Sin dall’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica, ha sollevato dubbi la questione relativa alle conseguenze sanzionatorie derivanti da un’
errata indicazione, nei file XML, dei c.d. “codici natura”, che definiscono il trattamento delle operazioni per le quali non è applicata l’IVA.
Il tema è stato marginalmente affrontato nella circ. n. 6/2023, in cui l’Agenzia delle Entrate ha considerato violazioni meramente formali – in linea di principio non sanzionabili – quelle derivanti dall’emissione di fatture elettroniche via SdI che pur riportando un’errata indicazione del “codice natura”, sono correttamente computate nella liquidazione periodica IVA.
Nella risposta fornita, l’Agenzia delle Entrate osserva che il c.d. “codice natura” non sarebbe un elemento previsto dall’art. 21 del Dpr 633/72; un’eventuale errata indicazione che non incida sulla corretta liquidazione dell’imposta costituirebbe, dunque, una violazione meramente formale.
Fermo restando che l’impiego di un “codice natura” in luogo di un altro non è mai suscettibile di incidere sulla liquidazione periodica dell’IVA (riguardando operazioni per le quali non è dovuto l’addebito dell’imposta in rivalsa), è forse opportuno effettuare un distinguo tra le differenti tipologie utilizzate.
Per le operazioni soggette al meccanismo del reverse charge “interno”, non risulta alcun obbligo di evidenziare la particolare fattispecie applicata, benché l’art. 17 comma 5 del Dpr 633/72 richieda l’annotazione “inversione contabile” da parte del cedente o prestatore e la circ. Agenzia delle Entrate n. 14/2015 (§ 10) anche l’indicazione della norma di riferimento.
Per tale tipologia, dunque, la precisazione della circ. Agenzia delle Entrate n. 6/2023 in merito alla natura meramente formale di un’eventuale violazione commessa sarebbe conforme al dettato normativo: si pensi alla classificazione di una prestazione di servizi con il codice “N6.3” (Subappalto nel settore edile) in luogo del codice “N6.7” (Prestazioni comparto edile e settori connessi), al ricorrere dei requisiti sia per la disciplina di cui all’art. 17 comma 6 lett. a) del Dpr 633/72 che per la successiva di cui alla lett. a-ter).
Allo stesso modo, non è imposto normativamente di riportare in fattura un richiamo all’adozione del regime forfetario da parte di coloro che se ne sono avvalsi, anche se, in base alla relazione illustrativa della L. 190/2014 e alla circ. Agenzia delle Entrate n. 14/2015, § 7, è comunque richiesta l’indicazione della circostanza che l’operazione risulta in “franchigia da IVA”.
Non risulterebbe sanzionabile, quindi, nemmeno un errore commesso nell’emissione di un file XML senza la corretta indicazione del codice “N2.2” per i soggetti in regime forfetario, ferma la necessità di un comportamento concludente ai fini dell’adozione del regime.
Tuttavia, in differenti ipotesi, in cui la natura dell’operazione è espressamente richiesta dall’art. 21 commi 6 e 6-bis del Dpr 633/72, potrebbero ancora sussistere dei dubbi in merito a una possibile configurazione della violazione come “formale” (e, quindi, sanzionabile), non avendo fornito la circ. n. 6/2023 specifici esempi di fatturazione.
È infatti obbligatorio riportare sul documento (sia esso in formato elettronico via SdI o meno) le indicazioni relative al fatto che l’operazione è “non soggetta”, “non imponibile”, “esente”, in regime del margine ovvero che essa è effettuata nei confronti di un soggetto passivo che è debitore dell’imposta in un altro Stato membro dell’Unione europea (annotazione “inversione contabile”) o che l’operazione è “non soggetta” a IVA in quanto effettuata al di fuori dell’Ue.
Se è pur vero, dunque, come rilevato dall’Agenzia nella circolare n. 6/2023, che l’art. 21 del Dpr 633/72 non fa esplicito riferimento al “codice natura”, è altrettanto vero che tale codifica risulta indispensabile al fine dell’inserimento nel file XML delle indicazioni in ordine a esenzione, non soggezione o non imponibilità.
Dette annotazioni sono espressamente richieste dalla norma per le fatture cartacee; i codici natura ne rappresenterebbero, quindi, la sostanziale “trasposizione” in quelle elettroniche via Sdi.
Si aggiunga, infine, che in alcuni casi, come quello delle operazioni non imponibili, l’indicazione della tipologia di codice fornisce all’Amministrazione finanziaria anche elementi che rilevano ai fini dei controlli, come la verifica delle prove dell’esportazione (codice “N3.1”) o dei requisiti delle operazioni intracomunitarie (codice “N3.2”) o, ancora, l’applicazione del regime di non imponibilità possibile solo a seguito della verifica dell’avvenuta ricezione della dichiarazione d’intento (“N3.5”; cfr. provv. Agenzia delle Entrate n. 293390/2021).
In conclusione, l’interpretazione contenuta nella circolare n. 6/2023 non può che essere accolta positivamente, perseguendo un intento di semplificazione ed escludendo misure sanzionatorie per violazioni che risultano meramente formali. Il chiarimento non dovrebbe, tuttavia, essere applicato in modo generalizzato, occorrendo sempre una valutazione “caso per caso” della sussistenza di elementi – come l’incidenza sui controlli o sulle liquidazioni periodiche – che renderebbero inevitabile l’irrogazione di sanzioni.