1

Polizze catastrofali: chiarimenti sui beni in locazione

Dopo il rinvio del termine per stipulare le polizze a copertura dei danni causati dalle calamità naturali (art. 1 comma 101 ss. L. 213/2023) a opera del DL 39/2025, sono arrivate le prime risposte da parte del MIMIT, che fanno seguito ad alcune delle richieste di chiarimento più invocate.

Si ricorda che il DL 39/2025, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31 marzo, ha differito il termine per stipulare le polizze in questione (fissato al 31 marzo dal DL 202/2024, c.d. “Milleproroghe”, che aveva posticipato il termine originario del 31 dicembre 2024) come segue:

  • per le imprese di medie dimensioni, il termine è rinviato al 1° ottobre 2025;
  • per le piccole e microimprese, la stipula deve effettuarsi entro il 31 dicembre 2025;
  • per le grandi imprese, la scadenza è rimasta quella del 31 marzo, ma il sistema sanzionatorio di cui all’art. 1 comma 102 L. 213/2023 si applica decorsi 90 giorni dalla data di decorrenza dell’obbligo assicurativo.
La nozione di micro, piccole, medie e grandi imprese a cui la disposizione fa riferimento è quella adottata dalla Direttiva (Ue) 2023/2775, che, tra l’altro, modifica l’art. 3 della Direttiva (Ue) 2013/34, prevedendo come criteri discretivi lo Stato patrimoniale, i ricavi e il numero di dipendenti.

Tra le incertezze che erano state evidenziate vi era la questione relativa ai beni condotti in locazione e al soggetto tenuto ad assicurarli, posto che l’art. 1-bis comma 2 del DL 155/2024 (“DL fiscale” collegato alla legge di bilancio 2025) conv. L. 189/2024 ha precisato che l’oggetto della copertura assicurativa in questione “è riferito ai beni elencati dall’articolo 2424, primo comma, sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3), del codice civile, a qualsiasi titolo impiegati per l’esercizio dell’attività di impresa, con esclusione di quelli già assistiti da analoga copertura assicurativa, anche se stipulata da soggetti diversi dall’imprenditore che impiega i beni”, ma il rinvio alla norma civilistica sullo Stato patrimoniale potrebbe essere intesa nel senso che vanno assicurati i soli beni in proprietà.

Il MIMIT, valorizzando la norma del DL fiscale, ha spiegato che il riferimento all’art. 2424 c.c. deve essere inteso come un mero rinvio ai beni ivi elencati, ai fini della loro identificazione; pertanto, l’imprenditore “deve assicurare tutti i beni impiegati nell’esercizio dell’impresa e rientranti nei numeri 1), 2) e 3) sezione Attivo, voce B-II, di cui all’art. 2424 c.c., anche se sugli stessi l’impresa non ha il diritto di proprietà, con la sola esclusione dei beni già assistiti da analoga copertura assicurativa, anche se stipulata da soggetti diversi dall’imprenditore che impiega i beni”.

Quanto ai soggetti tenuti ad assicurarsi, il Ministero conferma che l’obbligo riguarda tutte le imprese con sede legale in Italia e le imprese aventi sede legale all’estero con una stabile organizzazione in Italia, tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese ai sensi dell’art. 2188 c.c., indipendentemente dalla sezione nella quale sono iscritte, a esclusione delle sole imprese di cui all’art. 2135 c.c.

La questione dell’obbligo assicurativo in capo alle STP non è risolta esplicitamente, posto che, alla domanda se debba assicurarsi lo studio legale in cui viene esercitata l’attività professionale, il MIMIT, riprendendo la formulazione della legge, risponde che l’obbligo di stipulare la polizza discende dall’obbligo di iscrizione al Registro delle imprese. La risposta sembra doversi interpretare nel senso che l’iscrizione è il requisito a cui guardare per il sorgere dell’obbligo.

Si chiarisce, in ogni caso, che l’obbligo assicurativo riguarda solo le imprese che sono proprietarie o impiegano beni di cui all’art. 2424 comma 1, sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3) c.c.; in mancanza, le imprese non sono soggette all’obbligo di stipula.

Il MIMIT prende in esame anche il caso in cui un immobile sia utilizzato sia come abitazione che come luogo di svolgimento per la propria attività di impresa, chiarendo (conformemente a quanto aveva ipotizzato l’ANIA nelle FAQ sul tema) che, se l’immobile è impiegato per l’esercizio dell’attività di impresa, questo ricade nel perimetro dell’obbligo assicurativo per la porzione di edificio destinata all’esercizio dell’attività.
 

(MF/ms)




Termini per l’emissione delle note di variazione sul 2024

Si avvicina il termine ultimo per presentare la dichiarazione IVA riferita all’anno 2024, da parte dei soggetti che ne sono obbligati. A norma dell’art. 8 del DPR 322/98, il modello IVA 2025 deve, infatti, essere presentato entro il 30 aprile 2025.

Il termine per presentare la dichiarazione annuale costituisce anche il riferimento per emettere le note di variazione in diminuzione, ai sensi dell’art. 26 comma 2 del DPR 633/72.

La norma appena richiamata, difatti, contiene un espresso rinvio all’art. 19 del DPR 633/72 per quel che concerne l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA “corrispondente alla variazione”.

L’art. 19 comma 1 del DPR 633/72, a sua volta, stabilisce che il diritto alla detrazione può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui è sorto.

Alla luce di questi elementi, la circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2018 ha indicato che:

  • la nota di variazione in diminuzione deve essere emessa entro il termine di invio della dichiarazione annuale IVA riferita all’anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione;
  • il diritto alla detrazione può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa all’anno in cui la nota è stata emessa e alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.
Il primo aspetto da esaminare concerne, dunque, il termine entro il quale le note di variazione devono essere emesse. Nel caso della dichiarazione IVA per il 2024, da presentare – come detto – entro il 30 aprile 2025, si deve avere riguardo alla data in cui il presupposto per la variazione in diminuzione si verifica (c.d. dies a quo).

Esso varia a seconda della fattispecie che legittima l’anzidetta variazione ai sensi dell’art. 26 del DPR 633/72.

Tra i casi più ricorrenti vi è l’assoggettamento del cessionario o committente insolvente a una procedura concorsuale.

Per le procedure avviate prima del 26 maggio 2021, ci si riferisce al momento in cui si ha certezza dell’infruttuosità della procedura concorsuale (da ultimo, risposta a interpello Agenzia delle Entrate n. 126/2024), mentre per quelle avviate dal 26 maggio 2021 compreso è la norma stessa a indicare che la variazione in diminuzione è possibile a partire dalla data in cui il debitore del corrispettivo non pagato “è assoggettato a una procedura concorsuale” (art. 26 comma 3-bis del DPR 633/72).

L’art. 26 comma 10-bis del DPR 633/72 individua il momento a partire dal quale il debitore si considera assoggettato a una procedura concorsuale. Ad esempio, ci si riferisce alla sentenza dichiarativa di fallimento o alla sentenza di apertura della liquidazione giudiziale (per la disciplina ex DLgs. 14/2019).

Nei casi di un sopravvenuto accordo tra le parti o di inesattezze della fatturazione, invece, il termine per emettere la nota è sganciato dal termine di presentazione della dichiarazione.

È possibile ricorrere alla nota di variazione in diminuzione, ai sensi dell’art. 26 comma 3 del DPR 633/72, “con riferimento a quelle operazioni per le quali non è ancora decorso il limite temporale di un anno dalla data di emissione della fattura” (risposta a interpello n. 269/2023).

È essenziale valutare con attenzione i termini sin qui descritti poiché, decorso il termine per emettere la nota, i rimedi per il recupero dell’IVA assolta, da parte del cedente o prestatore, richiedono il rispetto di condizioni particolarmente stringenti. Il primo istituto cui ricorrere è la domanda di restituzione dell’imposta, ai sensi dell’art. 30-ter comma 1 del DPR 633/72, se la mancata emissione della nota di credito nei termini non è dipesa da una colpevole inerzia del soggetto passivo (circ. n. 20/2021 e, da ultimo, risposta a interpello n. 153/2024).

In alternativa, è ammesso il recupero dell’imposta assolta se è spirato il termine per emettere la nota di credito, avvalendosi della dichiarazione IVA integrativa “a favore”, ma questa può essere presentata solo laddove vi sia “la presenza di errori ed omissioni cui rimediare” (circ. n. 20/2021).

Una volta emessa la nota di variazione in diminuzione (entro il termine della dichiarazione IVA riferita all’anno in cui si è verificato il presupposto), il secondo aspetto da esaminare è il termine entro il quale è possibile detrarre l’imposta a credito emergente dal documento. Emessa tempestivamente la nota di variazione, “l’imposta detratta confluirà nella relativa liquidazione periodica o, al più tardi, nella dichiarazione annuale IVA di riferimento” (circ. n. 20/2021).

Dunque, ponendo il caso di una nota di credito che è stata emessa nel periodo dal 1° gennaio al 30 aprile 2025, il diritto alla detrazione non deve essere esercitato per forza entro il termine della dichiarazione IVA riferita al 2024.

L’esercizio della detrazione può avvenire o nella liquidazione del periodo in cui la nota è stata emessa o, al più tardi, in sede di dichiarazione IVA relativa all’anno di emissione del documento (ossia la dichiarazione riferita al 2025, entro il 30 aprile 2026).
 

(MF/ms)




Codici Ateco 2025: altri chiarimenti

Con la risoluzione n. 24, pubblicata l’8 aprile, l’Agenzia delle Entrate ha fornito precisazioni sulla nuova classificazione ATECO 2025, che è entrata in vigore lo scorso 1° gennaio, in sostituzione della precedente ATECO 2007 – Aggiornamento 2022.

Dal punto di vista operativo, la nuova classificazione è attiva dal 1° aprile, sia per i contribuenti, sia per le pubbliche amministrazioni che la utilizzano. Ai fini amministrativi, non è necessario effettuare alcuna comunicazione in quanto il processo di riclassificazione è eseguito d’ufficio dalle Camere di commercio.

I codici ATECO, relativi alle attività prevalenti e secondarie, collegati alla propria posizione fiscale e registrati in Anagrafe tributaria sono consultabili accedendo alla propria area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate e consultando la sezione “Cassetto fiscale – Consultazioni – Anagrafica”.

Tutti gli operatori interessati dall’aggiornamento dei codici attività sono tenuti a utilizzare i nuovi codici negli atti e nelle dichiarazioni da presentare all’Agenzia delle Entrate.

Ad esempio, per le dichiarazioni IVA 2025 è possibile indicare i codici ATECO 2007 – Aggiornamento 2022 oppure i nuovi codici ATECO 2025, avendo cura di riportare il codice 1 nella casella “Situazioni particolari” presente nel frontespizio del modello (FAQ 5 marzo 2025).

L’adozione della nuova classificazione ATECO 2025 non comporta l’obbligo di presentare un’apposita dichiarazione di variazione dati ai sensi degli artt. 35 e 35-ter del DPR 633/72 e 7 comma 8 del DPR 605/73.

Codici comunicati nella prima dichiarazione di variazione dati effettuata

Tuttavia, viene precisato che il contribuente comunica i codici delle attività esercitate coerentemente con la nuova classificazione ATECO 2025 in occasione della presentazione della prima dichiarazione di variazione dei dati effettuata ai sensi di tali disposizioni, oppure se previsto da specifiche disposizioni normative o regolamentari.

Se il contribuente è iscritto nel Registro delle imprese, la dichiarazione dovrà essere effettuata con la Comunicazione Unica (ComUnica) messa a disposizione da Unioncamere; diversamente, dovrà utilizzare uno dei modelli pubblicati sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate (AA5/6 e AA7/10 per soggetti diversi dalle persone fisiche; AA9/12 per imprese individuali e lavoratori autonomi; ANR/3 per l’identificazione diretta ai fini IVA dei soggetti non residenti).

(MF/ms)




ISA 2025: approvati modelli e istruzioni

Sono stati approvati i modelli con cui i contribuenti comunicano all’Agenzia delle Entrate, in sede di dichiarazione dei redditi, i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) per il periodo di imposta 2024; è previsto che, al solo fine di acquisire le informazioni utili alla elaborazione dei relativi ISA da applicare anche alle società tra professionisti, ovvero alle società tra avvocati, i contribuenti che, nel periodo d’imposta 2024, hanno dichiarato redditi d’impresa derivanti dall’esercizio in via prevalente di determinate attività economiche, devono compilare il modello afferente quella specifica attività.

Premessa
Con Provvedimento del 17 marzo 2025, n. 131055, l’Agenzia delle Entrate ha approvato 172 modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale, da utilizzare per il periodo di imposta 2024 e un sistema di importazione dei dati degli indici sintetici di affidabilità fiscale ai fini della semplificazione del relativo adempimento dichiarativo. Con Provvedimento siglato nella stessa data (Provv. n. 131056/2025) è stato definito anche il percorso telematico per trasmettere i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli Indici; poiché i modelli ISA costituiscono parte integrante di Redditi, con lo stesso Provvedimento sono approvati i controlli di coerenza tra i modelli in argomento.
Tali modelli devono essere presentati dai contribuenti che nel periodo d’imposta 2024 hanno esercitatoin via prevalente, una delle attività economiche del settore dell’agricoltura, delle manifatture, dei servizi, delle attività professionali e del commercio per le quali risultano approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale indicati nella Tabella 1, allegata alle Istruzioni Parte Generale dei modelli ISA e che sono tenuti all’applicazione degli stessi, ovvero che, ancorché esclusi dall’applicazione degli indici, sono comunque tenuti alla presentazione dei modelli, in quanto:

  • esercitano due o più attività di impresa, non rientranti nel medesimo indice sintetico di affidabilità fiscale, qualora l’importo dei ricavi dichiarati relativi alle attività non rientranti tra quelle prese in considerazione dall’indice sintetico di affidabilità fiscale, relativo all’attività prevalente, superi il 30 per cento dell’ammontare totale dei ricavi dichiarati;
  • svolgono attività d’impresa, arte o professione e partecipano a un gruppo IVA di cui al Titolo V-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
In allegato sintesi.

(MF/ms)




Ateco 2025: i condizionamenti sull’attività verso l’Inps

Con la circolare n. 71 pubblicata il 31 marzo, l’INPS ha fornito istruzioni operative ai datori di lavoro, ai committenti e ai professionisti iscritti alla Gestione separata dell’Istituto sulla classificazione delle attività economiche a seguito dell’adozione dal 1° aprile 2025, della nuova classificazione ATECO 2025 predisposta dall’ISTAT.

 

Con l’occasione è reso noto anche l’aggiornamento del “Manuale di classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali ed assistenziali in base all’articolo 49 della legge 88/1989”, che verrà reso disponibile dopo la pubblicazione della circolare in commento.

L’Istituto ricorda innanzitutto che l’ATECO è la classificazione delle attività economiche adottata dall’ISTAT per finalità statistiche e rappresenta la versione italiana della nomenclatura europea NACE (Nomenclature statistique des activités économiques dans la Communauté européenne), che consiste in un sistema di classificazione delle attività economiche nella Comunità europea.

Dopo il processo di aggiornamento da parte dell’ISTAT, la circolare in commento evidenzia che dal 1° gennaio 2025 è entrata in vigore la nuova classificazione ATECO 2025, operativa dal  1° aprile 2025, e che costituisce la versione nazionale della classificazione europea di riferimento NACE rev 2.1, adottata con regolamento delegato (Ue) 2023/137 della Commissione.

Ciò premesso, l’INPS rende noto sia l’aggiornamento della “Procedura Iscrizione e Variazione azienda”, sia la possibilità dal 1° aprile di assegnare il codice ATECO 2025 alle nuove matricole aziendali richieste dai datori di lavoro in caso di inizio attività con dipendenti, con la conseguente attribuzione del codice statistico contributivo (CSC) per la loro classificazione in uno dei settori di attività ai sensi dell’art. 49 della L. 88/1989.

Possono quindi distinguersi diverse situazioni. In particolare, per le nuove iscrizioni con data inizio attività successiva al 31 marzo 2025, i datori di lavoro devono indicare il codice ATECO 2025 rilasciato dalla Camera di commercio industria artigianato e agricoltura (CCIAA) o risultante dall’attività di riattribuzione del precedente codice ATECO 2007 effettuata dalla stessa.

Invece, se al momento dell’iscrizione il datore di lavoro dispone soltanto del codice ATECO 2007 la procedura – per perfezionare l’iscrizione e permettere l’adempimento degli obblighi contributivi – consente di inserire il codice ATECO 2007 proponendo il corrispondente codice ATECO 2025.

È il caso, ad esempio, delle imprese costituite prima del 1° aprile 2025 e che assumono dipendenti successivamente a tale data e alle quali non sia ancora stato riattribuito da parte della CCIAA il codice ATECO 2025.

Se si tratta di matricole attive iscritte in data antecedente al 1° aprile 2025, nella circolare in commento si sottolinea che l’Istituto provvederà progressivamente ad assegnare il nuovo codice ATECO 2025 corrispondente all’attività economica esercitata, anche in base all’attività di riattribuzione effettuata dalla CCIAA, eventualmente riallineando eventuali difformità con quanto indicato nella posizione contributiva.

Per quanto concerne le variazioni, l’INPS precisa che al momento la richiesta di variazione contributiva comporterà l’attribuzione provvisoria di un codice ATECO 2025 sulla base del corrispondente codice ATECO 2007, presente nell’archivio anagrafico. Tale attribuzione sarà suscettibile di consolidamento una volta completata la fase di riattribuzione.

Sempre con riferimento alla classificazione ATECO 2025 e data la crescente rilevanza delle attività di consulenza di vario tipo, l’INPS ha provveduto a istituire il nuovo CSC 70713 (avente le stesse caratteristiche del CSC 70708). Il nuovo codice ha il seguente significato:

  • 7 Terziario (commercio, servizi, professioni, arti);
  •  07 Attività varie (terziario, professionisti e artisti, ecc.);
  • 13 Attività di consulenza.
Di conseguenza, dal 1° aprile 2025 le matricole aziendali che hanno i codici ATECO riferiti a tale attività sono classificati con il CSC 70713.

 

L’INPS si sofferma poi sui soggetti iscritti alla Gestione separata. In particolare, i committenti dovranno inserire nei flussi UniEmens trasmessi dal 1° aprile 2025 (anche se riferiti a periodi antecedenti) il codice ATECO 2025 nel campo “codice Istat”.

La procedura di iscrizione è inoltre aggiornata con i codici ATECO 2025 per i professionisti che si iscrivono per la prima volta alla Gestione separata dal 1° aprile. Invece, per i soggetti già presenti negli archivi gestionali al 31 marzo 2025, la classificazione attualmente esistente nella sezione anagrafica resta valida fino alla lettura di eventuali variazioni presso l’Anagrafe tributaria o attraverso un processo di ricodifica.

Per quanto concerne, infine, gli artigiani e i commercianti, l’aggiornamento delle procedure relative alla gestione dei codici di classificazione delle attività economiche (che permette l’acquisizione dei codici di classificazione ATECO 2025) verrà comunicato con successivo messaggio.

Sul sito istituzionale Istat sono state pubblicate la struttura (codici e titoli) di ATECO 2025, le note esplicative e la tavola di raccordo tra ATECO 2025 e Ateco 2022.

Potete trovare queste informazioni al seguente link: Documentazione tecnica e classificazioni – Istat
 

(MF/ms)




Polizze catastrofali: pubblicate le faq Mimit

Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, MIMIT, ha pubblicato i primi chiarimenti in merito all’operatività in capo alle imprese dell’obbligo di assicurazione per i rischi catastrofali di cui all’art. 1, comma 101, della legge n. 213/2023 e  D.M. n. 18/2025 , pubblicato in G.U. Serie Generale n. 48 del 27 febbraio 2025.

Si riportano i chiarimenti del MIMIT per aspetto operativo. Le FAQ confermano i chiarimenti già forniti da ANIA nei giorni scorsi.
 

Chiarimenti MIMIT polizze catastrofali
Beni in affitto/leasing/noleggio L’imprenditore deve assicurare tutti i beni impiegati nell’esercizio dell’impresa e rientranti nei numeri 1), 2) e 3) sezione Attivo, voce B-II, di cui all’art. 2424 c.c., anche se sugli stessi l’impresa non ha il diritto di proprietà, con la sola esclusione dei beni già assistiti da analoga copertura assicurativa, anche se stipulata da soggetti diversi dall’imprenditore che impiega i beni. Il riferimento all’art. 2424, primo comma, sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3), del codice civile, pertanto, deve essere inteso come un rinvio ai beni ivi elencati, ai fini della loro mera identificazione. 
Immobili con abusi edilizi Obbligo escluso in quanto l’articolo 1 , comma 2, del D.M. n. 18/2025 dispone che “sono esclusi dalla copertura assicurativa i beni immobili che risultino gravati da abuso edilizio o costruiti in carenza delle autorizzazioni previste ovvero gravati da abuso sorto successivamente alla data di costruzione”.
Immobili in costruzione I beni immobili in costruzione non sono soggetti all’obbligo assicurativo, in quanto sono iscritti all’articolo 2424, comma 1, sezione Attivo, voce B-II, numero 5), mentre l’articolo 1, comma 1, lettera b) del D.M. n. 18/2025 fa riferimento alle immobilizzazioni di cui all’articolo 2424, primo comma, sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3), del codice civile.
Polizze collettive L’obbligo assicurativo può essere assolto anche con l’adesione a polizze collettive.
Imprese obbligate  Indipendentemente dalla sezione nella quale sono iscritte, tutte le imprese con sede legale in Italia e le imprese aventi sede legale all’estero con una stabile organizzazione in Italia, tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese ai sensi dell’articolo 2188 del codice civile, hanno l’obbligo di stipulare l’assicurazione contro i danni causati da calamità naturali ed eventi catastrofali di cui all’articolo 1, comma 101, primo periodo, della legge 30 dicembre 2023, n. 213. Sono escluse dall’obbligo solamente le imprese di cui all’articolo 2135 del codice civile (imprese agricole).
Adeguamento polizze in essere  L’articolo 11, comma 2, del D.M. n. 18/2025 prevede che “Per le polizze già in essere, l’adeguamento alle previsioni di legge decorre a partire dal primo rinnovo o quietanzamento utile delle stesse.”
Studio legale  Escluso. L’obbligo assicurativo sussiste per tutte le imprese con sede legale in Italia e le imprese aventi sede legale all’estero con una stabile organizzazione in Italia, tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese ai sensi dell’articolo 2188 del codice civile. L’obbligo di stipulare la polizza, pertanto, discende dall’obbligo di iscrizione al Registro delle imprese.
Abitazioni ad uso promiscuo Se l’immobile considerato è impiegato per l’esercizio dell’attività di impresa ricade nel perimetro dell’obbligo assicurativo per la porzione di edificio destinata all’esercizio dell’attività d’impresa.
Veicoli iscritti al PRA L’articolo 1, comma 1, lettera b), numero 4) del D.M. 30 gennaio 2025, n. 18 definisce le attrezzature industriali e commerciali, comprendendo in esse macchine, attrezzi, utensili e relativi ricambi e basamenti, altri impianti non rientranti nella definizione di fabbricato, impianti e mezzi di sollevamento, pesa, nonché di imballaggio e trasporto non iscritti al P.R.A. Risultano, pertanto, esclusi dai beni oggetto della copertura assicurativa di cui alla legge 30 dicembre 2023, n. 213, i veicoli iscritti al P.R.A.

 
(MF/ms)




Agenzia Entrate: pubblicata la nuova guida alla fatturazione elettronica

Nella giornata del 1° aprile, la prima di applicazione delle specifiche tecniche aggiornate, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la nuova versione (1.10) della propria “Guida alla compilazione delle fatture elettroniche e dell’esterometro”.

La novità principale è certamente quella relativa alle istruzioni per la predisposizione del file XML per la comunicazione dell’omessa o irregolare fatturazione da parte del cedente o prestatore, cui è tenuto il cessionario o committente per evitare di incorrere nella sanzione prevista dall’art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97, trasmettendo al Sistema di Interscambio un file con codice TD29.

Detta norma prevede che il soggetto passivo comunichi le suddette violazioni “all’Agenzia delle Entrate, tramite gli strumenti messi a disposizione dalla medesima, entro novanta giorni dal termine in cui doveva essere emessa la fattura o da quando è stata emessa la fattura irregolare”.

Altra novità risiede nel fatto che, rispetto alla sua previgente versione, l’art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97 non richiede più il previo versamento dell’imposta.

Il cessionario o committente che non provvede alla regolarizzazione è soggetto a una sanzione pari al 70% dell’imposta con un minimo di 250 euro.

Un aspetto interessante sottolineato nella Guida pubblicata riguarda proprio il fatto che il file TD29 trasmesso al SdI “rappresenta una mera comunicazione”. Esso non costituisce più, quindi, un’autofattura, come accadeva per le violazioni commesse prima del 1° settembre 2024 (data di efficacia delle modifiche introdotte dal DLgs. 14 giugno 2024 n. 87).

Ne emerge una conseguenza decisamente significativa. Come precisato nella stessa Guida, il documento caratterizzato dal codice TD29 non ha alcuna rilevanza ai fini dell’imposta, nel senso che “non consente di esercitare la detrazione dell’IVA relativa all’acquisto”.

Ciò nonostante, nel file dovranno comunque essere indicati alcuni degli elementi richiesti dall’art. 21 comma 2 del DPR 633/72, tra cui, ad esempio, la natura, la qualità e la quantità dei beni e servizi acquistati o l’ammontare del corrispettivo.

Quanto alla compilazione, nelle istruzioni fornite dall’Agenzia viene chiarito che:

  • nel blocco <CedentePrestatore> vanno indicati i dati del soggetto passivo che ha ceduto il bene o prestato il servizio;
  • nel blocco <CessionarioCommittente> vanno riportati i dati del cessionario o committente che comunica l’omessa o l’irregolare fatturazione;
  • nel blocco <DatiTrasmissione> va valorizzato con sette zeri il campo <CodiceDestinatario>, mentre non va compilato il campo <PECDestinatario>;
  • nel campo <Data> presente nella sezione <DatiGenerali> del file, va inserita la data di effettuazione dell’operazione;
  • il campo <DatiFattureCollegate> va compilato nel solo caso di fattura irregolare per riportare gli estremi del documento;
  • nel campo <Numero> si potrà indicare una numerazione ad hoc.
È, inoltre, necessario riportare nel file l’imponibile non fatturato dal cedente o prestatore o quello non indicato nella fattura emessa, nonché la relativa imposta calcolata dal cessionario o committente; in presenza di operazioni non imponibili o esenti, va inserito il codice “Natura”.

L’Amministrazione finanziaria precisa infine nella Guida che il tipo documento TD29 può essere rettificato mediante trasmissione al SdI di un file con il medesimo codice e segno positivo o negativo a seconda della tipologia di errore che si desidera correggere.

TD20 ancora utilizzabile in alcuni casi

Rappresenta ancora una “vera” autofattura, invece, il file contraddistinto dal codice TD20, utilizzabile per l’omessa o irregolare fatturazione da parte del cedente o prestatore nelle operazioni soggette a inversione contabile (art. 6 comma 9-bis del DLgs. 471/97) o per le ipotesi di cui all’art. 46 comma 5 del DL 331/93 e quelle ad esse assimilate.

Data la peculiarità del regime, il cessionario o committente, laddove l’omissione o irregolarità riguardi una cessione o prestazione soggetta a reverse charge “interno”, potrà regolarizzare la violazione mediante la trasmissione al SdI di un file TD20, che riporti l’imponibile e un codice Natura della “famiglia” N6 (relativo all’operazione cui l’autofattura si riferisce), e l’invio, a seguire, di un tipo documento TD16 con l’indicazione della relativa imposta.

Analogamente, per le ipotesi di cui all’art. 46 comma 5 del DL 331/93 e assimilate, oltre al file TD20 potranno essere trasmessi documenti caratterizzati dai codici TD17, TD18 o TD19, che consentiranno di adempiere anche agli obblighi di cui all’art. 1 comma 3-bis del DLgs. 127/2015 (c.d. “esterometro”).

(MF/ms)




La comunicazione trimestrale del regime transfrontaliero di franchigia Iva

Con il provv. n. 155649, pubblicato il 28 marzo, l’Agenzia delle Entrate ha approvato il modello di comunicazione trimestrale che dovrà essere utilizzato dai soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato ammessi ad applicare il regime transfrontaliero di franchigia IVA in uno o più Stati membri dell’Unione europea.

Insieme al provv. 30 dicembre 2024 n. 460166, che definiva le modalità e i termini per la c.d. “comunicazione preventiva”, il provvedimento dà attuazione a detto regime, secondo quanto disposto dall’art. 70-terdecies comma 5 del DPR 633/72.

Va ricordato che gli operatori ammessi, contraddistinti dal “numero di identificazione EX”, sono tenuti a comunicare all’Agenzia delle Entrate, entro l’ultimo giorno del mese successivo a ogni trimestre civile (art. 70-unvicies del DPR 633/72):

  • il valore totale delle cessioni e delle prestazioni effettuate nel corso del trimestre nel territorio dello Stato oppure l’assenza di operazioni nel caso in cui non ne siano state effettuate;
  • il valore totale, espresso in euro, delle cessioni e prestazioni effettuate nel corso del trimestre in ciascuno degli altri Stati membri (ivi compresi quelli diversi dai Paesi Ue in cui è stata riconosciuta l’esenzione) o l’eventuale assenza di operazioni.
La comunicazione va presentata anche nell’eventualità in cui venga superata la soglia di 100.000 euro di volume d’affari annuo nell’Ue. In questo caso, come specificato nel provvedimento, il soggetto passivo ha 15 giorni di tempo per la trasmissione del modello, che decorrono dal superamento, ed è tenuto a “comunicare la data in cui si è verificato tale evento, nonché il valore delle cessioni e prestazioni effettuate dall’inizio del trimestre civile in corso fino alla predetta data” (provv. n. 155649/2025, § 3.3).

Qualora, infatti, sia superata tale soglia in corso d’anno, “il soggetto passivo cessa di applicare il regime di franchigia in tutti gli Stati di esenzione” a partire dal momento in cui avviene il superamento (art. 70-duovicies del DPR 633/72).

La trasmissione deve avvenire esclusivamente in modalità telematica e può essere effettuata direttamente dal contribuente o da un intermediario abilitato.

Nel caso in cui la presentazione sia avvenuta con un ritardo superiore a trenta giorni o qualora siano state inviate tardivamente due comunicazioni consecutive, l’Agenzia ne dà tempestiva informazione agli Stati membri in cui l’operatore è stato ammesso ad applicare il regime transfrontaliero di franchigia, “i quali possono sospendere temporaneamente le semplificazioni IVA connesse al predetto regime” (provv. n. 155649/2025, § 3.4).

Peculiare è poi la presentazione dei modelli “correttivi”. È possibile porre rimedio a errori o a omissioni trasmettendo nuovamente la comunicazione entro tre anni dal termine ordinario. Tale facoltà è concessa anche nell’ipotesi in cui “vengano meno, in tutto o in parte, le operazioni effettuate in un trimestre civile” (provv. n. 155649/2025, § 3.4).

Non è, invece, consentito apporre modifiche alla “Comunicazione finale” che sia stata presentata in conseguenza del superamento della soglia di euro 100.000 di volume d’affari annuo nell’Ue.

Con riguardo alla compilazione del modello, composto dal frontespizio e dal quadro A, nel quale vanno riportate le informazioni richieste dall’art. 70-unvicies del DPR 633/72, le istruzioni allegate al provvedimento contengono alcuni elementi interessanti.

Nel suddetto quadro A sono presenti, tra l’altro, nella sezione relativa alle operazioni effettuate in altri Stati Ue:

  • la colonna 2, che va compilata per ciascuno degli Stati membri (ivi compresi quelli in cui non è applicata l’esenzione) e che riporta il valore delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi (al netto dell’IVA), effettuate nel corso del trimestre in detto Stato;
  • la colonna 5, che va compilata solo nei righi relativi agli Stati Ue in cui l’operatore applica il regime di franchigia, e che riporta il codice ATECO dell’attività esercitata o di quella prevalente per il trimestre (se lo Stato membro ha fissato soglie di franchigia differenziate per settori di attività, occorre compilare “più righi per il medesimo Stato membro utilizzando moduli successivi al primo”).
Nella colonna 3 vanno invece indicate le operazioni effettuate nel trimestre precedente l’ammissione. A tal proposito, può essere utile richiamare uno degli esempi riportati nelle istruzioni. Si pensi a un soggetto passivo che presenta la suddetta comunicazione preventiva il 4 marzo, indicando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei due anni precedenti e quelle relative al periodo tra il 1° gennaio e il 3 marzo. Ipotizzando che venga ammesso al regime dal 7 aprile, tale operatore sarà tenuto a presentare:
  • il modello relativo al secondo trimestre;
  • una comunicazione relativa al primo trimestre “indicando nella colonna 3 del quadro A solo le operazioni effettuate tra il 4 marzo e il 31 marzo”.
(MF/ms)



Obbligo polizze catastrofali: bocciato il rinvio. Rimane la scadenza al 31 marzo 2025.

Informiamo le aziende associate che ieri non è passata l’ipotesi di rinvio di sette mesi per l’obbligo di stipula, in capo alle imprese operanti in Italia, delle c.d. polizze catastrofali.

La proposta, caldeggiata dalle associazioni imprenditoriali, era contenuta in un emendamento al ddl di conversione in legge del decreto Bollette, presentato da Riccardo Zucconi (FdI), ma dichiarato inammissibile da parte della Commissione Attività produttive della Camera.

L’obbligo di stipula rimane dunque confermato a partire dal 31 marzo.

In allegato potete scaricare le slide utilizzate dal relatore Filippo Sala di Axa Assicurazioni durante il nostro webinar: “Polizze catastrofali: gli obblighi per le imprese”, tenutosi il 26 marzo scorso. 

(MS/am)




Da aprile applicabili le nuove specifiche tecniche della fatturazione elettronica

Fra pochi giorni entrerà in vigore la versione 1.9 delle specifiche tecniche per la fatturazione elettronica, pubblicata lo scorso 31 gennaio. Le modifiche, che discendono da novità legislative, pur non essendo numerose, avranno un impatto significativo.
La più rilevante è certamente quella concernente le modalità con le quali dovrà essere presentata all’Agenzia delle Entrate la comunicazione cui è tenuto il cessionario o il committente nell’ipotesi di mancata o irregolare fatturazione da parte del cedente o del prestatore, per non incorrere nella sanzione di cui all’art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97.
La norma, così come modificata dal c.d. D.Lgs. “Sanzioni” (DLgs. 14 giugno 2024 n. 87), ha effetto a decorrere dalle violazioni commesse dal 1° settembre 2024. Il procedimento di denuncia prevede che il soggetto passivo sia tenuto a comunicare l’omissione o irregolarità all’Agenzia delle Entrate “entro novanta giorni dal termine in cui doveva essere emessa la fattura o da quando è stata emessa la fattura irregolare”. Il cessionario o committente che non vi provveda è soggetto a una sanzione pari al 70% dell’imposta con un minimo di 250 euro.
L’art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97 dispone che la comunicazione debba avvenire “tramite gli strumenti messi a disposizione” dall’Agenzia delle Entrate.
Dal prossimo 1° aprile tale comunicazione dovrà essere effettuata utilizzando un file XML da trasmettere via Sistema di Interscambio, con codice tipo documento “TD29”.
In ordine alla compilazione, si evince dalla lettura delle specifiche tecniche che:
  • nel campo cedente/prestatore va riportato un soggetto diverso da quello indicato nel campo cessionario/committente, pena lo scarto del file con codice errore “00471”;
  • nel campo cedente/prestatore possono essere riportati soltanto i dati di operatori nazionali, non essendo ammesso un valore diverso da “IT” nell’elemento “IdPaese”; in caso contrario il file viene scartato con codice errore “00473”;
  • la compilazione del tipo documento prevede necessariamente l’indicazione del numero di partita IVA del cedente o prestatore; in caso contrario il file viene scartato con codice errore “00475”.
Ciò detto, sempre a decorrere dal 1° aprile, cambierà la descrizione del tipo documento “TD20”, che non contemplerà più il riferimento all’art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97; da ciò potrebbe dedursi che per le omesse o irregolari fatturazioni commesse fino al 31 marzo 2025 sia ancora consentito utilizzare la procedura “tradizionale”.
Occorre, tuttavia, sottolineare che tale procedura era stata introdotta in presenza di un diverso assetto normativo, che prevedeva, da parte del cessionario/committente, il “previo versamento dell’imposta”, attualmente non richiesto. Ragion per cui si era stati propensi a ritenere che la modifica dell’art. 6 comma 8 avrebbe comportato una differente modalità di comunicazione.
Non risulta, sul punto, una presa di posizione ufficiale da parte dell’Amministrazione finanziaria, tuttavia, in base a segnalazioni giunte in redazione, alcuni soggetti che avevano inteso comunicare l’irregolarità inviando una PEC agli Uffici territoriali di competenza hanno ricevuto una lettera da tali Uffici in cui veniva loro comunicato che avrebbe potuto “essere valutato di utilizzare per la regolarizzazione in parola il tipo Documento TD20”.
Quanto al “TD20”, come detto, dal prossimo 1° aprile esso cambia descrizione, potendo ancora essere adottato in caso di omessa o irregolare fatturazione da parte del cedente o prestatore nelle operazioni soggette a inversione contabile (art. 6 comma 9-bis del DLgs. 471/97) o nelle ipotesi di cui all’art. 46 comma 5 del DL 331/93 e in quelle assimilate.

Novità in tema di fattura semplificata
Tra le ulteriori novità contenute nelle specifiche tecniche alcune riguardano i regimi di franchigia.
Posto che dal 1° gennaio del 2025 è applicabile il regime transfrontaliero di cui alla direttiva Ue n. 2020/285 (recepita nel DPR 633/72 a opera del DLgs. 180/2024), è stato inserito il nuovo codice “RF20 – Regime transfrontaliero di Franchigia IVA (Direttiva UE 2020/285)”.
Lo stesso DLgs. 180/2024 ha previsto per entrambi i regimi di franchigia (transfrontaliero e forfetario), dall’inizio dell’anno, la possibilità di emettere fatture semplificate per importi superiori a 400 euro (limite stabilito dall’art. 21-bis comma 3 del DPR 633/72 e dal DM 10 maggio 2019).
In ragione di questa nuova opportunità sono stati modificati i controlli sul file XML. In particolare, sarà ammesso il superamento di tale soglia non solo nel caso in cui si stia modificando una fattura già emessa e sia stato valorizzato il blocco “DatiFatturaRettificata”, ma anche qualora siano trasmessi file delle fatture semplificate contraddistinti dai codici RF19 (Regime forfettario (art. 1, c. 54-89, L. 190/2014)) o RF20.

(MF/ms)