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Split payment: misura prorogata fino al 30.06.2026

È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 27 luglio (L 188), la decisione del Consiglio dell’Ue n. 1552 del 25 luglio 2023 che autorizza l’Italia a continuare a prevedere il meccanismo dello split payment (art. 17-ter del Dpr 633/72) sino al 30 giugno 2026.

La decisione si applica con effetto dal 1° luglio 2023, dunque, è stata garantita la continuità giuridica della misura.

Si è finalmente concluso l’iter per la proroga dell’autorizzazione concessa all’Italia con la decisione Ue n. 784/2017, il cui termine finale di applicazione era ormai scaduto il 30 giugno scorso.

Con il comunicato stampa del Ministero dell’Economia e delle finanze n. 75, pubblicato il 9 maggio 2023, era stato reso noto che la procedura Ue per il rinnovo dell’autorizzazione si stava concludendo.

Come esposto nel “Considerando” n. 6 della decisione, l’Italia ha chiesto la proroga della misura, in quanto sostiene che, in assenza del meccanismo della scissione dei pagamenti, potrebbe risultare impossibile recuperare le somme dovute da autori di frodi o evasori fiscali individuati tramite il controllo incrociato derivante dalla fatturazione elettronica obbligatoria.

In altri termini, lo split payment rappresenta una misura preventiva complementare rispetto alla fatturazione elettronica che costituisce una misura ex post.

Si ricorda che il meccanismo della scissione dei pagamenti prevede che l’IVA gravante sull’operazione sia indicata in fattura dal cedente o prestatore, ma versata direttamente all’Erario dal cessionario o committente, scindendo quindi il pagamento del corrispettivo da quello della relativa imposta (circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2015).

Sulla base della decisione ora approvata, l’Italia dovrà trasmettere alla Commissione europea, entro il 30 settembre 2024, una relazione sulla situazione generale dei rimborsi IVA ai soggetti passivi interessati dalle misure previste dagli artt. 1 e 2 della decisione Ue n. 784/2017 e, in particolare, sulla durata media della procedura di rimborso nonché sull’efficacia di tali misure e di ogni altra misura attuata per ridurre l’evasione fiscale nei settori interessati.

Come riportato sempre nei “Considerando” della decisione, si è ritenuto opportuno concedere l’autorizzazione con effetto dal 1° luglio 2023, in modo da assicurare l’applicazione ininterrotta della misura speciale e garantire la certezza del diritto per quanto riguarda il periodo d’imposta.

La salvaguardia della continuità giuridica della misura era stata da noi auspicata, in modo da evitare ai soggetti passivi che applicano la scissione dei pagamenti di dover cambiare i loro sistemi di fatturazione ripetutamente e per un breve intervallo temporale.

L’applicazione retroattiva di una misura di deroga è considerata ammissibile dalla Corte di Giustizia dell’Ue (causa C-434/17), quando la decisione precisa la data della sua entrata in vigore o la data iniziale di applicazione.

Società quotate escluse dal 1° luglio 2025

Sulla base della decisione, l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione dell’autorizzazione rimane invariato, almeno in una prima fase.

Dunque, la scissione dei pagamenti continua a riguardare le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dei soggetti previsti (amministrazioni pubbliche, enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, società controllate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai Ministeri, ecc.), per le quali i cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia di IVA.

A decorrere dal 1° luglio 2025, però, saranno escluse le società quotate nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana identificate ai fini IVA (art. 17-ter comma 1-bis lett. d) del Dpr 633/72). Questa modifica risponde all’impegno assunto dall’Italia di eliminare gradualmente la misura speciale in esame.

Da questa data, pertanto, i cedenti e prestatori che effettuano operazioni nei confronti delle predette società incasseranno dalle stesse l’imposta in via di rivalsa, salvo nei casi in cui si applica il meccanismo del reverse charge.
 

(MF/ms)




Black list persone fisiche: eliminata dalla lista la Confederazione elvetica

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 28 luglio 2023, il decreto 20 luglio 2023 del Ministero dell’Economia e delle finanze che elimina la Confederazione Elvetica dalla black list delle persone fisiche di cui al Dm 4 maggio 1999.

La base giuridica di tale intervento è l’art. 12 comma 3 della L. 83/2023, il quale ha demandato a un apposito decreto, da emanare entro il 31 luglio 2023, l’eliminazione della Svizzera dall’elenco.

Ciò trova fondamento nel rafforzamento dei rapporti tra i due Stati, tradottosi nella ratifica dell’Accordo sui frontalieri del 23 dicembre 2020, avvenuta con la stessa L. 83/2023, oltre che nelle nuove disposizioni in tema di scambio di informazioni sui redditi di lavoro dipendente prodotti da tali soggetti previste dell’art. 7 dello stesso Accordo.

Si tratta di un ulteriore step del processo di “normalizzazione” dei rapporti tra i due Stati, iniziato con la firma, avvenuta il 23 febbraio 2015, del documento Roadmap on the way forward in fiscal and financial issues between Italy and Switzerland, e che si avvia verso una conclusione definitiva.

Un primo effetto dell’eliminazione della Svizzera dalla black list delle persone fisiche riguarda la residenza fiscale.

A norma dell’art. 2 comma 2-bis del Tuir si considerano residenti in Italia, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dall’Anagrafe della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori appartenenti alla lista del DM 4 maggio 1999.

La rimozione della Svizzera dalla lista comporta l’eliminazione di questa presunzione posta a favore del Fisco, per cui per i cittadini italiani emigrati in Svizzera la prova della eventuale residenza italiana dovrà essere fornita dall’Amministrazione finanziaria.

Per espressa previsione normativa, l’efficacia della modifica decorre dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di pubblicazione in G.U. del suddetto decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze.

L’efficacia dell’eliminazione della Svizzera dai Paesi listati è, quindi, differita al 2024.

Tuttavia, restano ferme, ai sensi dell’art. 12 della citata L. 83/2023, tutte le disposizioni dell’ordinamento nazionale applicabili fino al periodo di imposta di pubblicazione del decreto (il 2023), nonché ogni attività di accertamento effettuata in conformità di tali disposizioni.

In altre parole, con riferimento al 2023 continua a gravare sul contribuente l’onere della prova circa la residenza in caso di trasferimento in Svizzera.

Anche a fronte dell’efficacia delle nuove regole continueranno, in ogni caso, a trovare applicazione, in caso di conflitto di residenza, le c.d. tie-breaker rules previste dall’art. 4 della Convenzione Italia-Svizzera, che individuano, quali criteri per la valutazione della residenza, l’abitazione permanente, il centro degli interessi vitali, il luogo di soggiorno abituale, ecc.

Altri effetti riguardano il monitoraggio fiscale, posto che le sanzioni ex art. 5 del Dl 167/90 per i beni e le attività finanziarie non dichiarate nel quadro RW saranno quelle ordinarie, senza che sia più applicabile il loro raddoppio.

L’eliminazione della Svizzera dalla black list italiana avrà, infatti, effetto sulle seguenti normative:
– presunzione per cui gli investimenti e le attività finanziarie detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al DM 4 maggio 1999 si considerano costituite, salvo prova contraria, con redditi sottratti a tassazione (art. 12 comma 2 primo periodo del DL 78/2009);
– raddoppio dei termini di accertamento per le violazioni di cui al punto precedente e, più in generale, per le violazioni sul monitoraggio fiscale (art. 12 commi 2-bis e 2-ter del DL 78/2009);
– raddoppio delle sanzioni da quadro RW (che possono, quindi, arrivare sino a un massimo del 30%) per gli investimenti e le attività finanziarie detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al DM 4 maggio 1999.

Tali disposizioni non troveranno, quindi, più applicazione per gli investimenti e le attività finanziarie localizzate nella Confederazione Elvetica.

La Svizzera rimarrebbe inclusa nella lista recata dal DM 21 novembre 2001, che in passato riguardava l’imputazione per trasparenza del reddito delle CFC ex art. 167 del TUIR.

In realtà, dopo una serie di interventi non sempre coordinati (l’ultimo di essi è costituito dall’art. 1 comma 143 della L. 208/2015, così come modificato dall’art. 5 comma 5 del DLgs. 142/2018), in pura teoria, ai fini della sussistenza delle suddette penalizzazioni in tema di monitoraggio fiscale, si dovrebbe fare anche riferimento al livello effettivo di tassazione svizzero calcolato secondo i criteri dell’art. 47-bis comma 1 del TUIR (il quale sostituisce il parametro, ancora formalmente presente nei testi di legge, della presenza dello Stato estero nella black list del DM 21 novembre 2001).

Per quello che vale, le comunicazioni di irregolarità inviate dall’Agenzia delle Entrate precisano che il raddoppio delle sanzioni da quadro RW opera solo se lo Stato in cui si trovano i beni è menzionato nella black list di cui al DM 4 maggio 1999, senza ulteriori specificazioni, e ciò dovrebbe essere sufficiente a sgombrare i dubbi.
 

(MF/ms)




Registratori telematici: modalità operative in caso di inutilizzo

Nessun obbligo di comunicazione all’Agenzia delle Entrate per i periodi di chiusura o interruzione del registratore telematico.
Trattasi di un adempimento superfluo e in contrasto con il processo di semplificazione, con la conseguenza che la gestione dei detti periodi dovrà essere gestita autonomamente e senza ulteriori aggravi burocratici per gli esercenti.

Così i contenuti del punto posto all’ordine del giorno del Governo, approvato alla Camera nel corso della discussione sulla legge di conversione del dl 75/2023 (PA2), su specifica richiesta dei deputati Gusmeroli – Bagnai – Cavandoli e Centemero (Lega), sul tema dell’obbligo introdotto, a partire dallo scorso 1° luglio e con le specifiche tecniche allegate al provvedimento direttoriale (n. 15943/2023 ) dell’Agenzia delle entrate, aventi a oggetto l’adeguamento dei registratori di cassa telematici per la gestione della “Lotteria istantanea”, della comunicazione per l’inattività del registratore telematico (Rt).

Il tema è ancora oggi oggetto di discussioni social da parte dei professionisti.

Con il citato provvedimento, l’Agenzia delle Entrate ha approvato la nuova versione (release 11) delle specifiche tecniche dei registratori telematici e, come indicato in apposito paragrafo (§ 2.7), è stata inserita una nuova funzionalità di evento (“fuori servizio” – codice 608) nel caso di interruzione superiore a dodici giorni.

Infatti, nel caso in cui l’interruzione dell’attività risulti superiore a dodici giorni (per esempio, per ferie lunghe, chiusura stagionale, inutilizzo temporaneo o quant’altro) o se l’esercente non è in grado di conoscere la durata del periodo di inattività e di comunicarla, il registratore telematico “deve” prevedere la possibilità di predisporre l’invio di un evento del tipo “fuori servizio”, al fine di comunicare l’inizio del periodo di inattività con un ritorno “in servizio” alla successiva accensione.

Il provvedimento conferma (§ 1.2) che le dette specifiche devono essere rispettate obbligatoriamente dai nuovi modelli di registratore telematico e di server RT che hanno presentato istanza di approvazione dopo il 30 giugno scorso, mentre per i modelli già approvati e/o in commercio o in uso (§ 1.2 del provvedimento) è stato stabilito che le dette specifiche tecniche devono essere rispettate obbligatoriamente solo nel caso di presentazione di istanza di variazione successiva al 30/06/2023.

Resta comunque obbligatorio, per entrambe le versioni (vecchie e nuove) e a prescindere dall’aggiornamento o meno del software, l’obbligo di comunicare il periodo di inattività anche accedendo al cassetto fiscale, tramite SPID, o tramite installatore abilitato o, in ultima istanza, a mezzo intermediario abilitato, pena l’invio di una comunicazione (pec) da parte dell’Agenzia delle entrare per la richiesta dei relativi chiarimenti.

Si ricorda che l’adempimento appare senza alcun dubbio obbligatorio, che non sono previste sanzioni specifiche anche se i dodici giorni fanno pensare immediatamente al termine di emissione delle fatture elettroniche ma che, in caso di mancata o non tempestiva memorizzazione o per mancata o non tempestiva trasmissione dei corrispettivi o quando gli stessi vengono trasmessi con dati non veritieri o incompleti, si rende applicabile la disciplina sanzionatoria, di cui ai commi 2-bis e 3 dell’art. 6, commi 2-quinquies, 5 e 5-bis dell’art. 11 e comma 2 dell’art. 12 del dlgs 471/1997.

Sul punto, quindi, a sostegno del dibattimento posto all’ordine del giorno, è stato evidenziato che la comunicazione è da ritenersi un adempimento superfluo e in totale contrasto con il processo di semplificazione in atto, con la conseguenza che si rende necessario valutare l’opportunità di consentire agli utenti di gestire autonomamente e senza ulteriori aggravi e adempimenti burocratici e/o amministrativi la trasmissione dei corrispettivi nei periodi di chiusura o di interruzione, con il conseguente esonero dall’invio della comunicazione indicata all’Agenzia delle entrate.
 

(MF/ms)