In un webinar il dott. Piancaldini e la dott.ssa Lami dell’Agenzia dell’Entrate, preannunciando che a breve la stessa Agenzia pubblicherà dei documenti ufficiali con dei chiarimenti in merito all’esterometro, hanno anticipato alcuni importanti concetti.
Circa le operazioni soggette all’obbligo di comunicazione, i relatori ricordano che non devono essere comunicate le operazioni documentate da bolla doganale.
In particolare, per quanto riguarda le importazioni, viene ricordato che se le operazioni dovessero comunque essere comunicate, nessuna sanzione potrebbe essere irrogata al contribuente; tuttavia, le bozze dei registri, delle Li.Pe. e della dichiarazione Iva predisposte dall’Agenzia, riporteranno delle duplicazioni, con possibili perdite di tempo per il contribuente e l’Amministrazione.
Altro caso in cui non si deve effettuare la comunicazione è quello di ricezione di fatture elettroniche via SDI; si ricevono fatture elettroniche via SDI da San Marino, posto che le autorità fiscali della Repubblica del Titano hanno emanato norme di obbligo quasi generalizzato di emissione di fatture elettroniche via SDI per i loro contribuenti.
Viene inoltre ricordato che gli acquisti di beni e di servizi non territoriali, di importo unitario fino ad euro 5.000, non devono essere oggetto di comunicazione. Si tratta in genere di operazioni assoggettate ad Iva estera, ed una diapositiva precisa che tale importo va assunto al lordo dell’imposta.
Circa le decorrenze del nuovo obbligo, i relatori sono tornati due volte sull’argomento, concludendo che deve essere fatto riferimento – per le operazioni passive – alla data di ricezione della fattura e non a quella di effettuazione dell’operazione.
Sull’argomento, è opportuno che si attendano dei chiarimenti scritti, posto che in funzione delle diverse operazioni che si pongono in essere il documento ricevuto dal fornitore può rilevare o meno per l’individuazione del mese in cui l’operazione deve essere registrata.
Per le operazioni attive, è lasciato intendere che il file XML inviato a SDI è “un rigo di esterometro”, posto che la fattura sarà il file PDF inviato via mail al cliente (o quello cartaceo inviato per posta). La cosa è rassicurante dal punto di vista sanzionatorio, visto che le violazioni sul “rigo di esterometro” sono punite con euro 2 per operazione, mentre l’omissione della fattura è più pesantemente sanzionata.
Solo nel caso in cui il soggetto estero (verosimilmente identificato in Italia) autorizzi il cedente/prestatore italiano ad inviare la fattura elettronica in formato XML via SDI, e fornisca quindi un codice destinatario o venga utilizzato il codice 0000000, allora il file viene considerata la vera “fattura”, e quindi diverse sono le sanzioni in caso di violazione.
Una slides evidenzia che i files delle fatture attive devono essere con tipo documento da TD01 a TD06.
In un successivo quesito viene precisato che anche il codice TD24 è ammesso.
Anche in tale caso è opportuno che venga chiarito se anche il codice TD26, ad esempio, è utilizzabile, nel caso in cui al soggetto estero si ceda un bene ammortizzabile.
Viene rimarcato che anche le operazioni verso privati devono essere comunicate, purché siano documentate con emissione di fattura o di certificazione fiscale (scontrino, ricevuta, o documento commerciale). Ricordiamo che non sono oggetto di obbligo di fatturazione e di certificazione, tra le altre, le operazioni di commercio elettronico diretto ed indiretto.
Un altro interessante chiarimento riguardante le operazioni attive è che in caso di emissione di fatture anticipate rispetto al termine ultimo di emissione normativamente previsto, l’invio del file dell’esterometro scadrà nel momento ultimo di emissione previsto dalla norma.
Per le operazioni passive, come noto, è necessario inviare dei files, con “tipo documento” valorizzati con TD17, TD18 e TD19, utilizzando il tracciato della fattura elettronica. Anche in tale caso, questi files sono “righi di esterometro”.
Un po’ di confusione ha generato una slides nella quale – dopo aver rimarcato che l’obbligo di invio dell’esterometro non modifica le norme sul reverse charge, ed aver precisato che la tardiva od omessa trasmissione del file XML è una violazione autonoma rispetto a quelle sul reverse charge – viene riportata una frase secondo la quale “se la trasmissione dei dati avviene utilizzando tipologie di documenti che assolvono anche agli obblighi di autofatturazione in sostituzione della stessa, la tardiva autofatturazione e conseguente annotazione nei registri Iva esplica i suoi effetti sulla detrazione dell’imposta, impedendola sino al corretto adempimento”.
In sostanza, sembra che la posizione dell’Agenzia sia quella per cui l’invio di un file TD17/TD18/TD19 a SDI, potrebbe sostituire l’obbligo di emissione dell’autofattura ma, in tale caso, un eventuale ritardo dell’invio del file a SDI comporterà l’irrogazione di sanzioni sull’esterometro (2 euro) e sul reverse charge (500 euro). Il contribuente, tuttavia è libero di emettere comunque autofatture cartacee e conservarle analogicamente, oltre ad inviare il file dell’esterometro. È logico ritenere che nel caso di registrazione dell’autofattura nei termini corretti, il ritardo dell’invio del file dell’esterometro produrrà solo l’irrogazione della sanzione di due euro, salvo che l’Agenzia non sia in grado di dimostrare che anche l’autofattura cartacea, a suo tempo, è stata emessa in ritardo.
L’Agenzia si è soffermata più volte sull’importanza della data di ricezione della fattura per determinare le tempistiche di invio del file dell’esterometro, ripetendo che nel caso di mancata ricezione di fattura deve essere fatto riferimento alla data di effettuazione dell’operazione.
Sicuramente si è in presenza di mancata ricezione di “fattura” da fornitori extracomunitari, posto che i documenti da loro emessi non possono definirsi come “fatture” e le tempistiche di emissione dell’autofattura fanno (quasi) sempre riferimento alla data di effettuazione dell’operazione. Destano perplessità gli esempi di acquisto comunitario con mancato ricevimento di fattura o di ricezione della fattura in un mese antecedente rispetto alla merce, o ancora, di pagamento anticipato.
Anche in tale caso si auspica che successivi chiarimenti confermino che l’esterometro va inviato entro il 15 del mese successivo rispetto al mese in cui l’operazione è soggetta a registrazione ai fini Iva.
Cosa lasciata per ultima, ma non certo per la sua importanza, riguarda i dati di dettaglio per la compilazione del file dell’esterometro delle operazioni passive, per i quali è stato precisato che, rispetto agli elementi che devono comparire nel registro delle fatture ricevute, devono essere aggiunti “solo” quelli relativi alla descrizione dell’operazione (natura, qualità e quantità dei beni acquistati o dei servizi ricevuti), peraltro con delle “semplificazioni”.
Viene riportato l’esempio di chi acquista scooter o biciclette, che può aggregare i beni della stessa natura con diversi colori, rimarcando che l’obbligo di compilare i campi relativi alla natura dell’operazione non può essere genericamente assolto con una descrizione del tipo “acquisti comunitari”.
In sostanza, parrebbe che un supermercato che riceve da fornitore estero 200 tipi di beni (zucchine, carne bovina, yogurt, …), debba compilare 200 righi, nel file di esterometro, in quanto esisterebbe un obbligo di descrizione delle operazioni; in un certo momento è stato proposto pure di allegare una copia della fattura estera, riportante il dettaglio dei beni e servizi acquistati.
Ora, l’unico obbligo cogente di descrivere le operazioni, previsto da una norma, esiste solo per le operazioni attive e non per le operazioni passive.
Un eventuale obbligo di descrizione così dettagliato, oltre a non avere supporto normativo (il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate non ha tale forza), porterebbe chiaramente molti contribuenti a considerare che la sanzione per l’omesso invio del file dell’esterometro costi meno rispetto al costo della persona che deve ricopiare il dettaglio dei beni e dei servizi acquistati.
In questo senso si auspica che i chiarimenti ufficiali precisino che la descrizione dell’operazione di acquisto di beni e servizi possa essere assolutamente generica, essendo necessario scomporre gli acquisti su più righi solo nel caso in cui vi siano, all’interno della stessa fattura estera, operazioni con regimi Iva differenti (ad esempio beni assoggettati a diverse aliquote Iva, o servizi in parte soggetti ad Iva ed in parte non imponibili). Una diversa interpretazione, peraltro, visto il dispendio economico che genererebbe ai soggetti acquirenti merci da fornitori comunitari, potrebbe addirittura porsi in contrasto coi principi comunitari di non discriminazione e di libera circolazione delle merci.
(MF/ms)