Per beneficiare dell’IRES premiale al 20%, introdotta dalla legge di bilancio 2025, occorre rispettare sostanzialmente tre condizioni:
Numerosi sono i dubbi applicativi, che dovrebbero essere tuttavia risolti con l’emanazione del decreto che definirà le disposizioni attuative dell’agevolazione.
In merito alla prima condizione, che consiste nell’accantonamento ad apposita riserva di una quota non inferiore all’80% degli utili dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024, l’agevolazione non dovrebbe spettare, a rigore, per le imprese che hanno chiuso il 2024 in perdita o alle società costituite nel 2025.
Con riguardo alla seconda condizione, gli investimenti “qualificati” devono essere effettuati per un importo minimo pari al 30% degli utili 2024 accantonati e, comunque, non inferiore al 24% degli utili dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023.
A differenza degli utili 2024, per i quali la norma impone un accantonamento nel limite dell’80%, nulla viene invece previsto in modo espresso per gli utili 2023 (il beneficio, in altre parole, spetterebbe anche se l’utile 2023 è stato distribuito ai soci).
La disposizione sembra animata dalla volontà di evitare politiche di bilancio mirate a comprimere l’utile dell’esercizio 2024, al fine di ridurre in modo corrispondente l’ammontare minimo degli investimenti da effettuare al fine di beneficiare dell’aliquota ridotta.
Rimarrebbe, però, la condizione per cui questo utile 2023 esista (ove la società sia in perdita, infatti, mancherebbe il secondo parametro di riferimento per la quantificazione degli investimenti).
Proprio guardando a tale ratio, si potrebbe ragionare nel senso di ammettere il beneficio anche per le società che chiudono il 2024 in perdita con l’adozione, da parte delle disposizioni attuative, di una “clausola di salvaguardia” che consenta di vincolare altre riserve di utili (es. riserva straordinaria o facoltativa) o conferimenti dei soci (che pure rappresentano forma analoga di autofinanziamento).
Ove questa soluzione possa essere accolta, si potrebbe parametrare questo vincolo all’80% dell’utile del 2023.
Se, ad esempio, la società ha chiuso il 2023 con un utile di 500.000 euro e chiude il 2024 in perdita, si potrebbe prevedere un obbligo di vincolare all’apposita riserva altre poste di Patrimonio netto per 400.000 euro, in modo tale da garantire un livello minimo di investimenti di 120.000 euro (il 24% dell’utile 2023, coincidente con il 30% dell’accantonamento “sostitutivo” di 400.000 euro).
Una situazione non chiara riguarda le società costituite nel 2024, le quali sono prive del parametro di riferimento dell’utile 2023 che, come detto, viene anch’esso preso in considerazione dalle norme in commento.
In virtù del tenore letterale di queste ultime, l’agevolazione risulterebbe preclusa anche per queste società.
Guardando alla ratio del vincolo sopra esposta, si potrebbe invece ragionare nel senso per cui, in termini generali, anche tali società potrebbero porre in essere politiche tese a ridurre l’utile del loro primo esercizio (il 2024).
Si potrebbe, però, obiettare che, mancando un parametro di riferimento costituito dall’utile del 2023, la produzione di un utile 2024 non particolarmente significativo potrebbe risultare fisiologica, e non animata da particolari obiettivi solo fiscali di massimizzazione della IRES premiale.
Altra questione riguarda la circostanza che la norma in commento si limita a precisare che almeno l’80% degli utili del 2024 sia accantonata ad apposita riserva.
Diversamente da altre agevolazioni di tenore similare, non si precisa che la riserva in questione risulti tra quelle disponibili, ma solo che essa sia appositamente costituita.
Questa formulazione utilizzata porterebbe alla conclusione per cui nel limite dell’80% degli utili non distribuiti non potrebbero essere computati gli accantonamenti alle riserve obbligatorie (es. riserva legale, riserva per utili su cambi non realizzati, ecc.).
Il problema potrebbe essere risolto ammettendo, in sede di disposizioni attuative o in via interpretativa, l’esclusione dal computo dell’80% degli accantonamenti alle riserve obbligatorie.
La norma prevede inoltre che gli utili accantonati ad apposita riserva non devono essere distribuiti in un arco temporale che, per i soggetti “solari”, si conclude al 31 dicembre 2026.
La decadenza opera ove la riserva sia “distribuita”, non facendosi quindi menzione di altri utilizzi della stessa.
Si dovrebbe quindi ritenere che l’utilizzo della riserva per altre finalità, come la copertura delle perdite o l’aumento gratuito del capitale sociale, non conduca alla decadenza dai benefici.
Inoltre, posto che la disposizione non sembra prevedere particolari vincoli in relazione alla distribuzione di altre riserve, non sembrerebbe determinare la decadenza dall’agevolazione la distribuzione di dividendi prelevati da riserve preesistenti o dall’utile 2025.