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Obbligo polizze catastrofali: bocciato il rinvio. Rimane la scadenza al 31 marzo 2025.

Informiamo le aziende associate che ieri non è passata l’ipotesi di rinvio di sette mesi per l’obbligo di stipula, in capo alle imprese operanti in Italia, delle c.d. polizze catastrofali.

La proposta, caldeggiata dalle associazioni imprenditoriali, era contenuta in un emendamento al ddl di conversione in legge del decreto Bollette, presentato da Riccardo Zucconi (FdI), ma dichiarato inammissibile da parte della Commissione Attività produttive della Camera.

L’obbligo di stipula rimane dunque confermato a partire dal 31 marzo.

In allegato potete scaricare le slide utilizzate dal relatore Filippo Sala di Axa Assicurazioni durante il nostro webinar: “Polizze catastrofali: gli obblighi per le imprese”, tenutosi il 26 marzo scorso. 

(MS/am)




Da aprile applicabili le nuove specifiche tecniche della fatturazione elettronica

Fra pochi giorni entrerà in vigore la versione 1.9 delle specifiche tecniche per la fatturazione elettronica, pubblicata lo scorso 31 gennaio. Le modifiche, che discendono da novità legislative, pur non essendo numerose, avranno un impatto significativo.
La più rilevante è certamente quella concernente le modalità con le quali dovrà essere presentata all’Agenzia delle Entrate la comunicazione cui è tenuto il cessionario o il committente nell’ipotesi di mancata o irregolare fatturazione da parte del cedente o del prestatore, per non incorrere nella sanzione di cui all’art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97.
La norma, così come modificata dal c.d. D.Lgs. “Sanzioni” (DLgs. 14 giugno 2024 n. 87), ha effetto a decorrere dalle violazioni commesse dal 1° settembre 2024. Il procedimento di denuncia prevede che il soggetto passivo sia tenuto a comunicare l’omissione o irregolarità all’Agenzia delle Entrate “entro novanta giorni dal termine in cui doveva essere emessa la fattura o da quando è stata emessa la fattura irregolare”. Il cessionario o committente che non vi provveda è soggetto a una sanzione pari al 70% dell’imposta con un minimo di 250 euro.
L’art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97 dispone che la comunicazione debba avvenire “tramite gli strumenti messi a disposizione” dall’Agenzia delle Entrate.
Dal prossimo 1° aprile tale comunicazione dovrà essere effettuata utilizzando un file XML da trasmettere via Sistema di Interscambio, con codice tipo documento “TD29”.
In ordine alla compilazione, si evince dalla lettura delle specifiche tecniche che:
  • nel campo cedente/prestatore va riportato un soggetto diverso da quello indicato nel campo cessionario/committente, pena lo scarto del file con codice errore “00471”;
  • nel campo cedente/prestatore possono essere riportati soltanto i dati di operatori nazionali, non essendo ammesso un valore diverso da “IT” nell’elemento “IdPaese”; in caso contrario il file viene scartato con codice errore “00473”;
  • la compilazione del tipo documento prevede necessariamente l’indicazione del numero di partita IVA del cedente o prestatore; in caso contrario il file viene scartato con codice errore “00475”.
Ciò detto, sempre a decorrere dal 1° aprile, cambierà la descrizione del tipo documento “TD20”, che non contemplerà più il riferimento all’art. 6 comma 8 del DLgs. 471/97; da ciò potrebbe dedursi che per le omesse o irregolari fatturazioni commesse fino al 31 marzo 2025 sia ancora consentito utilizzare la procedura “tradizionale”.
Occorre, tuttavia, sottolineare che tale procedura era stata introdotta in presenza di un diverso assetto normativo, che prevedeva, da parte del cessionario/committente, il “previo versamento dell’imposta”, attualmente non richiesto. Ragion per cui si era stati propensi a ritenere che la modifica dell’art. 6 comma 8 avrebbe comportato una differente modalità di comunicazione.
Non risulta, sul punto, una presa di posizione ufficiale da parte dell’Amministrazione finanziaria, tuttavia, in base a segnalazioni giunte in redazione, alcuni soggetti che avevano inteso comunicare l’irregolarità inviando una PEC agli Uffici territoriali di competenza hanno ricevuto una lettera da tali Uffici in cui veniva loro comunicato che avrebbe potuto “essere valutato di utilizzare per la regolarizzazione in parola il tipo Documento TD20”.
Quanto al “TD20”, come detto, dal prossimo 1° aprile esso cambia descrizione, potendo ancora essere adottato in caso di omessa o irregolare fatturazione da parte del cedente o prestatore nelle operazioni soggette a inversione contabile (art. 6 comma 9-bis del DLgs. 471/97) o nelle ipotesi di cui all’art. 46 comma 5 del DL 331/93 e in quelle assimilate.

Novità in tema di fattura semplificata
Tra le ulteriori novità contenute nelle specifiche tecniche alcune riguardano i regimi di franchigia.
Posto che dal 1° gennaio del 2025 è applicabile il regime transfrontaliero di cui alla direttiva Ue n. 2020/285 (recepita nel DPR 633/72 a opera del DLgs. 180/2024), è stato inserito il nuovo codice “RF20 – Regime transfrontaliero di Franchigia IVA (Direttiva UE 2020/285)”.
Lo stesso DLgs. 180/2024 ha previsto per entrambi i regimi di franchigia (transfrontaliero e forfetario), dall’inizio dell’anno, la possibilità di emettere fatture semplificate per importi superiori a 400 euro (limite stabilito dall’art. 21-bis comma 3 del DPR 633/72 e dal DM 10 maggio 2019).
In ragione di questa nuova opportunità sono stati modificati i controlli sul file XML. In particolare, sarà ammesso il superamento di tale soglia non solo nel caso in cui si stia modificando una fattura già emessa e sia stato valorizzato il blocco “DatiFatturaRettificata”, ma anche qualora siano trasmessi file delle fatture semplificate contraddistinti dai codici RF19 (Regime forfettario (art. 1, c. 54-89, L. 190/2014)) o RF20.

(MF/ms)




Pronti i coefficienti per l’Imu 2025 dei fabbricati “D” delle imprese

Con il decreto ministeriale 14 marzo 2025, pubblicato sulla G.U. n. 69 del 24 marzo 2025, il Ministero dell’Economia e delle finanze ha aggiornato, con riferimento all’anno 2025, i coefficienti per calcolare la base imponibile, ai fini dell’IMU, dei fabbricati classificabili nel gruppo catastale D (immobili “a destinazione speciale”, per esigenze produttive, industriali e commerciali, come fabbriche o alberghi) che risultano al contempo non iscritti in Catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati (art. 1 comma 746 della L. 160/2019).

Giova ricordare che, fino al momento della richiesta di attribuzione della rendita catastale, la base imponibile per l’IMU di tali fabbricati viene determinata, alla data di inizio di ciascun anno solare (ovvero, se successiva, alla data di acquisizione), prendendo a riferimento i costi “storici” di acquisto o di costruzione risultanti dalle scritture contabili.

Detti costi vanno considerati al lordo delle quote di ammortamento e devono ricomprendere, tra l’altro, il costo del terreno e le spese incrementative (cfr. ris. Ministero dell’Economia e delle finanze 28 marzo 2013 n. 6/DF).

Per calcolare la base imponibile per l’IMU, è peraltro necessario “attualizzare” detti costi “storici”, applicando i coefficienti annualmente aggiornati con decreto ministeriale (al fine di tenere conto dei dati ISTAT sull’andamento del costo di costruzione di un capannone).

In particolare, occorre fare riferimento all’anno di sostenimento dei costi di acquisto o di costruzione, e in base a tale anno va individuato il coefficiente ministeriale da applicare ai predetti costi.

Ad esempio, i costi di acquisto o costruzione sostenuti nel 2025 vanno moltiplicati per il coefficiente stabilito con riguardo al 2025 dal DM in commento.

Per i costi incrementativi deve invece farsi riferimento alla loro contabilizzazione al termine dell’esercizio, per cui quelli in corso d’anno rileveranno nell’esercizio successivo (e proprio con riferimento all’esercizio successivo andrà individuato il coefficiente ministeriale da applicare).

I coefficienti fissati con il decreto ministeriale in esame, per l’anno 2025, sono i seguenti:
anno 2025 = 1,00; anno 2024 = 1,00; anno 2023 = 1,02; anno 2022 = 1,14; anno 2021 = 1,19; anno 2020 = 1,19; anno 2019 = 1,20; anno 2018 = 1,22; anno 2017 = 1,22; anno 2016 = 1,23; anno 2015 = 1,23; anno 2014 = 1,23; anno 2013 = 1,24; anno 2012 = 1,27; anno 2011 = 1,30; anno 2010 = 1,32; anno 2009 = 1,34; anno 2008 = 1,39; anno 2007 = 1,44; anno 2006 = 1,48; anno 2005 = 1,52; anno 2004 = 1,61; anno 2003 = 1,66; anno 2002 = 1,72; anno 2001 = 1,76; anno 2000 = 1,82; anno 1999 = 1,85; anno 1998 = 1,87; anno 1997 = 1,92; anno 1996 = 1,98; anno 1995 = 2,04; anno 1994 = 2,11; anno 1993 = 2,15; anno 1992= 2,17; anno 1991 = 2,21; anno 1990 = 2,32; anno 1989 = 2,42; anno 1988 = 2,53; anno 1987 = 2,74; anno 1986 = 2,95; anno 1985 = 3,16; anno 1984 = 3,37; anno 1983 = 3,58 e anno 1982 = 3,79.

Tali criteri di determinazione della base imponibile ai fini IMU si applicano anche per gli immobili concessi in leasing.

In questa ipotesi, il comma 746 dell’art. 1 della L. 160/2019 specifica che “il valore è determinato sulla base delle scritture contabili del locatore, il quale è obbligato a fornire tempestivamente al locatario” (soggetto passivo IMU ex art. 1 comma 743 della L. 160/2019) “tutti i dati necessari per il calcolo”.

In ogni caso, a seguito della richiesta di attribuzione della rendita catastale, anche per i fabbricati del gruppo D vanno applicate, in luogo dei richiamati criteri di valorizzazione, le modalità “ordinarie” di determinazione della base imponibile ai fini IMU, da calcolare prendendo a riferimento la rendita catastale rivalutata del 5%, cui sono applicati i moltiplicatori stabiliti dall’art. 1 comma 745 della L. 160/2019 (il moltiplicatore è pari a 65 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D, a eccezione dei fabbricati classificati nella categoria catastale D/5, per i quali è invece pari a 80).

I coefficienti si applicano anche per l’IMPi

Dal 2020 i coefficienti individuati dal decreto ministeriale in esame si applicano anche per determinare il valore delle piattaforme marine e dei rigassificatori, che costituisce la base imponibile ai fini dell’IMPi, ossia l’imposta immobiliare sulle piattaforme marine, ex art. 38 comma 2 del DL 124/2019 (tale articolo rinvia al previgente art. 5 comma 3 del DLgs. 504/92, attualmente sostituito dalle previsioni dell’art. 1 comma 746 della L. 160/2019 sopra illustrate).
 




PEC amministratori: chiarimenti dal MIMIT

L’obbligo di iscrivere la PEC degli amministratori al Registro delle imprese si applica anche alle società costituite prima del 1° gennaio 2025 (data di entrata in vigore della L. n. 207/2024), riguarda tutti gli amministratori e va assolto iscrivendo un indirizzo PEC personale per ciascuno di essi.

Sono queste le principali indicazioni che il MIMIT ha fornito il 12 marzo con la nota n. 43836, sull’obbligo di iscrizione nel Registro delle imprese del domicilio digitale (PEC) degli amministratori di imprese costituite in forma societaria sancito dall’art. 1 comma 860 della L. n. 207/2024.

Tale disposizione, infatti, modificando l’art. 5 comma 1 del DL 179/2012 convertito, ha esteso l’obbligo di comunicare al Registro delle imprese oltre all’indirizzo PEC della società anche quello degli amministratori.

Come detto, l’obbligo di iscrivere la PEC degli amministratori si applica anche alle società già costituite prima del 1° gennaio 2025; esse, peraltro, possono comunicare gli indirizzi PEC dei propri amministratori entro il 30 giugno 2025.

Oggetto di comunicazione è la PEC di tutti i soggetti, persone fisiche o giuridiche, cui formalmente compete il potere di gestione degli affari sociali, con le connesse funzioni di dirigenza ed organizzazione.

Il riferimento dell’obbligo alle persone che svolgono l’incarico e non all’organo in quanto tale comporta che, in presenza di una pluralità di amministratori, debba essere iscritto un indirizzo PEC per ciascuno di essi.

L’obbligo, inoltre, attiene anche ai liquidatori della società, siano essi nominati dai soci o per intervento giudiziale.

Una eventuale comunicazione, per conto dell’amministratore, dell’indirizzo PEC della società sarebbe foriera di molteplici complicazioni e poco in linea con la ratio della norma, tesa a garantire la conoscibilità di un recapito PEC proprio ed esclusivo dell’amministratore da parte di tutti i soggetti terzi che possano avere legittimamente interesse ad un canale di comunicazione diretto e formale.

A fronte di ciò, quindi, le imprese che, nel frattempo, avessero optato per la coincidenza tra i due recapiti, potranno conformarsi alle nuove indicazioni entro il termine del 30 giugno 2025.

In ogni caso, ove un medesimo soggetto svolga l’incarico di amministratore in favore di una pluralità di imprese, potrà indicare per ciascuna di esse una medesima PEC.

Dall’ampia formulazione della disposizione normativa consegue che l’obbligo attiene a tutte le forme societarie – siano esse società di persone o di capitali – secondo le quali può svolgersi un’attività imprenditoriale, con esclusione della società semplice (con la sola eccezione delle società semplici che esercitino l’attività agricola) e delle società di mutuo soccorso.

Per le stesse ragioni, alla luce dell’attività sociale, si esclude che l’obbligo trovi applicazione ai consorzi, anche con attività esterna, e alle società consortili.

Si ritiene, invece, che possano essere ricomprese le reti di imprese che, in presenza di un fondo comune e dello svolgimento di un’attività commerciale rivolta ai terzi, si iscrivano al Registro delle imprese acquisendo soggettività giuridica.

Sebbene la disposizione che esenta dall’imposta di bollo e dai diritti di segreteria sia testualmente riferita alla sola iscrizione nel Registro delle imprese della PEC dell’impresa, si ritiene che essa operi anche in relazione alla comunicazione e alla variazione degli indirizzi PEC degli amministratori.

L’omissione dell’indicazione degli indirizzi PEC degli amministratori, in quanto elemento informativo necessario per espressa previsione di legge, impedisce la positiva conclusione dell’iter istruttorio della domanda presentata dall’impresa.

Pertanto, a fronte di una domanda di iscrizione – ovvero di un atto di nomina o di rinnovo di un amministratore – da parte di un’impresa soggetta all’obbligo, la Camera di commercio ricevente l’istanza dovrà disporre la sospensione del procedimento, assegnando all’impresa un congruo termine, comunque non superiore a trenta giorni, per l’integrazione del dato mancante; procedendo poi, in difetto di ottemperanza, al rigetto della domanda.

La nuova disciplina – conclude il MIMIT – non reca alcuna specifica previsione sanzionatoria e, in forza del principio di legalità di cui all’art. 1 della L. 689/81, non possono trovare applicazione, in via d’estensione o analogica, le disposizioni di cui ai commi 6-bis e 6-ter dell’art. 16 del DL 185/2008 convertito; residua, peraltro, l’applicabilità dell’art. 2630 c.c., che contempla la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 a 1.032 euro nei confronti di chi, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, ometta di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il Registro delle imprese, salva la riduzione dell’importo della sanzione ad un terzo nel caso in cui la denuncia, la comunicazione o il deposito avvengano nei trenta giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti.
 

(MF/ms)




Invio dei corrispettivi: stabile le regole per adempimento tramite software

Gli esercenti che effettuano operazioni al dettaglio ex art. 22 del DPR 633/72 potranno memorizzare e trasmettere i dati dei corrispettivi anche mediante soluzioni software, senza necessità di dotarsi dei registratori telematici.

Con il provvedimento n. 111204/2025, l’Agenzia delle Entrate ha approvato le specifiche tecniche per la realizzazione di tali soluzioni, dando attuazione a quanto previsto dall’art. 24 del DLgs. 1/2024 (c.d. decreto “Adempimenti”).

Questa disposizione, infatti, ha aperto la strada all’utilizzo di strumenti alternativi ai registratori telematici e alla procedura web dell’Agenzia delle Entrate, stabilendo che la memorizzazione e l’invio dei “corrispettivi giornalieri anonimi” può essere effettuata mediante soluzioni software che garantiscano la sicurezza e l’inalterabilità dei dati.

Secondo quanto si legge nel provvedimento, il processo di rilevazione dei corrispettivi si fonderà sull’utilizzo di due componenti software strettamente interdipendenti: il modulo fiscale 1 (MF1), ossia un’applicazione o software gestionale installato su un dispositivo o sistema hardware (es. PC, tablet, smartPOS), e il modulo fiscale 2 (MF2), installato su un sistema hardware in grado di interfacciarsi in modalità web service con il sistema dell’Agenzia delle Entrate.

Il dispositivo con la componente MF1 è definito, complessivamente, punto di emissione (PEM), mentre il sistema hardware comprensivo del modulo fiscale 2 è definito punto di elaborazione (PEL).

Il processo di rilevazione dei dati si realizza mediante l’interazione tra questi due strumenti.

In particolare, il PEM (che può essere collegato a uno o più punti cassa) registra in modalità sicura i dati fiscali delle operazioni e rilascia il documento commerciale. In condizioni ordinarie, poi, trasmette automaticamente i dati al PEL. Quest’ultimo invece memorizza fiscalmente i dati di dettaglio delle singole operazioni, conservandoli digitalmente nel tempo, e trasmette il file XML di riepilogo dei corrispettivi giornalieri. È solo il punto di elaborazione, infatti, che dialoga con il sistema dell’Agenzia delle Entrate.

L’autenticità, l’inalterabilità e la riservatezza di queste operazioni è garantita fra l’altro dal sigillo elettronico apposto sul file e dalla connessione protetta.

Ogni soluzione software è soggetta ad approvazione dell’Agenzia delle Entrate, previo parere della Commissione sui misuratori fiscali.

Nello specifico, il produttore (ossia il soggetto qualificato che realizza la soluzione software) dovrà presentare istanza di approvazione all’Agenzia, unitamente alla certificazione che attesta la conformità alle specifiche tecniche e alle norme fiscali vigenti. Nel provvedimento si precisa, peraltro, che le istanze potranno essere presentate a decorrere dalla data che sarà resa nota sul sito dell’Agenzia medesima.

La soluzione software approvata sarà poi resa disponibile agli esercenti dal soggetto erogatore, il quale gestisce il punto di elaborazione. Anche in questo caso si tratta di un soggetto opportunamente qualificato (che può anche coincidere con il produttore).

In termini generali, l’esercente che intenda utilizzare una soluzione software approvata dovrà rivolgersi a un soggetto erogatore (salvo che non assuma egli stesso tale ruolo) e accreditarsi nell’area riservata del portale Fatture e Corrispettivi, al fine di registrarsi al sistema e comunicare all’Agenzia delle Entrate il software utilizzato.

Dopodiché dovrà censire i punti di emissione tramite il soggetto erogatore e solo al termine del processo, quando il PEM sarà attivato e messo in servizio, potrà registrare le operazioni effettuate e trasmettere in tempo reale al PEL i relativi dati di dettaglio.

Si precisa che l’accreditamento può avvenire anche tramite un intermediario con delega al servizio “Accreditamento e censimento dispositivi” (cfr. provv. Agenzia delle Entrate 5 novembre 2018). Inoltre, gli esercenti che sono già accreditati e che vogliono utilizzare la soluzione software in sostituzione o in abbinamento ai registratori telematici dovranno aggiornare la propria registrazione.

Richiesto l’accreditamento su Fatture e Corrispettivi

Le nuove soluzioni software consentiranno anche di gestire i flussi di dati per la lotteria degli scontrini.

Per quanto riguarda i dati di pagamento, l’art. 24 del DLgs. 1/2024 ha specificamente stabilito che le nuove soluzioni devono consentire la piena integrazione e interazione del processo di registrazione dei corrispettivi con il processo di pagamento elettronico, laddove l’operazione sia regolata con tali mezzi.

Sotto tale aspetto, dunque, la norma si pone in linea con la novità prevista dalla L. 207/2024. Nelle specifiche approvate dall’Agenzia è però precisato che le modalità tecniche relative alla memorizzazione e trasmissione delle informazioni dei pagamenti elettronici saranno definite con successive disposizioni regolamentari.
 

(MF/ms)




Bilancio 2024: nuovi criteri per rilevazione ricavi e info in nota integrativa

La novità maggiormente rilevante, ai fini della predisposizione del bilancio relativo all’esercizio 2024, è rappresentata dall’entrata in vigore del documento OIC 34, che disciplina i criteri per la rilevazione e la valutazione dei ricavi, nonché le informazioni da presentare nella Nota integrativa.

Il nuovo principio contabile affronta tematiche che in passato non erano disciplinate dallo standard setter.

Le indicazioni ivi contenute consentono, in particolare, di chiarire il trattamento da adottare in riferimento alla prassi consistente nella vendita di beni unitamente alla fornitura di servizi, da prestare successivamente (c.d. “ricavi misti”).

Tra le novità più rilevanti si segnalano, inoltre, le nuove regole di imputazione temporale dei ricavi derivanti da prestazioni di servizi, che consentono di ricorrere al criterio dello stato di avanzamento, se sono rispettate specifiche condizioni.

Con riferimento al bilancio 2024 trovano, poi, applicazione gli emendamenti agli altri principi contabili nazionali rilasciati dalla Fondazione OIC in conseguenza della pubblicazione del documento OIC 34.

Si ricorda, in particolare, che, in concomitanza con la pubblicazione del nuovo principio contabile (avvenuta il 19 aprile 2023), la Fondazione OIC ha emendato i documenti OIC 11, 12, 13, 15, 16, 19, 23, 31 e 33, con lo scopo di eliminare le incoerenze rispetto all’OIC 34.

Il 18 marzo 2024 sono stati, poi, ulteriormente emendati i documenti OIC 12, 15 e 19, in riferimento agli sconti, alle penalità e alle vendite con garanzia.

Altra novità importante, in considerazione dell’elevato numero di imprese coinvolte, è quella che attiene all’incremento dei limiti dimensionali per la redazione del bilancio d’esercizio in forma abbreviata e micro.

L’intervento, disposto dal DLgs. 125/2024, determina, in linea generale, l’estensione del numero di soggetti che possono fruire delle semplificazioni nella redazione del bilancio d’esercizio.

Sulla base delle indicazioni di decorrenza contenute nell’art. 2 della direttiva 2023/2775/Ue, i nuovi parametri dovrebbero trovare applicazione (in considerazione della ratio semplificatoria ad essi sottostante) con riferimento ai bilanci relativi agli esercizi aventi inizio dal 1° gennaio 2024.

In ordine alla decorrenza dei nuovi limiti, si ripresentano, comunque, le incertezze interpretative emerse in passato con riferimento ai precedenti adeguamenti dei parametri.

Sotto altro profilo, con riferimento ai bilanci attualmente in chiusura, non trovano più applicazione i regimi derogatori introdotti in conseguenza dell’evento pandemico e relativi agli ammortamenti delle immobilizzazioni materiali e immateriali, alle perdite di capitale e alla continuità aziendale.

Occorre, tuttavia, considerare gli effetti che si producono sul bilancio 2024 qualora l’impresa vi abbia in passato aderito.

In particolare, la sospensione degli ammortamenti delle immobilizzazioni materiali e immateriali, possibile nella predisposizione dei bilanci dal 2020 al 2023 ex art. 60 comma 7-bis ss. del DL 104/2020 convertito, implica la rideterminazione delle quote di ammortamento degli esercizi successivi alla sospensione.

Occorre, inoltre, procedere, al verificarsi dei relativi presupposti, alla liberazione della riserva indisponibile costituita a fronte della sospensione e al riassorbimento della relativa fiscalità differita.

Per quanto riguarda la sterilizzazione delle perdite di capitale, permangono specifici obblighi di informativa nella Nota integrativa con riferimento alle perdite “coperte” dalla disciplina speciale di cui all’art. 6 del DL 23/2020 convertito (cioè quelle emerse nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2022 e nei precedenti).

Continua, invece, a trovare applicazione il regime derogatorio di cui all’art. 45 comma 3-octies ss. del DL 73/2022 convertito, che consente di non svalutare i titoli iscritti nell’attivo circolante, fatta salva l’ipotesi in cui la perdita abbia carattere durevole.

Il DM 23 settembre 2024 ha, infatti, prorogato la disciplina derogatoria anche all’esercizio 2024, considerato il “permanere di una situazione di volatilità dei corsi e quindi di turbolenza dei mercati finanziari”.

Nella predisposizione del bilancio 2024 occorre, poi, considerare le conseguenze, sotto il profilo contabile, delle disposizioni introdotte dal DLgs. 192/2024 (di riforma dell’IRPEF e dell’IRES), finalizzate alla riduzione del doppio binario tra valori contabili e fiscali.

Le fattispecie interessate dalla norma sono i contributi in conto capitale, le commesse infrannuali e pluriennali e le operazioni in valuta.

Gli effetti di natura contabile si producono, in particolare, sulla fiscalità differita.

Infine, si segnala l’emanazione del DLgs. 125/2024, contenente le nuove regole per la rendicontazione di sostenibilità, che dovrà trovare collocazione all’interno della Relazione sulla gestione.
 

(MF/ms)




Nuovi codici Ateco e dichiarazioni Iva

Con l’operatività, dal prossimo 1° aprile, della nuova classificazione delle attività economiche ATECO 2025, adottata in sostituzione della precedente ATECO 2007 (aggiornamento 2022), si sono posti alcuni dubbi sugli effetti che questa potrebbe avere nell’ambito dei modelli IVA.

Un primo dubbio è sorto, ad esempio, in merito al codice attività da indicare nel quadro VA della dichiarazione annuale. In particolare, ci si è chiesti se per le dichiarazioni presentate dal 1° aprile 2025 si dovesse fare riferimento alla tabella 2025 o a quella 2007.

Secondo quanto chiarito da una FAQ dell’Agenzia delle Entrate, sono possibili entrambe le alternative. Tuttavia, laddove si decida di indicare il codice della tabella ATECO 2025, occorrerà riportare il valore “1” nella casella “Situazioni particolari” presente nel frontespizio del modello.

Un problema simile si porrà plausibilmente anche per la presentazione del modello IVA TR da parte dei soggetti passivi che intendono utilizzare in compensazione o chiedere a rimborso il credito IVA del primo trimestre 2025.

In tal caso, in assenza di indicazioni specifiche, e considerato che il modello può essere presentato soltanto a partire dal prossimo 1° aprile, data in cui sarà già operativa la nuova classificazione, si dovrebbe poter fare riferimento direttamente alla nuova tabella ATECO, senza ulteriori segnalazioni.

In tema di rimborsi, va però rilevato che la classificazione ATECO assume rilevanza anche sotto un altro aspetto, ossia per l’individuazione dei soggetti che possono beneficiare del rimborso in via prioritaria ex art. 38-bis comma 10 del DPR 633/72. La priorità nell’esecuzione è garantita dall’attribuzione, nei database dell’Agenzia delle Entrate, di un numero progressivo nella graduatoria istituita, rispettivamente, per i rimborsi trimestrali o annuali, che assicura la precedenza rispetto all’esecuzione in via ordinaria (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 15/2015).

Ai sensi dell’art. 38-bis comma 10 citato, i destinatari dei rimborsi IVA prioritari sono determinati mediante decreto ministeriale “in relazione all’attività esercitata ed alle tipologie di operazioni effettuate”. In attuazione di tale norma, sono stati identificati, fra gli altri, coloro che svolgono le attività individuate dai seguenti codici:

  • ATECOFIN 2004 37.10.1, “Recupero e preparazione per il riciclaggio di cascami e rottami metallici” (DM 25 maggio 2007);
  • ATECOFIN 2004 27.43.0, “Produzione di piombo, zinco e stagno semilavorati” (DM 18 luglio 2007);
  • ATECOFIN 2004 27.42.0, “Produzione di alluminio e semilavorati” (DM 21 dicembre 2007);
  • ATECO 2007 30.30.09, “Fabbricazione di aeromobili, veicoli spaziali e dei relativi dispositivi nca” (DM 10 luglio 2014);
  • ATECO 2007 59.14.00, “Attività di proiezione cinematografica” (DM 27 aprile 2015).
Va rilevato, al riguardo, che sia le istruzioni al modello di dichiarazione IVA (rigo VX4, campo 4), sia le istruzioni al modello IVA TR (rigo TD8, campo 1), nell’indicare i soggetti che possiedono il diritto all’eventuale rimborso prioritario, fanno ancora riferimento ai codici attività originariamente individuati dai decreti ministeriali. In altre parole, nonostante il passaggio dalla classificazione del 2004 a quella del 2007, il riferimento ATECO nelle istruzioni ai modelli è rimasto invariato.

Nel cambio di classificazione avvenuto in passato (dalla tabella ATECOFIN 2004 ad ATECO 2007), per due tipologie di attività (27.43.0 e 27.42.0), si è registrata una semplice rinumerazione con corrispondenza univoca tra le attività individuate dai codici precedenti e quelle individuate dai codici successivi (rispettivamente, 24.43.00 e 24.42.00). Un eventuale problema poteva porsi solamente per il codice 37.10.1 (recupero e preparazione per il riciclaggio di cascami e rottami metallici), il quale era confluito in due distinti codici della tabella ATECO 2007, ossia il 38.31.10, che riporta la medesima descrizione, e il 38.32.10, riferito invece alla demolizione di carcasse.

L’Agenzia delle Entrate non aveva, però, fornito indicazioni sul raccordo tra i diversi codici che avrebbero potuto tornare utili anche nell’ulteriore passaggio ad ATECO 2025, laddove la nuova classificazione ha introdotto modifiche sia nella struttura, sia nei titoli e contenuti dei codici. In particolare, la sottocategoria “fabbricazione di aeromobili, veicoli spaziali e dei relativi dispositivi nca” (30.30.09) non trova corrispondenza univoca con una sottocategoria della nuova classificazione 2025, essendo tale attività ora riconducibile a due codici (30.31.00 e 30.32.00) che comprendono anche ulteriori attività prima tenute distinte.

In assenza di chiarimenti, dunque, ai fini dei rimborsi prioritari, si potrebbe supporre che per l’accesso all’agevolazione debba farsi riferimento all’attività oggettivamente individuata dal codice indicato in origine dai decreti ministeriali, a prescindere dal fatto che il soggetto richiedente indichi nel modello un codice attività diverso.

 

(MF/ms)




Unificato l’accesso ai servizi online di Agenzia Entrate e Riscossione

Con un comunicato stampa del 18 marzo 2025, l’Agenzia delle Entrate rende nota la nascita di un’unica homepage per l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Solo lo scorso anno, come sottolineato dall’Amministrazione finanziaria, i siti delle rispettive Agenzie hanno fatto registrare complessivamente oltre 213 milioni di accessi.

Da oggi, invece, il cittadino viene indirizzato su un’unica pagina che racchiude i principali servizi web di entrambe.

In alto sono presenti i link diretti a ciascuna delle due Agenzie (che quindi conservano i rispettivi siti istituzionali) e un video di presentazione delle principali novità introdotte.

Successivamente si possono trovare notizie, provvedimenti e scadenze di Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Entrate-Riscossione e i link ai servizi telematici più richiesti e di volta in volta più utili in un determinato momento.

Per l’Agenzia delle Entrate, ad esempio, si possono menzionare il Cassetto fiscale, la tessera sanitaria e le consultazioni catastali ed ipotecarie, mentre per la Riscossione, la riammissione alla rottamazione-quater, la pagina per la rateizzazione ex art. 19 del DPR 602/73 e il servizio per effettuare i pagamenti on line. È stata inoltre prevista una apposita sezione per gli approfondimenti tematici.

Una importante novità riguarda sicuramente la nuova pagina unica di prenotazione degli appuntamenti.

Per facilitare i contribuenti, il servizio da ora in avanti prevederà un percorso guidato che consente di selezionare ciò che interessa. I cittadini possono scegliere fra tre percorsi di prenotazione, rispettivamente “Assistenza fiscale”, “Assistenza catastale e ipotecaria” per i temi di pertinenza dell’Agenzia delle Entrate e “Assistenza sulla cartella di pagamento e altri atti della riscossione” per quello che riguarda Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Una volta effettuata la scelta, dopo essere stati indirizzati sul servizio completo, sarà possibile selezionare l’argomento specifico e infine selezionare l’appuntamento tramite sportello, fisico e non.

Tre diversi percorsi di prenotazione

Ove possibile, il sistema consente infatti di decidere se recarsi allo sportello territoriale, richiedere una telefonata o una videochiamata con un operatore (accedendo alla propria area riservata con autenticazione tramite SPID o CIE).

Per i cittadini è possibile prenotare fino ad un massimo di tre appuntamenti al giorno e, solo per determinati servizi, il sistema consente di prenotare un “Webticket valido per oggi”, ovverosia un biglietto eliminacode presso un ufficio dell’Agenzia delle Entrate da utilizzare nello stesso giorno (prenotabile dalle ore 6:00 fino a esaurimento della disponibilità e da utilizzare nell’orario indicato nella prenotazione).

Per alcuni servizi, nel caso in cui la prenotazione venga effettuata da un intermediario abilitato, è possibile prenotare fino a quattro appuntamenti al giorno presso lo sportello on line, accedendo all’area riservata EquiPro.

Rimane ferma la possibilità di prenotare il proprio appuntamento tramite un operatore al numero unico 060101.
 

(MF/ms)




Istat indice febbraio 2025

Si comunicano gli indici necessari per l’aggiornamento dei canoni di locazione

Comunichiamo che l’indice Istat di Febbraio 2025, necessario per l’aggiornamento dei canoni di locazione è pari a + 1,5 % (variazione annuale) e a + 2,2 % (variazione biennale).
 
Entrambi gli indici considerati nella misura del 75% diventano rispettivamente + 1,125% e + 1,650%.

(MP/ms)

 




Polizze catastrofali: obbligo dubbio per gli immobili locati

Il 31 marzo scade il termine per le imprese per stipulare i contratti assicurativi a copertura dei danni ai beni aziendali causati da calamità naturali ed eventi catastrofali, individuati in sismi, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni, come disposto dall’art. 1 commi 101-111 della L. 213/2023 (legge di bilancio 2024).

Gli aspetti dubbi della disciplina sono diversi, uno tra tutti su chi gravi l’obbligo assicurativo quando, tra i beni dell’impresa, vi sia un immobile che questa conduce in locazione.

Per l’impresa che abbia solo l’immobile locato (si pensi a chi esercita attività solo commerciale, come un negozio) chiarire questo aspetto è determinante perché dalla risoluzione della questione dipende se l’impresa è tenuta o meno ad assicurarsi.

Se l’immobile locato è solo una delle immobilizzazioni materiali di cui dispone l’azienda, invece, includerlo o meno nella copertura determinerà una variazione del premio.

Un primo dato da considerare è il riferimento, contenuto al comma 101 dell’art. 1 della L. 213/2023, all’art. 2424 comma 1 sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3) c.c., funzionale a individuare i beni, i danni ai quali la copertura assicurativa deve proteggere.

Si tratta di alcune delle immobilizzazioni materiali indicate nello Stato patrimoniale, vale a dire terreni e fabbricati, impianti e macchinario, attrezzature industriali e commerciali.

Posto che detti beni sono iscritti all’attivo quando detenuti dall’impresa in forza di un diritto di proprietà, se ne potrebbe ricavare che la copertura assicurativa deve riguardare questi asset solo quando l’impresa ne è proprietaria. Questo comporterebbe che è il titolare del bene che lo concede in locazione a doversi occupare della stipula del contratto con riferimento a quel bene.

Per altro verso, l’art. 1-bis comma 2 del DL 155/2024 (“DL fiscale” collegato alla legge di bilancio 2025) conv. L. 189/2024 è intervenuto sulla legge di bilancio 2024 a precisare che l’oggetto della copertura assicurativa in questione “è riferito ai beni elencati dall’articolo 2424, primo comma, sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3), del codice civile, a qualsiasi titolo impiegati per l’esercizio dell’attività di impresa, con esclusione di quelli già assistiti da analoga copertura assicurativa, anche se stipulata da soggetti diversi dall’imprenditore che impiega i beni”.

Anche l’art. 1 comma 1 lett. b) del DM 18/2025 definisce le immobilizzazioni come quelle di cui alla suddetta norma del codice civile, “a qualsiasi titolo impiegate per l’esercizio dell’attività di impresa”.

Se ne dovrebbe ricavare che i beni oggetto di copertura sono quelli indicati dalla norma del codice civile che l’imprenditore utilizza nella propria attività non soltanto in quanto ne ha la proprietà, ma anche ad altro titolo (come nel caso in esame dell’immobile condotto in locazione).

Non sono da assicurare i beni che sono già coperti da polizza, eventualmente stipulata da un altro soggetto (si pensi al caso dell’affitto di azienda, in cui l’affittuaria non dovrebbe stipulare una polizza per quei beni su cui l’abbia già stipulata il proprietario dell’azienda).

Il richiamo all’art. 2424 comma 1 sezione Attivo, voce B-II, numeri 1), 2) e 3) c.c., in questa prospettiva, sarebbe da intendere come meramente funzionale a identificare le categorie di beni da assicurare, e non come rinvio alla disciplina del bilancio.

In base a questa interpretazione, che pare la più coerente con il dato testuale, il conduttore dell’immobile sarebbe tenuto a stipulare un’assicurazione per conto altrui, secondo lo schema di cui all’art. 1891 c.c. (che ricorre quando chi stipula un contratto di assicurazione lo fa in nome proprio, ma nell’interesse di un terzo).

La ratio di un simile onere potrebbe rinvenirsi nel fatto che è il conduttore che gode del bene e la ricostruzione dell’immobile a seguito del risarcimento da parte dell’assicurazione consentirebbe a lui di continuare a utilizzarlo.

Peraltro, é innegabile che chi si avvantaggia della copertura assicurativa è, in ultima istanza, il proprietario del bene, pertanto sarebbe ragionevole (per quanto non dovuto ex lege) tenere in debito conto nel contratto di locazione del fatto che il conduttore ha provveduto ad assicurare l’immobile (ad esempio riducendo proporzionalmente l’importo del canone).

Tra l’altro, qualora si verificasse una calamità naturale e il conduttore non avesse assicurato l’immobile, potrebbe essere il proprietario a rischiare di vedersi escluso, con riferimento all’immobile danneggiato, “dall’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche, anche con riferimento a quelle previste in occasione di eventi calamitosi e catastrofali” (art. 1 comma 102 della L. 213/2023).

Ricordiamo che mercoledì 26 marzo 2025, alle ore 14.30, Confapi Lecco Sondrio organizza un webinar dal titolo “Decreto polizze catastrofali: gli obblighi per le imprese”, chi fosse interessato a partecipare deve iscriversi cliccando qui 
 

(MF/ms)