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Convegno: “Dalla crisi alla ripartenza: strumenti, tutele e responsabilità condivise nella composizione negoziata della crisi”

La Camera di Commercio Como-Lecco organizza giovedì 6 novembre, dalle ore 14.30 alle ore 16.30, il convegno dal titolo “Dalla crisi alla ripartenza: strumenti, tutele e responsabilità condivise nella composizione negoziata della crisi”.

L’incontro si terrà a Como presso la sede della Camera di Commercio nell’Auditorium G. Scacchi in via Parini 16.

In allegato trovate la locandina, il programma e il link per iscriversi. 

(MP/am)




Investimenti 4.0: chiarimenti sui benefici del credito di imposta e dell’iper-ammortamento

Per gli investimenti in beni materiali 4.0 una data rilevante è quella del 31 dicembre 2025, soprattutto alla luce delle novità previste dal Ddl. di bilancio 2026.

Ai sensi dell’art. 1 comma 446 della L. 207/2024, per gli investimenti in beni materiali 4.0 (quelli di cui all’Allegato A alla L. 232/2016) effettuati dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2025, il credito d’imposta ex art. 1 comma 1057-bis della L. 178/2020 spetta nel limite di spesa di 2,2 miliardi di euro, con obbligo di presentazione di apposita comunicazione al MIMIT ai fini della fruizione del credito d’imposta, rilevando l’ordine cronologico di presentazione.

Tale agevolazione spetta anche per gli investimenti effettuati nel termine “lungo” del 30 giugno 2026, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2025 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione.

Il credito d’imposta per i beni materiali 4.0, ai sensi della citata disposizione, è previsto nella misura del:

  • 20% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni;
  • 10% per investimenti tra 2,5 e 10 milioni;
  • 5% per investimenti tra 10 e 20 milioni.
Quindi, ad esempio, per un investimento pari a 2 milioni di euro, il credito d’imposta è pari a 400.000 euro.

Si ricorda che tale credito d’imposta può essere utilizzato in compensazione in F24 (codice tributo “7077”), ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/97, in tre quote annuali di pari importo.

Il credito va quindi utilizzato a scomputo dei versamenti dovuti da effettuarsi mediante il modello F24 (quindi, ad esempio, IVA, contributi previdenziali, ritenute IRPEF dei dipendenti, ecc). Tale modalità di utilizzo consente di beneficiare del credito anche ai soggetti che determinano il reddito con criteri forfetari o con l’applicazione di regimi di imposta sostitutiva (che non potrebbero invece fruire della nuova maggiorazione delle quote di ammortamento deducibili, non determinando il reddito in modo analitico).

Pertanto, le imprese che intendono fruire del summenzionato credito d’imposta, fermi restando gli obblighi di comunicazione previsti (cfr. DM 15 maggio 2025 e DM 16 giugno 2025), entro il 31 dicembre 2025 devono effettuare gli investimenti o effettuare la prenotazione, con versamento dell’acconto minimo del 20%, per poi effettuare gli investimenti entro fine giugno 2026.

Secondo quanto previsto dall’art. 94 del Ddl. di bilancio 2026 trasmesso al Senato (che nella prima bozza circolata era l’art. 95), il nuovo iper-ammortamento non si applica agli investimenti che beneficiano delle disposizioni di cui all’art. 1 comma 446 della L. 207/2024.

Pertanto, qualora si intenda beneficiare dei nuovi iper-ammortamenti per investimenti effettuati nel 2026, i titolari di reddito d’impresa non dovranno effettuare la suddetta prenotazione entro il 31 dicembre 2025.

Senza prenotazione nel 2025, troverebbe quindi applicazione, ove confermata, la nuova maggiorazione del costo di acquisto, prevista in misura pari, di base, al:

  • 180%, fino a 2,5 milioni di euro;
  • 100% oltre 2,5 e fino a 10 milioni;
  • 50% oltre 10 e fino a 20 milioni.
Il relativo risparmio fiscale, con aliquota IRES del 24%, sarebbe quindi, rispettivamente, del 43,2%, 24% e 12%.

Considerando l’esempio precedente, se un’impresa nel 2026 effettua investimenti per 2 milioni di euro, la maggiorazione complessiva sarebbe pari a 3,6 milioni di euro. Il risparmio fiscale, con aliquota IRES del 24%, sarebbe quindi di 864.000 euro.

Maggiorazione spalmata sulla durata dell’ammortamento

La maggiorazione potrebbe essere portata in deduzione, in aggiunta a quella relativa al costo ordinario, per la durata del periodo di ammortamento fiscale ai sensi dell’art. 102 del TUIR, ferma restando la necessità di presentare apposite comunicazioni che saranno meglio definite con successivo decreto.

Tale agevolazione riguarderebbe inoltre soltanto le imposte sui redditi, non l’IRAP.

Qualora la deduzione da iper-ammortamento generi una perdita fiscale, questa dovrebbe essere deducibile secondo le regole ordinarie del TUIR.

Si evidenzia che la nuova maggiorazione spetterebbe anche per i beni immateriali 4.0 (di cui all’Allegato B alla L. 232/2016), mentre il credito d’imposta ex L. 178/2020 per tali beni non è più previsto dal 2025 (tranne in caso di investimenti effettuati entro il 30 giugno 2025 per i quali era stata effettuata la prenotazione nel 2024).

Da ultimo, anche con riferimento al credito d’imposta disciplinato dall’art. 96 del Ddl. di bilancio 2026, pari al 40% per gli investimenti fino a un milione di euro, che sarebbe riconosciuto alle imprese attive nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli e nel settore della pesca e dell’acquacoltura che effettuano investimenti 2026 in beni materiali e immateriali strumentali nuovi 4.0, si afferma che tale incentivo non si applica agli investimenti che beneficiano delle disposizioni di cui all’art. 1 comma 446 della L. 207/2024.
 

(MF/ms)




Buoni pasto elettronici: il limite di esenzione sale da 8 a 10 euro

Il 22 ottobre 2025 la Ragioneria ha bollinato il Ddl. di bilancio 2026, che è stato trasmesso alla Presidenza della Repubblica e firmato dal Presidente Mattarella per essere trasmesso al Senato.

Il testo, mantenendo l’impianto della prima bozza, conferma la modifica all’art. 51 comma 2 lett. c) del TUIR che incrementa la soglia di non imponibilità dei buoni pasto elettronici, che passerebbe dagli attuali 8 euro a 10 euro.

Nessuna modifica sarebbe invece prevista per i buoni pasto cartacei, la cui soglia di esenzione rimarrebbe quindi ferma a 4 euro.

Per buono pasto si intende il documento di legittimazione, anche in forma elettronica, che attribuisce al titolare, ai sensi dell’art. 2002 c.c., il diritto a ottenere il servizio sostitutivo di mensa (vale a dire, la somministrazione di alimenti e bevande e le cessioni di prodotti alimentari pronti per il consumo) per un importo pari al valore facciale del buono e, all’esercizio convenzionato, il mezzo per provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione (art. 2 comma 1 lett. c) dell’Allegato II.17 al DLgs. 36/2023, analogo al precedente DM 7 giugno 2017).

Tale nozione di buono pasto ha rilevanza anche ai fini fiscali (cfr. ris. Agenzia delle Entrate n. 118/2006).

Ai sensi dell’attuale art. 51 comma 2 lett. c) del TUIR, sono escluse dal reddito di lavoro dipendente le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto erogate sotto forma di “buoni pasto”, fino all’importo complessivo di 4 euro giornalieri, aumentato a 8 euro nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica.

Tali importi sono stati, da ultimo, aumentati a opera della legge di bilancio 2020.

L’importo massimo escluso da tassazione deve intendersi riferito al valore facciale del buono e deve essere considerato al netto delle somme eventualmente poste a carico del dipendente e dei contributi previdenziali e assistenziali versati (cfr. C.M. n. 29/97).

Secondo il principio di diritto Agenzia delle Entrate 12 febbraio 2019 n. 6, i suddetti limiti di esenzione devono essere verificati sulla base del valore nominale dei buoni erogati e prescindono dal numero di buoni utilizzati, che potrebbe essere anche superiore al limite di otto previsto dall’allora art. 4 comma 1 lett. d) del DM 7 giugno 2017, ora art. 2 comma 1 lett. c) dell’Allegato II.17 al DLgs. 36/2023.

Resta fermo che l’importo dei buoni pasto che eccede il suddetto limite di esenzione (attualmente 4 o 8 euro) non può essere considerato assorbibile dalla soglia di esenzione (258,23 euro) prevista dal comma 3 dell’art. 51 del TUIR per i fringe benefit e, pertanto, concorre a formare il reddito di lavoro dipendente (ris. Agenzia delle Entrate n. 26/2010, § 1, e circ. Agenzia delle Entrate n. 28/2016, § 2.5.2).

Ne consegue che i buoni pasto non rientrano nella soglia di esenzione “ordinaria”, elevata, per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027, a 1.000/2.000 euro per i dipendenti con figli a carico.

Tanto premesso, per effetto delle modifiche previste nell’art. 5 del Ddl. di bilancio 2026, nel testo bollinato, sono escluse da imposizione le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto (buoni pasto) fino all’importo complessivo giornaliero di 4 euro, aumentato a 10 euro nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica.

Pertanto:

  • per i buoni pasto cartacei il limite di esenzione giornaliero resterebbe pari all’importo attuale di 4 euro;
  • per i buoni pasto elettronici il limite di esenzione giornaliero passerebbe dall’attuale 8 euro al maggior importo di 10 euro.
Non essendo prevista una specifica decorrenza, le nuove soglie dovrebbero trovare applicazione dal 1° gennaio 2026.

Fermo il limite per l’indennità sostitutiva per addetti ai cantieri

Nessuna modifica sarebbe invece prevista nel Ddl. di bilancio 2026 in relazione alle altre fattispecie disciplinate dall’art. 51 comma 2 lett. c) del TUIR.

Le indennità sostitutive delle somministrazioni di vitto corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o a unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione, non concorrono quindi a formare il reddito di lavoro dipendente fino all’importo complessivo giornaliero di 5,29 euro (limite che non viene modificato).

Nessun impatto nemmeno sulla disciplina delle somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro ovvero in mense organizzate dal datore di lavoro o gestite da terzi, che resterebbero escluse dal reddito di lavoro dipendente.
 

(MF/ms)




Le polizze catastrofali entrano nei contratti di locazione

L’art. 1 commi 101-111 della L. 30 dicembre 2023 n. 213 ha previsto, in capo alle imprese, l’obbligo della stipula di un’assicurazione per la copertura dei danni cagionati da calamità naturali ed eventi catastrofali su determinati beni impiegati, sul territorio nazionale, dall’imprenditore nell’esercizio della propria attività.

La norma originaria è stata, fin da subito, oggetto di modifiche e integrazioni al fine di renderne più chiara l’applicazione. Contestualmente sono stati emanati i decreti attuativi nonché alcune FAQ da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Ciò nonostante sono rimasti ancora molti punti da chiarire.

Il gruppo di lavoro sulla fiscalità immobiliare dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Torino ha predisposto un documento, denominato “Obbligo di stipula delle polizze catastrofali” che analizza l’intera normativa cercando, ove possibile, di offrire degli spunti operativi ai lettori.

Innanzitutto, l’obbligo di stipula dell’assicurazione sussiste in capo a tutte le imprese con sede legale sia in Italia che all’estero (queste ultime a condizione di avere una stabile organizzazione in Italia) tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese ai sensi dell’art. 2188 c.c., con l’esclusione di quelle di cui all’art. 2135 c.c. (imprenditori agricoli). Dal tenore letterale della norma, come peraltro confermato dal MIMIT nella FAQ n. 5, l’obbligo sussiste indipendentemente dalla sezione nella quale le stesse sono iscritte, ricomprendendo, quindi, anche le società semplici.

Per quanto riguarda i fabbricati, in base all’art. 1 comma 106 della L. 213/2023, come modificato dall’art. 1 comma 3-quinquies del DL 39/2025, l’assicuratore è tenuto ad assicurare esclusivamente quelli costruiti o ampliati sulla base di un valido titolo edilizio ovvero la cui ultimazione risale a una data in cui il rilascio di un titolo edilizio non era obbligatorio oppure, infine, quelli oggetto di sanatoria o per i quali sia in corso un procedimento di sanatoria o di condono.

Poiché per gli immobili non assicurabili non spetta alcun indennizzo, occorre interpretare correttamente quanto indicato dalla norma per non incorrere nell’inefficacia dell’assicurazione stessa.

Al riguardo, anche per evitare che qualunque difformità architettonica possa inficiare l’indennizzabilità del sinistro, una chiave di lettura potrebbe essere fornita da quanto espresso, anche se con riferimento alla commerciabilità dei fabbricati, dalla pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite 22 marzo 2019 n. 8230.

In tale sede si è affermato, infatti, che in presenza di un titolo edilizio effettivamente rilasciato l’immobile è trasferibile (e quindi potrebbe essere assicurabile) indipendentemente da eventuali difformità presenti nel manufatto.

È opportuno che il nuovo obbligo sia riportato nei contratti di locazione

In presenza di un immobile locato occorre, invece, individuare il soggetto su cui ricade l’obbligo assicurativo.

Infatti l’art. 1-bis comma 2 DL 19 ottobre 2024 n. 155 precisa che tale onere ricade su tutti i beni “a qualsiasi titolo impiegati” per l’esercizio dell’attività d’impresa, estendendo l’obbligo sia al proprietario locatore (se impresa) che “impiega” gli immobili per ritrarne un canone di locazione, che all’utilizzatore il quale “impiega” i beni per lo svolgimento della propria attività.

Occorre anche premettere che, nel caso in cui il conduttore assicuri l’immobile di proprietà del locatore, l’indennizzo percepito in caso di evento catastrofale sarà in ogni caso corrisposto al proprietario che dovrà utilizzarlo esclusivamente per il ripristino dei beni periti o danneggiati. Diversamente, il conduttore ha diritto ad una somma pari al lucro cessante derivante dall’interruzione dell’attività a causa dell’evento catastrofale, questo nei limiti del 40% dell’indennizzo percepito.

Proprio a seguito di questo intreccio di obblighi e responsabilità risulta quanto mai opportuno che il contratto di locazione disciplini tale fattispecie.

Se ciò risulta agevole per i contratti ancora da stipulare in quanto farà parte delle pattuizioni da definire tra le parti, il tema risulta più delicato per i contratti in essere per i quali il nuovo obbligo rappresenta una “sopravvenienza normativa” che, tuttavia, difficilmente darebbe il diritto al locatore di risolvere il contratto per eccessiva onerosità. Pertanto risulta quanto mai opportuno che le parti procedano ad una rinegoziazione del contratto prevedendo una clausola ad hoc.

Il documento, al riguardo, fornisce una serie di bozze utilizzabili nei casi più ricorrenti.

Tali pattuizioni legittimeranno anche, dal punto di vista fiscale, la deducibilità dei premi pagati quali costi inerenti allo svolgimento dell’attività.
 

(MF/ms)




Valute estere settembre 2025

Art. I

Agli effetti delle norme dei titoli I e II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, che vi fanno riferimento, le medie dei cambi delle valute estere calcolati a titolo indicativo dalla Banca d’Italia sulla base delle quotazioni di mercato sono accertate per il mese di settembre 2025 come segue:
 

  Per 1 Euro
Dinaro Algerino 151,8429
Peso Argentino 1642,2612
Dollaro Australiano 1,7795
Real Brasiliano 6,3013
Dollaro Canadese 1,6227
Corona Ceca 24,3468
Renminbi (Yuan)Cina Repubblica Popolare 8,3586
Corona Danese 7,4644
Yen Giapponese 173,5486
Rupia Indiana 103,6023
Corona Norvegese 11,6702
Dollaro Neozelandese 1,994
Zloty Polacco 4,2589
Sterlina Gran Bretagna 0,86895
Nuovo Leu Rumeno 5,074
Rublo Russo 0
Dollaro USA 1,1732
Rand (Sud Africa) 20,4793
Corona Svedese 11,0004
Franco Svizzero 0,935
Dinaro Tunisino 3,4039
Hryvnia Ucraina 48,4504
Forint Ungherese 391,63
 

 
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate, al seguente link, cambi di settembre, sono a disposizione i dati sui cambi relativi alle restanti valute riportate nel decreto in oggetto.

(MP/ms)
 




L’identità del territorio lariano: partecipa all’indagine promossa dalla Rete Lariana

Immaginiamo l’identità del territorio lariano è un’iniziativa promossa dalla Rete Lariana per la Transizione Sostenibile, in collaborazione con l’Università degli Studi dell’Insubria, aperta al contributo di tutti i cittadini.
L’obiettivo è raccogliere opinioni, visioni e percezioni sull’identità attuale del territorio delle province di Como e Lecco, così come viene vissuta da chi ci abita, lavora o immagina qui il proprio futuro.
Attraverso un breve questionario, la ricerca intende esplorare:
  • il senso di appartenenza al territorio,
  • la volontà di tutelarne l’ambiente e la cultura,
  • le prospettive di sviluppo sostenibile in armonia con i saperi locali.
Ogni contributo è prezioso: le risposte aiuteranno a comprendere e valorizzare ciò che rende unico il territorio lariano, favorendo politiche e azioni concrete orientate alla sostenibilità, all’innovazione e all’inclusione.

L’ indagine è realizzata con l’università dell’insubria, per compilarla cliccare qui 

In allegato la locandina dell’iniziativa, che si vuole estendere e diffondere il più possibile, fra le imprese e fra i cittadini-lavoratori del territorio.

(SN/am)




Split payment: online gli elenchi per il 2026

Sono disponibili per la consultazione nel sito web del Dipartimento delle Finanze gli elenchi che individuano le società, gli enti e le fondazioni, nei cui confronti si applicherà lo split payment per l’anno 2026. Tale meccanismo prevede alcuni particolari aspetti operativi delineati dalla circolare n. 27/E/2017 che in alcuni passaggi richiamava la circolare precedente n. 15/E/2015 e di seguito riepilogati.

Gli elenchi disponibili per il 2026 comprendono società controllate dalla Presidenza del Consiglio e dai ministeri, enti o società controllati dalle amministrazioni centrali, locali, dagli enti nazionali di previdenza e assistenza, e società partecipate da pubbliche amministrazioni per almeno il 70% del capitale sociale. Le pubbliche amministrazioni stesse, pur non incluse negli elenchi, sono comunque soggette allo split payment e possono essere consultate nell’elenco IPA pubblicato sul sito www.indicepa.gov.it.

Da segnalare che il D.L. 17 giugno 2025, n. 84, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 138 del 17 giugno 2025, ha recentemente introdotto novità rilevanti in materia di split payment (scissione dei pagamenti).

Tra le principali modifiche vi è l’esclusione dall’applicazione dello split payment per le società quotate iscritte nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana, a partire dalle fatture emesse dal 1° luglio 2025. Ciò significa che, per le fatture emesse dal 1° luglio 2025 in avanti, nei confronti di tali società si applicherà il regime IVA ordinario, con il fornitore che incassa e versa l’IVA tramite la propria liquidazione periodica.

 

Adempimenti dei fornitori
Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate, i fornitori sono tenuti ad emettere la fattura con l’annotazione “scissione dei pagamenti” ovvero “split payment”, ai sensi dell’art. 17-ter del D.P.R. n. 633/1972.
Da un punto di vista operativo, il fornitore:
  • non deve computare nella liquidazione di periodo l’IVA a debito indicata in fattura;
  • deve registrare nel registro “IVA vendite” le operazioni effettuate e la relativa IVA non incassata dai fornitori;
  • deve annotare in modo distinto (anche con l’istituzione di appositi codici IVA) la fattura emessa in regime di split payment, indicando l’aliquota applicata e l’ammontare dell’imposta.
Adempimenti dei soggetti acquirenti
Le pubbliche amministrazioni che effettuano acquisti in ambito istituzionale versano l’IVA mediante il modello F24 “enti pubblici”, utilizzando apposito codice tributo, entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui l’IVA è divenuta esigibile.
Invece, il Decreto attuativo (Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 27 giugno 2017, successivamente modificato ad opera del D.M. 13 luglio 2017) con riferimento alle Pubbliche Amministrazioni e le società, identificate ai fini IVA, che effettuano acquisti di beni e servizi nell’esercizio di attività commerciali ha chiarito che le stesse possono procedere al versamento dell’IVA mediante due modalità tra loro alternative.
La prima modalità prevede che per il versamento dell’IVA le Pubbliche amministrazioni che esercitano attività commerciale e le altre società possono procedere al versamento dell’IVA mediante presentazione del modello F24entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui l’imposta è divenuta esigibile, senza possibilità di compensazioni e con la futura introduzione di un apposito codice tributo.
In alternativa, le Pubbliche amministrazioni che agiscono in ambito commerciale e le società, per le fatture oggetto di split payment possono:
  • annotare le fatture nel registro di cui agli artt. 23 o 24 del D.P.R. n. 633/1972, entro il giorno 15 del mese successivo a quello in cui l’imposta è divenuta esigibile, con riferimento al mese precedente;
  • imputare l’IVA dovuta alla liquidazione periodica del mese dell’esigibilità (o del relativo trimestre in caso di liquidazioni trimestrali);
  • registrare le fatture nel registro degli acquisti di cui all’art. 25 del D.P.R. n. 633/1972, ai fini di esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta.
Esigibilità IVA In linea generale l’IVA relativa alle cessioni di beni, nonché alle prestazioni di servizi, relativa alle operazioni in split payment, è esigibile al momento del pagamento del corrispettivo ai fornitori.
In alternativa, i soggetti in split payment, invece che liquidare l’imposta con riferimento al momento del pagamento del corrispettivo, possono optare per anticipare tale momento a quello di ricezione o registrazione della fattura. La scelta per l’esigibilità anticipata potrà essere fatta con riguardo a ciascuna fattura ricevuta/registrata.
Infine, in caso di errori o mancate inclusioni, è possibile inviare segnalazioni tramite un apposito modulo disponibile sul sito del Dipartimento delle Finanze, allegandola visura camerale, per permettere l’aggiornamento tempestivo degli elenchi. Questo meccanismo garantisce trasparenza e correttezza nell’applicazione della scissione dei pagamenti nel rispetto delle recenti disposizioni normative.

(MF/ms)
 




Imposta di bollo sulle fatture elettroniche: controlli sul 2022

In questi giorni gli Uffici stanno recapitando ai contribuenti diversi controlli automatizzati sull’assolvimento dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche inviate tramite SdI.

Viene notificata al contribuente un’anomalia relativa al mancato o tardivo versamento dell’imposta di bollo riferita al quarto trimestre 2022.

L’obiettivo del sistema è garantire la corretta applicazione dell’imposta di bollo (2 euro per fattura) e permettere al contribuente di regolarizzare spontaneamente la posizione entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione.

Struttura della comunicazione – L’Agenzia distingue due elenchi:

  • Elenco A: fatture per cui l’imposta di bollo era stata indicata fin dall’origine
  • Elenco B: fatture inizialmente non assoggettate a bollo ma ritenute tali successivamente, dallo stesso contribuente o dall’Agenzia.
Al termine della verifica, viene prodotto un prospetto riepilogativo con i codici tributo:
  • A400 – imposta dovuta
  • A401 – sanzione ridotta a un terzo
  • A402 – interessi.
Regolarizzazione della posizione – Il contribuente può:
  1. effettuare il versamento degli importi richiesti entro 30 giorni tramite il modello F24 precompilato allegato alla comunicazione;
  2. richiedere la revisione dell’addebito, se ritiene scorrette le informazioni, utilizzando il canale telematico CIVIS (sezione Assistenza) o un ufficio territoriale dell’Agenzia, previo appuntamento.
Il mancato pagamento nei termini comporta l’iscrizione a ruolo degli importi residui, con applicazione delle sanzioni piene previste dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997.

Esempio – Il controllo ha rilevato per il IV trimestre 2022: 34 fatture elettroniche emesse; imposta di bollo dovuta ma non versata: 68,00 euro; sanzione ridotta (1/3): 6,80 euro; interessi: 5,76 euro; totale complessivo: 80,56 euro.
 

Aspetto Dettaglio rilevante
Oggetto della comunicazione Controllo automatizzato imposta di bollo su fatture elettroniche
È opportuno verificare trimestralmente la posizione nel portale “Fatture & Corrispettivi”
Termine per la regolarizzazione 30 giorni dal ricevimento
Codici tributo
  • A400 imposta,
  • A401 sanzione,
  • A402 interessi
Riduzione sanzione 1/3 del totale ordinariamente previsto
Imposta dovuta per fattura 2,00 euro
Errori nei dati Possibile richiesta di correzione tramite CIVIS
Conseguenze del mancato pagamento Iscrizione a ruolo e sanzioni piene ex D.Lgs. n. 471/1997
 

(MF/ms)




2026: il nuovo iper-ammortamento prenderà il posto dei crediti d’imposta 4.0 e transizione 5.0.

La maggiorazione, fino al 180% o al 220%, riguarda i beni oggetto degli attuali crediti d’imposta 4.0 e 5.0

Nel 2026, il nuovo iper-ammortamento prenderà il posto dei crediti d’imposta 4.0 e transizione 5.0.

Nella bozza del Ddl. di bilancio 2026, viene riproposta la maggiorazione dell’ammortamento per gli investimenti in beni strumentali, in passato nota come iper-ammortamento, con riferimento ai beni oggetto degli attuali crediti d’imposta 4.0 e 5.0.

Tali agevolazioni termineranno infatti nel 2025, riguardando gli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2025 (o per il solo credito 4.0 nel termine “lungo” del 30 giugno 2026 in caso di avvenuta prenotazione entro fine 2025).

Nella bozza del Ddl. di bilancio circolata, all’art. 95, è previsto che, ai fini delle imposte sui redditi, per i soggetti titolari di reddito d’impresa che effettuano investimenti in beni strumentali, il costo di acquisizione, con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria, è maggiorato in relazione agli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2026, o al 30 giugno 2027 a condizione che entro il 31 dicembre 2026 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione.

La nuova agevolazione riguarda quindi, in sostanza, gli investimenti effettuati nel solo 2026, con termine “lungo” del 30 giugno 2027 in caso di avvenuta prenotazione.

La nuova maggiorazione è riconosciuta per:

  • gli investimenti in beni materiali e immateriali strumentali nuovi compresi, rispettivamente, negli allegati A e B alla L. 232/2016, interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura;
  • gli investimenti in beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo anche a distanza, compresi gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta. Con riferimento all’autoproduzione e all’autoconsumo di energia da fonte solare, sono considerati ammissibili esclusivamente gli impianti con moduli fotovoltaici di cui all’art. 12 comma 1 lett. a), b) e c) del DL 181/2023 convertito.
L’iper-ammortamento si sostanzia in una maggiorazione del costo di acquisizione dei suddetti beni. In pratica, l’agevolazione, extracontabile, consiste in una variazione in diminuzione da effettuarsi in dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte sui redditi (non IRAP).

Nello specifico, viene previsto che il costo di acquisizione dei beni è maggiorato, in linea generale, nella misura del:

  • 180% per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro;
  • 100% per gli investimenti oltre 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro;
  • 50% per gli investimenti oltre 10 milioni di euro e fino a 20 milioni di euro.
La misura dell’agevolazione sarebbe quindi differenziata in relazione all’ammontare degli investimenti. Ad esempio, se un’impresa nel 2026 effettua investimenti per 6 milioni di euro, la maggiorazione complessiva sarebbe pari a 8 milioni di euro (4,5 + 3,5 milioni). Il risparmio fiscale, con aliquota IRES del 24%, sarebbe quindi di 1.920.000 di euro.

La misura dell’agevolazione è però superiore nel caso di investimenti finalizzati alla realizzazione di obiettivi di transizione ecologica, compresa la riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva cui si riferisce l’investimento, non inferiore al 3% o, in alternativa, la riduzione dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento non inferiore al 5%.

Nello specifico, la maggiorazione del costo di acquisizione degli investimenti si applica nella misura del:

  • 220% per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro;
  • 140% per gli investimenti oltre 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro;
  • 90% per gli investimenti oltre 10 milioni di euro e fino a 20 milioni di euro.
È poi previsto che la riduzione dei consumi energetici si consideri in ogni caso conseguita nell’ipotesi di:
  • investimenti in beni di cui all’allegato A alla L. 232/2016, effettuati in sostituzione di beni materiali aventi caratteristiche tecnologiche analoghe e interamente ammortizzati da almeno 24 mesi alla data di presentazione della comunicazione di accesso al beneficio;
  • progetti di innovazione realizzati per il tramite di una ESCo in presenza di un contratto di EPC nel quale sia espressamente previsto l’impegno a conseguire il raggiungimento della suddetta riduzione dei consumi energetici.
L’accesso al beneficio, a differenza di quanto previsto per i vecchi iper-ammortamenti ma sulla scia dei più recenti crediti d’imposta, prevede la presentazione, da parte dell’impresa, in via telematica tramite una piattaforma sviluppata dal GSE, sulla base di modelli standardizzati, di apposite comunicazioni e certificazioni concernenti gli investimenti agevolabili.

Con un successivo decreto ministeriale saranno definite le disposizioni attuative dell’agevolazione.

Si segnala che sarebbe inoltre previsto uno specifico credito d’imposta “4.0” per il 2026 per le imprese del settore agricolo, nella misura del 40% per gli investimenti fino a un milione (art. 97 della bozza di Ddl.).

(MF/ms)




Istituiti i codici tributo per il versamento dell’IRES premiale 2025

L’Agenzia delle Entrate ha istituito i codici tributo “2048” e “2049” per il pagamento dell’imposta con aliquota ridotta mediante F24

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 57 del 17 ottobre, ha istituito i codici tributo per il versamento, mediante modello F24 e F24EP, dell’IRES premiale.

L’art. 1 commi da 436 a 444 della L. 30 dicembre 2024 n. 207 ha introdotto, per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024, una riduzione di quattro punti percentuali dell’aliquota IRES di cui all’art. 77 del TUIR (quindi dal 24% al 20%), per i soggetti che rispettano le specifiche condizioni richieste.

In estrema sintesi, la c.d. “IRES premiale” è pari al 20% per le società che accantonano almeno l’80% dell’utile 2024, reinvestono una parte di tali utili in beni 4.0 e 5.0 ed effettuano nuove assunzioni, in presenza di determinate condizioni e nel rispetto di alcune clausole di salvaguardia.

L’IRES premiale si applica sul reddito d’impresa dichiarato per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024, quindi per il periodo d’imposta 2025 per i soggetti “solari” (da dichiarare nel modello REDDITI 2026).

Era stato annunciato che tale agevolazione sarebbe stata probabilmente oggetto di proroga.

Stando tuttavia alle prime indicazioni relative al Ddl. di bilancio 2026, emerse dopo il via libera da parte del Consiglio dei Ministri, la proroga non sarebbe contemplata.

Sarebbe invece prevista la riproposizione di super e iper-ammortamenti (non quindi dei crediti d’imposta 4.0 e 5.0), nonché della super deduzione per le nuove assunzioni, che sarebbe confermata per il triennio 2025-2027.

Sempre in tema di agevolazioni alle imprese, dovrebbe essere inoltre rifinanziato il credito d’imposta per la ZES Unica Mezzogiorno e per le ZLS.

Tornando all’IRES premiale, con il DM 8 agosto 2025 sono state adottate le disposizioni attuative dell’agevolazione.

L’art. 12 comma 2 del citato DM ha previsto che l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto istituire appositi codici tributo per i versamenti dell’IRES ridotta.

Pertanto, per consentire il versamento tramite modello F24 dell’IRES con aliquota ridotta ai sensi della normativa in argomento, con la ris. n. 57 sono stati istituiti i codici tributo:

  • 2048” denominato “IRES – articolo 1, commi da 436 a 444, della legge 30 dicembre 2024, n. 207 – Acconto seconda rata o in unica soluzione”;
  • 2049” denominato “IRES – articolo 1, commi da 436 a 444, della legge 30 dicembre 2024, n. 207 – Saldo”.
In sede di compilazione del modello F24, i codici tributo vanno esposti nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, con l’indicazione nel campo “Anno di riferimento” dell’anno d’imposta per cui si effettua il versamento, nel formato “AAAA”.

La risoluzione precisa inoltre che per il codice tributo “2049”, in caso di versamento in forma rateale, il campo “rateazione/Regione/Prov./mese rif.” è valorizzato nel formato “NNRR”, dove “NN” rappresenta il numero della rata in pagamento e “RR” indica il numero complessivo delle rate. In caso di pagamento in un’unica soluzione, i suddetti campi sono valorizzati con “0101”.

Codici anche per il modello F24 EP

La risoluzione n. 57 ha poi istituito anche i codici tributo per consentire il versamento tramite modello “F24 enti pubblici” (F24 EP) dell’imposta.

In particolare, sono stati istituiti i codici:

  • 204E” denominato “IRES – articolo 1, commi da 436 a 444, della legge 30 dicembre 2024, n. 207 – Acconto seconda rata o in unica soluzione”;
  • 205E” denominato “IRES – articolo 1, commi da 436 a 444, della legge 30 dicembre 2024, n. 207 – Saldo”.
In sede di compilazione del modello “F24EP”, tali codici tributo vanno esposti nella sezione “Erario” (valore F), in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, con indicazione nel campo:
  • “riferimento A”, per il codice tributo “205E”, le informazioni relative all’eventuale rateazione del pagamento, nel formato “NNRR”, dove “NN” rappresenta il numero della rata in pagamento e “RR” indica il numero complessivo delle rate; in caso di pagamento in un’unica soluzione 0101”. Per il codice tributo “204E”, nessun valore”;
  • nel campo “riferimento B”, l’anno d’imposta cui si riferisce il versamento, nel formato “AAAA”;
  • i campi “codice” ed “estremi identificativi” non devono essere valorizzati
 

(MF/ms)