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Convegno “Della trafileria non si butta via niente”: giovedì 15 gennaio 2026

Informiamo le aziende associate che giovedì 15 gennaio 2026, presso la sede di Confapi Lecco Sondrio, si terrà il convegno “Della trafileria non si butta via niente“, conclusione del progetto di ApiTech e Università Bicocca di Milano dedicato al riutilizzo degli stearati esausti che ha coinvolto alcune trafilerie del territorio.

 

In allegato, potete scaricare il programma completo dei lavori.
 
Per partecipare è obbligatoria l’iscrizione CLICCANDO QUI

(SN/am)




Incentivi fiscali 2026: novità adempimenti

Comunicazione preventiva sempre necessaria per gli incentivi fiscali istituiti dal 2026 sotto forma di crediti d’imposta in assenza di un’attività istruttoria.

È una delle previsioni introdotte dal D.Lgs. 27 novembre 2025 n. 184, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 10 dicembre, denominato “Codice degli incentivi”.

Tale Codice, approvato in attuazione dell’art. 3 commi 1 e 2 lett. b) della L. 160/2023, armonizza la disciplina di carattere generale in materia di incentivi alle imprese (inclusi i lavoratori autonomi), definisce i principi generali che regolano i procedimenti amministrativi che le imprese devono seguire per accedere alle agevolazioni e fornisce le relative disposizioni per l’utilizzo della strumentazione tecnica funzionale.

Sono soggette alla disciplina del Codice degli incentivi le agevolazioni riconosciute sotto forma di: contributo a fondo perduto, garanzie su operazioni finanziarie, finanziamenti agevolati e altri strumenti rimborsabili, interventi nel capitale di rischio, agevolazioni fiscali e contributive, altre forme disciplinate dal bando in conformità con la normativa nazionale ed europea in relazione alle specifiche finalità dell’incentivo.

Le disposizioni del Codice non si applicano però agli incentivi fiscali che non prevedono lo svolgimento di attività istruttorie valutative, ivi compresi quelli rispetto ai quali le verifiche sono circoscritte al rispetto del limite di risorse stanziate, per i quali vige l’applicazione della disciplina di settore, fermo restando però quanto disposto per gli incentivi fiscali sotto forma di crediti d’imposta (art. 2 comma 2 del DLgs. 184/2025).

L’art. 19 del DLgs. 184/2025 prevede, infatti, una disciplina ad hoc per gli incentivi fiscali (e per gli incentivi contributivi), che si applica agli “incentivi (…) istituiti con legge successivamente alla data di entrata in vigore del presente codice” (cfr. art. 25 comma 1 del DLgs. 184/2025), vale a dire dal 1° gennaio 2026.

Con particolare riferimento agli incentivi fiscali fruiti nella forma del credito d’imposta che non prevedono lo svolgimento dell’attività istruttoria, viene stabilito che la fruizione, salve diverse disposizioni della legge speciale, è comunque subordinata alla preventiva comunicazione da parte del richiedente al soggetto competente dell’ammontare complessivo delle agevolazioni delle quali il medesimo richiedente intende fruire e la presunta ripartizione negli anni della fruizione stessa, fornendo le ulteriori comunicazioni richieste dalla disciplina dell’incentivo successivamente all’avvenuto sostenimento delle eventuali spese previste.

In altri termini, per tutti i crediti d’imposta istituiti dal 2026 non soggetti ad attività istruttoria è previsto l’obbligo di presentare una comunicazione preventiva e poi di completamento per l’utilizzo, eliminando, di fatto, l’uso automatico di tale forma agevolativa.

Viene altresì precisato che, nel caso in cui gli incentivi fiscali costituiscano aiuti di Stato ovvero siano fruiti in regime de minimis, essi sono attivati solo dopo che l’Autorità responsabile abbia provveduto a registrare il relativo regime di aiuto nel Registro nazionale degli aiuti di Stato (RNA) e nei registri SIAN e SIPA.

Disciplinata anche la delocalizzazione degli investimenti

Tra gli aspetti definiti dal DLgs. 184/2025, l’art. 16 disciplina i casi di incentivi per la realizzazione di investimenti localizzati nel territorio nazionale, qualora l’attività economica interessata o una sua parte sia delocalizzata dal sito incentivato ad altri siti.

Nel caso di operazioni di delocalizzazione in favore di un’altra unità produttiva situata in ambito nazionale, dell’Unione europea e degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo, le imprese beneficiarie decadono dalle agevolazioni fruite se:

  • gli incentivi erano diretti a una zona specifica del territorio nazionale e la delocalizzazione comporta un trasferimento di attività al di fuori dell’area ammissibile all’incentivo;
  • l’operazione di delocalizzazione avviene prima di 5 anni dalla data di completamento dell’investimento.
Nel caso di operazioni di delocalizzazione in favore di un’altra unità produttiva situata in Stati non appartenenti all’Unione europea o allo See, le imprese beneficiarie decadono da tutte le agevolazioni fruite per gli investimenti realizzati, anche se non diretti a una specifica zona del territorio nazionale, se l’operazione di delocalizzazione avviene prima dei 5 anni dalla data del completamento dell’investimento agevolato (10 anni per le grandi imprese). In tal caso, le imprese per le quali sia accertata la decadenza non possono accedere ad altri incentivi per i successivi 5 anni dalla data dell’operazione di delocalizzazione (10 anni per le grandi imprese).

Le imprese devono comunque presentare apposita comunicazione al MIMIT e al Ministero del Lavoro almeno 90 giorni prima dell’avvio dell’operazione di delocalizzazione (180 giorni per le grandi imprese); in mancanza, sono nulli gli eventuali licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e i licenziamenti collettivi relativi all’unità produttiva interessata dall’operazione di delocalizzazione.

(MF/ms)




Le modifiche al regime dei dividendi

Uno degli emendamenti governativi al Ddl. di bilancio 2026, depositato presso la Commissione Bilancio del Senato, dovrebbe delineare l’assetto definitivo delle modifiche al regime dei dividendi, con novità significative rispetto all’articolato del Ddl. originario.

Quest’ultimo, si ricorda, vincolava il mantenimento dell’esclusione del 95% del provento (si fa riferimento, in questa sede, alle società di capitali) al rispetto di un requisito di partecipazione al capitale dell’emittente almeno pari al 10%, mutuato dalla direttiva 2011/96/Ue (“madre-figlia”).

Avevano fatto seguito a questa formulazione originaria una serie di proposte emendative, volte alla riduzione della soglia minima di partecipazione, all’introduzione di un requisito alternativo basato sul periodo di possesso della stessa, sino all’esclusione dei nuovi limiti per le partecipazioni quotate o per taluni settori di attività.

Nella versione emendata dal Governo, la norma di riferimento (l’art. 18 del Ddl. di bilancio 2026) mantiene l’impianto originario, per cui l’esclusione del 95% viene legata all’entità della partecipazione dalla quale promanano i dividendi, ma con quattro significative novità, le quali restringono di molto le situazioni in cui le distribuzioni risulteranno integralmente tassate; rispetto alla disposizione originaria, in relazione alla quale il gettito stimato ammontava a oltre un miliardo di euro all’anno, con le nuove norme questo si riduce a soli 45 milioni, ovvero a meno di un ventesimo.

La prima e più importante di queste novità riguarda la soglia minima, che viene ridotta dal 10% al 5%, relegando conseguentemente i casi di imponibilità integrale alle situazioni delle partecipazioni di minoranza.

La seconda, legata alla prima, si sostanzia nell’introduzione di un requisito minimo di partecipazione non commisurato alla percentuale del capitale dell’emittente detenuta, ma quantificato in termini assoluti; è così previsto che l’esclusione del 95% competa anche ove il valore fiscale della partecipazione detenuta sia almeno pari a 500.000 euro.

I due requisiti (percentuale del 5% o valore fiscale di 500.000 euro) sono alternativi, per cui è sufficiente che risulti verificato uno dei due perché gli utili continuino a essere assoggettati al previgente e più favorevole regime; la soglia in termini assoluti, in particolare, dovrebbe favorire le grandi società anche quotate, per le quali sono frequenti i casi in cui la partecipazione risulta inferiore al 5%.

Pur se la questione non viene esplicitata dalla norma, la quantificazione del valore fiscale dovrebbe avvenire secondo il dettato dell’art. 94 del TUIR, il quale regola la determinazione del costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote anche in relazione a operazioni quali l’aumento gratuito del capitale, i versamenti a fondo perduto o in conto capitale, la rinuncia ai crediti ecc.; vale inoltre in principio consolidato per cui tali criteri di quantificazione valgono anche per le partecipazioni che hanno titolo a beneficiare della participation exemption, ancorché le stesse generino plusvalenze imponibili nel limite del solo 5% del relativo ammontare (il principio è esplicitato, ad esempio, nella circ. Agenzia delle Entrate n. 36/2004, § 3).

Il requisito della quota minima del 5% non vale per asset che non configurano partecipazione al capitale della controparte quali i contratti di associazione in partecipazione, per i quali andrà però verificata la soglia di valore assoluto di 500.000 euro.

La terza modifica rispetto al Ddl. originario riguarda gli utili di fonte italiana pagati a società Ue/See non titolate ai benefici “madre-figlia”.

Al fine di mantenere l’equivalenza nella misura del prelievo tra soci residenti e non residenti e di non introdurre discriminazioni “alla rovescia” si modifica l’art. 27 comma 3-ter del DPR 600/73, prevedendo che l’aliquota ridotta dell’1,20% venga mantenuta alle medesime condizioni previste per il prelievo commisurato al 5% del provento in capo ai soci italiani: è conseguentemente richiesto che la partecipazione del socio estero nell’emittente italiano sia almeno pari al 5% in termini di capitale, ovvero abbia un valore fiscale in termini assoluti almeno pari a 500.000 euro.

Coordinati i regimi di dividendi e plusvalenze

La quarta modifica riguarda la participation exemption: per ragioni di coordinamento con il nuovo regime dei dividendi, infatti, la plusvalenza da cessione potrà beneficiare dell’esenzione del 95% solo se la partecipazione risponde ai medesimi requisiti dei dividendi (5% in termini relativi o 500.000 euro in termini assoluti), fermi restando gli altri vincoli legati a possesso, iscrizione tra le immobilizzazioni ecc.

In termini di decorrenza delle novità, rimane ferma quella a suo tempo prevista per i dividendi (legata alle distribuzioni deliberate a decorrere dal 1° gennaio 2026), mentre per le plusvalenze la “stretta” opera per quelle realizzate a decorrere dalla medesima data. Rimane inoltre ferma la necessità di ricalcolare l’imposta 2025 ai sensi delle nuove disposizioni ai soli fini del computo dell’acconto 2026 con il metodo storico.
 

(MF/ms)




Dal 1° gennaio il tasso di interesse legale scende al 1,6%

Il decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze 10 dicembre 2025, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 13 dicembre, modifica il tasso d’interesse legale di cui all’art. 1284 del codice civile abbassandolo dall’attuale 2% all’1,6% in ragione d’anno a partire dal 1° gennaio 2026.

Per effetto di quanto previsto all’art. 1284 del codice civile la determinazione del tasso di interesse legale è demandata al MEF il quale, con proprio decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale non oltre il 15 dicembre dell’anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno.

Relativamente al ravvedimento operoso ex art. 13 del DLgs. 472/97, il tasso legale da applicare è quello in vigore nei singoli periodi, secondo un criterio di pro rata temporis.

Pertanto, è pari al 2% fino al 31 dicembre 2025 e all’1,6% dal 1° gennaio 2026 fino al giorno di versamento compreso.

Non ci sono interessi da corrispondere se si ravvedono violazioni che danno luogo a sanzioni non associate al recupero di alcuna imposta.

Il mutamento del tasso di interesse legale ha effetto anche in merito al “costo” delle rate derivanti da accertamento con adesione, acquiescenza oppure conciliazione giudiziale.

Ai sensi dell’art. 8 del DLgs. 218/97, pagata la prima rata “le rate successive alla prima devono essere versate entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre”, e sul loro importo “sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata”.

La prassi ha da sempre sostenuto che l’interesse a cui fa riferimento il richiamato art. 8 è quello legale e che il tasso rimane invariato anche se muta per effetto degli appositi decreti ministeriali (circ. Agenzia delle Entrate 29 aprile 2016 n. 17, § 2.1).

Di conseguenza, se il piano era già in essere nel 2025, le rate successive, da pagare nel 2026 e negli anni successivi, saranno maggiorate degli interessi al 2% e non all’1,6%.

Meno care le dilazioni da adesione

Invece, la riduzione del tasso di interesse legale, per il 2026, non ha nessun effetto sui coefficienti per la determinazione dei valori delle rendite e del diritto di usufrutto, che restano immutati rispetto al 2025. È un effetto di quanto disposto dagli artt. 46 comma 5-ter del DPR 131/86 e 17 comma 1-ter del D.Lgs. 346/90 in base ai quali, a tali fini, non si può assumere un tasso di interesse legale inferiore al 2,5% (ancora) oggi vigente.

(MF/ms) 




Prorogata fino al 31.12.28 la detrazione al 40% dell’Iva sugli autoveicoli promiscui

Con la decisione n. 2529 dell’8 dicembre 2025, è stata prorogata, sino al 31 dicembre 2028, l’autorizzazione concessa all’Italia dal Consiglio dell’Unione Europea a prevedere un limite forfetario del 40% alla detrazione dell’IVA assolta sulle spese relative ai veicoli stradali a motore non interamente utilizzati “a fini professionali”.

Senza questa ulteriore proroga, infatti, l’autorizzazione europea sarebbe scaduta alla fine di quest’anno.

Si ricorda che, nella sentenza del 2006 relativa alla causa C-228/05 (Stradasfalti), la Corte di Giustizia Ue aveva dichiarato contrarie alla normativa comunitaria le limitazioni, stabilite all’epoca in Italia, con riguardo alla detrazione dell’IVA assolta per l’acquisto e l’importazione di ciclomotori, motocicli, autovetture e autoveicoli nonché per le relative spese di gestione.

A fronte della citata pronuncia, l’art. 1 del DL 258/2006 aveva riconosciuto la possibilità di chiedere il rimborso dell’IVA non detratta per le predette operazioni effettuate sino al 13 settembre 2006, ossia al giorno anteriore alla pubblicazione della sentenza.

Era stato modificato, inoltre, l’art. 19-bis1 comma 1 lett. c) del DPR 633/72 prevedendo che, di regola, la citata imposta non sarebbe stata detraibile sino alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue dell’autorizzazione concessa all’Italia a stabilire una misura ridotta della detrazione.

Alla luce delle difficoltà riscontrate nel controllo circa la ripartizione fra uso imprenditoriale (o professionale) e uso privato di mezzi di trasporto, infatti, il nostro Paese aveva chiesto al Consiglio dell’Ue di poter introdurre misure in deroga agli artt. 26 e 168 della direttiva 2006/112/Ce.

Tale richiesta è stata accolta con la decisione del 18 giugno 2007 n. 441 che consente la limitazione al 40% del diritto a detrarre l’IVA assolta sulle spese relative a veicoli stradali a motore non interamente utilizzati “a fini professionali”.

È stato imposto, comunque, di non assimilare a prestazioni di servizi a titolo oneroso l’uso a fini privati di veicoli che rientrano fra i beni dell’impresa di un soggetto passivo, qualora tali veicoli siano sottoposti a una restrizione del diritto alla detrazione dell’imposta (si veda l’art. 3 comma 6 del DPR 633/72).

L’efficacia dell’autorizzazione concessa dal Consiglio dell’Ue era limitata inizialmente sino al 31 dicembre 2010, ma tale termine è stato prorogato, da ultimo, sino al 31 dicembre 2025 con la decisione 6 dicembre 2022 n. 2411.

L’autorizzazione appena concessa “differisce” nuovamente il predetto termine al 31 dicembre 2028. Un’eventuale domanda di autorizzazione a prorogare ancora le misure di deroga dovrà essere presentata alla Commissione europea entro il 31 marzo 2028, corredata di una relazione che comprenda un riesame della limitazione della percentuale applicata al diritto alla detrazione dell’IVA.

Come emerge dal Preambolo della decisione in esame, la Commissione europea ha ritenuto appropriata una nuova proroga della misura, in quanto semplifica la riscossione dell’IVA e previene alcune forme di evasione ed elusione fiscale. Inoltre, non c’è il rischio che la frode si sposti in altri settori o in altri Stati membri.

Restano invariate le deroghe previste

Ai sensi dell’art. 19-bis1 comma 1 lett. c) e d) del DPR 633/72, dunque, sino alla fine del 2028 (salvo ulteriori proroghe) è ammessa in detrazione nella misura del 40% l’IVA assolta per l’acquisto o l’importazione:

– di veicoli stradali a motore (diversi dai motocicli di cilindrata superiore a 350 cc) e dei relativi componenti e ricambi, se i veicoli non sono utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione;
– di carburanti e lubrificanti destinati ai veicoli a motore, di cui al punto precedente, nonché delle prestazioni indicate nell’art. 16 comma 3 del DPR 633/72 (es. noleggio e locazione finanziaria) e delle prestazioni di custodia, manutenzione, riparazione e impiego, compreso il transito stradale, dei citati beni.

Il predetto limite alla detrazione dell’IVA non si applica ai veicoli:
– utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’attività d’impresa, arte o professione (es. veicoli destinati alla manutenzione della rete di trasporto, cfr. interpello Agenzia delle Entrate n. 954-114/2017);
– che formano oggetto dell’attività propria dell’impresa (es. taxi);
– utilizzati da agenti e rappresentanti di commercio.

I veicoli acquistati dal datore di lavoro o detenuti in virtù di contratti di noleggio o locazione (anche finanziaria) e messi a disposizione del personale dipendente, a fronte di uno specifico corrispettivo, sono inclusi nella categoria dei veicoli utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’impresa.

L’imposta assolta in tutti questi casi è detraibile integralmente, fermo restando i limiti derivanti dall’effettuazione di operazioni esenti o non soggette ad IVA e dall’applicazione del principio di inerenza (R.M. n. 6/2008).
 
(MF/ms)




Slitta all’1 gennaio 2027 l’efficacia dei testi unici della riforma fiscale

Tra le disposizioni contenute dal decreto Milleproroghe, approvato l’11 dicembre dal Consiglio dei Ministri, trova spazio, stando alla bozza circolata, il rinvio dell’entrata in vigore dei Testi unici della riforma fiscale.

L’art. 21 comma 1 della legge delega (L. 111/2023) ha affidato al Governo il compito di adottare uno o più decreti legislativi di riordino organico delle disposizioni che regolano il sistema fiscale, mediante la redazione di testi unici.

L’intento dichiarato era quello, da un lato, di individuare e coordinare le norme vigenti, dall’altro, di abrogare le disposizioni incompatibili ovvero non più attuali.

Accanto ai Testi unici, la riforma prevede l’emanazione di decreti legislativi di revisione del sistema (art. 1 comma 1 della L. 111/2023), dei decreti legislativi correttivi ed integrativi (art. 1 comma 6 della L. 111/2023) e del codice tributario (non ancora approvato).

Nella primavera del 2024 erano state messe in consultazione sul sito dell’Agenzia delle Entrate le bozze dei Testi unici, organizzati per settori di competenza: giustizia tributaria, imposta di registro e altri tributi indiretti, sanzioni tributarie amministrative e penali, tributi erariali minori, versamenti e riscossione, imposte sui redditi, IVA, adempimenti e accertamento, agevolazioni tributarie e regimi di particolari settori. A questi se ne era aggiunto un decimo, quello relativo alle dogane.

La prima scadenza per la loro adozione era fissata per il 29 agosto 2024, ma prima la legge 8 agosto 2024 n. 122 poi la successiva legge 8 agosto 2025 n. 120 hanno posticipato il termine rispettivamente al 31 dicembre 2025 e al 31 dicembre 2026.

Sino ad oggi sono stati approvati, con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, i seguenti Testi unici:

  • il Testo unico delle sanzioni tributarie, amministrative e penali (DLgs. 5 novembre 2024 n. 173);
  • il Testo unico dei tributi erariali minori (DLgs. 5 novembre 2024 n. 174);
  • il Testo unico della giustizia tributaria (DLgs. 14 novembre 2024 n. 175);
  • il Testo unico in materia di versamenti e di riscossione (DLgs. 24 marzo 2025 n. 33);
  • il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di imposta di registro e di altri tributi indiretti (DLgs. 1° agosto 2025 n. 123).
 
Più tempo per coordinare le norme

Il Viceministro dell’Economia Maurizio Leo, nel corso del webinar tenutosi l’11 dicembre 2025, e organizzato da CNCDEC e Agenzia delle Entrate “L’assistenza dell’Agenzia delle Entrate dedicata agli intermediari”, ha reso nota l’intenzione di portare entro fine 2025 in Consiglio dei Ministri anche il Testo unico in materia di IVA.

Il decreto Milleproroghe, stando alla bozza circolata, prevede il differimento di un anno, dal 1° gennaio 2026 al 1° gennaio 2027, della decorrenza degli effetti dei testi unici prima elencati, in sostanza i testi che hanno già completato il loro iter di approvazione.

Il rinvio consentirebbe un maggior coordinamento fra le varie disposizioni presenti nell’ordinamento, ora al centro di una delicata stratificazione normativa.
 

(MF/ms)




Assemblee a distanza: proroga fino al 30 settembre 2026

Il DL Milleproroghe 2025 approvato l’11 dicembre dal Governo, all’art. 3 comma 11 della bozza circolata differisce, per l’ennesima volta, fino al 30 settembre 2026, la possibilità di svolgere le assemblee di società ed enti con le modalità consentite durante l’epidemia da COVID-19 (ex art. 106 del DL 18/2020 convertito).

Tale disciplina, infatti, in forza di quanto stabilito in sede di conversione in legge del DL 202/2024 (Milleproroghe 2024), troverebbe applicazione solo fino alle assemblee tenute entro il prossimo 31 dicembre (cfr. l’art. 3 comma 14-sexies del DL 202/2024 convertito).

Di conseguenza, fino al 30 settembre 2026 vi sarà la possibilità di:

  • prevedere, nelle spa, nelle sapa, nelle srl, nelle società cooperative e nelle mutue assicuratrici, anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie, l’espressione del voto in via elettronica o per corrispondenza e l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione (comma 2 primo periodo del citato art. 106);
  • svolgere le assemblee, sempre a prescindere da diverse disposizioni statutarie, anche esclusivamente mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto, senza la necessità che si trovino nel medesimo luogo, ove previsti, il presidente, il segretario o il notaio (comma 2 secondo periodo). Questa previsione è stata letta come il riconoscimento della possibilità di tenere assemblee “virtuali”, ossia prive di un luogo fisico di convocazione;
  • consentire, nelle srl, anche in deroga a quanto previsto dall’art. 2479 comma 4 c.c. e alle diverse disposizioni statutarie, che l’espressione del voto avvenga mediante consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto (comma 3);
  • obbligare, in talune società (ad esempio, quelle quotate, quelle ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione e quelle con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante), alla partecipazione all’assemblea tramite il Rappresentante designato (commi 4, 5 e 6).
Tali disposizioni si applicano anche alle associazioni e alle fondazioni (comma 8-bis).

Si tenga presente, inoltre, che, al fine di utilizzare le semplificazioni della disciplina emergenziale, l’assemblea dovrà essere “tenuta” entro la suddetta data del 30 settembre 2026 e non semplicemente “convocata”.

Nonostante l’assenza di specifiche indicazioni normative, poi, è da ritenere che il ricorso “agevolato” a riunioni “a distanza” sia praticabile anche per CdA e Collegi sindacali (cfr. il documento di ricerca CNDCEC-FNC 18 marzo 2020).

Si ricorda, peraltro, che, secondo la massima n. 200/2021 del Consiglio notarile di Milano, a prescindere dalla fase emergenziale e dalla relativa disciplina, sarebbe ragionevole ritenere che – in presenza di una clausola statutaria che consenta, genericamente, l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione – l’organo amministrativo (o il soggetto che effettua la convocazione) possa comunque indicare nell’avviso di convocazione che l’assemblea si terrà in modo “virtuale”, ovvero esclusivamente mediante mezzi di telecomunicazione, omettendo l’indicazione del luogo fisico di convocazione e precisando le modalità di collegamento (eventualmente fornendo le specifiche tecniche anche in momenti successivi, prima della riunione).

La possibilità di convocare riunioni “solo” mediante mezzi di telecomunicazione è ritenuta applicabile anche per CdA e Collegi sindacali, pure in mancanza di una clausola statutaria che ciò preveda espressamente, sempreché vi sia la generica disposizione statutaria che, ai sensi degli artt. 2388 comma 1 e 2404 comma 1 c.c., consenta la partecipazione con tali mezzi.

Così ragionando, quindi, la proroga in questione presenterebbe maggiore importanza per altre facilitazioni, come quelle correlate alla figura del Rappresentante designato (ex art. 135-undecies del DLgs. 58/98).

In forza dell’art. 106 comma 4 del DL 18/2020 convertito, infatti, le spa quotate possono designarlo per le assemblee ordinarie o straordinarie anche ove lo statuto disponga diversamente.

Le medesime società possono altresì prevedere nell’avviso di convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il Rappresentante designato.

Analoghe indicazioni valgono per le società ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione, le società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante, nonché per banche popolari, banche di credito cooperativo, società cooperative e mutue assicuratrici (cfr. i commi 5 e 6 dell’art. 106 del DL 18/2020 convertito).

Al riguardo, peraltro, l’art. 11 comma 1 della L. 21/2024 (c.d. “Legge Capitali”), inserendo il nuovo art. 135-undecies.1 nel DLgs. 58/98, ha stabilizzato il principio secondo cui lo statuto delle società quotate (e di quelle ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione) può prevedere che l’intervento in assemblea e l’esercizio del diritto di voto avvengano esclusivamente tramite Rappresentante designato dalla società.

Ne deriva che, in tali realtà societarie, la norma transitoria si rende applicabile solo nel caso in cui il relativo statuto non abbia già recepito tale opzione.

(MF/ms)




Transizione 5.0: il nodo dei pagamenti

L’architettura del credito d’imposta Transizione 5.0 è ormai delineata quanto a tempi di effettuazione degli investimenti e iter di certificazione, ma resta irrisolto un punto cruciale per la pianificazione finanziaria delle imprese: se il saldo delle fatture debba necessariamente avvenire entro il 31 dicembre 2025 o se possa legittimamente slittare al 2026 senza compromettere il diritto al beneficio.

In assenza di una regola espressa, il quadro normativo e di prassi lascia spazio a margini interpretativi significativi, con il risultato che la gestione dei pagamenti diventa terreno di scelte strategiche, dove la logica della certezza del costo e la struttura dei controlli GSE-Agenzia Entrate spingono verso un approccio prudenziale: saldare, ove possibile, tutte le fatture entro il 2025, qualificando tale opzione come scelta di tutela e non come obbligo testuale.

L’assenza di un obbligo esplicito di saldo entro il 2025 né di una chiara apertura ai pagamenti nel 2026 rende, ad oggi, la gestione dei flussi finanziari sul credito d’imposta Transizione 5.0 uno dei passaggi più delicati per imprese e consulenti. In questo quadro di incertezza, l’opzione di chiudere – quando possibile – tutti i pagamenti entro il 31 dicembre 2025 si configura come scelta prudenziale coerente con la logica del beneficio e con il contenimento del rischio di future contestazioni.

Il perimetro temporale certo – Il dato normativo oggi univoco riguarda il periodo di effettuazione degli investimenti: il Piano Transizione 5.0 circoscrive il perimetro agevolabile agli investimenti “effettuati” tra il 1° gennaio 2024 e il 31 dicembre 2025, come indicato nelle schede ufficiali del MIMIT e nelle principali ricostruzioni di prassi.

Le comunicazioni ex post al GSE – quelle di completamento progetto, che attestano l’intervento realizzato e il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei consumi – possono essere trasmesse entro il 28 febbraio 2026, cioè in una logica di rendicontazione a consuntivo che fisiologicamente va oltre il termine del biennio di investimento.

Il “vuoto” sui termini di pagamento – Le disposizioni attuative e le FAQ si concentrano su requisiti energetici, iter di comunicazione con il GSE, modalità di calcolo del credito e relative tempistiche di utilizzo, ma non sciolgono il nodo della data di saldo delle fatture.

In particolare, manca una presa di posizione espressa sulla possibilità di pagamenti parziali o dilazionati oltre il 31 dicembre 2025 per investimenti che risultino comunque conclusi, ordinati e fatturati entro tale data, e non esistono precedenti consolidati pienamente sovrapponibili, trattandosi di misura di nuova introduzione.

La logica sostanziale del credito – La struttura del Piano 5.0 è imperniata su un credito che matura solo dopo il completamento del progetto e la certificazione ex post degli investimenti e della riduzione dei consumi, con successiva interlocuzione GSE-Agenzia delle Entrate.

In tale contesto, FAQ e modulistica insistono sugli “estremi delle fatture” e sul “sostenimento delle spese”, senza chiarire se tale sostenimento possa ritenersi perfezionato in presenza di un saldo solo parziale al 31 dicembre 2025, con residuo nel 2026, né se esista una connessione rigida tra data di pagamento e finestra 2024-2025.

Il principio della certezza del costo – Se si guarda alla sistematica dei crediti d’imposta per investimenti, emerge un filo conduttore: lo Stato tende a richiedere la piena certezza del costo effettivamente sostenuto prima di consolidare il diritto al beneficio.

Ne discende che, pur in assenza di un obbligo testuale, è perfettamente coerente ritenere che il saldo integrale dell’investimento costituisca un requisito sostanziale almeno ai fini della fruizione “a regime” del credito, sia per la corretta determinazione della base agevolabile sia in previsione di futuri controlli documentali.

La scelta prudenziale per imprese e professionisti – In questo scenario, l’indicazione operativa di saldare, se la liquidità lo consente, tutte le fatture entro il 31 dicembre 2025 si allinea a tre elementi chiave: la cornice temporale della misura, l’assenza di prassi consolidata e la struttura delle verifiche GSE centrate su investimenti completati e spese chiaramente sostenute.

Proprio l’incertezza sulla sorte dei pagamenti effettuati nel 2026 suggerisce, dal punto di vista della tutela sia dell’impresa sia del professionista, di qualificare il saldo entro il 2025 come opzione prudenziale, esplicitando però al cliente che non si tratta di un vincolo normativo espresso ma di una scelta di gestione del rischio, destinata a ridurre la possibilità che future interpretazioni restrittive mettano in discussione la quota di credito riferita a importi pagati oltre il biennio agevolato.
 

(MF/ms)




Premio Ciavenasch a Mortarotti Industriale mecenate

La Provincia di Sondrio del 12 dicembre 2025, articolo sul premio assegnato al nostro vicepresidente. 




Nuova CEI 11-27 edizione 2025: webinar

Guida alle differenze Norma CEI 11-27 Lavori su impianti elettrici.

 

Lo scorso 1° novembre 2025 è entrata in vigore la nuova Norma tecnica CEI 11-27 “Lavori su Impianti Elettrici” (qualifiche PES-PAV: Persona Esperta – Persona Avvertita).
La norma 11-27 ed. 2025 si differenzia in modo importante dall’edizione del 2021 sia per la ridefinizione dei ruoli delle figure principali che partecipano ai lavori elettrici, sia per la miglior definizione dei lavori elettrici in vicinanza, entro la distanza DA9. Introduce la nuova distanza DW, distanza di lavoro minima, unitamente a più di altre trenta variazioni e precisazioni; introduce infine nuovi allegati per la valutazione dell’arco elettrico e disposizioni per l’emergenza.
I punti salienti verranno affrontati durante il webinar del 27 gennaio alle ore 11 con l’Ing. Calvi.

Lo scopo è quello di illustrare le differenze principali tra le due norme, in vigore in parallelo per un periodo limitato, per fornire le basi dell’aggiornamento delle procedure di lavoro agli operatori del settore.

La partecipazione al webinar è gratuita previa iscrizione cliccando qui. 

Ricordiamo, infine, che sul sito apiformazione.org è già possibile trovare le edizioni calendarizzate del corso “LAVORI IN PROSSIMITÀ DI IMPIANTI ELETTRICI E LAVORI ELETTRICI SOTTO TENSIONE IN BT E FUORI TENSIONE IN BT E AT, FORMAZIONE PES-PAV-PEI SECONDO NORMA CEI 11/27 ED. 2025”  e “AGGIORNAMENTO CORSO PES-PAV-PEI SECONDO NORMA 11-27 ED. 2025”. Per le richieste di corsi aziendali è possibile contattare l’Ufficio Formazione al numero 0341.282822 o alla mail formazione@confapi.lecco.it

(SB/am)