forzatura, la prassi ha specificato che soggiace alla sospensione dal 1° agosto al 4 settembre di cui all’art. 37 comma 11-bis del DL 223/2006 il termine di 60 giorni entro cui a seguito di schema di atto ex art. 6-bis della L. 212/2000, si possono presentare deduzioni difensive (risposte Agenzia delle Entrate Videoconferenza 5 febbraio 2025). Si tratta pur sempre, per la prassi, di “termini per la trasmissione dei documenti e delle informazioni richiesti ai contribuenti dall’agenzia delle Entrate”.

Ricevuto lo schema di atto, il contribuente, in luogo delle deduzioni difensive, può formulare nei trenta giorni successivi domanda di accertamento con adesione. Sebbene di ciò la prassi non abbia parlato, il menzionato termine di trenta giorni non soggiace a nessuna sospensione feriale, quindi se lo schema di atto è notificato a luglio la domanda va presentata non solo ad agosto, ma anche entro i trenta giorni.

Il termine dei trenta giorni sembra avere natura ordinatoria, con la conseguenza che se la domanda venisse presentata dopo (magari a causa dell’errato conteggio della sospensione feriale) comunque la procedura di adesione dovrebbe instaurarsi.

Gli uffici, tuttavia, potrebbero essere di diverso avviso e l’eventuale rifiuto a dar corso alla procedura di adesione sarebbe insindacabile
 
(MF/ms)




Dal Mimit l’elenco degli incentivi preclusi alle imprese senza polizza catastrofale

La mancata stipula delle polizze catastrofali entro i termini di legge comporterà l’impossibilità, per le imprese inadempienti, di accedere, tra gli altri, ai finanziamenti “Smart&Start” per le start up innovative (DM 24 settembre 2014 Ministero dello Sviluppo economico), al Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività di impresa (DM 29 ottobre 2020), alle agevolazioni destinate a imprese sociali, cooperative sociali e società cooperative ONLUS (DM 3 luglio 2015), ai mini contratti di sviluppo per le imprese del Sud Italia (DM 12 agosto 2024).

Queste sono alcune delle misure, individuate da un decreto del MIMIT pubblicato il 25 luglio, alle quali è impedito l’accesso da parte delle imprese tenute all’obbligo di stipula delle polizze catastrofali che non abbiano adempiuto nei termini di legge.

L’intervenuto adempimento degli obblighi assicurativi viene quindi inserito tra i requisiti da valutare ai fini dell’accesso alle agevolazioni e dell’erogazione delle medesime.

Si tratta, peraltro, dei soli incentivi di competenza del Ministero delle Imprese e del made in Italy; per un’indicazione completa delle misure alle quali è precluso l’accesso si dovranno attendere i corrispondenti provvedimenti delle altre amministrazioni.

È utile ricordare, brevemente, lo stato dei fatti circa le sanzioni alle imprese che non hanno stipulato le polizze in oggetto.

L’obbligo (introdotto dall’art. 1 comma 101 ss. della L. 213/2023, legge di bilancio 2024) riguarda le imprese con sede legale in Italia o aventi sede legale all’estero con una stabile organizzazione in Italia, che siano tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese ex art. 2188 c.c., a copertura dei danni:

  • relativi ai beni individuati all’art. 2424 comma 1 c.c., sezione Attivo, voce B-II, nn. 1), 2) e 3) (terreni e fabbricati, impianti e macchinari, attrezzature industriali e commerciali);
  • direttamente cagionati da calamità naturali ed eventi catastrofali verificatisi sul territorio nazionale (sismi, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni).
L’art. 1 comma 102 della L. 213/2023, che disciplina le conseguenze del mancato adeguamento, stabilisce che dell’inadempimento “si deve tener conto nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche, anche con riferimento a quelle previste in occasione di eventi calamitosi e catastrofali”.

Anche considerato che la formulazione non chiarisce in modo univoco se la mancata stipula dei contratti determini l’esclusione dalle suddette misure o la loro fruizione in misura limitata, né individua puntualmente le agevolazioni interessate, il MIMIT, in una FAQ del 14 aprile, aveva chiarito che la norma non ha carattere autoapplicativo.

Pertanto, è la singola Amministrazione titolare di misure di sostegno e agevolazione a dovere dare attuazione alla disposizione, definendo le modalità con cui intende tener conto del mancato adempimento all’obbligo assicurativo in relazione alle proprie misure “coerentemente con le tempistiche recate dall’articolo 1 del decreto legge 31 marzo 2024, n. 39”.

Per le misure di propria competenza, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy aveva anticipato l’intenzione di precludere l’accesso agli incentivi, rinviando a un decreto l’individuazione delle misure.

Il DM pubblicato, oltre a individuare le agevolazioni precluse, precisa che le disposizioni in esso contenute si applicano alle domande di agevolazioni presentate a partire dalle date entro cui le imprese sono chiamate ad adeguarsi (1° ottobre per le medie imprese; 31 dicembre per le piccole e micro imprese; lo scorso 31 marzo per le grandi imprese, con applicazione delle sanzioni dal 30 giugno, come prorogati dal DL 28 marzo 2025 n. 39 convertito) e, comunque, successivamente alla pubblicazione del decreto.

Sanzioni operative per le domande successive alla pubblicazione del DM

Il decreto specifica anche che l’adempimento dell’obbligo assicurativo deve altresì sussistere ed essere verificato in occasione dell’erogazione delle agevolazioni concesse.

Infine, per gli incentivi che prevedono interventi nel capitale di rischio delle imprese, le verifiche vanno effettuate dal soggetto gestore al momento del perfezionamento dell’operazione di investimento nell’impresa, in caso di investimento diretto; in caso di investimento indiretto, le modalità di verifica saranno definite da appositi atti di indirizzo adottati dal soggetto gestore.

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ISA 2025: le principali novità dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate con la annuale circolare ha chiarito alcuni aspetti applicativi degli ISA 2025, relativi al periodo d’imposta 2024. 

Una parte rilevante della circolare è stata dedicata alla nuova classificazione ATECO 2025 e riflessi sulla modulistica degli ISA, nonché al rapporto fra CPB e variabili precalcolate ISA.

  • Classificazione ATECO 2025
  • Revisione straordinaria degli ISA
  • Regime premiale 2024
  • Quadri contabili – Interventi comuni ai quadri F ed H
  • Quadro F – Dati contabili impresa
  • Società tra professionisti
  • Semplificazione ed anno inizio attività
  • Ulteriori dati forniti dall’Agenzia delle Entrate e riflessi sul CPB

In allegato ogni punto in dettaglio.

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