Con la risposta a interpello n. 428/2022, l’Agenzia delle Entrate ha affermato il principio secondo cui l’importo dell’imposta di
bollo richiesta a
rimborso dal contribuente che si avvale del regime forfetario di cui all’art. 1 commi 54-89 della L. 190/2014 costituisce parte integrante del suo
compenso; non rileva, a tal fine, il fatto che l’art. 22 del Dpr 642/72 disponga che le parti siano tenute in solido al versamento del tributo.
A norma dell’art. 6 della Tabella B allegata al Dpr 642/72 sono esenti in modo assoluto dall’imposta di bollo le fatture che riguardano operazioni soggette a Iva, a condizione che sia presente “l’indicazione che trattasi di documenti emessi in relazione al pagamento di corrispettivi di operazioni assoggettate ad imposta sul valore aggiunto” (cfr. art. 6 della Tabella B del Dpr 642/72).
In caso contrario, il tributo si applica in misura pari a 2 euro, qualora il documento superi la somma di 77,47 euro (art. 13 della Tariffa, Parte I, allegata al Dpr 642/72), fatte salve specifiche esenzioni.
I soggetti aderenti al regime forfetario non addebitano l’Iva in rivalsa e non esercitano il “diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti” ex art. 19 e seguenti del Dpr 633/72, pertanto le fatture da loro emesse dovranno essere assoggettate a imposta di bollo sin dal momento della formazione.
Nell’ipotesi in cui il documento sia emesso in formato elettronico, il soggetto forfetario dovrà valorizzare il campo “Bollo Virtuale”, indipendentemente dalla decisione di richiederne il rimborso al cessionario/committente.
Qualora, invece, ciò avvenisse, tale riaddebito costituirebbe, come detto, ricavo o compenso per il cedente o prestatore. L’Amministrazione finanziaria sottolinea, infatti, come l’obbligo di apposizione del contrassegno sulle fatture o sulle ricevute sia a “carico del soggetto che consegna o spedisce il documento”, dal momento che su tale tipologia di atti “l’imposta di bollo è dovuta fin dall’origine, vale a dire dal momento della loro formazione” (risposta a interpello 20 febbraio 2020 n. 67).
Considerato, quindi, che l’obbligo di corrispondere l’imposta grava, “in via principale”, in capo al prestatore d’opera, la somma che questi richiede a titolo di rimborso del tributo “fa parte integrante del suo compenso”, concorrendo, conseguentemente, “al calcolo volto alla determinazione forfetaria del reddito” (risposta a interpello n. 428/2022).
L’Agenzia delle Entrate aveva già assunto tale posizione in passato, benché con riferimento alla fruizione dei contributi a fondo perduto erogati nell’ambito dell’emergenza sanitaria.
Nella circolare n. 5/2021 si affermava, infatti, che le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto del cliente, purché regolarmente documentate, non dovessero essere computate nel reddito; all’opposto, sarebbero state “considerate rilevanti ai fini del calcolo dell’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi (…), i rimborsi spese (viaggio, vitto alloggio, ecc.) addebitati in fattura al committente”; a tali ipotesi risultavano assimilate “anche le spese addebitate al cliente da parte dei professionisti per l’imposta di bollo” (circ. n. 5/2021, § 3.3).
L’orientamento dell’Amministrazione finanziaria trova peraltro riscontro anche nella citata procedura utilizzata per il versamento tramite i servizi dell’Agenzia delle Entrate.
Spetta, infatti, al soggetto che forma il documento (cedente o prestatore) l’onere di valorizzare nel file XML il campo “Bollo virtuale” e di procedere, poi, al pagamento entro le scadenze prestabilite.
Posto che, come sottolineato, l’imposta di bollo sulle fatture è dovuta “fin dall’origine”, il chiarimento contenuto nella risposta a interpello n. 428/2022, riferito ai contribuenti in regime forfetario, potrebbe trovare applicazione anche con riguardo ad altri soggetti. Il regime di franchigia comporta, infatti, esclusivamente un particolare metodo di calcolo del reddito, assoggettato a imposta sostitutiva, ma non contiene alcuna specifica deroga alle ordinarie disposizioni in tema di determinazione della base imponibile di cui all’art. 13 del Dpr 633/72, limitandosi a disporre che non venga esercitata la rivalsa ex art. 18 del Dpr 633/72 (art. 1 comma 58 della L. 190/2014).
Si pensi, a titolo esemplificativo, ai professionisti del settore sanitario, i quali emettono fatture esenti da Iva ai sensi dell’art. 10 comma 1 n. 18 del Dpr 633/72.
Posto che il documento riguarda corrispettivi non assoggettati a Iva, qualora il compenso superi l’ammontare di 77,47 euro, l’imposta di bollo si applicherà in misura pari a 2 euro.
Obbligato in via principale al pagamento del tributo è il prestatore; pertanto, l’eventuale riaddebito del costo della marca da bollo inserita nel documento (cartaceo, se emesso nei confronti di persona fisica, in considerazione del divieto di emissione di e-fattura), costituirebbe parte integrante dei corrispettivi dovuti, così incrementando la base imponibile.
A ben vedere, non potrebbe operare, nel caso di specie, l’esclusione da Iva applicabile al rimborso di spese anticipate in nome e per conto (art. 15 del Dpr 633/72); proprio in ragione del principio di solidarietà, non sarebbe, infatti, sostenibile la tesi secondo cui l’imposta di bollo pagata dal cedente/prestatore sia a esclusivo carico del cessionario/committente.
(MF/ms)