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Le nuove soglie di reddito concordato per le proposte di CPB per il biennio 2025-2026

Le nuove soglie per le proposte di concordato preventivo biennale (CPB) rivolte a contribuenti con elevato livello di affidabilità fiscale sono state introdotte dall’art. 14 del Decreto correttivo (D.Lgs. n. 81/2025), che modifica l’art. 9 del Decreto CPB.

Queste soglie definiscono limiti massimi di incremento del reddito concordato rispetto al reddito dichiarato nel periodo d’imposta precedente, rettificato secondo gli artt. 15 e 16 del Decreto CPB.

Queste modifiche, operative per i concordati sottoscritti a partire dal biennio 2025/2026, mirano a bilanciare gli incentivi per i contribuenti più affidabili con una maggiore prevedibilità del carico fiscale.

Soglie applicabili in base all’affidabilità fiscale – I limiti variano in funzione del punteggio ISA (Indice di Affidabilità Fiscale) conseguito dal contribuente nel periodo precedente:

  • 10% per un livello di affidabilità pari a 10;
  • 15% per un livello pari o superiore a 9 ma inferiore a 10;
  • 25% per un livello pari o superiore a 8 ma inferiore a 9.
Eccezioni alle soglie – Le soglie non si applicano se la proposta di reddito concordato, calcolata secondo la metodologia standard del CPB, risulta inferiore ai valori di riferimento settoriali derivanti dall’applicazione dell’art. 9, comma 1, del Decreto CPB. In tali casi, prevale il risultato della metodologia ordinaria.

Estensione all’IRAP – Le stesse regole sono estese al valore della produzione netta rilevante ai fini IRAP, come stabilito dal comma 3-quater dell’art. 9. Ciò garantisce coerenza tra la disciplina del reddito e quella del valore produttivo soggetto a tassazione regionale.

Esempio concreto
Situazione di partenza:

  • Contribuente: Impresa individuale con attività di commercio al dettaglio di abbigliamento.
  • Reddito dichiarato nel 2024: € 100.000 (periodo d’imposta antecedente al biennio 2025/2026).
  • Livello di affidabilità fiscale (ISA): 9,5 (quindi superiore a 9 ma inferiore a 10).
  • Rettifiche ai sensi degli artt. 15 e 16 del Decreto CPB: Nessuna rettifica applicabile.
Calcolo della proposta di reddito concordato

Soglia applicabile: Poiché il livello di affidabilità è 9,5, la soglia massima di incremento rispetto al reddito dichiarato rettificato è del 15%.

Calcolo della soglia massima: Soglia massima Reddito dichiarato rettificato × 1,15 = 100.000 × 1,15 = 115.000

Soglia massima = Reddito dichiarato rettificato × 1,15 = 100.000 × 1,15 = 115.000

Proposta di reddito concordatola proposta di reddito concordato per il biennio 2025/2026 non può superare € 115.000.

Eccezione: proposta inferiore ai valori di riferimento settoriali – Se, applicando la metodologia standard prevista dall’art. 9, comma 1, del Decreto CPB, il valore di riferimento settoriale per la stessa attività fosse, ad esempio, € 120.000, la soglia del 15% non si applicherebbe. In questo caso, la proposta di reddito concordato dovrebbe essere almeno pari al valore di riferimento settoriale, quindi € 120.000.

Estensione all’IRAP – Le stesse regole si applicano al valore della produzione netta rilevante ai fini IRAP. Quindi, se il valore della produzione netta dichiarato nel 2023 fosse, ad esempio, € 200.000, la proposta concordata per il biennio 2025/2026 non potrebbe superare € 230.000 (€ 200.000 × 1,15), salvo il caso in cui la metodologia ordinaria richieda un valore superiore.
 

Elemento Valore base (2023) Soglia massima (15%) Valore di riferimento settoriale (esempio)
Reddito concordato € 100.000 € 115.000 € 120.000
Valore produzione netta (IRAP) € 200.000 € 230.000
 
Se il valore di riferimento settoriale è superiore alla soglia percentuale, prevale il valore settoriale.
 

(MF/ms)




Affrancamento delle riserve: chiarimenti

Il Dipartimento delle Finanze ha pubblicato sul proprio sito internet il decreto del Vice Ministro del 27 giugno 2025, il quale reca le disposizioni attuative della disciplina dell’affrancamento delle riserve contenuta nell’art. 14 del DLgs. 192/2024.

Il DM conferma, in primo luogo, all’art. 2 comma 3 che l’affrancamento può avere ad oggetto una o più delle riserve in sospensione esistenti nel passivo, ovvero un importo parziale di una o più di esse.

Si conferma, altresì, all’art. 3 comma 1 che le riserve in sospensione devono sussistere sia nel bilancio 2023, sia nel bilancio 2024.

La Relazione illustrativa evidenzia che, se alcune delle riserve in sospensione sono state utilizzate per la copertura delle perdite (e sono, quindi, potenzialmente oggetto di ricostituzione), le stesse non possono essere affrancate in quanto non esistenti in bilancio (la Relazione, nel momento in cui evidenzia che è oggetto di affrancamento il minore tra gli importi evidenziati nei due bilanci, pare riferirsi alle operazioni di ricostituzione avvenute nel 2024).

L’affrancamento presuppone, in ogni caso, che non sia stata adottata una delibera di distribuzione ai soci con data anteriore al 1° gennaio 2025 (si fa riferimento, in questa sede, ai soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare).

La Relazione illustrativa al DM chiarisce che possono invece essere affrancate le riserve distribuite ai soci tra il 1° gennaio 2025 e la presentazione della dichiarazione, sempre alla condizione che la delibera di attribuzione ai soci non abbia data anteriore al 1° gennaio.

Quanto agli effetti fiscali, l’art. 3 comma 3 prevede che, in caso di affrancamento dei saldi attivi di rivalutazione, non spetta il credito d’imposta pari all’imposta sostitutiva a suo tempo versata; la questione, va da sé, deve essere attentamente valutata, posto che nei bilanci esistono riserve in sospensione a fronte delle quali l’onere fiscale a suo tempo assolto è stato basso – in certi casi nullo, come per la rivalutazione nei settori alberghiero e termale del 2020 – così come riserve in sospensione che hanno scontato alla loro costituzione un’imposizione significativa.

L’art. 4 del DM codifica in legge il principio, anticipato dalla Relazione illustrativa al DLgs. 192/2024, per cui l’affrancamento si perfeziona con l’indicazione delle riserve e dell’imposta sostitutiva nella dichiarazione del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 (si tratta delle dichiarazioni REDDITI 2025, nel cui quadro RQ è presente un prospetto a ciò dedicato), non rilevando al contrario il versamento dell’imposta.

Quest’ultima – confermano le norme attuative – è versata obbligatoriamente in quattro rate di pari importo, delle quali la prima entro il termine di scadenza delle imposte dovute a saldo per il 2024.

L’art. 5 del DM attuativo riguarda i soggetti IRPEF, per i quali i vantaggi risultano particolarmente consistenti.

Si conferma, infatti, il principio contenuto nella circ. Agenzia delle Entrate n. 33/2005 (§ 3) per cui, per le società di persone, l’onere per l’imposta sostitutiva è posto a carico della società, ma l’importo oggetto di affrancamento si considera imputato per trasparenza in capo ai soci (con conseguente incremento del costo della partecipazione).

L’effetto concreto è quello per cui, all’atto della distribuzione della riserva (evento decrementativo dello stesso costo), i soci non scontano più alcuna tassazione: di fatto, l’imposta del 10% assorbe anche la tassazione dei soci, a differenza di quanto avviene per i soci delle società di capitali, per i quali la distribuzione rappresenta un evento imponibile.

L’art. 5 comma 3 precisa che i medesimi principi previsti per i soci delle società di persone valgono anche per i soci delle società di capitali che hanno esercitato le opzioni per la trasparenza fiscale di cui agli artt. 115 o 116 del TUIR.

Opzione possibile al cambio di regime contabile

Una norma di garanzia è poi contenuta nell’art. 5 comma 2, ed è volta a consentire l’affrancamento ai soggetti IRPEF in contabilità ordinaria che, però, transitano alla contabilità semplificata nel 2025: in assenza di tale previsione, infatti, le riserve in sospensione sconterebbero l’imposizione ordinaria in quanto non ricostituite in bilancio, quanto invece l’affrancamento “postumo” può chiudere i giochi con il 10%.

L’art. 6 del DM attuativo, da ultimo, detta regole specifiche per le società che si trasformano.

Si precisa, in sostanza, che le società di capitali che si sono trasformate in società di persone possono affrancare le riserve in sospensione d’imposta “ereditate” in regime IRPEF, con la conclusione (esplicitata nella Relazione illustrativa al DM) per cui la successiva distribuzione non genera oneri in capo ai soci.

Regole speculari operano per il caso inverso delle società di persone trasformate in società di capitali, per le quali l’affrancamento si considera operato in regime IRES e la successiva distribuzione è soggetta a imposizione in capo ai soci.
 

(MF/ms)




Valute estere maggio 2025

Art. I

Agli effetti delle norme dei titoli I e II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, che vi fanno riferimento, le medie dei cambi delle valute estere calcolati a titolo indicativo dalla Banca d’Italia sulla base delle quotazioni di mercato sono accertate per il mese di maggio 2025 come segue:
 

  Per 1 Euro
Dinaro Algerino 149,6196
Peso Argentino 1295,3771
Dollaro Australiano 1,7521
Real Brasiliano 6,3953
Dollaro Canadese 1,5646
Corona Ceca 24,9229
Renminbi (Yuan)Cina Repubblica Popolare 8,1348
Corona Danese 7,46
Yen Giapponese 163,1443
Rupia Indiana 96,1427
Corona Norvegese 11,5968
Dollaro Neozelandese 1,8998
Zloty Polacco 4,2538
Sterlina Gran Bretagna 0,8435
Nuovo Leu Rumeno 5,0714
Rublo Russo 0
Dollaro USA 1,1278
Rand (Sud Africa) 20,4124
Corona Svedese 10,8812
Franco Svizzero 0,9356
Dinaro Tunisino 3,38
Hryvnia Ucraina 46,8453
Forint Ungherese 403,9386
 

 
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate, al seguente link, cambi di maggio, sono a disposizione i dati sui cambi relativi alle restanti valute riportate nel decreto in oggetto.
 
(MF/ms)




Auto in uso promiscuo ai dipendenti: chiarimenti sul fringe benefit dal 30 giugno 2025

Il 30 giugno è il termine rilevante per la determinazione del fringe benefit per le auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti, senza che siano stati rilasciati chiarimenti ufficiali sulle nuove disposizioni, che presentano tuttavia alcuni profili critici.

L’art. 51 comma 4 lett. a) del TUIR, come modificato dall’art. 1 comma 48 della L. 207/2024, stabilisce che per gli autoveicoli, i motocicli e i ciclomotori di nuova immatricolazione, concessi in uso promiscuo con contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2025, si assume il 50% dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle elaborate dall’ACI, al netto delle somme eventualmente trattenute al dipendente.

Tale percentuale è ridotta al 10% per i veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica e al 20% per i veicoli elettrici ibridi plug in.

La clausola di salvaguardia prevista dall’art. 1 comma 48-bis della L. 207/2024, introdotta dall’art. 6 comma 2-bis del DL 19/2025 convertito (c.d. DL “Bollette”), dispone tuttavia che “Resta ferma l’applicazione della disciplina dettata dall’articolo 51, comma 4, lettera a)” del TUIR, “nel testo vigente al 31 dicembre 2024, per i veicoli concessi in uso promiscuo dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2024 nonché per i veicoli ordinati dai datori di lavoro entro il 31 dicembre 2024 e concessi in uso promiscuo dal 1° gennaio 2025 al 30 giugno 2025”.

Viene quindi concessa l’applicazione della previgente modalità di determinazione del fringe benefit, in base all’emissione di anidride carbonica, oltre che per le auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2024, anche per quella ordinate nel 2024 e concesse in uso promiscuo dal 1° gennaio al 30 giugno 2025.

Qualora le auto ordinate nel 2024 siano invece concesse in uso promiscuo ai dipendenti dal 1° luglio 2025, troverebbe applicazione la nuova regola di imposizione in base al tipo di alimentazione del veicolo.

In assenza di indicazioni, si rileva che la citata disposizione di salvaguardia fa riferimento ai veicoli “concessi in uso promiscuo” entro il 30 giugno 2025.

Facendo riferimento ai chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate nella ris. n. 46/2020, relativa alla previgente disciplina, potrebbe assumere rilevanza il momento della sottoscrizione dell’atto di assegnazione da parte del datore di lavoro e del lavoratore per l’assegnazione del benefit.

E’ stato osservato che il riferimento alla sola concessione in uso promiscuo (senza riferimento né alla “data di stipula del contratto” con il dipendente, né alla “data di immatricolazione” del veicolo) potrebbe essere riferito al momento in cui l’impresa abbia concesso il veicolo in uso ai dipendenti, senza necessità di “collegare” il veicolo stesso ad un determinato contratto di assegnazione stipulato con uno specifico dipendente. In quest’ottica, la clausola di salvaguardia dovrebbe garantire l’applicazione del vecchio regime in tutti i casi in cui, in relazione a veicoli ordinati dal datore di lavoro entro il 31 dicembre 2024, il mezzo sia stato destinato dall’azienda all’uso promiscuo da parte dei propri dipendenti tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2025.

Ciò dovrebbe comportare la continuità di applicazione del vecchio regime, per tutti i veicoli ordinati prima del 1° gennaio 2025 e concessi dall’azienda all’uso promiscuo da parte dei propri dipendenti nei primi sei mesi del 2025 e ciò sino a quando il veicolo rimanga (senza soluzione di continuità) destinato a tale funzione. In questa ottica, anche per i mesi successivi a giugno 2025, il vecchio regime continuerebbe a trovare applicazione:

– per i veicoli ordinati prima del 1° gennaio 2025 e concessi in uso ad un dato dipendente nel primo semestre del 2025;
– per i veicoli ordinati prima del 1° gennaio 2025, concessi in uso ad un dato dipendente nel primo semestre del 2025 e oggetto di proroga (es. alla prima scadenza del contratto di leasing/noleggio), anche se tale proroga sia avvenuta successivamente al 30 giugno 2025;
– per i veicoli ordinati prima del 1° gennaio 2025, concessi in uso ad un dato dipendente nel primo semestre del 2025 e oggetto di riassegnazione ad altro dipendente, anche se tale riassegnazione sia avvenuta successivamente al 30 giugno 2025.

Resta comunque ferma l’esigenza di un intervento chiarificatore da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Altra fattispecie che meriterebbe un chiarimento è quella delle auto immatricolate nel 2024 e concesse nel 2025.

Mutuando le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nella ris. n. 46/2020 in relazione alla vecchia disciplina, potrebbe infatti trovare applicazione il criterio del valore normale ex art. 9 del TUIR, al netto dell’utilizzo nell’interesse del datore di lavoro.

In tal caso dovrebbe trovare applicazione il regime previgente.
 

(MF/ms)




Mancate polizze catastrofali: incerte le sanzioni da applicare al 30 giugno

Dal prossimo 30 giugno dovrebbero diventare operative le sanzioni per le grandi imprese (quelle che superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri costituti da 25 milioni di euro di stato patrimoniale, 50 milioni di ricavi netti delle vendite e delle prestazioni, 250 dipendenti) che non avranno adempiuto l’obbligo di assicurarsi contro i rischi catastrofali.

Per queste realtà, il termine per adeguarsi era il 31 marzo, ma l’art. 1 comma 3 del DL 39/2025, convertito con modificazioni dalla L. 78/2025, ha previsto che la disposizione in tema di sanzioni (l’art. 1 comma 102 della L. 213/2023) si applichi decorsi 90 giorni dalla data di decorrenza dell’obbligo assicurativo.

Proprio la norma sulle sanzioni, però, rappresenta un nodo ancora non risolto, per cui lo scenario che si prospetta a partire dal 30 giugno appare incerto.

L’art. 1 comma 102 della L. 213/2023, si ricorda, stabilisce che “dell’inadempimento dell’obbligo di assicurazione da parte delle imprese di cui al comma 101 si deve tener conto nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche, anche con riferimento a quelle previste in occasione di eventi calamitosi e catastrofali”; una formulazione che non chiarisce in modo univoco se la mancata stipula dei contratti determini l’esclusione dalle suddette misure o la loro fruizione in misura limitata, né individua puntualmente le agevolazioni interessate.

Nel tentare di chiarire il contenuto della norma, il MIMIT ha diffuso due FAQ in cui ha precisato che spetta a ciascuna Amministrazione titolare di misure di sostegno e agevolazione dare attuazione alla disposizione, “definendo e comunicando le modalità con cui intende tener conto del mancato adempimento all’obbligo assicurativo in argomento in relazione alle proprie misure coerentemente con le tempistiche recate dall’articolo 1 del decreto legge 31 marzo 2024, n. 39”.

In sostanza, ciascun Ministero (e più in generale ciascuna amministrazione) dovrebbe emanare un “provvedimento attuativo” che stabilisca quali sono le conseguenze della mancata stipula della polizza catastrofale sulle sovvenzioni di cui è titolare entro i termini per assicurarsi fissati dall’art. 1 del DL 39/2025.

Entro il 30 giugno (che è il primo momento in cui l’obbligo e le relative sanzioni diventano effettivamente operativi) dovrebbero arrivare, dunque, indicazioni sulle conseguenze dell’inadempimento per le singole misure; attualmente, non si hanno notizie in tal senso.

Fino a quando non si avranno i provvedimenti di adeguamento non sembra essere applicabile alcuna sanzione alle imprese inadempienti, posto che sempre il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha fatto sapere che la causa di esclusione opererà per le domande presentate a decorrere dalla data del provvedimento di adeguamento e di recepimento della previsione di cui alla legge n. 213 del 2023 nell’ambito della disciplina normativa della misura di agevolazione, o dalla diversa data ivi indicata.

Per le misure di propria competenza, il MIMIT ha anticipato che “è orientato a tener conto dell’inadempimento dell’obbligo assicurativo precludendo l’accesso agli incentivi di propria competenza alle imprese inadempimenti”.

In ogni caso, come precisato dalla stessa FAQ, questa indicazione dovrà essere recepita nella disciplina normativa relativa a ciascun incentivo.

Si segnala, da ultimo, uno schema di DLgs. recante il “Codice degli incentivi”, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri lo scorso ottobre, il quale ha previsto, all’art. 9, che, con riferimento ai bandi, “è sempre precluso l’accesso alle agevolazioni in caso di … f) inadempimento dell’obbligo di stipula di contratti assicurativi a copertura di danni previsto dall’articolo 1, comma 101 della legge 30 dicembre 2023, n. 213”. Lo schema, al momento, non risulta trasmesso alle Camere.

(MF/ms)




Unioncamere: niente obbligo di invio della pec degli amministratori entro il 30 giugno

A pochi giorni dalla scadenza per la comunicazione delle PEC di tutti gli amministratori delle società già costituite alla data del 1° gennaio 2025 – fissata dal MIMIT per il 30 giugno – arriva la notizia, mai diffusa ufficialmente, di un contrordine da parte di Unioncamere.

Tutto, si ricorda, parte dal comma 860 dell’art. 1 della L. 207/2024 (legge di bilancio 2025) che, apportando modifiche all’art. 5 comma 1 del DL 179/2012 convertito, ha esteso anche “agli amministratori di imprese costituite in forma societaria” l’obbligo di dotarsi e di comunicare al Registro delle imprese un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) – o domicilio digitale – così come già previsto per le imprese individuali e per le società.

Rispetto a tale disposizione, il MIMIT, con la nota 12 marzo 2025 n. 43836, ha stabilito, tra l’altro, che:

  • la PEC deve essere esclusiva di ciascun amministratore (a prescindere dalla carica ricoperta);
  • per le società già costituite al 1° gennaio 2025, gli amministratori devono procedere alla comunicazione della propria PEC entro il prossimo 30 giugno, pena la sanzione amministrativa di cui all’art. 2630 c.c.
Ora, invece, dai siti internet di alcune Camere di Commercio (si vedano, tra le altre, quelle dell’Umbria, di Milano, di Bolzano, di Ferrara/Ravenna e di Asti/Alessandria) si rende noto che, in base ad una Nota Unioncamere del 2 aprile scorso – non resa pubblica e di cui non si ha disponibilità – l’obbligo in questione è da intendersi rispettato anche comunicando la PEC della società, e non una PEC esclusiva del singolo amministratore.

Gli amministratori delle società già costituite al 1° gennaio 2025, inoltre, non devono affatto procedere alla comunicazione nel termine indicato, ma solo in occasione di nuove nomine o conferme.

Non sono, in ogni caso, applicabili le sanzioni amministrative ex art. 2630 c.c. paventate dal MIMIT, potendo procedersi solo alla sospensione della domanda di iscrizione chiedendo di regolarizzare la pratica.

In particolare, dalla lettura delle dettagliate indicazioni presenti sul sito della Camera di Commercio dell’Umbria emerge come la nota Unioncamere evidenzierebbe, innanzitutto, che la nuova disciplina si applica sia agli amministratori delle società costituite dal 1° gennaio 2025 che agli amministratori delle società già iscritte al 1° gennaio 2025, ma, per questi, solo in caso di nuova nomina o conferma. Non è, quindi, richiesto l’adempimento ove non vi sia un rinnovo delle cariche (nuove nomine/conferme).

In ogni caso, non si applica la sanzione amministrativa con riferimento al termine del 30 giugno 2025 sulla base dell’orientamento espresso nella citata circolare MIMIT.

Si precisa, peraltro, che si accetta la comunicazione (volontaria) della PEC degli amministratori delle società che risultino già iscritte al 1° gennaio 2025, su istanza degli stessi, potendosi comunque comunicare il medesimo indirizzo PEC della società già iscritto nel Registro delle imprese.

Non è, cioè, necessario che l’amministratore si doti di un nuovo e diverso indirizzo PEC rispetto a quelli di cui ha disponibilità o presso il quale elegge domicilio (così come avviene per il domicilio nel mondo “fisico”).

Ad ogni modo, si ribadisce come, non essendo previsto un termine per la comunicazione della PEC dell’amministratore, neppure è possibile applicare la sanzione amministrativa di cui all’art. 2630 c.c.

Necessario un intervento chiarificatore

Al di là della condivisibilità o meno di tali conclusioni, la sensazione è che sul tema continui a regnare una gran confusione.

Prova ne sia non tanto il fatto che talune Camere di Commercio accennano ad una interlocuzione in corso tra Unioncamere e MIMIT ma lasciano in visione le indicazioni del Ministero (cfr. la Camera di Commercio delle Marche), quanto il fatto che altre Camere di Commercio sembrerebbero del tutto all’oscuro di questi chiarimenti.

La Camera di Commercio di Palermo ed Enna, ad esempio ancora recava esclusivo riferimento alla nota MIMIT, evidenziando, tra l’altro, che per le imprese già costituite alla data del 1° gennaio 2025 il Ministero ha ritenuto opportuno assegnare il termine del 30 giugno 2025 per la comunicazione degli indirizzi PEC degli amministratori con il rischio della sanzione di cui all’art. 2630 c.c., e che la PEC da comunicare deve essere nella titolarità esclusiva dell’amministratore, non essendo possibile indicare l’indirizzo di PEC della società (entro fine mese, quindi, dovrebbero anche essere regolarizzati gli indirizzi PEC già comunicati dagli amministratori qualora coincidessero con quello della società).

Resta, in conclusione, la necessità di un nuovo intervento del MIMIT, in esito alla interlocuzione in corso con Unioncamere, o, quanto meno, della diffusione generalizzata dei chiarimenti di Unioncamere. Sempreché non si decida di optare per un più opportuno intervento normativo.

E’ attesa altresì una circolare che ,oltre a fare chiarezza sui soggetti destinatari della prescrizione normativa di cui al comma 860 dell’art. 1 della L. 207/2024 (legge di bilancio 2025), dovrebbe spostare  al 31 dicembre la scadenza dell’adempimento.

(MF/ms)




Spese di rappresentanza: chiarimenti sulla loro deducibilità

In aggiunta ai limiti già esistenti, con la L. 207/2024 (legge di bilancio 2025) la deducibilità, dal reddito d’impresa, delle spese di rappresentanza e per omaggi è stata subordinata all’ulteriore condizione di eseguire il relativo pagamento con strumenti tracciabili.

È stato, infatti, previsto che tali oneri sono deducibili solo se sostenuti con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’art. 23 del DLgs. 241/97 (quali, ad esempio, bancomat, carte di credito, satispay o altra app per smartphone collegata a un IBAN).

Ai sensi dell’art. 1 comma 83 della L. 207/2024, la novità si applica dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 (2025, per i soggetti “solari”).

Considerata la decorrenza, quindi, l’obbligo di eseguire il pagamento con i citati mezzi tracciabili non interessa ancora il periodo d’imposta “solare” 2024, riguardo al quale le spese di rappresentanza e per omaggi rimangono deducibili anche se sostenute con strumenti diversi da quelli tracciabili (quali, ad esempio, il contante e/o i circuiti di credito commerciale che non utilizzano nessuno dei sistemi di pagamento ammessi).

In pratica, nella campagna dichiarativa in corso, è ancora applicabile la “vecchia” disciplina, fatta eccezione per i soggetti che utilizzano il modello REDDITI 2025 per dichiarare i redditi prodotti nel corso del 2025 (ad esempio, società interessate da un’operazione straordinaria che utilizzano il modello per dichiarare i redditi del periodo d’imposta che va dal 1° gennaio 2025 al giorno antecedente a quello di perfezionamento dell’operazione stessa).

Pertanto, le spese di rappresentanza sostenute nel 2024 (esercizi “solari”) sono deducibili se rispondenti ai requisiti di congruità e inerenza definiti dall’art. 108 comma 2 del TUIR e dal DM 19 novembre 2008, a prescindere dalle modalità in cui è avvenuto il pagamento (strumento tracciabile o meno).

In proposito, si ricorda che tali costi sono deducibili in misura pari:

  • all’1,5% dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa (risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento) fino a 10 milioni di euro;
  • allo 0,6% dei suddetti ricavi e proventi per la parte eccedente 10 milioni di euro e fino a 50 milioni di euro;
  • allo 0,4% dei suddetti ricavi e proventi per la parte eccedente 50 milioni di euro.
L’art. 1 comma 1 del DM 19 novembre 2008, poi, definisce spese di rappresentanza inerenti, sempreché effettivamente sostenute e documentate, le spese per erogazioni di beni e servizi:
  • a titolo gratuito;
  • effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni;
  • il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche potenzialmente, benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore.
Restano comunque deducibili per il loro intero ammontare le spese relative a beni distribuiti gratuitamente (c.d. omaggi) di valore unitario non superiore a 50 euro.

Infine, le spese di vitto e alloggio qualificabili come spese di rappresentanza devono essere (circ. Agenzia delle Entrate n. 34/2009, § 5.2):

  • in via preliminare, assoggettate al limite di deducibilità del 75% (art. 109 comma 5 del TUIR);
  • in secondo luogo, sommate alle altre spese di rappresentanza;
  • infine, sottoposte ai limiti di deducibilità di cui all’art. 108 comma 2 del TUIR.
Ciò premesso, ipotizzando che, nel 2024, i ricavi e gli altri proventi conseguiti da Alfa srl siano pari a 1 milione di euro e che le spese di rappresentanza ammontino a 17.000 euro (delle quali 5.000 relative a prestazioni alberghiere e somministrazione di alimenti e bevande), si deve operare come segue:
  • il limite del 75% viene applicato alle spese di vitto e alloggio (5.000 × 75% = 3.750);
  • l’ammontare così ottenuto (3.750 euro) si somma all’importo delle altre spese di rappresentanza (12.000 euro), per un totale di 15.750 euro;
  • si applica il limite dell’1,5% sui ricavi e altri proventi della gestione caratteristica (1.000.000 × 1,5% = 15.000).
L’importo deducibile è pertanto pari a 15.000 euro. L’importo di 2.000 euro è quindi definitivamente indeducibile.

Il modello REDDITI SC 2025 è compilato indicando:

  • all’interno del rigo RF23, nella colonna 1, l’importo delle spese di vitto e alloggio aventi finalità di rappresentanza (5.000 euro) e, nella colonna 2, le altre spese di rappresentanza (12.000 euro); il totale è poi esposto nella colonna 3 (17.000 euro);
  • all’interno del rigo RF43, nella colonna 1, il 75% delle spese di vitto e alloggio aventi finalità di rappresentanza (3.750 euro) e, nella colonna 2, l’ammontare deducibile delle spese di rappresentanza (15.000 euro), comprensivo dell’importo riportato nella colonna 1; tale ultimo importo è poi indicato nella colonna 3.
(MF/ms) 



Spese trasferta dipendenti: escluso l’obbligo di tracciabilità per le spese all’estero

L’art. 1 del DL 84/2025 delimita l’ambito applicativo al territorio dello Stato.

Per effetto delle modifiche del DL 84/2025, sono soggette all’obbligo di pagamento con mezzi tracciabili, ai fini della non imponibilità/deducibilità, solo le spese di trasferta sostenute in Italia.

L’ambito applicativo dei nuovi obblighi viene infatti limitato alle sole spese sostenute “nel territorio dello Stato”, confermando quanto previsto nelle bozze circolate ed escludendo così dai nuovi obblighi le spese per trasferte all’estero.

Con l’art. 1 comma 1 lett. b) del DL 84/2025 si interviene sul trattamento fiscale delle spese relative a vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea (taxi e noleggio con conducente), sostenute dal lavoratore dipendente in occasione delle trasferte o missioni, per limitare l’ambito di applicazione del requisito della tracciabilità dei pagamenti, previsto dal quinto periodo dell’art. 51 comma 5 del TUIR (introdotto dalla legge di bilancio 2025), alle spese sostenute nel territorio dello Stato.

Pertanto, ad esempio, le spese per il taxi sostenute nell’ambito di una trasferta all’estero potranno essere pagate anche in contanti.

Il comma 3 del citato art. 1 prevede che la disposizione trovi applicazione per le spese “sostenute a partire dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto”, vale a dire dal 2025 per i soggetti “solari”.

In relazione al comma 3-bis dell’art. 95 del TUIR, che prevede quale condizione per la deducibilità la tracciabilità dei pagamenti delle spese di vitto e alloggio e quelle per viaggio e trasporto mediante taxi e NCC, nonché i rimborsi analitici relativi alle medesime spese sostenute per le trasferte dei dipendenti, un primo intervento è stato effettuato dall’art. 1 comma 1 lettera g) n. 1) del DL 84/2025, che riformula il testo, restringendo l’ambito di applicazione della disposizione alle spese sostenute nel territorio delle Stato.

La Relazione illustrativa al DL ha precisato che, al fine di garantire un trattamento coerente, nell’art. 109 del TUIR è stato introdotto un nuovo comma 5-bis per chiarire che la condizione di tracciabilità delle spese sopra descritte rileva in tutte le ipotesi in cui, nel territorio dello Stato, le stesse risultano sostenute dalle imprese o siano oggetto di un rimborso analitico (fermo restando il rispetto del principio di inerenza).

La relazione precisa che va da sé che i limiti appena descritti trovano applicazione anche in relazione alle spese in esame sostenute dalle imprese per gli amministratori, nonché per i relativi rimborsi analitici.

Inoltre, con finalità di coordinamento, considerato che l’art. 95 del TUIR reca, in linea generale, la disciplina della deducibilità delle spese per lavoro dipendente, è stato eliminato dal comma 3-bis il riferimento alla tracciabilità delle spese sostenute per le prestazioni di servizi commissionate ai lavoratori autonomi (art. 1 comma 1 lett. g) n. 2) del DL 84/2025).

La medesima disciplina della tracciabilità delle spese sostenute per le prestazioni di servizi commissionate ai lavoratori autonomi è stata trasferita nell’art. 109 del TUIR, al nuovo comma 5-ter, in quanto disposizione ritenuta, a livello sistematico, maggiormente idonea ad accogliere la relativa disciplina (art. 1 comma 1) lett. h) del DL 84/2025; cfr. Relazione illustrativa al DL).

In merito alla decorrenza, le disposizioni concernenti la disattivazione del regime sopra descritto per le spese sostenute all’estero, introducendo una semplificazione che opera in senso più favorevole al contribuente, decorrono dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 (2025, per i soggetti “solari”), mentre le nuove regole di tracciabilità delle spese in esame si applicano alle spese sostenute a decorrere dal 18 giugno 2025 (data di entrata in vigore del DL), per i periodi d’imposta successivi a quelli in corso al 31 dicembre 2024.

Sembra quindi di capire che, come già originariamente previsto, nel caso di un periodo d’imposta 1° luglio 2024 – 30 giugno 2025, i nuovi obblighi di tracciabilità si applicheranno in ogni caso solo dal 1° luglio 2025, con riferimento al periodo d’imposta 1° luglio 2025 – 30 giugno 2026.

Infatti, le spese sostenute dal 18 al 30 giugno 2025 ricadono ancora nel periodo d’imposta 1° luglio 2024 – 30 giugno 2025, non soggetto alle nuove disposizioni.

Ai fini della deducibilità, fermo restando il rispetto degli obblighi di tracciabilità dei pagamenti, resterebbero validi gli ordinari oneri documentali.

I giustificativi di spesa (parte integrante delle note cui si riferiscono) sono, infatti, indispensabili non solo al controllo della certezza della spesa, ma anche dei requisiti di inerenza, competenza e congruità (cfr. ris. n. Agenzia delle Entrate n. 96/2017 e risposta a interpello n. 403/2019).

Con particolare riferimento alle spese di taxi, l’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 142/2024, ha affermato che, ove non sia richiesta la fattura, la contabile rilasciata dal mezzo di pagamento elettronico non è sufficiente a identificare la spesa sostenuta ai fini della deducibilità del costo, ma è necessario che la stessa sia correlata a un giustificativo di spesa rilasciato dal prestatore, dal quale sia possibile individuare i dati essenziali della spesa (data, nome del prestatore, percorso, corrispettivo).
 

(MF/ms)




“Giornata dell’economia”: mercoledì 25 giugno a Lariofiere

Informiamo le aziende associata che mercoledì 25 giugno 2025, dalle ore10 a Lariofiere a Erba si terrà la 23esima edizione della “Giornata dell’economia” che quest’anno sarà dedicata al tema “Benessere e sviluppo sostenibile“. 

 

Questo il programma:

ore 9.30 accoglienza

Ore 10 Introduzione ai lavori di Ezio Vergani, presidente Camera di Commercio Como-Lecco

A seguire

“Strategie politiche di Regione Lombardia” di Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo economico di Regione Lombardia 

Lectio Magistralis di Enrico Giovannini (direttore scientifico Asvis): “Sviluppo sostenibile e benessere: la persona al centro”

“Economia lariana: sintesi del rapporto e scenari futuri” di Carlo Guidotti, responsabile uffici studi e Statistica della Camera di Commercio Como-Lecco

Tavola rotonda con:
Giovanni Agostoni, Icam
Don Walter Magnoni, Università Cattolica
Iacopo Mazzetti, Fondazione Milano Cortina 2026
Alessandro Perego, Politecnico di Milano
Elena Torri, Icma 

Ore 14
“Economia lariana: approfondimento del rapporto”
Daniele Rusconi, Camera Commercio Como-Lecco
Andrea Gianni, PTSClas
Gianni Menicatti, PtsClass

Per maggiori informazioni e iscrizioni cliccare qui 

(MP/am)
 




Webinar: “China international import export”

Rete Ufficio Estero, in collaborazione con Confapi e con ICCF (Italia China Council Foundation), organizza giovedì 26 giugno dalle ore 9.30 alle ore 10.45 il webinar gratuito “China International Import Expo – La fiera per chi vuole vendere in Cina”, per presentare la fiera CIIE che si terrà dal 5 al 10 novembre 2025 a Shanghai.
 
Durante il webinar interverranno:
  • Federico Pasini (Head of Operations di ICCF – Italy China Council Foundation);
  • Sara Berloto (Responsabile Centro Studi ICCF);
  • Lan Pang (Responsabile Commerciale ICCF).
 
L’incontro tratterà i seguenti temi:
 
  • Importanza dell’aspetto culturale nelle strategie di comunicazione per il mercato cinese.
  • Quadro macroeconomico della Cina di oggi.
  • Introduzione China International Import Expo: modalità di partecipazione, edizioni precedenti, servizi di supporto e assistenza alle imprese da parte di ICCF.
  • Il caso studio di un’esperienza aziendale alla CIIE.
 
Per partecipare al webinar occorre iscriversi entro lunedì 23 giugno 2025 cliccando sul pulsante “Iscriviti ora” che trovate sull’invito in allegato oppure tramite il seguente link: https://forms.gle/BPT3oPD4PQee6Lhe6.
 
A seguito della registrazione verrà inviato ai partecipanti il programma dettagliato e il link di collegamento.

In allegato trovate la locandina dell’evento.

(SF/am)