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Omaggi natalizi: deducibili solo se sostenuti con pagamenti tracciabili

Con l’avvicinarsi delle festività natalizie, è frequente la concessione di omaggi da parte delle imprese.

Rispetto allo scorso anno, la disciplina è stata oggetto di modifiche.

Da inizio 2025 (per i soggetti “solari”) è infatti operativo l’obbligo di pagamento con mezzi tracciabili ai fini della deducibilità delle spese di rappresentanza e omaggi.

Nello specifico, ai sensi dell’art. 108 comma 2 ultimo periodo del TUIR, inserito dall’art. 1 comma 81 lett. d) della L. 207/2024 (legge di bilancio 2025), le spese di rappresentanza e quelle per omaggi sono deducibili solo se sostenute con versamento bancario o postale ovvero mediante i sistemi di pagamento previsti dall’art. 23 del DLgs. 241/97. Si tratta dei pagamenti effettuati con carte di debito, di credito e prepagate (anche mediante Apple Pay o Google Pay), assegni bancari e circolari, ma anche mediante app quali Satispay o Paypal.

L’impresa non può quindi più dedurre gli omaggi se acquistati in contante. Dovrebbero essere tracciate anche le spese di rappresentanza e per omaggi sostenute all’estero, posto che l’obbligo di tracciabilità non è stato limitato agli oneri sostenuti nel territorio dello Stato, come invece per le spese di trasferte.

Al di là del nuovo obbligo di tracciabilità dei pagamenti, la disciplina “base” degli omaggi ai fini delle imposte sui redditi non ha subito modifiche.

Con riferimento alle imprese, gli oneri sostenuti per omaggi distribuiti ai clienti sono quindi deducibili interamente, ai sensi dell’art. 108 comma 2 del TUIR, se il valore unitario dei beni in omaggio destinati a uno stesso soggetto non supera 50 euro.

Diversamente, gli oneri sostenuti per omaggi sono considerati spese di rappresentanza e, in quanto tali, sono deducibili nell’esercizio di sostenimento nel rispetto dei limiti di inerenza e congruità previsti dal citato art. 108 comma 2.

Al fine di determinare il “valore unitario” dell’omaggio consegnato, occorre fare riferimento al regalo nel suo complesso e non ai singoli beni che lo compongono.

Ad esempio, un cesto natalizio composto di tre diversi beni che hanno un valore di 20 euro ciascuno dovrà essere considerato come un unico omaggio dal valore complessivo di 60 euro e, come tale, sarà soggetto, ai fini della deducibilità, ai suddetti limiti previsti per le spese di rappresentanza “generali” (circ. Agenzia delle Entrate n. 34/2009, § 5.4).

Nel caso in cui l’omaggio sia rappresentato da beni “autoprodotti”, rileva il valore di mercato dell’omaggio, determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR.

Tale valore, tuttavia, rileva unicamente al fine di individuare le spese di rappresentanza da sottoporre al regime di deducibilità limitata; una volta qualificata la spesa come di rappresentanza (se, quindi, il valore di mercato risulta superiore a 50 euro), ai fini del calcolo del limite di deducibilità concorre invece, per intero, il costo di produzione effettivamente sostenuto dall’impresa, indipendentemente dal fatto che lo stesso sia inferiore o meno a 50 euro (ris. Agenzia delle Entrate n. 27/2014).

Qualora il valore normale dell’omaggio autoprodotto sia inferiore o uguale a 50 euro, il costo effettivamente sostenuto per la produzione beneficia invece della deduzione integrale.

Ad esempio, nel caso in cui l’omaggio autoprodotto abbia un valore di mercato pari a 80 euro e un costo di produzione di 40 euro, l’omaggio costituisce una spesa di rappresentanza da sottoporre alla verifica del limite di deducibilità (valore di mercato pari a 80 euro, superiore quindi al limite di 50 euro), ma ai fini del calcolo del plafond di deducibilità rileva l’importo di 40 euro (costo di produzione effettivo). Nel caso in cui, invece, l’omaggio autoprodotto abbia un valore di mercato pari a 40 euro e un costo di produzione pari a 30 euro, l’omaggio è interamente deducibile per 30 euro.

Poiché la norma fa espresso riferimento ai “beni distribuiti gratuitamente” di modico valore, la stessa non è riferibile alle spese relative a servizi (circ. n. 34/2009, § 5.4). Pertanto, le prestazioni gratuite di servizi sono quindi deducibili dal reddito d’impresa soltanto ove rispettino i requisiti previsti per le spese di rappresentanza “generali”.

In relazione agli omaggi ai dipendenti, per l’impresa i relativi costi sono deducibili ai sensi dell’art. 95 comma 1 del TUIR come prestazioni di lavoro (fuori dai suddetti obblighi di tracciabilità).

Quanto alle spese sostenute per le cene natalizie con i dipendenti, malgrado non siano di rappresentanza, l’art. 100 comma 1 del TUIR stabilisce che le spese relative a servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di ricreazione o culto sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi. Tale principio opera anche ove tali servizi siano messi a disposizione dei dipendenti con il ricorso a strutture esterne all’azienda (ris. n. 34/2004), come, ad esempio, nel caso di un ristorante. Occorre, però, considerare anche l’art. 109 comma 5 del TUIR, in base al quale le spese per la somministrazione di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75%.
 

(MF/ms)




Cessione intra UE: chiarimenti sui mezzi di prova

Per dimostrare che i beni trasferiti a un soggetto passivo in altro Stato membro sono stati oggetto di una cessione intracomunitaria può essere offerto – e deve essere valutato dalle autorità fiscali – qualsiasi mezzo di prova, qualora il cedente non sia in grado di fornire gli elementi previsti dall’art. 45-bis del regolamento Ue 282/2011.

Con questo principio, contenuto nella sentenza 13 novembre 2025 relativa alla causa C-639/24, la Corte di Giustizia ha fatto prevalere, ancora una volta, il principio di neutralità fiscale, ribadendo che la non imponibilità IVA sancita dall’art. 138 della direttiva 2006/112/Ce non può essere messa in discussione laddove “siano soddisfatte le condizioni sostanziali di una cessione intracomunitaria” (causa C-639/24, punto 20; cfr. anche causa C-21/16, Euro Tyre).

Fra i requisiti indispensabili al fine di beneficiare del regime di favore, il citato art. 138 della direttiva 2006/112/Ce richiede che il bene ceduto sia spedito o trasportato al di fuori dello Stato membro del venditore a destinazione di altro territorio Ue. La norma, tuttavia, non subordina la concessione della non imponibilità alla circostanza che il cedente “sia in possesso di elementi di prova specifici” (causa C-639/24, punto 17).

A tale scopo, viene in aiuto l’art. 45-bis del regolamento Ue 282/2011, con il quale vengono stabilite, al paragrafo 1, alcune presunzioni relative che differiscono a seconda che il trasporto sia a carico del venditore o dell’acquirente e che sono valide solo se il trasporto è effettuato da un terzo per
conto della parte che vi è obbligata.

Nel primo caso, si presume che i beni siano stati spediti o trasportati nello Stato membro di destinazione se il venditore, oltre alla propria dichiarazione in tal senso, è in grado di produrre alternativamente:

  • almeno due elementi di prova non contraddittori, rilasciati da due diverse parti indipendenti e diverse da quelle tra cui interviene la compravendita, fra quelli previsti, ossia documenti relativi al trasporto o spedizione quali ad esempio un documento o una lettera CMR firmata, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, una fattura emessa dallo spedizioniere;
  • uno degli elementi di prova previsti al punto precedente unitamente a uno dei seguenti documenti, anche in questo caso rilasciati da due diverse parti indipendenti e diverse da quelle tra cui interviene la compravendita: una polizza assicurativa o i documenti bancari attestanti il pagamento della spedizione o trasporto, i documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità (ad esempio un notaio) che attesti l’arrivo dei beni nello Stato di destinazione, una ricevuta rilasciata da un depositario nel medesimo Stato Ue che confermi il deposito dei beni in detto Stato membro.
Nel diverso caso in cui la spedizione o il trasporto dei beni siano stabiliti in capo all’acquirente, è necessario che il fornitore disponga, oltre che della documentazione richiesta nel caso precedente, anche di una dichiarazione resa per iscritto dallo stesso acquirente che certifichi l’avvenuto trasporto a suo carico e che identifichi lo Stato membro di destinazione dei beni.

Si tratta di presunzioni relative che possono essere confutate dalle autorità fiscali (art. 45-bis par. 2).

Nel fatto di causa oggetto della sentenza in commento (C-639/24), veniva contestata a una società croata la non imponibilità IVA relativa a una cessione di tronchi di quercia a un soggetto passivo sloveno, in ragione della non conformità della documentazione prodotta dalla cedente rispetto a quanto previsto dal più volte citato art. 45-bis.

Opponendosi ai rilievi dell’Amministrazione finanziaria nazionale, il venditore sosteneva che la norma consentirebbe di dimostrare più facilmente che sussistono le condizioni per beneficiare della non imponibilità di cui all’art. 138 della direttiva 2006/112/Ce, tuttavia i soggetti passivi che non siano in possesso della documentazione di cui all’art. 45-bis dovrebbero comunque poter dimostrare che, nella sostanza, tutte le condizioni richieste per beneficiare della non imponibilità di cui all’art. 138 della direttiva 2006/112/Ce siano soddisfatte.

È dello stesso avviso la Corte di Giustizia, la quale ricorda che l’art. 45-bis “non elenca in modo esaustivo gli elementi di prova necessari per dimostrare l’esistenza di una cessione intracomunitaria” (causa C-639/24, punto 16).

D’altro canto, se i venditori non avessero la facoltà di avvalersi di ulteriori e differenti elementi probatori, coloro che non possono disporre della documentazione prevista dalla norma sarebbero privati del regime di favore anche nell’ipotesi in cui la cessione intracomunitaria avesse “effettivamente avuto luogo” (causa C-639/24, punto 19).

È appena il caso di sottolineare che, in ambito nazionale, la stessa Agenzia delle Entrate, nella circ. n. 12/2020, ha precisato, in conformità con i principi unionali, che l’art. 45-bis non preclude agli Stati membri la possibilità di applicare “norme o prassi nazionali ulteriori in materia di prova delle cessioni intracomunitarie, eventualmente più flessibili della presunzione prevista dal Regolamento IVA”.
 

(MF/ms)




Istat indice ottobre 2025

Comunichiamo che l’indice Istat di ottobre 2025, necessario per l’aggiornamento dei canoni di locazione è pari a + 1,1% (variazione annuale) e a + 1,8% (variazione biennale).
 
Entrambi gli indici considerati nella misura del 75% diventano rispettivamente + 0,825 % e + 1,35%.

(MP/ms)
 




Valute estere ottobre 2025

Art. I

Agli effetti delle norme dei titoli I e II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, che vi fanno riferimento, le medie dei cambi delle valute estere calcolati a titolo indicativo dalla Banca d’Italia sulla base delle quotazioni di mercato sono accertate per il mese di ottobre2025 come segue:
 

  Per 1 Euro
Dinaro Algerino 151,0818
Peso Argentino 1664,9908
Dollaro Australiano 1,7781
Real Brasiliano 6,2614
Dollaro Canadese 1,628
Corona Ceca 24,3154
Renminbi (Yuan)Cina Repubblica Popolare 8,281
Corona Danese 7,468
Yen Giapponese 176,1526
Rupia Indiana 102,8353
Corona Norvegese 11,6633
Dollaro Neozelandese 2,0198
Zloty Polacco 4,2488
Sterlina Gran Bretagna 0,87155
Nuovo Leu Rumeno 5,0872
Rublo Russo 0
Dollaro USA 1,163
Rand (Sud Africa) 20,0976
Corona Svedese 10,9699
Franco Svizzero 0,9289
Dinaro Tunisino 3,4056
Hryvnia Ucraina 48,4752
Forint Ungherese 389,9117
 

 
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate, al seguente link, cambi di ottobre, sono a disposizione i dati sui cambi relativi alle restanti valute riportate nel decreto in oggetto.

(MP/ms)
 




Transizione 5.0: esaurite le risorse

Il MIMIT, con decreto 6 novembre 2025, ha comunicato l’esaurimento delle risorse disponibili per accedere al credito d’imposta transizione 5.0 ex art. 38 del DL 19/2024.

Nello specifico, il decreto stabilisce che alle imprese che, a partire dal 7 novembre 2025 (data di pubblicazione del suddetto decreto), presentano comunicazioni di prenotazione del credito d’imposta, è inviata una ricevuta di indisponibilità delle risorse ai sensi del comma 3 dell’art. 12 del DM 24 luglio 2024.

Nel relativo comunicato del MIMIT del 6 novembre si legge infatti che le risorse REPowerEU destinate alla misura (dagli iniziali 6,3 miliardi a 2,5 miliardi), anche alla luce della revisione del PNRR attualmente in fase di approvazione a livello europeo, risultano interamente assorbite dalle comunicazioni presentate dalle imprese.

Resta comunque garantita la possibilità di presentare nuove domande fino al 31 dicembre 2025: le comunicazioni di prenotazione trasmesse a partire dal 7 novembre 2025 saranno considerate validamente depositate e daranno luogo al rilascio di una ricevuta.

Tali comunicazioni rimangono efficaci, previa verifica della correttezza dei dati e della completezza della documentazione.

In caso di nuova disponibilità finanziaria – derivante dallo scorrimento delle domande o dall’attivazione di ulteriori risorse – il GSE informerà le imprese secondo l’ordine cronologico di invio.

Sul sito del GSE, nella pagina dedicata a transizione 5.0, viene infatti affermato che è stato raggiunto il limite previsto a seguito della rimodulazione delle risorse PNRR destinate alla misura. In attesa dell’implementazione delle novità introdotte dal decreto direttoriale 6 novembre 2025 del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il GSE ha previsto la temporanea chiusura del portale e del contatore. In caso di nuova disponibilità, le risorse saranno assegnate secondo l’ordine di prenotazione.

Si ricorda che il credito d’imposta transizione 5.0 riguarda gli investimenti effettuati nel 2024 e 2025 relativi al piano transizione 5.0, nell’ambito di progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi energetici.

In particolare, sono agevolabili gli investimenti in beni materiali e immateriali 4.0 nell’ambito di progetti di innovazione avviati dal 1° gennaio 2024 e completati entro il 31 dicembre 2025.

Il progetto di innovazione si intende completato alla data di effettuazione dell’ultimo investimento che lo compone, e in particolare (art. 4 comma 4 del DM 24 luglio 2024):

  • nel caso in cui l’ultimo investimento abbia ad oggetto beni materiali e immateriali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa di cui agli allegati A e B alla L. 232/2016, alla data di effettuazione degli investimenti secondo le regole generali della competenza previste dai commi 1 e 2 dell’art. 109 del TUIR, a prescindere dai principi contabili applicati;
  • nel caso in cui l’ultimo investimento abbia ad oggetto beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa, finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, alla data di fine lavori dei medesimi beni;
  • nel caso in cui l’ultimo investimento abbia ad oggetto attività di formazione finalizzate all’acquisizione o al consolidamento delle competenze nelle tecnologie rilevanti per la transizione digitale ed energetica dei processi produttivi, alla data di sostenimento dell’esame finale.
L’interconnessione dei beni 4.0, che non incide sul completamento del progetto, deve invece avvenire entro il 28 febbraio 2026, termine entro cui deve essere comprovata con la perizia asseverata (cfr. FAQ GSE-MIMIT 10 aprile 2025, § 2.12).

Si evidenzia che, qualora venga confermato l’attuale testo del Ddl. di bilancio 2026, il credito d’imposta transizione 5.0 non sarebbe prorogato e gli investimenti effettuati dal 2026 potranno essere oggetto, alle specifiche condizioni previste, del nuovo iper-ammortamento.

Forte accelerazione delle prenotazioni per il 4.0

Con un ulteriore comunicato, il MIMIT ha inoltre informato che, a seguito dell’annuncio dell’esaurimento delle risorse di transizione 5.0, con prenotazioni che hanno raggiunto l’obiettivo dei 3 miliardi, si è registrata una forte accelerazione delle prenotazioni anche sul piano 4.0.

Al 6 novembre risultavano ancora disponibili 200 milioni di euro.

Viene precisato che il GSE al raggiungimento della soglia dei 2,2 miliardi di euro trasmetterà una comunicazione di esaurimento risorse.

Il MIMIT, alla luce dell’elevato gradimento dimostrato dalle imprese per il piano 5.0, è al lavoro per reperire nuove risorse e per garantire il sostegno agli investimenti programmati, anche attraverso soluzioni di continuità con la nuova misura che sarà varata in legge di bilancio.

Si ricorda che le comunicazioni trasmesse entro il 31 dicembre rimarranno comunque efficaci e saranno gestite in base all’ordine cronologico di invio in caso di reperimento delle risorse.

(MF/ms)




Industria 4.0, esaurimento risorse disponibili

Raggiunto il tetto dopo la forte accelerazione scaturita dall’esaurimento dei fondi destinati a transizione 5.0

Il Ministero delle Imprese e del made in Italy, con un comunicato pubblicato sul proprio sito internet l’11 novembre, ha informato che, “in data odierna, risultano esaurite le risorse disponibili per la misura Transizione 4.0”.

Negli ultimi giorni si era infatti registrata una forte accelerazione nelle prenotazioni alla misura, conseguente all’annuncio dell’esaurimento dei fondi destinati a transizione 5.0 dovuto all’elevata adesione da parte delle imprese.

Nel comunicato viene comunque precisato che le imprese possono continuare a inviare comunicazioni di prenotazione. Nel caso di nuova disponibilità di risorse, il Gestore dei Servizi Energetici – GSE spa ne darà comunicazione alle imprese secondo l’ordine cronologico di trasmissione delle domande.

Con un diverso comunicato, il Ministero delle Imprese e del made in Italy ha reso noto che prosegue la presentazione dei progetti relativi al credito d’imposta transizione 5.0.

Nello specifico, è stato comunicato che, nel fine settimana e nella giornata del 10 novembre, risultano caricati sulla piattaforma GSE ulteriori 742 progetti, per un valore complessivo di 231.084.152,50 euro. Tali progetti si aggiungono ai 12.461 già conteggiati allo scorso 7 novembre, prima dell’annuncio dell’esaurimento delle risorse, per un ammontare complessivo di circa 2,9 miliardi di euro.

Per questi nuovi progetti, come già precisato dal MIMIT nel comunicato dello scorso 7 novembre, il Governo sta operando per reperire le risorse aggiuntive necessarie al soddisfacimento delle domande.

Dal 1° gennaio 2026 sarà operativo il nuovo Piano transizione 5.0

La presentazione dei progetti proseguirà fino al 31 dicembre e le richieste saranno valutate secondo l’ordine cronologico di presentazione.

Dal 1° gennaio 2026 sarà invece operativo il nuovo Piano transizione 5.0, in piena continuità operativa con l’attuale misura.

Dopo l’annuncio dell’esaurimento delle risorse di transizione 5.0 dovuto all’elevata adesione delle imprese, si è registrata una forte accelerazione nella presentazione dei progetti relativi a Industria 4.0, con la prospettiva di un prossimo esaurimento anche delle risorse destinate a tale misura.

Il Ministro Urso ha inoltre convocato per martedì 18 novembre un incontro con le principali associazioni nazionali d’impresa per un confronto su transizione 5.0 alla luce dell’esaurimento delle risorse disponibili.
 

(MF/ms)




Confapi su esaurimento risorse “Transizione 5.0”

Facendo seguito alla comunicazione relativa all’esaurimento delle risorse finanziarie destinate alla misura Transizione 5.0, informiamo che, Confapi si è immediatamente attivata nei confronti del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, è stata anche formalmente inviata una lettera al Ministro Adolfo Urso per rappresentare la critica situazione che stanno affrontando le nostre imprese associate.

Nella missiva è stata ribadita con forza:

  • La richiesta urgente di rifinanziamento della misura per coprire tutti i progetti ammissibili in lista d’attesa, in linea con l’impegno già espresso dal Ministro Urso.
  • La nostra posizione, già nota, sulla necessità di mantenere il Credito d’Imposta come meccanismo incentivante, a fronte dell’orientamento verso l’iper ammortamento nel DDL Bilancio 2026.
Il Ministro Urso, anche a seguito delle nostre rimostranze, ha convocato una riunione urgente di confronto sul tema Transizione 5.0 per il prossimo 18 novembre. L’incontro vedrà la partecipazione del Ministro per l’economia Giancarlo Giorgetti e del Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione Tommaso Foti, oltre al Ministro Urso.

La riunione rappresenta un’occasione cruciale per intervenire direttamente sui meccanismi di rifinanziamento e sulla gestione delle domande pendenti. In tale contesto sarebbe utile poter disporre di dati relativi a casi specifici di aziende che hanno presentato domanda di prenotazione dopo la chiusura dello sportello (cioè dopo il 7 novembre 2025). 

Invitiamo le aziende interessate a presentare le nuove domande di prenotazione (fino al 31 dicembre 2025) per assicurarsi una posizione utile in sequenza in caso di rifinanziamento.

(MP/am)




Ritenuta sulle provvigioni: chiarimenti

Entro il prossimo 31 dicembre 2025, con effetti dall’anno successivo, gli intermediari del commercio, agenti e rappresentanti, procacciatori di affari ecc., che si avvalgono nello svolgimento della propria attività, in via continuativa, dell’opera di dipendenti o di terzi, possono presentare apposita dichiarazione alla ditta mandante per l’applicazione della c.d. ritenuta ridotta sulle provvigioni che sarà dunque applicata sempre con aliquota al 23% ma solo sul 20% dell’ammontare delle provvigioni anziché sul 50%.
  • La ritenuta sulle provvigioni e l’applicazione della ritenuta ridotta
  • La richiesta per la ritenuta ridotta entro il 31 dicembre
La ritenuta sulle provvigioni e l’applicazione della ritenuta ridotta

L’art. 25-bis del D.P.R. n. 600/1973 dispone l’applicazione di una ritenuta a titolo d’acconto dell’IRPEF o dell’IRES dovuta dai percipienti all’atto del pagamento delle provvigioni comunque denominate per le prestazioni anche occasionali inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari, salve le eccezioni previste nell’articolo medesimo.

“I soggetti indicati nel primo comma dell’art. 23, escluse le imprese agricole, i quali corrispondono provvigioni comunque denominate per le prestazioni anche occasionali inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari, devono operare all’atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell’IRPEF o dell’IRPEG dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa (…)”La ritenuta in parola così come la chance di applicazione della trattenuta ridotta a breve analizzata, ex comma 89 della Legge n. 213/2023, riguarda altresì: gli agenti di assicurazione, per le prestazioni rese direttamente alle imprese di assicurazione, e i mediatori di assicurazione, per i loro rapporti con le imprese di assicurazione e con gli agenti generali delle imprese di assicurazioni pubbliche o loro controllate che rendono prestazioni direttamente alle imprese di assicurazione in regime di reciproca esclusiva.

Detto ciò, come da circolare MEF n. 24/1983:

  • l’elenco dei rapporti di “lavoro” indicato al suddetto art. 25-bis è da considerarsi tassativo,
  • la provvigione da assoggettare a ritenuta è costituita oltre che dal compenso per l’attività svolta dal commissionario, dall’agente, dal mediatore, dal rappresentante di commercio e dal procacciatore d’affari anche da ogni altro compenso inerente l’attività prestata dagli anzidetti soggetti, ivi compresi i rimborsi spese.
In virtù delle previsioni di cui al comma 2 dello stesso art. 25-bis, è possibile, al ricorrere di specifiche condizioni, l’applicazione di una ritenuta in misura ridotta.

“La ritenuta è commisurata al cinquanta per cento dell’ammontare delle provvigioni indicate nel primo comma. Se i percipienti dichiarano ai loro committenti, preponenti o mandanti che nell’esercizio della loro attività si avvalgono in via continuativa dell’opera di dipendenti o di terzi, la ritenuta è commisurata al venti per cento dell’ammontare delle stesse provvigioni.”.

Di conseguenza, gli intermediari del commercio, agenti e rappresentanti, procacciatori di affari ecc., che si avvalgono nello svolgimento della propria attività, in via continuativa, dell’opera di dipendenti o di terzi, possono presentare apposita dichiarazione alla ditta mandante per l’applicazione della c.d. ritenuta ridotta che sarà dunque applicata al 23% ma solo sul 20% dell’ammontare delle provvigioni anziché sul 50%.

La base imponibile per il calcolo della ritenuta varia dunque a seconda che, nell’esercizio della propria attività, l’agente, mediatore, ecc.:

  • si avvalga, in via continuativa, di dipendenti o terzi, la ritenuta del 23% è operata sul 20% delle provvigioni corrisposte, coincide con il 4,6% delle intere provvigioni;
  • non si avvalga, in via continuativa, di dipendenti o terzi, la ritenuta del 23% è operata sul 50% delle provvigioni corrisposte, cioè l’11,5% delle intere provvigioni.
La base imponibile, sulla quale applicare la riduzione, è costituita sulla provvigione al netto dell’IVA e al lordo della trattenuta Enesarco.

Quindi è costituita da:

  • provvigione (compenso spettante ai soggetti intermediari per l’attività prestata);
  • eventuali sopraprezzi (derivanti dalla differenza tra il prezzo della merce fissato dal committente, preponente o mandante e quello di vendita ottenuto dall’agente, commissionario, rappresentante e procacciatore d’affari);
  • somma percepita dall’agente o rappresentante di commercio nel caso in cui la casa mandante concluda direttamente affari nella zona di esclusiva dell’agente o rappresentante;
  • corrispettivi o proventi in natura;
  • ogni altro compenso relativo all’attività prestata, tra cui i rimborsi spese, esclusi quelli anticipati per conto della casa mandante.
Rispetto alle operazioni afferenti prestazioni di servizio rese alle imprese assicurative dagli intermediari nell’ambito dei rapporti di agenzia e mediazione, c’è da dire che, trattasi di operazioni esenti IVA ex art. 10, comma 1, n. 9), del D.P.R. n. 633/1973, per le quali non è previsto l’obbligo di emissione della fattura, salvo esplicita richiesta da parte del committente o del cliente privato non oltre il momento di effettuazione della prestazione.

Conclusione ribadita dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 7/E/2024.

La richiesta per la ritenuta ridotta entro il 31 dicembre

L’art. 2 del Decreto del Ministro delle Finanze 16 aprile 1983, n. 2446, prevede che l’applicazione della ritenuta d’acconto nella misura indicata nel comma 2 del predetto art. 25-bis è subordinata alla presentazione al committente, preponente o mandante, da parte del percipiente le provvigioni, di apposita dichiarazione in carta semplice, datata e sottoscritta, contenente:

  • i dati identificativi del percipiente stesso,
  • nonché l’attestazione di avvalersi in via continuativa dell’opera di dipendenti o di terzi.
Individuazione dipendenti Individuazione soggetti terzi
Si considerano dipendenti coloro i quali prestano nell’impresa la loro attività lavorativa, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione del soggetto percipiente le provvigioni secondo le norme della legislazione sul lavoro. Si considerano terzi coloro i quali, senza vincolo di subordinazione, collaborano con il percipiente le provvigioni nello svolgimento dell’attività propria dell’impresa, quali gli agenti, i subagenti, i mediatori, i procacciatori d’affari, i produttori e figure similari.
Si considerano altresì terzi i collaboratori dell’impresa familiare direttamente impegnati nell’esercizio dell’attività commerciale svolta nell’ambito di detta impresa nonché gli associati delle associazioni in partecipazione quando il loro apporto è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro.
 
Rispetto al requisito di avvalersi in via continuativa dell’opera di dipendenti o di terzi, l’art. 1 del D.M. n. 2446/1983, dispone che la continuità è da ritenersi sussistente laddove, indipendentemente dal numero di dipendenti o terzi, il rapporto di lavoro dipendente e quello di collaborazione diano luogo a prestazioni per la prevalente parte dell’anno, ovvero del minore periodo in cui è svolta l’attività, anche se l’opera predetta non sia resa dalle stesse persone, dipendenti o terzi.

Dunque, anche in ipotesi di un ricambio della “forza lavoro”, il requisito deve ritenersi soddisfatto.

Se il percipiente le provvigioni si avvale soltanto di prestazioni di terzi, il requisito della continuità si presume sussistente qualora il percipiente abbia sostenuto nel periodo d’imposta precedente costi per dette prestazioni in misura superiore 30% dell’ammontare complessivo delle provvigioni imputabili a tale periodo.

La richiesta per l’applicazione della ritenuta in misura ridotta deve essere presentata entro precise tempistiche di seguito analizzate.
 

Ipotesi Termine presentazione richiesta
Richiesta a regime Per ciascun anno solare, entro il 31 dicembre dell’anno precedente.
Verifica requisiti in corso d’anno Non oltre 15 giorni da quello in cui le condizioni stesse si sono verificate ed entro lo stesso termine devono essere dichiarate le variazioni in corso d’anno che fanno venire meno le predette condizioni.
Presunzione possesso requisiti Non oltre i 15 giorni successivi alla stipula dei contratti, o accordi, di commissione, di agenzia, di rappresentanza di commercio e di procacciamento d’affari o alla eseguita mediazione.
La dichiarazione, trasmessa nei suddetti termini con raccomandata A/R o mediante PEC, conserva validità ai fini dell’applicazione della ritenuta sul 20% dell’ammontare delle provvigioni anche oltre l’anno cui si riferisce (circolare 30 dicembre 2014, n. 31/E).

Cosicché, ad esempio, ipotizzando l’invio della prima richiesta di applicazione della ritenuta ridotta entro il 31 dicembre 2025, questa conserva validità anche per gli anni successivi, senza che sia necessaria la sua ripetizione, fatto salva la necessità di comunicare le variazioni che fanno perdere il diritto all’agevolazione.

L’omissione della comunicazione relativa alle variazioni che comportano il venir meno delle predette condizioni comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da euro 250 a euro 2.000 (art. 11, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471).

La medesima sanzione è applicabile in caso di dichiarazione incompleta o non veritiera (circolare 30 dicembre 2014, n. 31/E).

Le eventuali ritenute ordinarie effettuate prima che il committente sia venuto in possesso della dichiarazione del percipiente si considerano oramai acquisite ai fini del loro versamento.

A ogni modo, le ritenute ordinarie o ridotte che siano, effettuate dal committente saranno poi “travasate” nella Certificazione Unica e nel 770 (riepilogo versamenti effettuati e compensazioni operate nei quadri ST e SX nel modello 770).

Sulla C.U., si ricorda che l’art. 4 del D.L. n. 81/2025 è intervenuto sul termine di trasmissione della Certificazione Unica completando ovvero aggiustando il precedente intervento di cui al D.L. n. 108/2024.

Come da Relazione illustrativa del Decreto, la norma dispone che a decorrere dal 2026, le Certificazioni Uniche, di cui all’art. 4, comma 6-ter, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, contenenti esclusivamente redditi che derivano da prestazioni di lavoro autonomo rientranti nell’esercizio di arte o professione abituale sono trasmesse in via telematica all’Agenzia delle Entrate entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello in cui le somme e i valori sono stati corrisposti, anziché entro il termine previsto dall’art. 4, comma 6-quinquies, terzo periodo, del richiamato Decreto (ossia entro il 31 marzo).

Il differimento, finalizzato ad agevolare gli adempimenti dei sostituti d’imposta, riguarda anche le Certificazioni Uniche contenenti redditi d’impresa ossia provvigioni per le prestazioni non occasionali inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari.

 

(MF/ms)




Pec amministratori: chiarimenti in vista della scadenza del 31.12.25

Unioncamere, attraverso un documento pubblicato sul proprio sito internet, fornisce primi chiarimenti sulle novità normative, introdotte dall’art. 13 comma 3 del DL 159/2025, attinenti all’obbligo di comunicare una PEC da parte degli amministratori delle imprese costituite in forma societaria.

 

In esito a tale intervento normativo, l’art. 5 comma 1 del DL 179/2012 stabilisce che l’obbligo di comunicare una PEC al Registro delle imprese è esteso anche “all’amministratore unico o all’amministratore delegato o, in mancanza, al Presidente del consiglio di amministrazione di imprese costituite in forma societaria.

Il domicilio digitale dei predetti amministratori non può coincidere con il domicilio digitale dell’impresa. Le imprese che sono già iscritte nel registro delle imprese comunicano il domicilio digitale dei predetti amministratori entro il 31 dicembre 2025 e, in ogni caso, all’atto del conferimento o del rinnovo dell’incarico”.

In caso di mancata comunicazione del domicilio digitale, inoltre, si applica l’art. 16 comma 6-bis del DL 185/2008 (così dispone l’art. 13 comma 4 del DL 159/2025).

Dal riferimento normativo all’amministratore unico, all’amministratore delegato o, in caso di mancanza di quest’ultimo, al Presidente del Consiglio di amministrazione si desume l’applicazione a tutti coloro che assumono tali cariche nelle sole società di capitali, nonché nelle società consortili e cooperative che rivestono tale forma giuridica.

Non sono, pertanto, soggetti all’obbligo gli amministratori di società di persone o coloro che nelle società di capitali (o nei consorzi, nelle reti di imprese, ecc.) assumono cariche diverse (ad esempio, i consiglieri privi di deleghe di CdA).

Sono, altresì, esclusi dall’obbligo gli amministratori di srl nel caso in cui la società abbia affidato la gestione a più soggetti disgiuntamente o congiuntamente ex art. 2475 comma 3 c.c. (cfr. la Camera di Commercio di Arezzo-Siena), nonché – secondo quanto precisato dalle Camere di Commercio della Romagna e di Pistoia e Prato – i liquidatori di qualsiasi soggetto giuridico.

Rispetto a richieste “non” obbligatorie, inoltre, è possibile ricevere un messaggio del seguente tenore: “La comunicazione del domicilio digitale non è più obbligatoria … Si chiede pertanto conferma della volontà di iscrivere il domicilio digitale. In caso di conferma della variazione di domicilio o di mancata risposta alla presente comunicazione entro il termine di cinque giorni, l’ufficio procederà ad iscrivere la domanda per come compilata e a prelevare il previsto diritto di segreteria di € 30,00 e il bollo, trattandosi di variazione dei dati anagrafici e aziendali” (così, in particolare, risponde il Registro delle imprese di Milano).

L’obbligo – sottolinea ancora Unioncamere – si applica a coloro che, dal 31 ottobre 2025 (data di entrata in vigore del DL 159/2025), vengono nominati o confermati alle suddette cariche (al momento della costituzione della società o successivamente) e a coloro che, alla suddetta data, già ricoprono tali cariche.

L’obbligo della comunicazione è in capo all’impresa.

Per coloro che vengono nominati o confermati alle cariche in questione la comunicazione del domicilio digitale dovrà avvenire contestualmente alla richiesta di iscrizione della nomina, sia come prima nomina che come conferma. A fronte di ciò si avverte che, ove pervenga una domanda di iscrizione di nuova società o una domanda di iscrizione della nomina/conferma alle cariche di amministratore unico, amministratore delegato o, in mancanza di questo, di Presidente del Consiglio di amministrazione e non venga contestualmente presentata la domanda di iscrizione del domicilio digitale per uno degli amministratori, l’ufficio sospenderà la domanda richiedendo la regolarizzazione (ciò, per inciso, deriva dalla applicazione espressa dell’art. 16 comma 6-bis del DL 185/2008).

Coloro che, invece, al 31 ottobre 2025, già ricoprono le suddette cariche, dovranno comunicare il proprio domicilio digitale entro il 31 dicembre 2025.

In tal caso, dal rinvio all’art. 16 comma 6-bis del DL 185/2008 deriva che il mancato adempimento determina l’applicazione della sanzione di cui all’art. 2630 c.c. raddoppiata (ossia la sanzione amministrativa pecuniaria da 206 a 2.064 euro).

Si ricorda, inoltre, che il domicilio digitale deve essere univoco e, pertanto, non può coincidere con il domicilio digitale dell’impresa in cui è ricoperta la carica.

L’esenzione dal pagamento del diritto di segreteria e dell’imposta di bollo si applica solo per la mera comunicazione del domicilio digitale di uno dei predetti amministratori, senza alcuna modifica o aggiunta di dati riferiti al domicilio fisico e alla rappresentanza.

Per le comunicazioni del domicilio digitale in sede di nuove nomine o conferme/rinnovi delle cariche, invece, il diritto di segreteria e l’imposta di bollo sono dovuti secondo l’ordinaria disciplina dell’adempimento principale oggetto di iscrizione.

Resta assoggettata a diritti di segreteria e imposta di bollo anche la comunicazione del domicilio digitale – in via facoltativa – di ulteriori soggetti con cariche societarie.
 

(MF/ms)




Secondo acconto imposte senza proroga: versamento al 1° dicembre

Entro il prossimo 1° dicembre dovrà essere versato il 2° acconto delle imposte 2025. Al 16 dicembre invece scadrà la 6ª rata del primo acconto 2025 per chi ha rateizzato, ex art. 8 D.Lgs. n. 1/2024.

Si riportano le principali indicazioni operativi ai fini del pagamento.
 

Scadenza 2° acconto imposte
Cosa Versamento 2ª o unica rata di acconto delle imposte 2025 in scadenza ordinaria al 30 novembre (1° dicembre per il 2025).
Imposte interessate
  • IRPEF;
  • Maggiorazioni CPB, art. 20 D.Lgs. n. 13/2024
  • imposta sostitutiva regime di vantaggio;
  • imposta sostitutiva per il regime forfetario;
  • cedolare secca;
  • IVIE;
  • IVAFE;
  • imposta sostitutiva per compensi da ripetizioni;
  • contributi INPS (gestione separata e versamenti oltre il minimale reddituale dovuti da artigiani e commercianti);
  • ecc.
Rate Non ammesse
Ravvedimento Si
Obbligo versamento acconto
  • Persone fisiche, > 52 euro (rigo RN 34 “differenza, LM 42 per i forfettari);
  • Società di capitali – RN17 “IRES dovuta o differenza a favore del contribuente” del mod. Redditi SC 2025, se > di € 20,66
  • ENC – rigo RN28 del mod. Redditi ENC 2025, se > di € 20,66.
Rate acconto (regole ordinarie)
  • Unico versamento, entro il 30 novembre, se l’acconto è inferiore a 257,52 euro;
  • due rate, se l’acconto è pari o superiore a 257,52 euro, di cui: la prima pari al 40% entro il 30 giugno (insieme al saldo), o la seconda – il restante 60% – entro il 30 novembre.
  • Per i soggetti ISA unico versamento entro il 30 novembre se l’importo totale dovuto non supera 206 euro, in caso contrario, l’acconto si paga in due rate di pari importo entro le stesse scadenze previste per gli altri contribuenti (30 giugno, salvo proroghe, e 30 novembre).
Metodo storico Versamento del 100% dell’importo indicato ai suddetti righi del modello Redditi 2025
Metodo previsionale Sulla base della minore imposta ipotizzata per l’anno in corso; tale metodo può essere utilizzato anche in ipotesi di imposta attesa superiore a quella dovuta sulla base dello “storico”.
Convivenza tra i due metodi Il metodo può cambiare da tributo a tributo.

 
Coloro i quali hanno aderito al CPB 2025-2026, se ricorrono al metodo storico devono versare unitamente alla 2ª rata anche la maggiorazione del 10% sulla differenza (se positiva) tra il reddito concordato e il reddito 2024 normalizzato.
 
(MF/ms)