1

Entro il 31 ottobre 2023 la regolarizzazione delle violazioni formali

Scade il prossimo 31 ottobre il termine per pagare i 200 euro utili per regolarizzare le violazioni formali commesse sino al 31 ottobre 2022.

La definizione, prevista dall’art. 1 commi 166 ss. della L. 197/2022 sana tutte le violazioni formali commesse pagando appena 200 euro per periodo di imposta ed è strutturata in modo simile a quella che era stata prevista dall’art. 9 del DL 119/2018.

Il pagamento avviene in due rate, scadenti il 31 ottobre 2023 e il 31 marzo 2024 ma è possibile il pagamento in unica soluzione entro il 31 ottobre.

L’originario termine del 31 marzo 2023 per la prima rata (o per tutte le somme) è stato posticipato al 31 ottobre dal DL 30 marzo 2023 n. 34 (c.d. decreto “Bollette”).

Bisogna a tal fine indicare nel modello F24 il codice tributo “TF44”, istituito con la risoluzione n. 6 del 2023.

Se si tratta di violazioni commesse nella dichiarazione (esempio, comunicazione delle minusvalenze) si indica l’anno cui si riferisce la dichiarazione, e non l’anno in cui viene trasmessa; per le altre violazioni, l’anno in cui la violazione è stata commessa.

Ad esempio, se le minusvalenze non sono state indicate nel modello REDDITI 2020, nel modello F24 è corretto indicare l’anno 2019.

In base alla regola generale dovendo il pagamento avvenire con modello F24 sembra possibile estinguere il debito dei 200 euro mediante compensazione con crediti di imposta.

La L. 197/2022 non contiene nessun divieto e il provv. Agenzia delle Entrate 30 gennaio 2023 n. 27629 tace sul punto. Del pari, alcuna indicazione si rinviene nella ris. Agenzia delle Entrate 14 febbraio 2023 n. 6.

Oltre al pagamento è necessario rimuovere l’irregolarità o l’omissione ma per questo c’è tempo sino al 31 marzo 2024 (provv. Agenzia delle Entrate 30 gennaio 2023 n. 27629).

Non sempre è necessaria la rimozione, anche se per quanto possibile è prudente provvedere.

Per quanto riguarda le violazioni definibili deve trattarsi di irregolarità che non hanno causato la debenza di una maggiore imposta e che non hanno inciso sui versamenti.

È opportuno verificare se la violazione che si intende sanare è compresa nell’elenco (non esaustivo) contenuto nella circolare n. 2 del 2023 e nella precedente circolare n. 11 del 2019.

A titolo esemplificativo, sono definibili pagando i 200 euro:

  • l’omessa/tardiva fatturazione elettronica delle operazioni se non c’è stato nessun effetto sulla liquidazione IVA e se la dichiarazione è stata compilata correttamente;
  • l’omessa/tardiva trasmissione telematica di corrispettivi memorizzati, sempre se non c’è stato nessun effetto sulla liquidazione IVA e se la dichiarazione è stata compilata correttamente;
  • l’omessa o tardiva fatturazione di operazioni esentinon imponibiliescluse se non c’è stato effetto sulle imposte dirette;
  • l’omessa comunicazione delle liquidazioni IVA se non ci sono stati riflessi sulla liquidazione IVA;
  • gli errori in tema di reverse charge (incluso l’omesso reverse charge) in assenza di frode, con imposta comunque assolta e se non ci sono limiti alla detrazione;
  • la detrazione di un’IVA non dovuta per errore di aliquota, se l’imposta è stata assolta e non ci sono contesti frodatori;
  • l’omessa comunicazione delle minusvalenze;
  • l’omissione o la tardività nell’invio dei modelli INTRASTAT;
  • le errate/omesse comunicazioni al Sistema tessera sanitaria.
Importante l’elenco della circolare

Invece, non possono essere sanate le violazioni seguenti:

  • violazioni in tema di quadro RW;
  • omessa regolarizzazione del cessionario ex art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97;
  • omessa trasmissione delle dichiarazioni ad opera degli intermediari (è sanabile la sola tardività secondo le circolari);
  • omessa trasmissione delle Certificazioni Uniche;
  • omessa dichiarazione anche se non ci sono imposte dovute.
Non rientrano nella definizione delle violazioni formali le irregolarità che possono essere sanate tramite la remissione in bonis (mancata opzione per il consolidato fiscale, per la trasparenza fiscale, modello EAS).

(MF/ms)




Online gli elenchi Split Payment per l’anno 2024

Sul sito internet del Dipartimento delle Finanze sono stati pubblicati gli elenchi che individuano le società, gli enti e le fondazioni, nei cui confronti si applicherà lo split payment per l’anno 2024.
Tale meccanismo prevede che l’IVA addebitata dal cedente o prestatore nelle fatture debba essere versata dal cessionario o committente direttamente all’Erario, anziché al fornitore, scindendo il pagamento del corrispettivo da quello della relativa imposta (circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2015).

Nella fattura elettronica, l’applicazione dello split payment si segnala riportando il valore “S” (scissione dei pagamenti) nel campo “Esigibilità IVA”.

Trattandosi di una misura di deroga all’ordinario meccanismo di applicazione dell’imposta che caratterizza il sistema dell’IVA, è necessaria l’autorizzazione del Consiglio dell’Ue (art. 395 della direttiva 2006/112/Ce). Quest’ultima è stata concessa, al momento, sino al 30 giugno 2026 con la decisione del Consiglio dell’Ue n. 1552 del 25 luglio 2023. 

Sulla base della decisione, l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione dell’autorizzazione rimane invariato, almeno in una prima fase. A decorrere dal 1° luglio 2025, però, saranno escluse le società quotate nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana identificate ai fini IVA, di cui all’art. 17-ter comma 1-bis lett. d) del DPR 633/72. 

Ai sensi dell’art. 17-ter del DPR 633/72, la scissione dei pagamenti si applica alle operazioni effettuate nei confronti:

  • delle Amministrazioni Pubbliche definite dall’art. 1 comma 2 della L. 196/2009 e presenti nell’elenco “IPA” consultabile all’indirizzo www.indicepa.gov.it;
  • di enti, fondazioni e società, di cui all’art. 17-ter comma 1-bis del DPR 633/72, individuati dal Dipartimento delle Finanze con appositi elenchi pubblicati entro il 20 ottobre di ciascun anno, con effetti a valere per l’anno successivo (art. 5-ter comma 2 del DM 23 gennaio 2015).
In conformità a tale quadro normativo, il Dipartimento delle Finanze ha pubblicato i seguenti elenchi per l’anno 2024 aggiornati al 20 ottobre 2023:
  • società controllate di fatto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri (art. 2359 comma 1 n. 2 c.c.);
  • enti o società controllate dalle Amministrazioni centrali;
  • enti o società controllate dalle Amministrazioni locali;
  • enti o società controllate dagli Enti nazionali di previdenza e assistenza;
  • enti, fondazioni o società partecipate per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70%, dalle Amministrazioni Pubbliche;
  • società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana.
Per ciascun soggetto presente negli elenchi è indicato:
  • il codice fiscale;
  • la denominazione;
  • la data di decorrenza dell’inclusione.
Occorre considerare, infatti, che l’aggiornamento degli elenchi avviene in via continuativa nel corso dell’anno.

Di conseguenza, la disciplina dello split payment deve ritenersi applicabile o non più applicabile dalla data di aggiornamento dell’elenco (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 9/2018).

In presenza di un cessionario o committente potenzialmente destinatario dello split payment, è necessario che il cedente o prestatore verifichi, prima dell’emissione di ciascuna fattura, se il cliente è stato incluso nei predetti elenchi ovvero ne è fuoriuscito. Peraltro, se il soggetto passivo agisce in modo coerente rispetto agli elenchi, non assumono rilievo eventuali variazioni sopravvenute.

Apposito modulo per segnalare gli errori

Salvo le società quotate nell’indice FTSE MIB, i soggetti interessati possono segnalare eventuali mancate o errate inclusioni negli elenchi al Dipartimento delle Finanze, il quale provvederà ad aggiornarli, se necessario. Le richieste di inclusione ed esclusione dagli elenchi devono essere inviate utilizzando esclusivamente l’apposito modulo. Occorre fornire idonea documentazione a supporto dell’istanza presentata, inclusa obbligatoriamente una visura camerale.

(MF/ms)




Per gli investimenti in beni prenotati nel 2022 c’è tempo fino al 30 novembre

Scade il prossimo 30 novembre il termine “lungo” per effettuare gli investimenti in beni materiali e immateriali “ordinari” e materiali “4.0” prenotati nel 2022, per fruire del credito d’imposta ex L. 178/2020 nella misura prevista per il 2022. Il termine è stato così prorogato, da ultimo, ad opera del DL 198/2022 (c.d. decreto “Milleproroghe”).

L’art. 1 comma 1055 della L. 178/2020 dispone che per gli investimenti in nuovi beni strumentali “ordinari” (diversi da quelli 4.0) effettuati dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022 (in assenza di precedente “prenotazione”), il credito d’imposta spetti nella misura del 6% del costo, nel limite massimo dei costi agevolabili pari a 2 milioni di euro per i beni materiali e a 1 milione per quelli immateriali.

Tale agevolazione spetta anche nel caso in cui gli investimenti vengano effettuati nel termine “lungo” del 30 novembre 2023 (come modificato dall’art. 12 comma 1-bis del DL 198/2022), qualora entro il 31 dicembre 2022 il relativo ordine sia stato accettato dal venditore e sia stato effettuato il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione. In tal modo, infatti, si verifica la c.d. “prenotazione”, che incardina l’agevolazione nella disciplina prevista dall’art. 1 comma 1055 della L. 178/2020 (sul tema della “prenotazione” si vedano, ex multis, risposte a interpello Agenzia delle Entrate nn. 62/2022, 355/2022, 473/2022 e 537/2022).

Si ricorda che per gli investimenti in beni “ordinari” effettuati nel 2023 – senza alcuna “prenotazione” – non è invece previsto alcun credito d’imposta.

Quanto ai beni materiali “4.0”, ai sensi dell’art. 1 comma 1057 della L. 178/2020, per gli investimenti in beni strumentali nuovi indicati nell’Allegato A alla L. 232/2016 effettuati nel 2022, o nel termine “lungo” del 30 novembre 2023 (come modificato dall’art. 12 comma 1-ter del DL 198/2022) in caso di “prenotazione” entro il 31 dicembre 2022, il credito d’imposta spetta nella misura del 40%, 20% e 10%, rispettivamente per le quote di investimenti fino a 2,5 milioni di euro, tra 2,5 e 10 milioni e tra 10 e 20 milioni.

Nel caso in cui tali investimenti vengano effettuati oltre il 30 novembre ma sempre nel 2023, l’agevolazione applicabile sarebbe quella prevista per il 2023, vale a dire la misura inferiore del 20%, 10% e 5% (art. 1 comma 1057-bis della L. 178/2020, che riguarda, sulla base dell’attuale disciplina, gli investimenti fino al 2025).

Per i beni immateriali “4.0” prenotati nel 2022 il termine “lungo” per l’effettuazione dell’investimento è scaduto lo scorso 30 giugno.

Indicazione già nel modello REDDITI 2023

L’agevolazione relativa agli investimenti in beni materiali e immateriali “ordinari” e in beni materiali “4.0” prenotati nel 2022, ma effettuati entro il 30 novembre 2023, deve essere indicata nel modello REDDITI 2023.

Le istruzioni per la compilazione del quadro RU di tali modelli prevedono infatti che nella colonna 2 del rigo RU5 (rigo denominato “credito d’imposta spettante nel periodo”) vada indicato l’importo del credito d’imposta maturato per investimenti effettuati successivamente alla chiusura del periodo d’imposta oggetto della dichiarazione ed entro il 30 novembre 2023 (30 giugno 2023 per il codice “3L”) per i quali entro il 31 dicembre 2022 si sia proceduto all’ordine vincolante e sia stato versato l’acconto del 20% del prezzo di acquisto.

Viene altresì precisato che “tale importo, qualora utilizzato in compensazione, non può essere riportato nel rigo RU6 della presente dichiarazione in quanto compensato nel periodo d’imposta successivo a quello oggetto della presente dichiarazione”.

Per i beni in esame occorre inoltre compilare il rigo RU140, denominato “Investimenti beni strumentali 2022 (effettuati dopo la chiusura del periodo d’imposta)”.

Le istruzioni per la compilazione del modello REDDITI SC 2023 prevedono infatti che, ai fini del monitoraggio della misura agevolativa nell’ambito del PNRR, per poter misurare il raggiungimento da parte dell’Italia degli obiettivi previsti nel piano, fermi restando i termini di utilizzo del credito d’imposta previsti dalla legge, vadano indicati anche i dati degli investimenti effettuati entro il 30 novembre 2023 (o entro il 30 giugno 2023 per il credito “3L” ) per i quali entro il 31 dicembre 2022 si sia proceduto alla “prenotazione”, anche se non ricompresi nel periodo d’imposta di riferimento della
presente dichiarazione.

Sulla base di alcuni chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate (FAQ Agenzia delle Entrate 5 giugno 2023, ancorché con riguardo al modello REDDITI 2023), nel successivo modello REDDITI 2024, nel rigo RU130 andranno indicati soltanto gli investimenti effettuati nel periodo d’imposta oggetto di tale dichiarazione (vale a dire il 2023) ma diversi da quelli già esposti nel rigo RU140 del modello REDDITI 2023, per evitare la duplicazione dei dati.

(MF/ms) 




Istat: agosto e settembre 2023

Istat agosto 2023
Comunichiamo che l’indice Istat di agosto 2023, necessario per l’aggiornamento dei canoni di locazione è pari a + 5,2% (variazione annuale) e a + 13,8% (variazione biennale).
 
Entrambi gli indici considerati nella misura del 75% diventano rispettivamente + 3,9% e + 10,35%.

Istat settembre  2023
Comunichiamo che l’indice Istat di settembre 2023, necessario per l’aggiornamento dei canoni di locazione è pari a + 5,1% (variazione annuale) e a + 14,2% (variazione biennale).
 
Entrambi gli indici considerati nella misura del 75% diventano rispettivamente + 3,825% e + 10,650%.
 
(MS/ms)




Valute estere: settembre 2023

Si comunica l’accertamento delle valute estere per il mese di settembre 2023 (Provv. Agenzia delle Entrate del 18 ottobre 2023)

Art. I

Agli effetti delle norme dei titoli I e II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, che vi fanno riferimento, le medie dei cambi delle valute estere calcolati a titolo indicativo dalla Banca d’Italia sulla base delle quotazioni di mercato sono accertate per il mese di settembre 2023 come segue:

  Per 1 Euro
Dinaro Algerino 146,4386
Peso Argentino 373,9348
Dollaro Australiano 1,6622
Real Brasiliano 5,277
Dollaro Canadese 1,4458
Corona Ceca 24,3804
Renminbi (Yuan)Cina Repubblica Popolare 7,7967
Corona Danese 7,4566
Yen Giapponese 157,7952
Rupia Indiana 88,7372
Corona Norvegese 11,4525
Dollaro Neozelandese 1,8012
Zloty Polacco 4,5981
Sterlina Gran Bretagna 0,86158
Nuovo Leu Rumeno 4,9656
Rublo Russo 0
Dollaro USA 1,0684
Rand (Sud Africa) 20,278
Corona Svedese 11,8417
Franco Svizzero 0,96
Dinaro Tunisino 3,3567
Hryvnia Ucraina 39,0639
Forint Ungherese 386,429
 

 
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate, al seguente link, cambi di settembre, sono a disposizione i dati sui cambi relativi alle restanti valute riportate nel decreto in oggetto.

(MP/ms)
 




ACE: abrogata dal 2024

L’art. 5 del DLgs. approvato il 16 ottobre in via preliminare dal Consiglio dei Ministri prevede, nel contesto della ridefinizione degli incentivi alle imprese, l’abrogazione dell’agevolazione ACE con effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 (ovvero, dal 2024, per i soggetti con esercizio sociale coincidente con l’anno solare).

L’agevolazione dovrebbe essere idealmente sostituita da quella prevista dall’art. 6 comma 1 lettera a) della L. 111/2023, che si sostanzia in una riduzione dell’aliquota IRES per gli utili impiegati in nuovi investimenti o in nuove assunzioni, e che per il solo 2024 dovrebbe limitarsi alla extra-deduzione del 20% del costo del personale, decisa dall’art. 4 dello stesso decreto legislativo.

Dal punto di vista normativo, si provvede:

  • ad abrogare l’art. 1 del DL 201/2011, che regola in modo generale l’agevolazione ACE;
  • ad abrogare l’art. 1 commi 549 – 552 della L. 232/2016, i quali prevedono, per i soggetti IRPEF, una base fissa di calcolo rappresentata dalla differenza fra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto al 31 dicembre 2010;
  • a fare salvo il riporto delle eccedenze ACE maturate sino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2023.
    La stessa tecnica normativa era stata utilizzata dall’art. 1 comma 1080 della L. 145/2018 (legge di bilancio 2019), anch’esso finalizzato alla soppressione dell’agevolazione.
Le concrete conseguenze di quest’ultima norma, tuttavia, non si erano viste, in quanto con l’art. 1 comma 287 della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020) si era proceduto a fare rivivere gli effetti dell’ACE, la quale si era quindi applicata a tutti i soggetti interessati senza soluzione di continuità.

L’abrogazione, se verrà confermata nella versione definitiva del decreto, comporterà di fatto la “perdita” degli incrementi di patrimonio netto che le società avevano registrato dal 2011 in poi, suscettibili in più casi di ridurre in modo significativo l’imponibile.

Nell’attesa di verificare quale sarà il testo definitivo della norma, si possono iniziare a fare due ordini di considerazioni riguardanti, rispettivamente, le ultime “code” della super ACE e i possibili riflessi delle clausole antielusive contenute nell’art. 10 del DM 3 agosto 2017.

Quanto al primo aspetto, l’art. 19 commi 4 e 5 del DL 73/2021 obbligano al riversamento della super ACE (sotto forma di restituzione del credito d’imposta o di variazione in aumento del reddito imponibile) se vi sono distribuzioni “eccedenti” sino al secondo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021 (ovvero, sino al 2023 compreso, per i soggetti “solari”): il meccanismo di recupero si conclude, quindi, prima dell’abrogazione dell’ACE, per cui l’impresa che procedesse entro la fine dell’anno a distribuire dividendi straordinari non controbilanciati da nuovi conferimenti o accantonamenti di utili a riserva dovrebbe essere soggetta al procedimento di recapture.

Il secondo tema è più complesso, ma può essere esemplificato con il caso di una società con incrementi patrimoniali al 31 dicembre 2023 per 15 milioni di euro e finanziamenti concessi a una controllata per 5 milioni di euro: il rendimento nozionale è calcolato partendo dal dato di 10 milioni, posto che il finanziamento va a ridurre la base di calcolo dell’agevolazione, e ammonta a 130.000 euro, dato il coefficiente dell’1,3%.

Ove il 2023 si chiuda in perdita, la società potrebbe riportare l’eccedenza non sfruttata di 130.000 euro alle annualità successive, ma a rigore l’eccedenza, essendo “fotografata” al 31 dicembre 2023, non potrebbe incrementarsi se, negli anni successivi, il finanziamento fosse restituito.

Il tema si era già posto all’atto dell’abrogazione della Dual Income Tax, tanto che la sentenza della Corte di Cassazione n. 21241/2017 aveva stabilito la legittimità dei comportamenti delle società che, anche nei periodi d’imposta successivi all’abrogazione dell’agevolazione, ne avevano incrementato la base di calcolo a seguito dei rimborsi dei finanziamenti.

Dal punto di vista sostanziale le situazioni sono similari, anche se, guardando alla tecnica normativa utilizzata, all’atto dell’abrogazione della DIT la società poteva continuare a usufruire dell’agevolazione, pur se l’ammontare degli incrementi era “congelato” al 30 giugno 2001, mentre le attuali disposizioni hanno ad oggetto le sole eccedenze che si formano alla del 2023, in quanto l’ACE non esiste più.

Si può però sostenere, in linea con la Cassazione, che se in vigenza dell’agevolazione questa era stata compressa in virtù della destinazione della liquidità ad altri fini (il finanziamento della partecipata), essa dovrebbe riespandersi anche nel periodo transitorio che inizia dopo la sua soppressione, in quanto con il rimborso del finanziamento viene semplicemente meno la condizione (l’utilizzo diretto dei fondi per il potenziamento dell’impresa) che avrebbe portato a un beneficio fiscale maggiore nei periodi d’imposta precedenti: ciò porterebbe, in pratica, al ricalcolo dell’eccedenza a 195.000 euro (l’1,3% di 15 milioni) dopo che il finanziamento viene rimborsato.
 

(MF/ms)




Doppia fattura allo SDI: si sana con la doppia nota di variazione

Se per una stessa operazione vengono trasmessi due file XML al Sistema di Interscambio, l’errore può essere sanato attraverso la registrazione dei documenti duplicati e l’emissione di una nota di variazione in diminuzione a storno.

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 447, pubblicata il 13 ottobre, ha confermato il proprio precedente orientamento (risposta a interpello 8 ottobre 2019 n. 395).

Il caso in esame riguarda una società italiana (Alfa) che commercializza prodotti a soggetti esteri e che accedendo al proprio cassetto fiscale, si accorgeva della presenza di alcune fatture duplicate, emesse negli anni 2022 e 2023 nei confronti di un cliente olandese (Beta).

La circostanza era dovuta al fatto che, una volta trasmessi i file XML, Alfa impiegava un diverso portale (Delta) per l’inserimento dei dati delle fatture emesse nei confronti di Beta, che quest’ultima utilizzava per la propria contabilità.

I gestori di Delta, in considerazione delle modifiche alle modalità di comunicazione delle operazioni transfrontaliere, in vigore dal 1° luglio 2022, comunicavano a tutti gli utenti che, salvo diversa indicazione, avrebbero provveduto a trasmettere al Sistema di Interscambio le transazioni con acquirenti stranieri. Inconsapevole di tale circostanza, la società si rendeva conto solo nel giugno 2023 della duplicazione della certificazione delle operazioni intercorse con la propria cliente olandese.

L’Agenzia delle Entrate ricorda come il Sistema di Interscambio effettui una serie di controlli propedeutici all’inoltro al destinatario della fattura.

In particolare, come riportato nelle specifiche tecniche allegate sub A al provv. 24 novembre 2022 n. 433608, la verifica “viene eseguita al fine di intercettare ed impedire l’inoltro di una fattura già trasmessa e elaborata”; in quest’ottica, nel caso in cui i dati contenuti all’interno del file e relativi all’identificativo del cedente o prestatore, all’anno contenuto nella data e al numero del documento “coincidano con quelli di una fattura precedentemente trasmessa e per la quale non sia stata inviata al soggetto trasmittente una ricevuta di scarto, il documento viene rifiutato”.

Considerato che, nel caso di specie, il soggetto passivo si è avvalso di intermediari, i file XML non sono stati scartati poiché il Sistema di Interscambio non è stato in grado di intercettare l’errore di duplicazione “in ragione della diversa nomenclatura delle fatture e dei relativi duplicati”.

Nel presupposto che i documenti si riferiscano alle medesime operazioni, l’Agenzia delle Entrate conferma che l’errore può essere rimediato attraverso la “registrazione, nel periodo d’imposta corrente, di tutti i duplicati emessi dall’intermediario alla controparte”, procedendo contestualmente allo storno degli stessi grazie all’emissione di una nota di variazione ex art. 26 comma 2 del DPR 633/72.

Tale norma consente, infatti, la riduzione della base imponibile e dell’imposta nel caso in cui “un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile”.

Come già sostenuto in passato (risposta a interpello n. 395/2019), l’Agenzia afferma che la fattispecie in esame può essere ricondotta alle figure “simili” alle cause di “nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione” che consentono la variazione in diminuzione senza limiti di tempo.

Il soggetto passivo, subordinatamente, come detto, alla registrazione dei duplicati, ha facoltà di emettere e annotare le note di credito per procedere al relativo storno. Tali note possono essere “cumulative per ogni codice identificativo IVA di ciascun acquirente”, con indicazione degli estremi delle fatture duplicate e, nel campo “causale”, della dicitura “storno totale delle fatture per errato invio tramite SdI”.
 

(MF/ms)




Al via il 26 ottobre il “Bonus colonnine”

Imprese e professionisti potranno richiedere un contributo economico per acquistare e installare infrastrutture di ricarica per i veicoli elettrici.

Il Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha reso noto di aver fissato, con due decreti direttoriali, le date di avvio della piattaforma, gestita da Invitalia, con la quale si potrà accedere al “Bonus Colonnine per imprese e professionisti”: si parte alle 10.00 del 26 ottobre con la compilazione della domanda.

L’invio sarà possibile a partire dal 10 novembre e la chiusura dei termini è alle 17.00 del 30 novembre.

Le agevolazioni sono rivolte a imprese di qualunque dimensione su tutto il territorio nazionale e a singoli professionisti, per un importo pari al 40% delle spese ammissibili sostenute successivamente al 4 novembre 2021 e oggetto di fatturazione elettronica.

Queste possono riguardare l’acquisto e messa in opera di infrastrutture di ricarica, comprese le spese di installazione delle colonnine, gli impianti elettrici, le opere edili strettamente necessarie, gli impianti e i dispositivi per il monitoraggio.

Il contributo copre, fino al limite massimo del 10% del costo per l’acquisto e messa in opera, anche le spese sostenute per la connessione alla rete elettrica e quelle per la progettazione, direzione lavori, sicurezza e collaudi.

Le risorse disponibili per il bonus colonnine sono 87,5 milioni: 70 serviranno a sostenere le imprese per l’acquisto di infrastrutture di ricarica dal valore complessivo inferiore ai 375.000 euro, mentre 8,75 milioni sono stanziati per un valore superiore alla stessa soglia. I restanti 8,75 milioni sono invece rivolti ai professionisti.

“Con questa importante novità rivolta agli operatori economici – ha commentato il Ministro Gilberto Pichetto Fratin – vogliamo accompagnare la crescita della mobilità elettrica nel Paese, già fortemente sostenuta dal PNRR”.
 

(MF/ms)




Conseguenze della fatturazione oltre i termini

L’art. 21, comma 4 del D.P.R. n. 633/1972, dispone che: la fattura è emessa entro dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione determinata ai sensi dell’art. 6 dello stesso decreto.  

Il momento di effettuazione dell’operazione è così individuato: 

  • le cessioni di beni si considerano effettuate nel momento della stipulazione se riguardano beni immobili e nel momento della consegna o spedizione se riguardano beni mobili;
  • le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo. 
Una volta individuato il momento di effettuazione dell’operazione, la fattura “immediata” deve essere emessa entro 12 giorni.  

Questo è il termine di emissione della fattura elettronica (o anche ordinaria). La data del documento fiscale dovrà sempre essere valorizzata con la data dell’operazione. Indicazione rilevabile dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 14/2019 . 

Cosicché, se ipotizziamo una cessione di beni effettuata il 28 ottobre 2023, la fattura potrà essere: 

  • emessa (ossia generata e inviata allo SdI) il medesimo giorno, così che “data dell’operazione” e “data di emissione” coincidano ed il campo “Data” della sezione “Dati Generali” sia compilato con lo stesso valore (28 ottobre 2023);
  • generata il giorno dell’operazione e trasmessa allo SdI entro i 12 giorni successivi, valorizzando la data della fattura (campo “Data” della sezione “Dati Generali” del file) sempre con la data dell’operazione (28 ottobre 2023);
  • generata e inviata allo SdI in uno qualsiasi dei giorni intercorrenti tra l’operazione (28 ottobre  2023) e il termine ultimo di emissione (9 novembre), valorizzando la data della fattura (campo “Data” della sezione “Dati Generali” del file) sempre con la data dell’operazione (28 ottobre 2023).
Rimane ferma la possibilità di emettere una fattura anticipata (o differita) rispetto alla data di effettuazione dell’operazione individuata nei termini anzidetti.  

Laddove la fattura non sia emessa nei suddetti termini, potrebbero scattare le sanzioni di cui  all’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997.

Le sanzioni possono variare a seconda se l’omessa o la tardiva fatturazione ha inciso sulla liquidazione e, dunque, sul versamento dell’Iva all’Erario. 

Laddove l’invio tardivo della fattura non ha inciso sull’Iva da versare all’Erario (violazione “formale”sanabile anche in ravvedimento), si applica la sanzione da 250 a 2.000 euro. 

Per le violazioni formali, è ancora possibile ricorre alla regolarizzazione delle irregolarità formali (Legge n. 197/2022) versando, entro il 31 ottobre 2023, una somma pari a 200 euro per periodo d’imposta a cui si riferiscono le violazioni commesse. Il pagamento può essere effettuato anche in due rate: 31 ottobre 2023 e 31 marzo 2024.  

Laddove invece la fattura tardiva abbia comportato il versamento dell’Iva in misura inferiore rispetto a quella effettivamente dovuta: scatta la sanzione dal 90 al 80% dell’imposta non documentata o documentata con un ritardo tale da incidere sulla liquidazione periodica del tributo.

A ogni modo, per le violazioni sostanziali, la sanzione non può essere inferiore a 500 euro per ogni singola violazione. Fermo restando: la riduzione al terzo (art. 16, D.Lgs. n. 472/1997) e la possibilità di ravvedere l’inadempimento. Anche dopo aver ricevuto una lettera di compliance.  
 

(MF/ms)




Il diritto alla detrazione Iva per le fatture elettroniche nell’area riservata

In base alle indicazioni di cui alla circolare dell’Agenzia delle Entrate, n. 1/2018, l’esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti richiede alla base una serie di presupposti ossia due requisiti assoluti: oltre al presupposto sostanziale dell’effettuazione dell’operazione; anche quello di presupposto formale del possesso di una valida fattura d’acquisto.

Inoltre, ai fini della detrazione, la fattura deve essere annotata nel registro Iva degli acquisti.

In base all’art. 1 del D.P.R. n. 100/1998, comma 1, secondo periodo: entro il medesimo termine (16 di ciascun mese) di cui al periodo precedente può essere esercitato il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai documenti di acquisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, fatta eccezione per i documenti di acquisto relativi ad operazioni effettuate nell’anno precedente. 

Tali indicazioni vanno rapportate con le disposizioni di cui all’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972.

Articolo in base al quale, il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo. 

Come da provvedimento del 30 aprile 2018 n. 89757/2018, in materia di fatturazione elettronica, punto 4.3, potrebbe accadere che il recapito della fattura al soggetto ricevente non sia possibile.

In tale caso lo SdI rende comunque disponibile al cessionario/committente la fattura elettronica nella sua area riservata del sito web dell’Agenzia delle Entrate, comunicando tale informazione, unitamente alla data di messa a disposizione del file, al soggetto trasmittente, affinché il cedente/prestatore comunichi,­ per vie diverse dallo SdI ­al cessionario/committente, che la fattura elettronica è a sua disposizione nella predetta area riservata. 

A tal proposito, nella risposta n. 435/2023, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di chiarire che, nel caso in cui la fattura superasse i controlli, ma lo SdI non riuscisse a consegnarla per problemi del canale telematico a cui tenta di recapitarla, la data dalla quale può essere detratta l’Iva coincide con quella di ”presa visione” (da parte del cliente) della fattura nell’area riservata ”Consultazione Dati rilevanti ai fini IVA” del portale ”Fatture e Corrispettivi”.

In base a tali precisazioni, la ”presa visione” della fattura determina l’avverarsi del ”presupposto formale” che,­ in ragione dei chiarimenti forniti con la citata circolare n. 1/E/2018unitamente al realizzarsi del ”presupposto sostanziale”, consente il legittimo esercizio del diritto alla detrazione.
 

(MF/ms)